1.   La combustione per 
autoaccensione 
 
1. La combustione per autoaccensione   -   1.1 Breve storia del motore Diesel 
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1.1 Breve storia del motore Diesel 
Questa tipologia di motore nacque nel 1893 grazie all’ingegno di 
Rudolf Diesel, che, nel tentativo di eludere i problemi di innesco 
della combustione presenti nei prototipi di allora, brevettò un moto-
re nel quale l'accensione di combustibile avvenisse per opera dello 
stesso aumento della pressione nel cilindro, realizzato dalla fase di 
compressione, e non in seguito allo scoccare di una scintilla. 
Diesel dovette quindi abbandonare la benzina come combustibile di 
alimentazione, a favore di preparati meno volatili e con diversa pro-
prietà di accendibilità, come i distillati più pesanti del petrolio (oggi 
chiamati gasolio), gli oli vegetali (compreso quello di oliva) e la pol-
vere di carbone.  Risale al 1923 il primo motore di questo tipo desti-
nato a mezzi per trasporto via terra introdotto in Italia; precisamen-
te venne installato su una locomotrice Diesel-elettrica italiana in 
servizio in Lucania e Calabria. 
Per quanto riguarda il largo impiego del Diesel sulle autovetture, in-
vece, la storia è più recente e risale all’inizio degli anni ’70.  I primi 
motori, a precamera, erano progettati essenzialmente per garantire 
affidabilità ed economia di esercizio, tralasciando le prestazioni, che 
risultarono piuttosto modeste, specialmente in termini di potenza 
specifica, rendimento e confort di marcia. 
L’immagine del motore Diesel in quegli anni fu di un motore robu-
sto, di basso costo di esercizio, ma decisamente ruvido e poco con-
fortevole, tanto che di fatto venne associato ad autoveicoli “da lavo-
ro”. 
 
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Sono poi seguiti, tutti nell’ultimo ventennio, fondamentali sviluppi e 
nuove soluzioni che hanno rivoluzionato le prestazioni di questo tipo 
di motore, tra le quali si ricordano le più significative: 
 l’adozione di complessi turbina-compressore, al fine di incre-
mentare la potenza specifica; 
 la tecnica dell’iniezione diretta in camera di combustione per ri-
durre il consumo specifico di combustibile (1988, Fiat Croma); 
 lo sviluppo di sistemi di alimentazione nuovi che svincolino le 
pressioni d’iniezioni dal regime del motore e rendano la combu-
stione meno ruvida, rumorosa ed inquinante; in particolare si-
stemi a controllo elettronico e ad accumulazione di pressione 
“common rail” (1997 Alfa Romeo 156), sino alla più recente lo-
gica delle iniezioni multiple (2003 motore Fiat Multijet) e 
dell’utilizzo di iniettori piezoelettrici; 
 la progettazione di dispositivi per l’abbattimento delle sostanze 
inquinanti comunque presenti allo scarico, in particolare per la 
cattura del particolato e degli ossidi di azoto, al fine di rispetta-
re le sempre più severe normative europee in materia di emis-
sioni inquinanti. 
1.2 Generalità sulla combustione 
Un motore ad accensione spontanea (Diesel) per autotrazione pre-
senta un rapporto volumetrico di compressione sufficientemente ele-
vato (1424) da portare la carica d’aria aspirata, e quindi compressa, 
sino a temperature di 500600 °C. 
Il combustibile viene iniettato sotto forma di goccioline finissime in 
quest’aria ad elevata pressione e temperatura, poco prima che il pi-
stone raggiunga la posizione di punto morto superiore.  Quindi av-
viene la vaporizzazione e la diffusione nell’aria per formare local-
1. La combustione per autoaccensione   -   1.2 Generalità sulla combustione 
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mente miscele aria-combustibile che si trovino a temperature e pres-
sioni superiori a quelle di autoaccensione e con rapporto di miscela 
prossimo al valore stechiometrico. 
Le miscele così createsi si accendono spontaneamente, provocando 
un aumento della temperatura media nel cilindro, che accelera le re-
azioni di preossidazione di altre miscele locali preformate, così da 
innescare un processo a catena che porta i prodotti sino a tempera-
ture di 2000 °C e 200 bar di pressione.  L’iniezione prosegue fino a 
quando tutto il combustibile necessario è stato introdotto nella ca-
mera, in relazione alle prestazioni istantanee richieste. 
1.3 Aspetti fisici 
Nell’analisi del processo di combustione che si sviluppa all’interno di 
un motore ad accensione spontanea, la grandezza che più facilmente 
si può sperimentare, e che fornisce importanti informazioni, è la 
pressione all’interno del cilindro. 
