Una preliminare pianificazione del programma di ricerca ha comportato 
l’individuazione delle opere, sulla base dei cataloghi e della bibliografia esistente, sulle 
quali abbiamo concentrato la nostra attenzione. 
La scelta è caduta su un gruppo di quattro manoscritti conservati nella Biblioteca Civica 
“Angelo Mai” di Bergamo: ms. Cassaf. 2.13, ms. Cassaf. 3.11, ms. Cassaf. 3.15 e ms. 
MA 134. Si tratta di opere fiamminghe provenienti dall’area di Gand-Bruges e 
collocabili in un arco di tempo che va tra la metà del XV secolo e gli inizi del XVI. 
I primi tre codici sono stati oggetto di uno studio più approfondito, non solo per la 
quantità di miniature che essi contengono rispetto al quarto (ms. MA 134, il quale tende 
a staccarsi dal gruppo sia stilisticamente che cronologicamente), ma anche e soprattutto 
perchè le tre opere presentano diversi fattori in comune, a cominciare dalla messa in 
relazione con un nome, Willem Vrelant. 
Infatti, la presenza di un manoscritto (ms. Cassaf. 2.13) attribuito a Vrelant, di un’altro 
(ms. Cassaf. 3.11) stilisticamente vicino alla sua mano, tanto da ipotizzarne la paternità, 
e infine di un terzo codice (ms. Cassaf. 3.15), il cui autore fu chiaramente influenzato 
dal maestro, ha suscitato il nostro interesse, suggerendo la necessità di un confronto 
critico con le altre opere di sicura attribuzione, sulle quali è a nostro avviso auspicabile 
l’estensione delle indagini scientifiche. 
  
Nel mese di novembre 2006 si è iniziata la campagna d'indagine: le miniature sono 
state sottoposte ad analisi fotografiche (macrofotografie e fotografie digitali 
all’infrarosso) con lo scopo di raccogliere una serie di dati tecnico-scientifici in grado 
di arricchire di nuovi elementi conoscitivi il panorama storico-artistico del contesto di 
appartenenza di tali opere. 
Introduzione 4
  
 
L’indagine ha interessato l'individuazione delle tecniche esecutive, del disegno 
sottostante, dei materiali utilizzati nella preparazione e negli strati pittorici (pigmenti, 
coloranti, leganti, vernici), dei pentimenti  e delle ridipinture, e infine dell’eventuale 
presenza di più mani all’interno di ogni singola opera. 
Su tre esemplari (ms. Cassaf. 2.13, ms. Cassaf. 3.11, ms. Cassaf. 3.15) sono in corso 
ulteriori indagini di tipo spettroscopico (effettuate tramite microsonda Raman laser) per 
determinare con precisione la natura dei materiali usati. 
Ci proponiamo in questa sede di illustrare i risultati ottenuti dalle indagini finora 
effettuate e le conclusioni tratte dallo studio del materiale fotografico, unito a quello 
della documentazione storico-critica esistente, con la speranza di poter fornire un 
apporto, per quanto limitato, alla conoscenza e allo studio di Willelm Vrelant e della 
tecnica della miniatura in generale. 
Nella prima parte trattiamo brevemente la storia della miniatura fiamminga nel XV 
secolo, legata alle vicende del Ducato di Borgogna e dei suoi principi. 
Segue un capitolo incentrato sulla figura di Willem Vrelant: vengono toccati gli aspetti 
biografici, stilistici, le opere note e i problemi d’identificazione. 
Dal momento poi che le miniature oggetto d’indagine sono tutte contenute in Libri 
d’ore, si è inserito un capitolo riguardante questa tipologia di codici, davvero 
fondamentale nella storia della decorazione del libro manoscritto, analizzandone i 
contenuti testuali e le relative iconografie. 
Infine presentiamo l’analisi critica dei codici, corredata dal repertorio delle immagini 
(selezione delle fotografie significative) e completata dalle schede tecniche, all’interno 
delle quali – e per ogni miniatura anlizzata – si sono inserite le informazioni ottenute 
dall’analisi macrofotografica e all’infrarosso. 
Introduzione 5
  
