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terre liguri e toscane. Calisto si diplomò in ragioneria e cominciò gli 
studi universitari in economia e commercio, la sua avventura 
universitaria durò ben poco dato che, nel 1960, suo padre morì e lui fu 
obbligato ad affiancare suo zio nella gestione dell’azienda di famiglia. 
Il rapporto tra i due non durò molto, infatti l’azienda venne divisa in 
due parti: a Calisto i salumi mentre allo zio Luigi restò la gestione 
delle conserve di pomodoro. 
Questo tipo di attività non era molto esaltante per il giovane e 
ambizioso imprenditore, infatti nel 1961 fondò una nuova azienda: la 
Dietelat successivamente rinominata Parmalat. La fortuna della nuova 
azienda fu l’utilizzo di una tecnologia svedese per la pastorizzazione 
del latte e la strategica presenza dello stabilimento della TetraPak a 
Modena. 
L’utilizzo della tecnologia svedese, Ultra High Temperature (UHT), 
permise a Parmalat di produrre un latte a lunga conservazione 
favorendone la distribuzione. 
Queste condizioni favorevoli garantirono nei primi dieci anni di vita 
un ritmo di crescita del fatturato del 50%. 
La crescita che investì il gruppo durante gli anni sessanta e settanta 
spinse Tanzi ad investire in Sudamerica. Il primo investimento fù nel 
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1974 quando acquistò il 50% di una società che produceva yogurt, la 
Mococa, che sarebbe stata acquisita per intero due anni dopo. 
Negli anni settanta iniziò l’allargamento delle attività differenziando la 
produzione, si iniziò così a produrre yougurt. Dieci anni dopo, Tanzi, 
ritornò alla vecchia attività di famiglia producendo conserva di 
pomodoro, la mitica Pomì che contribuì molto al successo del gruppo. 
Successivamente si distinse per le campagne di marketing inusuali per 
un produttore di latte, sponsorizzò gare di sci, entrò nella Formula 1 
grazie al fortissimo legame con il padre fondatore Bernie Ecclestone 
sponsorizzando Niki Lauda, sponsorizzò il baseball, la pallavolo e il 
calcio di Parma. Tutti questi investimenti assorbirono ingenti risorse 
del gruppo, ma costituivano formidabili mezzi pubblicitari. 
La situazione finanziaria, già negli anni ottanta, era esposta in modo 
per niente trasparente evidenziando un indebitamento di 100 miliardi 
£, giustificato però dalla forte stagionalità dei nuovi prodotti e 
dall’allungamento dei tempi d’incasso dai distributori. In realtà la 
situazione era, già allora, ben diversa. Infatti una società di analisi di 
bilanci calcolava in 160 miliari di £. i debiti finanziari. 
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Tra il 1985 e il 1986 l’espansione continuò aprendo stabilimenti nel 
Mezzogiorno sfruttando gli aiuti per la zone terremotate erogati dal 
governo. 
Nello stesso periodo iniziarono le prime rigidità degli istituti di credito 
nei suoi confronti, che riuscì a superare grazie alle sue amicizie 
politiche. 
Ad aggravare la situazione nel 1986 ci pensò la nube radioattiva 
generata dall’esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl che 
contaminò gli alimenti e in particolare il latte contraendo il fatturato 
del 20%. 
Nel 1987 la situazione evidenziata da una società di analisi di bilanci 
era veramente critica. L’indebitamento era valutato in 250 miliardi di 
£. ed in aumento. 
Alla carica di direttore amministrativo del gruppo salì Fausto Tonna, 
che svolgerà un ruolo fondamentale nella creazione dello stato di 
insolvenza; il quale presentò una situazione finanziaria con un 
indebitamento di “soli” 50 miliardi di £. giustificati dagli ingenti 
investimenti fissi e in nuovi prodotti. 
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Probabilmente era già iniziata l’attività di falsificazione dei bilanci 