Grazie all’evoluzione della tecnologia degli strumenti di misura, di-
sponiamo oggi di trasduttori di pressione piezoelettrici con caratteri-
stiche metrologiche dinamiche più che soddisfacenti per un’accurata 
e precisa quantificazione della pressione che, nell’applicazione in e-
same, può muoversi in un campo di valori molto ampio (migliaia di 
bar) ed in maniera assai rapida nel tempo (in un motore che ruota a 
soli 1000 giri/min la fase di combustione deve svolgersi in meno di 3 
centesimi di secondo). 
I dati ricavabili attraverso un trasduttore di pressione posto 
all’interno del cilindro, rilevati a partire dal punto morto inferiore 
(inizio fase di compressione) si presentano qualitativamente come 
nella Figura I- 1. 
1. La combustione per autoaccensione   -   1.3 Aspetti fisici 
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Figura I- 1  Andamento della pressione nel cilindro in funzione dell’angolo di 
manovella. Sono anche rappresentate le curve del rilascio di calore e 
della frazione di combustibile bruciata. 
Con un certo anticipo rispetto al punto morto superiore, inizia 
l’iniezione del combustibile in camera di combustione; per un primo 
tratto la curva delle pressioni rimane coincidente (tratto A-B curva a 
tratto continuo) a quella rilevabile nel caso di motore trascinato 
(curva senza iniezione, tratteggiata a tratto lungo) e questa viene 
detta fase di incubazione. Segue poi una rapida crescita della pres-
sione (tratto B-C combustione premiscelata), una situazione di mo-
desta variazione (tratto C-D combustione diffusiva) e un seguente 
crollo (tratto D-E completamento della combustione), a seguito del-
la discesa del pistone con conseguente aumento di volume occupabi-
le dai prodotti della combustione. 
1. La combustione per autoaccensione   -   1.4 Le fasi della combustione 
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1.4 Le fasi della combustione 
Per meglio comprendere la fenomenologia del processo di combu-
stione si è soliti compiere un’analisi per fasi, distinguibili per carat-
teristiche fisico-chimiche ed evoluzione temporale. 
1.4.1 Il ritardo d’accensione 
Rappresenta un fenomeno importante nello studio della combustio-
ne nei motori Diesel e viene definito in maniera diversa a seconda 
delle tecniche sperimentali usate per rilevarlo. 
L’inizio dell’evento viene generalmente fissato in corrispondenza 
dell’apertura dell’iniettore, individuata mediante un trasduttore di 
spostamento, che fornisce l’istante di alzata del relativo ago.  La fine, 
invece, coincide con l’avvio della combustione, che può essere de-
terminato con diverse tecniche, la più semplice ed utilizzata delle 
quali prevede l’individuazione, sul diagramma delle pressioni nel ci-
lindro, dell’istante in cui l’incremento di pressione, dovuto alla com-
bustione, fa staccare la curva delle pressioni (tipicamente dell’1%) 
da quella che si ottiene nel caso di motore trascinato. 
L’importanza della valutazione del ritardo non risiede nel fatto che 
esso sia di per se stesso nocivo, ma perché è causa della successiva 
fase di combustione premiscelata, che si svolge quasi a volume co-
stante (pistone vicino al punto morto superiore), ed è legata al ren-
dimento termico, il quale raggiunge il massimo valore, a parità di 
rapporto di compressione, quando il calore è introdotto nel sistema a 
volume costante, ma risulta dannosa per la conservazione del motore 
e per la rumorosità di combustione. 
Dalla quantità di carica premiscelata formatasi durante il ritardo, di-
pende la velocità di incremento della pressione ed il suo massimo va-
lore raggiunto, i quali influenzano la rumorosità di funzionamento, 
1. La combustione per autoaccensione   -   1.4 Le fasi della combustione 
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le vibrazioni e le sollecitazioni meccaniche, nonché la massima tem-
peratura dei gas, alla quale sono legati il calore che deve essere 
smaltito dal sistema di raffreddamento e le sollecitazioni termiche 
sugli elementi affacciati in camera di combustione. 
Le cause del ritardo d’accensione sono due: 
 ritardo fisico: il combustibile iniettato ha bisogno di tempo per 
ricevere calore, evaporare e diffondere, mescolandosi con la ca-
rica fresca, prima che la combustione possa avere inizio; 
 ritardo chimico: devono avvenire delle reazioni dette di pre-
ossidazione, capaci di rompere le macromolecole di combustibi-
le in frammenti più semplici e adatti all’autoaccensione in con-
dizioni adeguate di pressione, temperatura e composizione. 