 
Capitolo 1. 
Cenni sulla miniatura fiamminga 
tra XV e XVI secolo 
 
1.1 Il Ducato di Borgogna e l’evoluzione della miniatura 
nelle Fiandre 
 
 
Nel 1363 il re Giovanni III il Buono di Francia investì del ducato di Borgogna il figlio 
quartogenito Filippo, capostipite della serie dei "grandi duchi di Borgogna" della casa 
dei Valois: Filippo l'Ardito (1363-1404), Giovanni Senza Paura (1404-19), Filippo il 
Buono (1419-67) e Carlo il Temerario (1467-77).
1
 Dalla dinastia così costituita derivò 
una grande potenza estesasi, grazie a un'accorta politica matrimoniale – matrimonio di 
Filippo l'Ardito con Margherita, erede della casa di Fiandra (1369) – e alle vicende 
della guerra dei Cent’anni, alle Fiandre, ai Paesi Bassi e al Lussemburgo. Nel 
Quattrocento lo stato borgognone poté rivaleggiare con la monarchia capetingia, e la 
                                                 
1
 Giuseppe Corradi, “Filippo duca di Borgogna” in Grande Dizionario Enciclopedico Utet, vol. VII, 
Torino, Utet, 1968, pp. 852-853; “Carlo il Temerario, duca di Borgogna” in Grande Dizionario 
Enciclopedico Utet, vol. IV, Torino, Utet, 1967, p. 89. 
 6
  
sua corte costituì il centro di uno straordinario movimento artistico e culturale, per larga 
parte ispirato alla tradizione cavalleresca, ma già pienamente rinascimentale. 
Se Filippo il Buono, nel corso del suo lungo regno, si preoccupò di estendere i 
possedimenti nell'area dei Paesi Bassi, Carlo il Temerario puntò a riunire i due 
complessi territoriali, la vecchia Borgogna e i Paesi Bassi, attraverso una politica 
espansionistica; dopo qualche successo iniziale, egli non riuscì tuttavia ad annettere i 
territori dell'Alsazia, dell'alto Reno e della Lorena, morendo nel 1477 presso Nancy. 
Sua figlia Maria (morta nel 1482), che nel 1477 sposò Massimiliano I d’Austria, non fu 
in grado, durante suo breve governo, di tenere unite le varie componenti dello Stato 
creato dai suoi predecessori. Così, mentre il re francese Luigi XI riunì alla corona il 
vero e proprio ducato di Borgogna come feudo vacante, la maggior parte dei 
possedimenti dei Valois di Borgogna passò agli Asburgo con Filippo IV il Bello (1482-
1506) e Carlo V (1506-1555).
2
 
I quattro grandi duchi di Borgogna, succedendosi di padre in figlio, mantennero 
inflessibilmente una linea politica intesa all’accrescimento dei loro territori. Essi 
volevano considerarsi indipendenti dal re di Francia e la loro politica di fronte al 
sovrano permette di comprendere almeno in parte il mecenatismo da essi esercitato 
verso tutte le forme artistiche, in particolare verso i codici miniati. Anche grazie alla 
bibliofilia dei duchi apparve nei Paesi Bassi uno stile del libro completamente originale  
 
 
 
                                                 
2
 Giuseppe Corradi, “Borgogna. - Storia” in Grande Dizionario Enciclopedico Utet, vol. III, Torino, 
Utet, 1967, pp. 304-305. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 7
  
che continuò con felice splendore 
fino alla metà del XVI secolo, 
quando negli altri paesi la 
miniatura era già decaduta da 
alcuni decenni.
3
 
