stressed syllables, and the main stress in a word rests on the first syllable”.
4
 Sebbene in 
casi sporadici, l’allitterazione interna può pur tuttavia verificarsi come, ad esempio, in 
Wulf-wini e Liup-lindi. Non è, infine, possibile che l’unione dei due elementi del 
composto produca uno iato. Il fatto che i primi membri dei composti siano generalmente 
temi che terminano in vocale implica che i secondi membri debbano necessariamente 
iniziare per consonante. Quanto esposto determinerebbe l’impossibilità 
dell’allitterazione vocalica interna. Tuttavia, a causa del fenomeno di aferesi che 
coinvolge i secondi elementi dei composti (-wolf > -olf, -win > -in) si può avere 
un’allitterazione vocalica secondaria in casi come Asc-olf. 
 
 
1.1.2. Antroponimi monotematici 
 
L’uso di un aggettivo o un sostantivo come nome proprio produce antroponimi 
monotematici. Tra i tanti nomi esistenti che seguono questo modello, si ricordano, ad 
esempio, Saxo ‘sassone’ (1150-1204), autore delle Gesta Danorum, e Wulfila ‘piccolo 
lupo’ (311-383), noto vescovo visigoto, nonché traduttore della Bibbia.  
Molto spesso è difficile distinguere le formazioni monotematiche da quelle 
ditematiche.
5
 L. Peterson giustamente si chiede: 
 
Is […] HlewagastiR on the Gallehus horn […] a dithematic name 
formed according to the variation principle (cf. other names in -gastiR) or is 
it to be regarded as formed from a meaningful compound appellative 
meaning ‘protected/famous guest’ (cf. ON hlé ‘lee, protection’ and Gr. kléos 
‘repute’), or (as a bahuvrīhi formation) ‘the one who has famous guests’?
6
  
 
Dare una risposta a questo quesito è alquanto difficile, poiché molto spesso non 
è possibile distinguere tra formazioni primarie e formazioni secondarie.
7
 
                                                 
4
 KANGRO, 2006, p. 113 
5
 Per un approfondimento sulle difficoltà che si posso incontrare nella distinzione tra antroponimi 
monotematici e antroponimi ditematici cfr. PETERSON, 1988. 
6
 PETERSON, 2002, p. 665. 
7
 Nella presente trattazione non sarà tenuto conto della differenza tra formazioni primarie e secondarie, 
ma si considereranno solo parametri morfologici nella distinzione tra nomi monotematici e nomi 
composti.  
 2
1.1.3. Antroponimi derivazionali 
  
La terza categoria tipologica è costituita dai nomi derivazionali: antroponimi 
derivati da aggettivi, nomi o verbi. Sono inclusi in questo gruppo i patronimici e gli 
ipocoristici. Un esempio fra tanti è l’antroponimo longobardo Birrica (< germ. *beran- 
‘orso’).
8
  
Anche la distinzione tra antroponimi monotematici e derivazionali non è sempre 
netta. È difficile, ad esempio, determinare il valore del suffisso in liquida negli 
antroponimi Buggulo, Ferduli, Frōhila e Wulfila: potrebbe essere considerato “a 
hypocoristic suffix added to a personal name or a personal name element […], or as an 
appellatival diminutive formation and as such used as a name”.
9
 
 
1.2. Sfere semantiche 
 
Sebbene solamente “a small number of words are used as name-themes”,
10
 non è 
possibile, nella presente trattazione, offrire un resoconto esaustivo delle sfere 
semantiche utilizzate dalla tradizione antroponimica germanica. Si fornirà dunque solo 
un commento ai fenomeni più evidenti che caratterizzano la semantica dell’onomastica 
germanica. 
 Molto vasto è il repertorio degli antroponimi che fanno riferimento alle abilità 
militari e al tema della guerra in genere. È sufficiente pensare al cospicuo numero dei 
nomi correlati con il germ. *harja- ‘esercito’: E. Förstemann ne annovera quasi 500.
11
 