attraverso leggeri ritocchi di alcune poste, con la speranza di risanare 
la situazione negli esercizi successivi. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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2.2   Lo sbarco in borsa 
Nel 1988 Tanzi, spinto dalla crisi che stava vivendo, fu ad un passo 
dal vendere la società alla Kraft. 
Il colosso alimentare americano iniziò le trattative. Dopo 
un’approfondita analisi del gruppo che evidenziava limitate possibilità 
di sviluppo legate, sia alla crisi finanziaria, che alla flessione delle 
vendite del latte a lunga conservazione, la Kraft formulò un’offerta 
che Tanzi e i suoi soci ritennero insufficiente. 
Per uscire dalla profonda crisi che si presentava, Tanzi dovette 
ricorrere alla Borsa dalla quale era stato distante per 28 anni. 
“Perché una Società che funziona e produce utile dovrebbe 
condividere questo con persone estranee all’attività stessa quotandosi 
in borsa?????” 
Chi si quota in borsa non vuole condividere gli utili, ma bensì i 
debiti!!!! 
B.Grillo 
Anche se questo passaggio è in parte semplicistico agli occhi degli 
addetti al settore, non manca di una buona dose di realismo, 
pensando, col senno di poi, a come sono andate le cose. 
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La quotazione di Parmalat avvenne attraverso una procedura implicita 
che garantiva però il vantaggio di essere molto più rapida e meno 
esposta a controlli. 
Il progetto di salvataggio, che si sarebbe concluso con la quotazione in 
borsa, cominciò nel settembre del 1989 con l’ingresso di Tanzi in una 
società estranea al gruppo, già quotata in borsa, attraverso l’acquisto di 
una prima quota di circa il 51%, coperta dalla cessione di una rilevante 
quota di una società appartenente al gruppo (20% di Coloniale 
equivalente a 89 miliardi £). 
Successivamente Tanzi attraverso la partecipazione nella società 
quotata, che aveva come ragione sociale, Finanziaria Centro Nord, 
rilevò in momenti diversi quote della Parmalat pagandole con risorse 
attinte dalla Borsa di cui tale società faceva parte. 
Per completare il risanamento era necessario un ulteriore aumento di 
capitale di circa 600 miliardi di £. che serviva a pagare le quote 
mancanti della Parmalat. Purtroppo i potenziali investitori, in un 
momento di congiuntura internazionale negativa legata alla Guerra del 
Golfo, non erano propensi a rischiare capitali, insomma la 
ricapitalizzazione non decollava. 
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Tanzi riuscì a trovare le risorse necessarie da vari finanziatori esteri, 
ma fondamentale fù un finanziatore italiano che rilevò una quota 
rilevante della Finanziaria Centro Nord. Questo investitore era 
Gianmario Roveraro, ex campione di salto in alto, a capo di una 
finanziaria Akros che sottoscrisse il 5% della Finanziaria Centro Nord. 
L’obbiettivo di Tanzi era stato raggiunto, il 30 ottobre 1990 la 
Finanziaria Centro Nord diventava la Parmalat Finanziaria che 
controllava il 70% di Parmalat con un costo complessivo di 682 
miliardi di £. : 89 miliardi pagati a Tanzi per la prima quota del 20%, 
283 miliardi pagati a Tanzi, in quanto azionista della società operativa, 
per la seconda quota del 35,4% e un altro 15% derivante della mancata 
sottoscrizione di quote di minoranza nell’aumento di capitale da 300 
miliardi della Parmalat. 
Il suo azionariato era così suddiviso: 
50,36% Calisto Tanzi 
7,07% Giovanni Tanzi 
5% Akros 
2% Credit agricole(colosso alimentare francese) 
2,1% Fondi dell’Arca e della Popolare di Milano 
2% Charterhouse(inglesi) e Girobank(austriaci) 
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3% Ficor(svizzeri) e Eridania di Raul Gardini 
 