 
La stagione d’oro della miniatura 
dei Paesi Bassi è parallela 
all’affermazione del Ducato: 
seguendone la fortuna ne riflette 
il gusto ed è anche spia dei 
fenomeni socio-culturali, dal 
mecenatismo di corte alla spinta 
devozionale dei conventi, alla 
rimonta intellettuale di una 
borghesia in crescente ascesa economica. 
Prima del distacco della casa di Borgogna dal regno di Francia lo stile dominante nella 
miniatura era stato quello parigino, e ancora a miniatori di quell’ambiente, quali i 
fratelli Limbourg, il Maestro di Bedford e il Maestro del Maresciallo Boucicaut, si 
rivolsero i primi duchi Filippo l’Ardito e Giovanni Senza Paura per la decorazione dei 
loro manoscritti. Il gusto franco-fiammingo che caratterizzò la produzione dei primi  
 
                                                 
3
 L’argomento viene trattato da Delaissé in L. M. J. Delaissé, La miniatura al tempo di Filippo il Buono, 
Milano, Electa, 1956. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 8
La Giustizia in trono affiancata dalla Carità e dalla
buona Informazione. Christine de Pisan, Épître 
d’Othéa, Maestro di Guillebert de Mets, dopo il 1434,
Bruxelles, Bibliothèque royale, ms. 9596-97, f. 6r. 
  
 
decenni del secolo è dovuto alla presenza nelle botteghe di personalità di diversa 
provenienza e ai continui spostamenti degli artisti da una regione all’altra. 
Gia all’inizio del XV secolo Bruges occupava un posto eminente nella storia della 
miniatura, posto che manterrà fino al tramonto di quest’arte. Il successo è dovuto alla 
produzione e diffusione su larga scala di alcune categorie di opere, come quella dei libri 
d’ore. 
Chi aveva bisogno di libri? 
In primo luogo vediamo come nel XV secolo persistesse il mecenatismo monastico.
4
 I 
monaci ancora realizzavano libri, sia per le biblioteche monastiche (in genere il codice  
destinato a un’uso interno non veniva miniato) sia su commissioni esterne. Uno dei 
conventi più importanti per la produzione di manoscritti è a Lovanio, dal 1433 sede 
della Congregazione di Windesheim, un’ordine derivante dalla Devotio Moderna; 
l’università Alma Mater, fondata a Lovanio nel 1425, fu spesso cliente di questo 
convento. 
Anche i certosini possedevano e producevano libri, come del resto i benedettini, che 
continuarono nel XV secolo la loro tradizione bibliofila, producendo manoscritti con un 
ricco programma iconografico. I monasteri continuarono la produzione anche molto 
tempo dopo la diffusione della stampa. 
Com’è noto, la sviluppo delle università fu all’origine di una rivoluzione nella 
produzione del libro, testimoniata innanzitutto dalla concentrazione di pergamenisti,  
 
                                                 
4
 Maurits Smeyers, L’art de la miniature flamande du 8
e
 au 16
e
 siècle, Tournai, La Renaissance du 
Livre, 1998, pp. 269-278. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 9
  
 
copisti, miniatori e rilegatori nei centri universitari. L’esistenza di una quantità 
sufficiente di libri per professori e studenti diventò infatti un problema quotidiano.
 5
 
L’università aveva bisogno essenzialmente di tre tipi di libri: in primo luogo, gli atti 
ufficiali, che dovevano esistere in più copie. Per una semplice trascrizione si poteva far 
ricorso a un notaio, ma per una copia più lussuosa e miniata ci si rivolgeva a un 
professionista; questo trattamento particolare era riservato ai cartulari e ai libri dei 
privilegi. 
I libri degli statuti presentano in genere 
illustrazioni del Calvario o della Trinità, 
in connessione con citazioni del Vangelo 
su cui i professori giuravano di rispettare 
i diritti e i doveri dell’università. 
Accanto a questi manoscritti ufficiali, i 
libri liturgici usati in cerimonie solenni 
in relazione con l’università formano un 
secondo gruppo. 
La terza serie di libri è invece quella 
della letteratura professionale, vale a dire 
la maggior parte della produzione. I 
professori e gli studenti si rivolgevano a 
copisti, acquistavano i manoscritti dai 
librai o si mettevano essi stessi a copiare  
                                                 