Numerose sono anche le formazioni connesse con il germ. *haþu- ‘battaglia’, il germ. 
*segu- ‘vittoria’, il germ. *branda- ‘spada’ e il germ. *hildjō- ‘guerra’, solo alcuni dei 
temi nominali che fanno riferimento al mondo militare che concorrono alla formazione 
di antroponimi. Si pensi, ad esempio, ai nomi dei celeberrimi eroi dell’epos germanico 
Hildebrand e Sigfried. Una tradizione antroponimica così ricca di nomi connessi con la 
sfera militare non deve certo stupire se si tiene in considerazione l’importanza che 
rivestiva l’esercizio delle armi nella società germanica. 
                                                 
8
 ARCAMONE, 1976, p.149. 
9
 PETERSON, 2002, p. 668. 
10
 KANGRO, 2006, p. 113. 
11
 FÖRSTEMANN, 1966 [1900], pp. 760-785. 
 3
Ricorrono spesso negli antroponimi germanici riferimenti a temi quali 
l’ospitalità, la lealtà e la generosità, concetti alla base del rapporto tra seguace e signore, 
“patto fondamentale della società guerriera”.
12
 Si considerino i numerosi antroponimi 
correlati con il germ. *gasti- ‘ospite’ o con il germ. *aiþa- ‘giuramento’: Arogast, 
Salagast, Aitfred e Aitberga sono solo alcuni esempi fra i tanti. Non meno cospicuo è il 
numero degli antroponimi, come Geba e Gibulf, connessi con il germ. *gebo- ‘dono’. 
Non si può, infine, non accennare all’enorme messe di nomi propri che fanno 
riferimento al regno animale. Molto produttivi, in modo particolare, sono il germ. 
*wulfa- ‘lupo’, il germ. *hraban- ‘corvo’ e il germ. *beran- ‘orso’, che, come ricorda E. 
Förstemann, erano considerate “heilige Tiere”
13
 dalle popolazioni germaniche. Tra i 
numerosi esempi, i più noti sono Astulf, Athaulf, Hraban e Bera.   
 
 
1.3. Allitterazione 
 
Una caratteristica dell’onomastica germanica è il ricorso all’allitterazione negli 
antroponimi dei membri di una stessa famiglia. Gli esempi sono numerosissimi. Basti 
ricordare i personaggi del poema anglosassone Beowulf: Hæthcyn, figlio di Hrethel e 
fratello di Herebeald e Hygelac, Ongentheow, padre di Onela e Ohthere. Altri esempi 
ben noti sono la già citata coppia padre e figlio Sigmund e Sigfried e, tra i personaggi 
storicamente esistiti, il re longobardo Audonio e il suo discendente Alboino. L’impiego 
dell’allitterazione non era però una prerogativa delle sfere più alte della società 
germanica, come gli esempi riportati potrebbero suggerire. Si considerino, a tal 
proposito, le numerose testimonianze che si incontrano nell’elenco di antroponimi di 
individui legati da vincoli di parentela presentato da M. G. Arcamone e che fa 
riferimento all’antroponimia pisana di epoca longobarda: Ansualdi e Ansari, Audualdi e 
Audipertu, Pertinandi e Pertingo, Rodualdi e Romperti sono solo alcuni esempi.
14
 
L’impiego dell’allitterazione, che è anche alla base della metrica germanica, aveva, 
molto probabilmente, la finalità di esprimere formalmente il forte legame che univa gli 
individui che portavano nomi tra loro allitteranti.  
                                                 
12
 BRUNETTI, 2003, p. 24. 
13
 FÖRSTEMANN, 1966 [1900], p. 1639. 
14
 ARCAMONE, 1976, p. 153. 
 4
1.4. Antroponimia nelle iscrizioni runiche 
 
