5
l'illustre umanista, pedagogo e\o attivo maestro) sia 
fondamentale il sotterraneo avanzare, nella 
mentalità comune, di una nuova visione del mondo, 
visione coincidente, in questo caso, con il gestaltico 
delinearsi di un nuovo soggetto. 
Attraverso le "figure" del bambino selvaggio o 
prodigio od ancora exemplum di ciò che l'umanità 
ha perduto, si può assistere, tra '600 ed '800, al 
progressivo allontanamento del bambino dal mondo 
degli adulti, quel mondo cui ancora nel Seicento 
l'infanzia partecipava a titolo diretto, ed il suo essere 
confinata in un universo fisico\psichico, privilegiato 
e pieno di sentimento ma separato, costruito su 
misura, un mondo di fantasie e di sogni, da 
realizzare, render reali ai genitori. 
Tali mutamenti "sentimentali" acquisteranno, 
nel lungo periodo, una patente di naturalità ed 
astoricità. 
Nel '900 le funzioni non più pertinenti alla 
famiglia saranno, in misura sempre maggiore, svolte 
da altri sottosistemi; così quelle produttive dal 
sistema industriale, le funzioni espressive dal 
sistema (sempre più importante economicamente e 
 6
globalizzante culturalmente) del tempo libero, quelle 
educative dal sistema scolastico. 
 A questa mutata situazione sociale ha 
corrisposto un massiccio movimento culturale di 
definizione\scoperta delle diverse fasi e dei diversi 
momenti che caratterizzano l'infanzia. 
Destinatari, e non solo nelle famiglie borghesi, 
di sempre maggiori spazi all'interno dell'abitazione 
ma anche fruitori di luoghi urbani appositamente 
attrezzati e “recintati”, i bambini, oggi, costituiscono, 
allo stesso tempo ed indissolubilmente, il fuoco di 
un interesse teso alla loro formazione (interesse che 
passa attraverso la letteratura di consiglio, le riviste 
femminili, la pubblicità pediatrica, l'informazione 
medica, quella televisiva etc.) ed il centro di nuovi 
mercati commerciali. Questo infittirsi di attenzioni 
produce, in parallelo, un’esplosione di modelli 
proposti per l'infanzia. 
Il processo descritto é stato, inoltre, accelerato 
dalla nascita, nella seconda metà dell'ottocento, di 
strumenti tecnici in grado di riprodurre in infinite 
copie l’"opera d'arte" e dalla possibilità di una nuova 
appercezione del mondo che questi stessi strumenti 
 7
hanno fornito. E' stata favorita così la diffusione di 
rappresentazioni, per immagini, dell'infanzia che 
sono divenute comuni in culture fino a poco tempo 
addietro diverse per tradizione e\o censo. 
L'importanza del cinema, nell'immaginario sociale, 
appare, per questo, immensa così come è oggi 
fondamentale il peso della televisione. 
 
 E' possibile indagare su tale immaginario? In 
che modo quel senso comune che lo ingloba può 
essere evidenziato e studiato? Quali 
rappresentazioni dell'infanzia vengono ad essere 
veicolate e mutate nella interazione (sia attiva sia 
passiva) fra l'adulto ed il bambino? 
Legata ad altre discipline, quali la sociologia e 
l'antropologia, la psicologia sociale sembra offrire, 
proprio per il suo essere disciplina che privilegia 
l'interdisciplinarietà e per l'importanza da essa 
attribuita all'interazione, gli strumenti concettuali e 
di ricerca utili ad indagare su tali domande; uno 
degli oggetti di studio privilegiati dalla psicologia 
sociale sono le rappresentazioni sociali. 
 8
Esse sono regole flessibili di pensiero pratico 
orientate verso la comunicazione, la comprensione 
ed il dominio dell'ambiente sociale, materiale e 
ideale. In senso largo designano il sapere del senso 
comune. 
 
