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contemporanea avvalendomi  della metafora del Convivio e  
della commensalità; inoltre, si  analizzano le diverse 
prospettive di cura dei disturbi alimentari tenendo conto delle 
differenze tra setting duale e gruppale a seconda dei casi. 
Il filo conduttore di tutto il lavoro è l’approccio 
psicoanalitico; per questo ritengo opportuno riepilogare quelli 
che sono i punti cardine da cui questo indirizzo di pensiero 
parte per analizzare i disturbi alimentari.  
In primo luogo, i differenti approcci sembrano trovarsi 
d’accordo sulla tesi secondo cui l’anoressia e la bulimia, prima 
di essere dei disturbi, sono state delle soluzioni per il 
soggetto, perchè si sono presentate come l’unica risposta 
possibile davanti a qualcosa di insostenibile in cui si è 
imbattuto ad un certo punto dell’esistenza. Si tratta, 
ovviamente,  di una soluzione inconscia, che il soggetto ha 
messo in pratica senza saperlo per trattare una difficoltà nel 
rapporto con l’Altro. Alla base di questo tipo di disturbi è 
quasi sempre riscontrabile una difficoltà di chi ne soffre a 
trattare simbolicamente sia le esperienze traumatiche di 
perdita che le esperienze altrettanto traumatiche di 
manifestazione del desiderio come spinta pulsionale 
incontrollabile. Questo spiega perchè l’anoressia si scatena 
soprattutto nell’età interessata dal passaggio dalla pubertà 
all’adolescenza. 
Un’ altra caratteristica dell’approccio psicoanalitico è 
quella di mettere al centro dell’intervento terapeutico il 
soggetto seguendo quello che è un vero e proprio postulato 
INTRODUZIONE 
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etico: il soggetto è sempre responsabile, nel senso che tutti 
gli eventi che lo investono ricevono il loro senso solo 
attraverso la mediazione soggettiva che retroattivamente li 
significa; la naturale conseguenza di questo postulato è il 
fatto di trattare il disturbo tenendo sempre presente la 
particolarità del soggetto puntando a far emergere dalle sue 
parole, dalla rievocazione della sua storia, la funzione e 
l’importanza che la soluzione anoressica ha avuto per lui. Tale 
caratteristica rappresenta una svolta nell’ambito della cura di 
questi disturbi; infatti, andando oltre il sapere puramente 
medico, questo approccio interpella il sapere inconscio del 
soggetto che diventa artefice della propria cura. 
Del resto l’insistenza della psicoanalisi 
sull’imprescendibilità della nozione di soggetto e della sua 
funzione di mediazione è già contenuta nel valore che Freud 
attribuisce più che al trauma in sè, al senso che esso riceve, 
retroattivamente, dall’interpretazione soggettiva. 
Inoltre, l’anoressia è la manifestazione di un disturbo del 
legame con l’Altro; ne sono testimonianza la tendenza 
all’isolamento e la diserzione della tavola come punto di 
incontro con il cibo e con gli altri. Ne consegue  che la 
sregolatezza alimentare rinvia ad una sregolatezza relazionale 
del soggetto. Ma tale patologia, come vedremo, è anche un 
tentativo di risposta al rapporto insostenibile con l’Altro, 
soprattutto l’Altro materno. In questo senso il sintomo vuole 
essere un tentativo, inconscio, di separazione dall’Altro 
troppo invasivo o del tutto assente. Questa  “separazione”  
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non  consente al soggetto di raggiungere un’effettiva 
autonomia, ma lo inchioda al miraggio di un’autonomia 
illusoria frutto del raggiungimento del perfetto controllo di 
ogni bisogno; in altre parole, attraverso l’illusione di poter 
controllare ogni cosa della propria vita, il soggetto anoressico 
si convince di aver raggiunto quell’autonomia desiderata che 
in realtà altro non è che un’ulteriore forma di dipendenza. La 
cura dell’anoressia punta, allora, ad andare oltre  il binomio 
autonomia-dipendenza, e a fare accettare la dipendenza 
dall’Altro, perchè solo così si può sperare in una reale 
autonomia. 
 