5
 Smeyers, 1998, pp. 278-284. 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 10
La Trinità circondata dai simboli degli
Evangelisti. Libro degli Statuti della facoltà di 
Diritto di Lovanio, 1450 c.a, Bruxelles, Archivés
générales du royaume, fondi Università di
Lovanio 609, f. Cr. 
  
 
i testi. 
I mercanti di libri formavano un piccolo gruppo nell’università come intermediari fra 
venditori e acquirenti. Chi voleva vendere libri nell’università era obbligato a 
immatricolarsi: ciò offriva alcuni vantaggi come l’esenzione dalle tasse. Ovviamente, a 
fianco di questi librai ufficialmente riconosciuti, vi era anche chi lavorava 
clandestinamente, magari vendendo anche libri già usati, da studenti o professori, a 
clienti stranieri.
 
 
 
Si capisce in definitiva come la domanda di libri miniati sia stata forte nel XV secolo in 
ambiti molto diversi quali i centri religiosi, le università e le città commerciali, in cui si 
stava sviluppando una classe borghese sempre più facoltosa e desiderosa di ostentare la 
propria ricchezza attraverso uno stile di vita propriamente aristocratico. 
In questi centri i miniatori costituivano un gruppo economicamente importante. Un 
gran numero di miniatori anonimi occupava la scena nella prima metà del Quattrocento. 
Nel loro lavoro si nota un certo arcaismo stilistico, forse un’eco della produzione 
francese, che in qualche modo rallentò l’evoluzione della miniatura fiamminga. Ogni 
tendenza realistica viene messa temporaneamente da parte, gli sfondi sono piatti, spesso 
decorati con quadrettature o campiture color porpora con viticci e riccioli dorati; i 
personaggi sono stereotipati, ripetuti in più scene. 
In particolare, il motivo dei girali d’oro sullo sfondo venne usato da un gruppo di 
artigiani – il Gold Scroll Group – che si possono collocare a Bruges tra 1420 e 1450 e 
che controllavano buona parte del mercato librario in città e non solo. Questa bottega  
 
 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 11
  
 
realizzava libri in serie, servendosi 
di modelli, essenzialmente libri 
d’ore, sia per il mercato fiammingo 
che da esportazione in Inghilterra e 
Italia. La fattura di questi 
manoscritti è sommaria: gli 
atteggiamenti sono stereotipati, i 
personaggi riproducono sempre un 
tipo fisico schematizzato e i colori, 
carichi, sono applicati senza troppe 
sfumature. Quanto alla resa della 
profondità essa è quasi inesistente. 
Non è possibile affermare che la 
produzione del Gold Scroll Group 
sia stata frutto di un’unica bottega, comunque sia, dal punto di vista stilistico e 
iconografico, essa ebbe un grande ascendente sugli altri miniatori dei Paesi Bassi negli 
anni seguenti.
 6
 
Durante la prima metà del XV secolo c’è una certa continuità nella produzione di alcuni 
miniatori, come il Maestro di Daniel Rym (attivo fra 1420 e 1440 a Tournai e Gand), il  
Maestro di Guillebert de Mets (formatosi a Parigi e attivo nelle Fiandre tra 1430 e  
 
                                                 
6
 Smeyers, 1998, pp. 234-240; Bernard Bousmanne, Item a Guillaume Wyelant aussi enlumineur: Willem 
Vrelant: un aspect de l’enluminure dans le Pays-Bas Méridionaux sous le mécénat des ducs de 
Bourgone, Philippe le Bon et Charles le Téméraire, Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique 1997, pp. 
75-76. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 12
Presentazione al Tempio. Libro d’ore, secondo 
quarto del XV secolo, Rouen, Bibliothèque
municipale, ms. Leber 135, f. 43r. 
  