La programmazione finanziaria della nuova società prevedeva 
l’incasso dei 300 miliardi di £. e un volume di attività tali da annullare 
l’indebitamento finanziario, che prima della ricapitalizzazione 
ammontava a 520 miliardi di £., entro i successivi tre esercizi. 
Malgrado i buoni propositi di riduzione del debito e di ristrutturazione 
dell’azienda, la gestione Tanzi andò esattamente nella direzione 
opposta. 
 
 
 
 
 
 
 
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2.3  Espansione forsennata del 
gruppo 
Nel 1990, Tanzi, cominciò una campagna di acquisizioni con 
l’obiettivo di diventare la “Coca-Cola del latte”, progetti ambiziosi che 
puntavano a società produttrici, trasformatrici o distributrici di latte in 
tutto il mondo. Questa politica di espansione fece aumentare 
l’indebitamento finanziario ufficiale da 300 miliardi a più di 400 dopo 
un solo anno di ingresso in borsa. 
I progetti di espansione non si fermarono, nel 1992 diventò socio al 
30% di una cooperativa del latte, la Giglio Finanziaria investendo 23,4 
miliardi di £. e iniziando così la collaborazione tra un grande gruppo e 
il mondo della cooperazione. 
Nel 1993 il gruppo investì altri 150 miliardi diretti soprattutto 
all’estero, in America, in Brasile, in Portogallo, in Argentina. 
Attraverso questi investimenti nel giro di tre esercizi incrementò il 
proprio fatturato di circa il 70% passando da 1.102 miliardi del 1990 a 
2.270 miliardi. 
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Purtroppo l’indebitamento che doveva essere azzerato dopo tre 
esercizi si era raddoppiato salendo a più di 600 miliardi. Tra 
un'acquisizione all'estero e l'altra, Tanzi ha continuato a tessere la sua 
tela lungo il Tevere. E’ sceso in campo per la privatizzazione della 
Cirio-Bertolli-De Rica al fianco di Saverio Lamiranda, un altro uomo 
di De Mita. Ma si è sfilato all'ultimo momento quando in campo è 
sceso Cragnotti. Non sarà questa l'unica occasione (oltre alla 
coincidenza dei crack) in cui le storie dei due, in teoria concorrenti sul 
latte, finiranno per incrociarsi: la Itc&P di Tanzi - la società fondata 
con Capitalia e Fs - ha rilevato negli anni 90 una partecipazione 
nell'irlandese Cragnotti & Partners, finita nel mirino dell'antitrust e 
liquidata nel '97. Lo stesso Cragnotti, quando è stato in difficoltà, si è 
salvato cedendo a Tanzi le sue attività nel latte per 765 miliardi di £. 
con un'operazione finita nel mirino dei giudici. 
 
SERGIO CRAGNOTTI 
fù il braccio destro di Raul Gardini che lo portò ai vertici di 
Enimont. Enrico Cuccia lo definì la fattucchiera, cioè un mago e 
uno stregone. All'esplosione di tangentopoli, per evitare troppi 
fastidi, Cragnotti rivelerà ai magistrati di Milano delle tangenti 
che Gardini aveva pagato ai politici. Nel '91 si mette in proprio e 
coi soldi di Banca di Roma, Banco di Napoli, Monte Paschi e 
Popolare di Milano compra il gruppo Cirio De Rica. Nel 92 
acquista la 
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Lazio con la quale nel 2000 vince lo scudetto. Indebitato, 
emette obbligazioni per un miliardo e 125 milioni di euro. A fine 
2002 l'annuncio di insolvenza, sotto il peso dei debiti lascia la 
Cirio. Nel 2003 la Cirio verrà posta in stato di liquidazione e 
Sergio Cragnotti verrà indagato per bancarotta, insieme a molti 
dei sui più stretti collaboratori. 
 
 
Le acquisizioni continuarono soprattutto nei paesi in via di sviluppo, 
eccezione a tale strategia di multinazionalizzazione furono gli 
investimenti diretti verso gli Stati Uniti che saranno una delle cause 
del collasso finanziario del gruppo Parmalat. 
Per coprire la moltitudine di investimenti la società ricorrerà più volte 
ad aumenti di capitale sottoscritti dai soci, ma soprattutto a prestiti 
obbligazionari a cui erano interessati molti istituti di credito 
soprattutto esteri, al primo posto Chase Manhattan Bank oggi JP 
Morgan. 
 
