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Premessa 
CAPITOLO 1 
Il ciclo Joule-Bryton e i propulsori turbogetto 
 
Il ciclo turbogas o più nello specifico ciclo Joule-Brayton è rappresentato nella sua 
forma più schematica da tre parti fondamentali, ovvero: il compressore, costituito da 
una girante opportunamente sagomata e da un diffusore che fornisce l’aria 
comburente; da una camera di combustione, il cui scopo fondamentale è quello di 
riscaldare il fluido di lavoro (in genere aria) aumentandone la velocità (mediante 
aumento del salto entalpico); e da una turbina che ha il compito di trasformare l’energia 
cinetica e termica accumulata dal fluido di lavoro in energia meccanica. Turbina e 
compressore sono in genere collegati insieme tramite un’albero che fa in modo che 
ruotino alla medesima velocità di rotazione. La figura che segue fornisce uno schema 
rappresentativo delle componenti di questo tipo di propulsore. 
 
 
Figura 1.1 Schema di un propulsore turbogas 
 
Nel caso di un propulsore turbogetto (turboJet) l’aria viene aspirata nella sezione 1, 
compressa dal compressore e convogliata nella camera di combustione nella sezione 
2, fatta in parte reagire con il combustibile all’interno del combustore (o camera di 
combustione) e convogliata in turbina nella sezione 3, e infine dopo essere stata
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parzialmente processata da quest’ultima viene espulsa a velocità e pressione più 
elevata (rispetto alla sezione 1) attraverso la sezione 4. L’aumento di energia cinetica 
cosi conferito all’aria per il principio di azione e reazione genera cosi una spinta, una 
forza che tende a muovere il propulsore e tutto ciò a cui esso è collegato nella direzione 
opposta a quella del getto. 
 
1.1 Camera di combustione 
La camera di combustione oltre che assicurare una certa quantità di aria che permetta 
l’accensione del combustibile, deve soddisfare ulteriori requisiti, in particolare per ciò 
che riguarda la stabilizzazione della fiamma. A tale scopo si consideri la figura 
sottostante. 
 
 
Figura 1.2 Moto di un fronte di fiamma laminare entro un condotto cilindrico 
 
La figura 1.2 mostra un condotto cilindrico entro il quale è presente una miscela 
combustibile/ossidante con rapporto di equivalenza entro i limiti di infiammabilità. La 
miscela fresca fluisce da sinistra verso destra con velocità um, mentre per effetto di un 
processo di combustione sul lato destro del condotto, il fronte di fiamma si propaga 
verso sinistra con velocità uf (relativa al gas). Possono verificarsi tre casi: 
- uf < um : la fiamma viene soffiata via dal flusso fino a raggiungere l’estremità 
del tubo estinguendosi 
- uf = um : il fronte di fiamma risulta stazionario 
- uf > um : il fronte di fiamma risale entro la miscela fresca fino a raggiungere il 
getto di combustibile
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chiaramente la condizione che si vuole raggiungere all’interno di una camera di 
combustione e quella di fronte di fiamma stazionario. Occorre tener presente che la 
velocita di propagazione di una fiamma laminare idrocarburo/aria è nell’ordine di 0,3 
– 0,4 m/s, e può tuttalpiù raggiungere i 2,5 m/s nel caso di combustione idrogeno/aria. 
Benché l’aumento di turbolenza e pressione della miscela porti a sensibili aumenti di 
tale velocità (anche nell’ordine dei 5-6 m/s), resta comunque essenziale creare delle 
zone all’interno della camera ove la velocità del flusso principale risulti notevolmente 
più bassa. Tali zone dette zone di ricircolo e servono appunto a generare le condizioni 
ideali per lo sviluppo della reazione di combustione oltre che a promuovere 
un’adeguata miscelazione combustibile/comburente. 
Questo può essere fatto in diversi modi, ma quelli più comuni sono due: 
moto di swirl: si genera forzatamente un moto vorticoso all’interno della camera 
(moto di Swirl) mediante una palettatura fissa detta swirler in aggiunta ad una 
combinazione di fori di ingresso dell’aria posti uno di fronte all’altro in modo che la 
collisione dei getti inneschi un moto di ricircolo toroidale. In alcuni casi si utilizza solo 
quest’ultima soluzione. 
 
 
Figura 1.3 Rappresentazione di una zona di ricircolo toroidale generata da uno swirler 
 
Ancorante o stabilizzatore di fiamma: questi sistemi sono principalmente utilizzati 
nei postbruciatori dei motori turbogetto e negli autoreattori, sono anche detti corpi
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tozzi, per via della loro forma che spesso e forgiata a forma di V (vee gutter, grondaia 
a V) e lo scopo e quello di generare una zona di ricircolo a valle dello stabilizzatore 
stesso. 
 