 
1450),
 
o ancora il Maestro dei Privilegi di Gand e delle Fiandre, allievo del Maestro di  
Guillebert de Mets, che produsse per le città di Tournai, Lille e Hainaut. L’attività di 
questi maestri cessa progressivamente intorno al 1450 e viene rimpiazzata da quella di 
altre botteghe.
 7
 
 
 
 
 
 
                                                 
7
 Smeyers, 1998, pp. 240-250. 
 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 13
Visitazione. Libro d’ore, Maestro dei Privilegi di
Gand, 1440-1450, New York, The Pierpont
Morgan Library, ms. M. 82, f. 43r. 
Daniel Rym in preghiera davanti a Daniele nella 
fossa dei leoni. Libro d’ore, Maestro di Daniel 
Rym, 1420-1430, Baltimora, Walters Art 
Gallery, ms. W. 166, f. 168v. 
  
 
1.2 Miniatura alla corte dei Granduchi di Borgogna 
 
 
Filippo il Buono salì al potere nel 1419. Con lui cominciò un regno grandioso che 
registrò, così sul piano politico come su quello militare ed economico, una serie di 
successi ininterrotti. Il grande duca, pur riconoscendosi vassallo del re di Francia, agì 
con autonomia. 
Anche dal punto di vista culturale il suo fu un regno prospero: dopo Jean de Berry, 
Filippo è considerato come uno dei maggiori bibliofili del suo tempo. Da un inventario 
del 1420 risulta che il duca ereditò duecentocinquanta manoscritti da suo padre, 
Giovanni Senza Paura, mentre un inventario del 1467 parla di novecento testi, senza 
contare i libri liturgici. La sua biblioteca poteva reggere il confronto con quelle di papa 
NicolaV a Roma e di Cosimo de Medici a Firenze.
8
 
Filippo acquistava la maggior parte dei suoi libri: si tratta per lo più di manoscritti in 
francese o latino, libri liturgici o di devozione, vite di santi, libri di filosofia, di morale, 
opere didattiche e teologiche, opere letterarie cavalleresche, di cronaca e storia antica. Il 
duca commissionava i suoi manoscritti a botteghe delle province dei Paesi Bassi 
meridionali, dove il gusto del principe per il lusso incoraggiò una miniatura di grande 
qualità, tanto che,  a partire dal terzo decennio del secolo, se non già da qualche anno 
prima (dopo lo smacco subito dai francesi ad Agincourt nel 1415), l’arte del libro nelle 
Fiandre superò quella di Parigi. 
 
                                                 
8
 Per un elenco completo dei manoscritti appartenuti a Filippo il Buono si consulti Georges Dogaer, 
Marguerite Debae, La librairie de Philippe le Bon. Exposition organisée a l’occasion du 500
e
 
anniversaire de la mort du duc, Bruxelles, Bibliothèque Royale, 1967. 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 14
 Benché Filippo si sia avvalso di differenti personalità per la realizzazione dei suoi libri, 
le miniature presentano alcune caratteristiche comuni, come per esempio le ricche 
decorazioni marginali composte da foglie d’acanto, fiorellini e piccoli personaggi. 
Nelle scene narrative i miniatori descrivono con precisione l’uomo e il mondo e ciò 
accade anche per i fatti svoltisi nel lontano passato, attualizzati nel contesto 
contemporaneo. I personaggi sono generalmente individualizzati, ma i loro 
atteggiamenti sono spesso forzati e i loro gesti artificiali. I paesaggi sono profondi e di 
aspetto realistico. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 15
Jean Wauquelin presenta il libro a Filippo il Buono. Jacques de Guise, Chroniques de Hainaut, Rogier 
van der Weyden (?), 1448, Bruxelles, Bibliothèque royale, ms. 9242, f. 1r. 
  