I debiti continuavano però a crescere arrivando nel 1996 a 2.500 
miliardi di £., falsariamente bilanciati da quasi 800 miliardi dichiarati 
in bilancio come attività finanziarie liquide. 
Tutti questi investimenti erano molto rischiosi dato che erano 
localizzati soprattutto in mercati emergenti, che potevano offrire 
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maggiori margini di redditività, ma purtroppo le aspettative non 
vennero confermate. 
In Europa la penetrazione fu modesta dato che il gruppo non riusciva a 
competere con le grandi multinazionali. Negli Stati Uniti la strategia 
di penetrazione non aveva portato a nulla. Anche in Italia gli hard 
discount avevano limitato i propri margini, con una riduzione del 
margine operativo lordo del 6% in quattro anni (1990-1994), passando 
dal 15% al 9%. 
Nonostante ciò, la strategia di Tanzi non cambiò, puntando 
all’acquisizione delle centrali del latte italiane in via di privatizzazione 
e continuando a ricorrere al mercato per far fronte alla necessità di 
liquidità. Nel 1997 attraverso prestiti obbligazionari, azioni 
preferenziali legate all’andamento del Libor e obbligazioni 
convertibili recuperò 1.200 miliardi di £. in pochi mesi. 
La società dichiarava che la liquidità serviva a ridurre gli oneri sulla 
provvista alungo termine, rifinanziando così l’indebitamento in vista 
di eventuali investimenti per esigenze di sviluppo che la società non 
voleva lasciarsi sfuggire. 
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Quest’ultima giustificazione verrà usata da Tanzi per mascherare 
l’eccessiva presenza di liquidità nelle casse di Parmalat fino a quando 
non verrà scoperto il gravissimo stato di insolvenza. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 59
2.4  Rapporti con la politica 
Calisto Tanzi apparteneva alla corrente della sinistra della Democrazia 
Cristiana anche se rifiutò qualsiasi coinvolgimento diretto con gli 
ambienti politici. Il fondatore della Parmalat grazie alle sue capacità di 
rapportarsi con il mondo politico riuscì a mantenersi in sella a lungo, 
ben oltre Tangentopoli e nel cuore della Seconda Repubblica, 
nonostante che la situazione della sua azienda andasse peggiorando. Il 
politico che maggiormente sosteneva Tanzi era Ciriaco De Mita che lo 
spinse nella avventura televisiva di Odeon Tv, in modo da poter 
contrastare il potere che esercitavano i socialisti di Craxi attraverso le 
televisioni di Berlusconi. Il rapporto fra l’imprenditore di Collecchio e 
la sinistra della DC non era limitato alla televisione, grazie ai suoi 
legami riuscì ad ottenere ingenti finanziamenti per insediamenti 
industriali. 
Per esempio dopo il terremoto in Irpinia il governo erogò 11 miliardi a 
favore di Tanzi, a fronte di tale erogazione la Corte dei Conti aprì 
un’inchiesta perché non erano state rispettate certe condizioni 
dell’accordo. Da quanto emerso negli interrogatori dei collaboratori di 
Tanzi la Parmalat acquistò certe società, senza alcuna motivazione 
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strategica per il gruppo, a prezzi eccessivi solo per acconsentire alle 
richieste di politici che avevano interessi a realizzarne la vendita. 
Certi politici democristiani a capo di importanti istituti di credito e 
finanziari sostennero la società in momenti di crisi attraverso prestiti a 
tassi di interesse alquanto favorevoli, per esempio durante la crisi di 
Chernobyl, Gianmario Roveraro, uomo di spicco della finanza 
cattolica, diventò partner di Tanzi nel delicato momento di aumento di 
capitale necessario per la quotazione in borsa di Parmalat. 
Dopo lo scandalo di Tangentopoli, che fece venir meno il potere della 
Democrazia Cristiana, il Patron della Parmalat non smise ad 
interessarsi del settore bancario. 
Nel 1992 riuscì a piazzare un suo stretto collaboratore, ex politico 
della sinistra socialista anti-craxiana, al vertice del Monte di Parma e 
un altro democristiano a capo della prima Banca Emiliana, nata dalla 
fusione tra le Casse di Parma e Piacenza mantenendo così 
un’influenza sul modo bancario. 
Decaduta la Democrazia Cristiana, Tanzi ha sempre mantenuto buoni 
rapporti con la sinistra sostenendo la campagna elettorale per l’Ulivo 
di Romano Prodi nel 1996 e quella contro Berlusconi nel 2001.