 
Figura 1.4 Schema di uno stabilizzatore di fiamma per postbruciatore 
 
 
Figura 1.5 A sinistra il postbruciatore del motore di un Concorde, a destra un test reale sul funzionamento di un 
flameholders di tipo Vee gutter 
 
Si può a questo punto intuire che la camera di combustione non è un semplice 
contenitore vuoto, ma possiede al suo interno specifici dispositivi che permettono alla 
reazione di combustione di svilupparsi a dispetto delle severe condizioni di velocità 
del flusso principale (aria) imposte dal compressore. Lo scopo delle camere dei 
combustori turbogas, a prescindere da quella che può essere la loro conformazione, 
resta quello di distribuire il flusso d’aria proveniente dal compressore in modo da 
miscelare combustibile e comburente, permettere lo sviluppo della fiamma e 
miscelarne i prodotti di combustione con il comburente restante al fine di portare la 
temperatura di combustione a livelli accettabili dalla turbina.
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Figura 1.6 Liner tubolari provenienti da motori aereonautici  
 
Il liner (o flame-tube) nella sua idealizzazione più semplice può essere immaginato 
come un cestello forato. I fori hanno lo scopo di immettere il flusso principale 
all’interno del liner secondo angoli ottimizzati o per la penetrazione o per il 
raffreddamento delle pareti (non sono rare le vie di mezzo). 
 
 
Figura 1.7 Rappresentazione di un combustore tubolare e delle sue zone principali (Rolls Royce Avon)
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Su questi dispositivi si possono distinguere quattro zone principali: zona di ricircolo 
(recirculation zone), dove avviene il ricircolo toroidale il cui ruolo e quello di 
miscelare aria e combustibile; zona primaria (primary zone), che è dove si sviluppa la 
fiamma alla sua massima temperatura; zona secondaria (secondary zone), ove avviene 
la parziale diluizione dei prodotti di combustione provenienti dalla zona primaria e 
all’occorrenza permettere la combustione di eventuali gas incombusti, e infine, la zona 
di diluizione (diluition zone), che permette appunto di diluire i prodotti di combustione 
abbassandone la temperatura fino ai livelli richiesti dalla turbina. Sono inoltre presenti, 
come si nota nella figura 1.7, delle particolari aperture che indirizzano il flusso sulle 
pareti del liner per raffreddarle. 
Considerando un po’ più nel dettaglio la zona primaria, è da specificare quanto oggi 
come oggi sia importante svilupparla al meglio. Nella zona primaria, come già 
accennato, avviene il processo di combustione, il quale deve avere il miglior 
rendimento possibile al fine di ridurre sprechi e consumi. Tale rendimento in linea di 
massima tende ad aumentare con la temperatura di combustione o meglio quando le 
condizioni sono quanto più vicine possibile a quelle stechiometriche, ma ci sono dei 
limiti ai quali bisogna attenersi, infatti secondo Melconian & Moldak (1985) pare che 
una temperatura al di sotto dei 1600 K favorisca la formazione di fuliggini (smoot) che 
oltre ad inquinare intaserebbero la camera, mentre una temperatura superiore ai 1773 
K favorisca l’eccessiva formazione di ossidi di azoto (NOx) che come si sa, sono 
inquinanti. È importante dunque non fallire nel raggiungimento di un’elevata 
efficienza di combustione sia perché rappresenta uno spreco di carburante, sia perché 
questa si manifesta sotto forma di emissioni inquinanti come idrocarburi incombusti e 
monossido di carbonio. Le attuali regole sulle emissioni richiedono un’efficienza 
superiore al 99%. Sui moderni motori aereonautici, l’efficienza di combustione è 
effettivamente prossima al 100% nelle condizioni di decollo. Per evitare la produzione 
di fumo bianco questa deve superare il 96% e mai in nessuna condizione operativa 
deve scendere al di sotto del 90%. In generale, in un propulsore che sfrutta il ciclo 
Joule-Bryton per il suo funzionamento distinguiamo tre possibili configurazioni di 
camera di combustione: 
Tubolare. Un combustore tubolare consiste in un liner cilindrico posizionato 
concentricamente in un contenitore cilindrico (casing). Molti dei primi motori
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turbogetto montavano questo tipo di combustori in numero compreso tra 6 e 16 unità 
per ogni motore. Il principale vantaggio di questo tipo di combustori sono i 
relativamente ridotti tempi e costi di progettazione e sviluppo. Tuttavia le eccesive 
dimensioni e il peso sostenuto di queste unita li rendono poco adatti all’impiego 
aereonautico, motivo per cui si preferisce impiegarli principalmente in applicazioni 
industriali e terrestri. 
 
Figura 1.8 Rappresentazione di un combustore di tipo multi-can a camere tubolari (can) 
 
Tubo-anulare. In questo design, un gruppo di liner tubolari, generalmente compreso 
tra 6 e 10, sono adattati all’interno di un singolo casing anulare come illustrato in figura 
1.9. Questa concezione combina la compattezza di una camera anulare con la 
resistenza delle camere tubolari.  
Un inconveniente di questa tipologia di camere, e che, esattamente come per quelle 
tubolari, necessitano di un’interconnessione tra le varie camere (cross fire tubes) per 
permetterne l’innesco simultaneo della combustione. Confrontate con le camere 
anulari, quelle tubo-anulari hanno l’utile vantaggio di poter essere testate in fase di 
progetto con un modesto quantitativo d’aria di alimentazione semplicemente 
prendendo in esame solo un segmento della camera contenete uno o più liner. Gli 
inconvenienti di progetto su queste camere si fanno sentire quando si cerca di ottenere