 
Molti manoscritti di Filippo presentano nel frontespizio un’illustrazione in cui figura la 
presentazione al duca del libro fatta dall’autore; la prima scena di questo genere 
compare nel poema allegorico Le Champion des Dames di Martin Le Franc, completato 
nel 1442 (Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique, ms. 9466), ed è di fattura 
modesta, ma essa verrà in seguito ripresa in numerosi altri libri, come nelle Cronache 
di Hainaut (Bruxelles, Bibliothèque Royale de Belgique, ms. 9242), realizzate verso il 
1448, dove il frontespizio del primo volume è attribuito da molti a Rogier Van der 
Weyden.
9
 La qualità della miniatura è eccezionale: il duca, vestito di nero, è 
rappresentato in un interno ben definito prospetticamente, circondato dal figlio Carlo, 
dai suoi consiglieri e cortigiani. In ginocchio davanti a lui con il manoscritto c’è Jean 
Wauquelin, il traduttore del testo. Piuttosto che la rappresentazione di un momento 
solenne reale, la scena è una forma visiva che accentua l’aspetto di strumento morale e 
politico del libro: si tratta di una sorta di offerta rituale e Filippo non riceve solo il libro  
in quanto oggetto, ma ne accetta anche il contenuto.
10
 Questa miniatura inaugura una 
lunga tradizione, ma esistono almeno altri due tipi di frontespizio: nel primo il duca 
seduto sul trono ascolta la lettura ad alta voce del libro, nel secondo il duca fa visita alla 
bottega del copista.
11
 
                                                 
9
 Bernard Bousmanne, “Le deuxième volume des Chroniques de Hainaut (Bruxelles, KBR, ms. 9243): 
manuscrit “non parfait” ou commande de prestige?” in Les Chroniques de Hainaut ou les ambitions d’un 
prince bourguignon, a cura di Pierre Cockshaw, Turnhout, Brepols, 2000, pp. 75-82, 179-183. 
 
10
 Anne Dubois, “La scène de presentation des Chroniques de Hainaut. Idéologie et politique à la cour de 
Bourgogne” in Les Chroniques de Hainaut ou les ambitions d’un prince bourguignon, a cura di Pierre 
Cockshaw, Turnhout, Brepols, 2000, pp. 119-124. 
 
11
 Smeyers, 1998, pp. 291-293. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 16
  
 
Nei libri d’ore Filippo è spesso 
rappresentato inginocchiato con un libro 
di preghiere in mano; il duca ne possedeva 
parecchi. Uno di questi, realizzato a Parigi 
era appartenuto a suo nonno Filippo 
l’Ardito (Cambridge, Fizwilliam Museum, 
ms. 3-1954);
 12
 il nipote vi fece aggiungere 
preghiere e miniature dedicate a santi 
venerati nelle Fiandre e, nel 1451, il 
segretario del duca, Jean Miélot, vi fece 
fare nuove aggiunte da Willem Vrelant, 
Jean le Tavernier, Dreux Jehan e altri 
miniatori. 
Intorno al 1455 Filippo fece realizzare un 
grande breviario in due volumi per la cappella della corte (Bruxelles, Bibliothèque 
Royale de Belgique, mss. 9026 e 9511) in cui Vrelant realizza la maggior parte delle 
illustrazioni, mentre della mano di Tavernier sono la Natività e l’Albero di Jesse.
13
 
Originario di Audenarde, Jean le Tavernier fece probabilmente il suo apprendistato 
nella sua città natale e forse a Tournai, e negli anni ’50 riceve commissioni dal duca.
14
  
 
                                                 
12
 Bousmanne,1997, pp. 242-246. 
 
13
 Smeyers, 1998, pp. 296-299. 
 
14
 Paolo D’Ancona, Erhard Aeschlimann, Dictionnaire des miniaturistes du Moyen Âge et de la 
Renaissance dans les différentes contrées de l’Europe, Milano, Hoepli, 1949, pp. 130, 202. 
 
1. Storia della miniatura fiamminga tra XV e XVI secolo 17
 
Filippo assiste alla Messa di san Gregorio. 
Miniatura aggiunta al Libro d’ore di Filippo 
l’Ardito, 1450-1455, Cambridge, Fitzwilliam 
Museum, ms. 3-1954, f. 253v.