Lo studioso danese J. E. Knirk definisce le rune come “the individual letters of 
the alphabetic system devised and employed by the Germanic peoples”.
15
 La 
definizione, sebbene possa apparire troppo succinta, è forse l’unica sulla quale l’accordo 
dei runologi sia unanime. Dopo secoli di studi, infatti, molte questioni rimangono 
ancora aperte e le opinioni degli esperti sono, su molti temi, tutt’altro che concordi. Si 
pensi, per esempio, al ben noto dibattito sul presunto valore magico-religioso
16
 delle 
rune o alla questione, ancora irrisolta, sull’origine del sistema di scrittura runico. Sono 
tre, infatti, le ipotesi oggi più accreditate sull’origine del fuþark: quella latina, quella 
greca e quella etrusco-italica.
17
   
La runologia ha, nel più ampio ambito della germanistica, un ruolo di primaria 
importanza poiché, come ricordano le parole di M. V. Molinari: 
 
Le rune rappresentano […] la più importante ed originale 
espressione culturale del mondo germanico antico nel suo insieme, 
precedente e relativamente indipendente dal contatto con il mondo greco-
romano. Oltre a ciò le prime iscrizioni runiche […] rivelano una lingua 
essenzialmente compatta ed unitaria, per lo più non caratterizzata dalle 
particolarità dialettali che costituiscono gli elementi distintivi delle lingue 
germaniche tra loro.
18
 
Come è ben noto, l’uso del fuþark primitivo o originario è circoscritto al periodo 
che va dal II all’VIII secolo d.C.
19
 ed è caratterizzato da una sostanziale uniformità in 
tutto l’ambiente germanico.
20
 Dopo tale periodo, gli originari 24 caratteri si riducono a 
16 in ambiente scandinavo, mentre si ha una tendenza all’ampliamento nel fuþark 
inglese con l’aggiunta di 9 nuovi segni. 
È alle iscrizioni del periodo più antico che è rivolto l’interesse del presente 
lavoro. Il proposito di questo studio è, infatti, quello di analizzare il repertorio 
antroponimico offerto dalle iscrizioni runiche che utilizzano il fuþark originario. Il 
                                                 
15
 KNIRK, 2002, p. 634. 
16
 Sull’origine mitologica e il presunto potere magico-religioso delle rune cfr. ANTONSEN, 1988; 
ANTONSEN, 1993; ANTONSEN, 2002, pp. 169-205; BREMMER, 1991; POLOMÉ, 1996.  
17
 Per un approfondimento sull’origine del sistema di scrittura runico cfr. MORRIS, 1988; ODENSTEDT, 
1991; RAUSING, 1992; WILLIAMS, 1996.  
18
 MOLINARI, 1980, p. 17. 
19
 Sui problemi relativi alla datazione delle iscrizioni runiche e al rapporto tra indagine runologica e 
inchiesta archeologica cfr. HILLS, 1991; THRANE, 1998.  
20
 KNIRK, 2002, pp. 634-64. 
 5
runologo russo È. A. Makaev sottolinea efficacemente l’importanza che riveste lo studio 
del patrimonio onomastico runico: 
 
The philological (including paleographic) and etymological 
interpretation of the oldest runic name system is of fundamental importance 
not only for a description of the runic lexicon – to resolve the question of the 
relationship between the runic lexicon and the Common Germanic lexicon – 
but also for runology as a whole, as well as for the comparative grammar of 
the Germanic languages and the ancient history of the Germanic tribes.
21
 