  
Capitolo Primo 
 
I Disturbi del 
comportamento 
alimentare 
 
CAPITOLO 1 
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
 11
1. Origini storiche dell'anoressia 
 
Per arrivare al concetto odierno di anoressia mentale, 
dobbiamo affrontare un percorso che parte dal periodo 
paleocristiano fino ad arrivare ai giorni nostri. Per cogliere le 
novità e le caratteristiche che si sono presentate durante 
questo lungo processo di identificazione della malattia, 
possiamo distinguere quattro periodi. 
 
 
1.1. Primo periodo  
 
Facciamo risalire a questo 
periodo, che parte dal periodo 
paleocristiano, tutti quei casi di 
astinenza dal cibo pressoché 
totale per ascetismo. Basterà 
ricordare i casi di alcuni santi 
come San Nicola di Flue e Santa 
Caterina da Siena. Sebbene da 
una parte questi episodi erano 
chiamati "miracoli alimentari", 
dall'altra c'era anche chi parlava di questi individui come di 
indemoniati. 
A partire dall'anno Mille si hanno le prime testimonianze 
di medici, come quella di Alberto Magno che parla di persone 
capaci di resistere al digiuno totale.  
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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Per primo rileva una caratteristica importante di queste 
persone valida ancora oggi; egli definisce la resistenza al 
digiuno tipica del sesso femminile, avendo osservato 
soprattutto casi di donne. 
Per questo è ipotizzabile che casi di anoressia mentale 
siano rintracciabili sin dal Medio Evo, sebbene non riconosciuti 
e trattati come tali; nonostante due autori italiani, Accornero 
e Baraldi, attribuiscano a Simone Porta, un medico 
genovese del '500, il primo contributo alla sindrome morbosa, 
la prima descrizione dell'anoressia mentale come patologia a 
sé stante, con riferimento a fattori psicologici, viene 
generalmente attribuita a Richard Morton.   
Nel suo trattato Phthisiologia; seu Exercitationes de 
Phthisis  edito nel 1689, il medico inglese descrive con il 
termine " atrofia o consunzione nervosa"  un forte 
deperimento del fisico accompagnato da perdita dell' appetito 
e delle funzioni digestive.  
Inoltre elenca i tratti caratteristici della malattia: 
amenorrea, disturbo dell'appetito, stitichezza, eccessivo 
dimagrimento ma sottolinea la costante presenza di un' 
incessante  iperattività. Morton individua come caratteristico 
l' atteggiamento di rifiuto delle pazienti verso qualunque 
forma di cura e ipotizza che questo eccessivo dimagrimento 
sia causato da un fattore nervoso riconducibile a sofferenze 
morali e preoccupazioni.    
CAPITOLO 1 
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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1.2.  Secondo periodo 
 