Le reazioni di preossidazione (deidrogenazione, perossidazione 
ecc.), che hanno origine immediatamente dopo l’inizio della fase di 
iniezione, si manifestano con fiamme fredde (fiamme blu) e sono do-
vute alla continua formazione e disgregazione di composti altamente 
instabili come i perossidi, che sono precursori della reazione di ossi-
dazione dell’idrocarburo (Figura I- 2). 
Figura I- 2  Schema chimico per fasi del processo di ossidazione di un idrocar-
buro. 
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La formazione di composti intermedi risulta nel complesso debol-
mente esotermica ma, poiché il calore prodotto viene speso subito 
per l’evaporazione del combustibile iniettato, non determina apprez-
zabile aumento di pressione dei gas presenti nel cilindro. 
I numerosi risultati sperimentali svolti in questa direzione tuttavia 
mostrano come nei motori ad accensione per compressione il ritardo 
che attiene alla chimica delle preossidazioni si riveli di entità trascu-
rabile rispetto a quello di origine fisica, legato quest’ultimo, come 
detto, alla velocità di vaporizzazione del combustibile susseguente 
alla sua iniezione. 
Diverse relazioni sono state proposte per calcolare il ritardo 
d’accensione in funzione dei parametri del motore, delle proprietà 
dei combustibili e delle caratteristiche della carica.  Molte sono state 
ricavate su basi semi-empiriche, ma le differenze riscontrate tra i vari 
motori e l’incertezza con la quale vengono valutate le condizioni fisi-
che della carica, fanno si che il risultato del calcolo assuma un carat-
tere solo indicativo. 
Per completezza si ricorda la relazione più antica, dovuta a Wolfer, il 
quale enfatizza gli aspetti chimici del ritardo legandolo alla tempera-
tura ed alla pressione della carica nel cilindro, attraverso un termine 
esponenziale del tipo proposto da Arrhenius: 
1.1 
[]msepA
RT
E
n
a
a
	
=
suggerendo per le costanti sperimentali i seguenti valori: 
029,0=A 19,1=n 4650=
R
E
a
Il confronto effettuato tra i risultati dei calcoli, svolti con l’uso della 
1.1 ed i rilievi sperimentali ha però dimostrato che correlazioni sem-
plici di questo tipo possono solo approssimare i dati in un limitato 
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intervallo di valori dei parametri che definiscono le condizioni di 
funzionamento del motore e della carica nel cilindro. 
1.4.2 Iniezione 
In determinati istanti del ciclo di funzionamento, studiati per ridurre 
sia la rumorosità che la formazione di sostanze inquinanti, piccoli 
volumi di combustibile liquido attraversano gli ugelli degli iniettori 
e, a spese del salto di pressione cui sono soggetti, acquistano velocità 
(sin’anche a 120 m/s) entrando nei singoli cilindri. 
Il livello di pressione cui è portato il combustibile (oggi possono su-
perare i 2000 bar) non è in alcun modo giustificato dalla sola necessi-
tà di introdurlo nella camera, nella quale all’istante di fine compres-
sione si possono raggiungere pressioni massime dell’ordine di 4050 
bar, in dipendenza dal rapporto di compressione geometrico che ca-
ratterizza il motore.  Ciò che in realtà rende necessario il raggiungi-
mento di una pressione così elevata, è un’ulteriore funzione cui la fa-
se di iniezione deve assolvere: la frammentazione del getto in miriadi 
di finissime goccioline. 
Si vuole, in effetti, che il singolo getto liquido iniettato, non si pre-
senti come flusso cilindrico indisturbato ma si apra verso l’esterno e 
si rompa in frazioni, seppur liquide, piccolissime (diametro medio 10 
µm).  Giacché il limite minimo tecnologico dei diametri dei fori su-
gli iniettori oggi si aggira attorno ai 140 µm, ciò non può che realiz-
zarsi producendo tra monte e valle dell’ugello-iniettore una grande 
differenza di pressione, la quale provoca un’altrettanto elevata velo-
cità del getto, il quale, a seguito dell’interazione con l’aria presente 
nel cilindro (scambio di quantità di moto ed amplificazione di effetti 
caotici di ondulazione del getto) si rompe, frammentandosi in piccoli 
volumetti liquidi ed aumentando a dismisura la superficie 
all’interfaccia, utile per le successive fasi della combustione.