Si conoscono ben oltre 300 iscrizioni runiche che utilizzano il fuþark a 24 
caratteri e che sono riconducibili al periodo che va dal 150/200 d.C al 700 d.C. Si tratta 
in genere di iscrizioni molto brevi, alcune comprendono solamente poche rune, e nelle 
quali non è sempre possibile individuare un messaggio linguistico: a volte i segni runici 
hanno una funzione meramente esornativa. La maggior parte delle iscrizioni si trova 
incisa su pietre che hanno funzione commemorativa, ma sono molto numerose anche le 
incisioni su armi, gioielli e oggetti di uso comune.  
Delle oltre 300 iscrizioni conosciute, 104 offrono testimonianza di antroponimi. 
Quasi la metà di queste proviene dalla penisola scandinava: 25 dalla Norvegia (Barmen, 
Belland, Bø, By, Eidsvåg, Eikeland, Førde, Kjølevik, Møgedal, Myklebostad, 
Nordhuglo, Opedal, Reistad, Rosseland, Setre, Stenstad, Sunde, Tanem, Tune, Tveito, 
Tørvika, Valsfjord, Vatn, Veblungsnes, Årstad) e 21 dalla Svezia (Berga, Börringe, 
Gummarp, Gårdlösa, Istaby, Järsberg, Lindholm, Möjbro, Noleby, Oettingen, Rö, 
Skärkind, Skåäng, Stentoften, Svarteborg, Tjurkö I, Vallentuna, Vånga, Väsby 
Äskatorp, Ällerstad, Åsum). Neppure il numero delle iscrizioni continentali è da 
trascurare: 27 sono danesi (Darum I, Darum V, Femø, Fyn I, Gallehus, Garbølle, 
Himlingøje I, Himlingøje II, Illerup I, Illerup II, Illerup III, Illerup IV, Illerup V, 
Kragehul, Nøvling, Nydam I, Nydam II, Nydam V, Själland II, Skodborg, Skonager, 
Strårup, Udby, Værløse, Vimose I, Vimose II, Vimose V), 24 sono state rinvenute nel 
territorio dell’odierna Germania (Bad Ems, Balingen, Beuchte, Donzdorf, Eichstetten, 
Freilaubersheim, Friedberg, Griesheim, Nebenstedt I, Neudingen-Baar II, Nordendorf I, 
Pallersdorf , Pforzen I, Pforzen II, Schretzheim I, Schretzheim II, Schretzheim III, 
Schwangau, Soest, Torsbjerg I, Weimar I, Weimar II, Weimar III, Weingarten I), 3 in 
                                                 
21
 MAKAEV, 1996, p. 60. 
 6
Olanda (Harlingen, Hitsum, Skanomodu), 1 in Francia (Charnay), 1 in Belgio (Arlon), 1 
in Moldavia (Leţcani) e 1 in Polonia (Körlin).  
Tutte le iscrizioni su pietra sono concentrate nella penisola scandinava: 22 in 
Norvegia e 12 in Svezia. Le uniche due iscrizioni rupestri si trovano in territorio 
norvegese. Più diffusi in ambiente continentale sono i gioielli
22
 (solo 1 in Norvegia e 7 
in Svezia, ma ben 19 in Germania, 14 in Danimarca, 3 in Olanda, 1 in Francia e 1 in 
Polonia) e le armi (3 in Germania e 8 in Danimarca). Gli oggetti di uso quotidiano sono 
invece presenti sia in territorio continentale, sia sulla penisola scandinava (2 in 
Norvegia, 1 in Germania, 5 in Danimarca, 1 in Moldavia). Dei 4 oggetti considerati 
amuleti, 2 sono stati rinvenuti in territorio svedese, 1 in Germania e 1 in Belgio. 
Il valore e il prestigio delle iscrizioni appena ricordate sono tali da far supporre 
che il patrimonio antroponimico che esse custodiscono debba essere ascritto quasi 
esclusivamente agli strati più alti della società germanica. A tal riguardo, è dunque 
doveroso sottolineare il limite di tali testimonianze, attraverso le quali non è, per 
esempio, possibile svolgere un’inchiesta sulla distribuzione diastratica del patrimonio 
antroponimico germanico. Pur tuttavia si deve, allo stesso tempo, tener conto 
dell’eccezionale valore che le stesse iscrizioni rivestono, poiché, così come ricorda il 
runologo svedese H. Williams: 
 
Runic inscriptions are as important to anthroponomy as personal 
names are to runology. This dyadic statement is intended to illustrate the fact 
that personal names in runic inscriptions constitute very substantial material 
for anthroponomy not only because of their age and diversity, but also 
because personal names make up such a large proportion of the words in 
runic inscriptions – and a majority of their lexemes –, anthroponymical study 
is an important part of runology.
23
 