 Siamo nella metà del XIX secolo, quando vengono 
pubblicati i trattati di Ernest Charles Lasegue e William 
Whitey Gull; per la prima volta l'anoressia mentale viene 
definita in termini moderni. Entrambi riconoscono come 
sintomi: rifiuto del cibo, stitichezza, amenorrea, deperimento 
progressivo fino ad una gravissima cachessia, iperattività e 
irrequietezza fisica, disconoscimento della malattia e 
resistenza alla cura, assenza di patologie somatiche correlate, 
esordio tra i quindici e i vent'anni e prevalenza nel sesso 
femminile.  
Non un medico ma laureato in lettere, Lasegue, visita, 
introdotto da un amico psichiatra la Salpetrière, una celebre 
clinica neurologica e psichiatrica di Parigi ; in seguito a questa 
esperienza intraprende gli studi di Medicina occupandosi 
durante tutta la sua carriera di psichiatria e solo alla fine di 
questo percorso scrive il trattato " l'anoressia isterica" 
pubblicato nel 1873.  Si tratta di una monografia 
straordinaria per l'assoluta chiarezza e modernità 
dell'approccio terapeutico. Ecco la prima descrizione clinica 
dell'anoressia della storia comparsa proprio nel suo trattato: 
"…All'inizio c'è una diminuzione dell'appetito e la convinzione 
che il cibo porterà del danno se assunto in quantità eccessiva. 
La paziente ritiene che il rimedio migliore per questo 
indefinito e doloroso disagio sia il diminuire l'assunzione del 
cibo.  
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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Gradualmente diminuisce il suo cibo ricorrendo a 
pretesti, a volte un mal di testa, a volte un malessere 
qualunque… Le mestruazioni, che fino a quel momento erano 
insufficienti ed irregolari si interrompono e sopraggiunge la 
sete…L'esame obiettivo consente di constatare una ritrazione 
delle pareti addominali, la palpazione indica una progressiva 
diminuzione dell'elasticità, abituale sintomo degli stati 
prolungati di inedia"
1
.  
Egli prende in considerazione la funzione dell'isteria; in 
particolare sostiene che l' anoressia sia una forma speciale di 
isteria, l' isteria gastrica. In questo troverà concordi molti 
autori tanto che questa diverrà la tesi ufficiale della medicina 
francese per diversi anni. 
Nello specifico Lasegue ipotizzò che la malattia nascesse 
da una emozione  non confessata dal soggetto. Suddivise la 
malattia in tre stadi. Il primo stadio era caratterizzato da 
turbe digestive, riduzione della quantità di cibo ingerita e 
grande iperattività. Nel secondo stadio si manifestava quella 
che lui indica come causa della malattia, e cioè, uno stato 
mentale particolare da lui chiamato perversione intellettuale 
che riassume il pensiero delle pazienti " io non soffro, allora 
vuol dire che sto bene, e non posso mangiare perché 
soffrirei". 
 Questo stadio era caratterizzato anche da forti 
preoccupazioni presenti nella famiglia per il comportamento 
anomalo del soggetto e per il suo scarso appetito con 
                                                          
1
 C. Lasegue (1873), " L' Anoressia Isterica", pp 148 e sgg. ( traduzione Simonetta 
Diena ).   
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conseguente perdita di peso. Il terzo stadio era quello in cui i 
sintomi fisici erano più manifesti; erano evidenti grave 
deperimento, perdita dell'elasticità della pelle, pallore sul 
viso, amenorrea, e il soggetto passava dallo stato di 
iperattività che aveva caratterizzato il primo stadio ad uno 
stato di completa astenia. 
Lasegue ritiene fondamentale che sia la paziente a 
chiedere aiuto al medico, anche se si tratta di un evento assai 
raro, facendo notare che più il medico cercherà di avvicinarsi 
alla paziente, tanto più forte sarà la resistenza della paziente 
stessa. 
Inoltre si occupa del ruolo della famiglia e dell' 
ambiente; tiene conto sempre di un parallelismo tra lo stato 
della paziente e  le preoccupazioni del suo ambiente facendo 
notare che se si prendesse in esame solo la paziente si 
avrebbe un falso concetto della malattia, in quanto malata e 
famiglia sono strettamente legate; per questo contrappone la 
rigidità dell'atteggiamento dell' anoressica alla variabilità del 
comportamento di chi la circonda.  
Nonostante l' estrema importanza del contributo di 
Lasegue, rimaneva una inesattezza sul termine isterica usato 
nel suo trattato perché le stesse sindromi si possono 
osservare nel caso di caratteristiche mentali diverse non 
riconducibili all' isteria. 
Quasi contemporaneamente al trattato di Lasegue, viene 
pubblicato un articolo di William Gull intitolato "anoressia 
nervosa" per sottolineare che la mancanza di appetito non 
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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era causata da una cattiva digestione e che essendo dovuta 
ad uno stato mentale morboso poteva ritrovarsi, se pur 
raramente, anche nei maschi per cui non poteva essere 
ricondotta ai soli soggetti femminili. 
Gull parla di una patologia che nasce a livello mentale e 
si manifesta a livello somatico; inoltre contrariamente a 
Lasegue, la distingue dall'isteria, caratterizzandola come un 
disturbo dell'io e quindi come una patologia a sé stante. 
Dieci anni più tardi Henri Huchard conia il nuovo 
termine "anoressia mentale"; in particolare distingue due 
forme di anoressia: quella gastrica e quella mentale. La prima 
in cui prevalgono sintomi digestivi, individua l'isteria come 
causa del disturbo funzionale; la seconda rappresenta la 
"pura malattia psichiatrica" e comporta problemi mentali 
piuttosto che digestivi. Con il nuovo termine anoressia 
mentale Huchard vuole sottolineare la natura psichiatrica 
della malattia. 
C' è da sottolineare che molti autori di questo periodo 
considerano importantissimo l'ambiente familiare; tra tutti 
ricordiamo il contributo di Charcot, famoso psichiatra capo 
della Salpetrière nonché primo maestro di Freud quando era 
ancora studente, che analizzando una paziente incontrò le 
stesse difficoltà che possiamo incontrare ancora oggi. Infatti, 
per primo mise in pratica una strategia terapeutica che avrà 
molto successo, l'isolamento. 
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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Le ragazze non vennero più ricoverate in manicomi ma 
affidate a persone competenti ed esperte, di solito religiose; i 
genitori erano allontanati fino a quando un netto 
miglioramento delle condizioni delle pazienti permetteva di 
incontrarsi ad intervalli sempre più regolari.  
Per terminare il quadro del 
secondo periodo, un breve cenno sulla 
posizione di Sigmund Freud, che nel 
1895, nel testo Melanconia, Minuta G, 
in uno dei pochi riferimenti all'anoressia 
in tutta la sua opera, associa anoressia 
e malinconia. Così scrive: " La nevrosi 
alimentare parallela alla malinconia è 
l'anoressia. La ben nota anorexia 
nervosa delle ragazze mi sembra essere (da osservazioni 
accurate) una melanconia che si verifica ove la sessualità non 
è sviluppata. La paziente asseriva che non mangiava 
semplicemente perché non aveva appetito, e per nessun'altra 
ragione. Perdita dell' appetito: in termini sessuali, perdita 
della libido"
2
.  
Come abbiamo visto, quindi, già nel secolo scorso vi era 
una vasta gamma di interpretazioni di questa patologia; ma 
le cose cambieranno nel 900 quando, come vedremo, la 
storia dell'anoressia vivrà un momento di eclissi. 
                                                          