 La rivoluzione provocata dalle comunicazioni di 
massa, la diffusione dei saperi scientifici e tecnici 
hanno trasformato i modi di pensiero e creato dei 
contenuti nuovi. Diviene allora necessario adattare 
la grammatica, abbreviare il percorso logico, creare 
nuove immagini, al fine di renderne il senso 
comprensibile. Tale conoscenza condivisa é 
concepita specialmente in modo da modellare la 
percezione e costituire la realtà nella quale si vive. 
Oggettivandosi essa si integra con le relazioni e con 
i comportamenti di ciascuno. In tutto ciò é la 
comunicazione che permette ai sentimenti ed agli 
individui di convergere, in modo che qualcosa di 
individuale possa divenire sociale o viceversa. Per 
questo le rappresentazioni sociali sono storiche 
nella loro essenza ed al tempo stesso influenzano lo 
sviluppo dell'uomo dalla prima infanzia. 
 9
Le rappresentazioni che abbiamo del corpo, 
delle relazioni con altre persone, della giustizia, del 
mondo, etc., si evolvono, attraverso la 
comunicazione, dall'infanzia alla maturità. La 
scrittura ed i mezzi di comunicazione di massa, 
verbali e non verbali, permettono, infatti, la 
circolazione di rappresentazioni collettive che 
esprimono immagini ideali e modelli del tutto 
evidenti e conosciuti al momento della loro 
produzione ma che perennemente mutano di 
significato al variare del tempo e dei luoghi della 
loro decodifica. 
Il nostro corpo ed il nostro linguaggio si 
prestano generosamente e volutamente ad essere 
mezzo di comunicazione. La gestualità, la mimica, le 
espressioni del volto, l'intonazione, le pause, le 
parole dette o taciute possono essere usate per 
generare un codice pubblico o privato. Tutto ciò si 
riflette nell'ambito della interazione, ambito in cui la 
nostra "apparenza" diviene, soprattutto, rivelatrice 
dell'identità sociale costruita e\o attribuita. 
Nell'evoluzione delle società umane la riduzione 
del discorso a forme grafiche ha sviluppato 
 10
possibilità e abilità peculiari, gravide di conseguenze 
a tutti i livelli: prime fra tutte la 
decontestualizzazione del discorso e le capacità 
analitiche.  
L'avvento di mezzi di comunicazione che 
privilegiano l'immagine rimanda, invece, alle antiche 
società orali in cui le classificazioni rispecchiavano il 
loro modo peculiare di organizzare i dati della realtà, 
cioè un modo in cui é il contesto del discorso a 
determinare l'associazione pertinente tra le cose, il 
loro legame in quel momento più significativo. Non é 
certo questo un fenomeno nuovo, occorre pur 
sempre ricordare, infatti, che se da un lato la 
maggioranza della popolazione mondiale, ancor 
oggi, ha estrema difficoltà, se non ignoranza, verso il 
parlare "visibile", dall'altro, già prima che fosse 
inventata la stampa, il popolo analfabeta aveva 
elaborato non soltanto un'importante tradizione 
orale ma anche modi alternativi per fissare o 
comunicare ciò che era pensato o detto (usando 
figure, simboli, segni e segnali). Tutto ciò costituiva 
una sorta di scrittura "tribale" di uso quotidiano: 
 11
ausilio della mente, mezzo di comunicazione e 
strumento di testimonianza o autenticazione. 
Tali norma di comunicazione hanno oggi due vie 
di sviluppo; una via "colta" che passa attraverso un 
repertorio di immagini, suoni, parole diffuse dai 
mezzi di comunicazione di massa, dalla pubblicità e, 
non ultimo, rintracciabile nel mondo “virtuale” dei 
navigatori della rete, ed una "popolare", o per meglio 
dire culturalmente minoritaria, rintracciabile ad 
esempio nei graffiti, nella produzione discografica 
esterna ai grandi circuiti, nelle "leggende 
metropolitane", etc. 
Questi due livelli interagiscono tra loro, 
riformulando se stessi ed il proprio passato. 
 
 Al centro di tutto pare ergersi in ogni caso la 
televisione. 
Di fronte all'ipotizzato dominio dell’"imagologia" 
il dibattito si é concentrato, con punte, invero, assai 
alte di riflessione ed analisi, sui valori e sui pericoli 
del piccolo schermo. 
I risvolti, a volte "referendari", di tale dibattiti 
sembrano, però, poco utili rispetto alla necessità di 
 12
indagare su quali mondi e su quali rappresentazioni 
siano proposte da tale mezzo, e su come la loro 
interpretazione e trasformazione, nell'interazione 
sociale attiva, sia successivamente fatta propria 
dalla televisione stessa. Si é privilegiato, in tal 
modo, un approccio pavloniano al problema TV 
dimenticando che anche la più completa delle 
colonizzazioni non può rifiutare di fare i conti con le 
trasformazioni e gli adattamenti che il "colonizzato" 
impone e trasmette, modificando i suoi colonizzatori 
nello stesso tempo in cui viene egli stesso 
modificato. 
E' in base a quest’ultimo presupposto che 
diviene utile cercare di rintracciare le tracce dei 
passaggi che portano alla diffusione, assimilazione 
e trasformazione (per una nuova, immediata o 
successiva, nuova diffusione) delle rappresentazioni 
sociali. Questa esigenza, legata ai dati delle indagini 
in precedenza evidenziati, ci induce a ritenere che la 
ricerca delle rappresentazioni dell'infanzia veicolate 
dalla televisione sia essenziale per ogni possibile 
indagine sulla formazione e sull'evoluzione del 
nostro "presente". 
 13
   
 Da quando, nel pomeriggio del 4 gennaio 1954, 
fu mandato in onda Il diario di Giulietta e fino alla 
riforma RAI l'appuntamento pomeridiano della 
televisione pubblica con i più giovani é rimasto 
immutato. 
Gli sconvolgimenti, anche di fascia oraria, 
portati nelle abitudini televisive degli italiani 
dall'avvento delle televisioni private se da un lato 
hanno, probabilmente, impoverito qualitativamente 
l'intera offerta (pubblica e privata) di programmi per 
l'infanzia, dall'altra hanno evidenziato la necessità di 
creare contenitori stabili, con conduttori fissi, in cui 
poter trasmettere, senza incorrere in rischiosi rifiuti 
da parte del giovane pubblico, i sempre nuovi 
cartoon (spesso forniti, con la pubblicità, in 
pacchetti unici dalle stesse case produttrici di 
giocattoli). 
L'attenzione maggiore degli studiosi si é proprio 
concentrata su questo ultimo aspetto ed ha 
interessato solo marginalmente il vero centro 
relazionalmente significativo, rispetto ai 
telespettatori: il\i conduttore\i. 
 14
Non casualmente, ci pare, alcuni dei personaggi 
televisivi oggi maggiormente osannati hanno iniziato 
la loro professione in programmi-contenitore rivolti 
ai più piccoli, ed aldilà della gavetta, proprio in tali 
trasmissioni sono riusciti a rap-presentarsi ed a rap-
presentare ciò che per molti versi é oggi il loro 
pubblico. 
Ecco dunque che indagare sull’approccio 
dialogico utilizzato dagli odierni conduttori dei 
programmi per ragazzi diviene, nello stesso tempo, 
un indagare su questi ultimi, su quello che essi 
"impongono" ai loro interlocutori ed anche un 
indagare sulle generazioni precedenti e su quello 
che esse hanno lasciato riguardo alle stesse 
rappresentazioni.