Non solo gli antroponimi nelle iscrizioni runiche costituiscono una porzione 
significativa del totale del patrimonio antroponimico germanico, ma essi sono anche 
spesso “the oldest records of their respective languages or stages of languages”.
24
 
Inoltre, nei testi delle iscrizioni più antiche la percentuale dei nomi propri è nettamente 
dominante. L’incisione conservata sul pettine rinvenuto a Vimose, sicuramente una 
delle testimonianze più antiche della scrittura runica (160 d.C.), è, ad esempio, costituita 
da un antroponimo: Harja ‘guerriero’.  
                                                 
22
 Sono comprese tra i gioielli, assieme ad anelli, collane, spille e medaglioni, anche numerose fibulae.  
23
 WILLIAMS, 1998, p. 601. 
24
 WILLIAMS, 1998, p. 601. 
 7
Le iscrizioni runiche sono dunque una fonte importantissima per lo studio 
dell’antroponimia germanica sia perché in esse sono conservate le attestazioni più 
antiche dei nomi propri germanici di cui si abbia testimonianza diretta, sia per la 
possibilità di confrontare parte del repertorio onomastico runico con altre attestazioni 
antroponimiche germaniche parzialmente contemporanee, come, ad esempio, il 
repertorio onomastico di età longobarda in Italia (568-774 d.C.).
25
  
 
 
 
Legenda 
 
Per praticità espositiva, nella presente trattazione, com’è in uso, non saranno 
impiegati i caratteri del fuþark, ma sarà preferito l’uso della traslitterazione. Nello 
schema che segue si riporta l’alfabeto runico normalizzato.
26
 In corrispondenza di 
ciascun carattere runico sono inseriti, nella seconda riga, i grafemi utilizzati per la 
traslitterazione.  
 
F u Q a R k g W h n i 1 $ p Y ø T B E m l 5 d O
f u þ a r k g w h n i j ï p z s t b e m l ŋ d o
    
Il grafema A indica l’esito J (/ā/) della runa 1 (germ. *jāran ‘buona annata’),
27
 
dopo la caduta in antico islandese del germ. */j/ in principio di parola.  
Il simbolo = indica una ligatura.  
Rune danneggiate o illeggibili sono rappresentate dal simbolo ?.  
Tra parentesi quadre [ ] sono indicate le integrazioni congetturali proposte dai 
runologi.  
Un punto . sotto un grafema indica che la runa si presta a diverse interpretazioni 
paleografiche. Quella fornita è la più probabile. 
Tre punti … indicano che l’inizio o la fine di un’iscrizione non sono conservati. 
                                                 
25
 Per un panorama completo sull’antroponimia germanica in Italia durante il periodo longobardo cfr. 
ARCAMONE, 1976; ARCAMONE, 1980; ARCAMONE, 1981; FRANCOVICH ONESTI, 1999. 
26
 Per un approfondimento sulle varianti grafiche del fuþark originario cfr. MORRIS, 1988; ODENSTEDT, 
1993. 
27
 Per un approfondimento sui nomi delle Rune cfr. POLOMÉ, 1991. 
 8
2. Il corpus di analisi 
 