2
 S. Freud, Minuta G. Melanconia, in Opere, vol. II, Boringhieri, Torino 1968. 
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
 18
1.3.  Terzo periodo 
 
Fissiamo l'inizio del terzo periodo nel 1914, quando 
Morris Simmonds, un patologo dell'Ospedale San Giorgio di 
Amburgo, compie degli studi al seguito della morte di una 
ragazza per una forma grave di " cachessia ipofisaria", una 
patologia che in seguito verrà chiamata " morbo di 
Simmonds". Due anni più tardi egli pubblicò altri due casi 
simili. Questi lavori assunsero una importanza tale 
nell'ambiente medico, da influenzare negativamente la storia 
successiva dell'anoressia. 
 I casi presentati da Simmonds erano accomunati da uno 
stato estremo di deperimento e dall'atrofia del lobo anteriore 
dell' ipofisi; l'associazione di questi due elementi indusse il 
mondo medico ad associare erroneamente l'anoressia 
mentale al morbo di Simmonds. 
 In conseguenza di ciò negli anni seguenti furono coniati 
nuovi termini per descrivere quelli che non erano altro che 
casi di anoressia mentale. Così si passa per denominazioni 
quali magrezza della tarda pubertà femminile di Kylin, 
magrezza ipofisaria semplice di Bickel, astenia grave 
ipofisogena di Wahlberg  o  magrezza ipofisaria giovanile di 
Dogliatti . 
 Questa confusione creata dall' associazione anoressia 
mentale- morbo di Simmonds, durerà fino alla metà del 
secolo.  
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I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 
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La questione sarà risolta dallo scozzese Harold 
Sheehan che dimostrerà che l' insufficienza ipofisaria non 
causa necessariamente un forte deperimento fisico e di 
conseguenza si arrivò a capire che nelle anoressiche l' ipofisi 
è normale, e che in questi casi i disordini ormonali sono la 
conseguenza e non la causa della denutrizione.