 
Il runologo svedese Patrik Larsson nota che “a very large proportion of the 
vocabulary in runic inscriptions is made up of proper names, especially personal names. 
Hence only a minority of works in the field of runology does not, in some degree, deal 
with onomastic issues”.
28
 Tra i numerosi saggi di carattere generale merita, a tal 
riguardo, particolare attenzione il volume del russo Èlver Makaev, che dedica un intero 
capitolo alla questione dell’onomastica e propone in appendice una “list of runic 
names”.
29
 Tuttavia l’unico Lexikon över urnordiska personnamn (Dizionario degli 
antroponimi proto-nordici) è quello recentemente proposto da Lena Peterson.
30
 Il testo è 
disponibile solamente in lingua svedese e nel formato PDF scaricabile dal sito internet 
dello Språk- och folkminnesinstitutet, l’istituto svedese per gli studi di dialettologia, 
onomastica e folklore, all’indirizzo http://www.sofi.se nella sezione Namn.
31
 Il lavoro 
della studiosa scandinava è suddiviso in quattro sezioni. Le prime tre sono una raccolta 
di dati e comprendono antroponimi presenti nelle iscrizioni runiche del periodo che va 
dal III all’VIII secolo, nei toponimi svedesi il -lev e nel poema anglosassone Beowulf. 
L’ultima parte offre una classificazione delle differenti tipologie di formazione dei nomi 
sulla base del materiale presentato nelle sezioni precedenti. La parte che più interessa il 
presente lavoro è chiaramente quella dedicata agli antroponimi presenti nelle iscrizioni 
runiche. Va notato che l’elenco dei nomi proposto dalla Peterson non si discosta molto 
da quello che la stessa studiosa inserì in appendice al suo saggio sul rapporto tra i nomi 
propri germanici proto-scandinavi e quelli continentali.
32
L’esclusività e la relativa recenziorità dello studio della Peterson lo rendono il 
referente primario nella selezione del corpus di analisi del presente lavoro. È parso 
comunque opportuno verificare il materiale offerto dalla runologa svedese 
confrontandolo con l’elenco proposto da È. Makaev
33
 e con il risultato della ricerca 
effettuata sul database Rundata, creato dall’Institutionen för nordiska språk 
                                                 
28
 LARSSON, 2002, p. 48. 
29
 MAKAEV, 1996, pp. 60-69, 92-93. 
30
 PETERSON, 2004. 
31
 Per una presentazione del lavoro in lingua inglese cfr. PETERSON, 2005. 
32
 PETERSON, 1994, pp. 162-167. 
33
 MAKAEV, 1996, p. 92 seg. 
 9
(Dipartimento di lingue nordiche) dell’Università di Uppsala e scaricabile attraverso il 
sito internet http://www.nordiska.uu.se/forskn/samnord.htm. L’esito di questo confronto 
è stato in parte sorprendente. Infatti, solo una piccola parte - circa il 22% - del totale dei 
risultati collezionati (156) è comune alle tre fonti prese in considerazione, mentre 
corrisponde a meno della metà (73) la somma degli antroponimi presenti in almeno due 
fonti su tre. È parso opportuno inserire quest’ultima porzione del risultato, salvo alcune 
eccezioni, nel corpus. Per gli altri dati si è proceduto ad un’ulteriore verifica, 
consultando, ove possibile, i riferimenti bibliografici forniti dagli autori per ogni singolo 
nome. È stata infine fatta una ulteriore riprova, consistita nell’esaminare l’elenco delle 
iscrizioni runiche presente nel saggio di T. Looijenga.
34
  
Questo tipo di analisi ha permesso di integrare quanto più possibile il corpus 
riuscendo allo stesso tempo ad emendare gli elementi che lo avrebbero inquinato. È 
stato così ottenuto l’elenco di 145 elementi che viene di seguito riportato:
35
  
 
adon  (Leţcani); 
aebi  (Schwangau);  
aerguþ  (Weingarten I); 
agilamudon  (Rosseland);  
agilaþruþ  (Griesheim); 
aigil  (Pforzen I); 
aïlrun  (Pforzen I); 
aiþalataz  (Nydam II); 
ala  (Vimose II); 
alaguþ  (Schretzheim I); 
alawid  (Skodborg); 
alawin  (Skodborg); 
alugod  (Værløse); 
aluko  (Førde);  
akaz  (Åsum); 
aodliþ  (Pforzen II); 
amilu  (Balingen); 
                                                 
34
 LOOIJENGA, 2003, pp. 149-360. 
35
 Accanto a ciascun antroponimo è indicato, tra parentesi, il nome dell’iscrizione nella quale lo stesso è 
contenuto.  
 10