Abstract 
 
El presente trabajo se centra en el análisis de la reformulación de las citas en 
interpretación consecutiva, con el objetivo de detectar las cuestiones 
relativas a su traducción. Dicho estudio ha involucrado a los seis estudiantes 
que han asistido al curso de Interpretación bilateral y consecutiva español-
italiano durante el año académico 2009/2010, en el marco de la Licenciatura 
en Traducción e Interpretación de la Universidad de Macerata. 
El corpus está formado por cinco adaptaciones (alrededor de quinientas 
palabras, el límite establecido en didáctica de interpretación) de discursos 
políticos, dado que en esta tipología discursiva abundan citas, alusiones y 
otras referencias intertextuales con una precisa función retórico – 
argumentativa.  
La personalidad política elegida es el presidente venezolano Hugo Chávez, 
que se caracteriza por su retórica excesiva, agresiva y por su afán de  
protagonismo. Gracias a la lectura y análisis de numerosos discursos 
pronunciados entre 2007 y 2010 y recogidos en distintas páginas web, se ha 
comprobado el empleo frecuente de la cita como técnica argumentativa. 
En primer lugar, se presenta un estudio previo sobre la personalidad y 
oratoria de Chávez, que consigue cautivar y persuadir a sus destinatarios, 
compartiendo con ellos la gloriosa historia de Venezuela y las memorables 
hazañas de su héroe nacional, Simón Bolívar.  
En la aproximación empírica se observa la frecuencia de problemas 
detectados por los estudiantes y las estrategias aplicadas para resolverlos, 
aislando los errores típicos y las estrategias recurrentes y comunes en la 
reformulación de las citas. Se presta particular atención a la reproducción de 
su función retórico – argumentativa, a la comprensión de nombres propios y 
de referencias históricas, literarias y políticas.Se prevé apreciar el grado de 
competencia estratégica de los estudiantes y la incidencia de los 
conocimentos de la cultura general en ámbito hispano-americano sobre la 
calidad de la prestación.  
 
Palabras clave: interpretación consecutiva; calidad; citas; Hugo Chávez.
Power is not a means; it is an end. One does not establish a dictatorship  
in order to safeguard a revolution; one makes the revolution in order to establish the 
dictatorship.  
The object of persecution is persecution. The object of torture is torture. The object of power 
is power. 
 
 
(George Orwell, 1984) 
 
 
 
 
Il potere non è un mezzo, è un fine. Non si stabilisce una dittatura 
nell'intento di salvaguardare una rivoluzione; ma si fa una rivoluzione nell'intento di 
stabilire una dittatura. 
 Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del 
potere è il potere.
1 
 
Introduzione 
 
La mia tesi è incentrata su uno studio sperimentale di interpretazione 
consecutiva dallo spagnolo all’italiano, che ha coinvolto, durante l’anno 
accademico 2009/2010, un gruppo di studenti universitari del secondo anno 
del Corso di laurea magistrale in Lingue moderne per la comunicazione e 
la cooperazione internazionale (Corso LM 38) dell’Università di Macerata. 
L’obiettivo del mio lavoro è quello di verificare se e come gli studenti 
abbiano reso le citazioni nella fase di produzione, dopo aver sottoposto loro 
un esercizio di interpretazione di alcuni discorsi politici dell’attuale 
presidente venezuelano Hugo Chávez.  
Ho scelto di analizzare la citazione perché non è raro incontrare questa 
strategia discorsiva nei discorsi politici: in essi, infatti,  riferimenti culturali, 
rimandi storici e conoscenze condivise servono all’oratore per cercare di 
stabilire una relazione di empatia con il pubblico. In particolare, la citazione 
costituisce l’espediente discorsivo più utilizzato da Hugo Chávez, che cita 
frequentemente autori conosciuti a livello internazionale, oltre a Simón 
Bolívar, il condottiero che guidò i paesi dell’America latina verso 
l’indipendenza dalla Spagna. La scelta è ricaduta su questa personalità 
politica in quanto la sua retorica è fortemente auto-celebrativa e emozionale, 
a tal punto da procurargli la fede incondizionata degli elettori. 
Il metodo di lavoro è stato il seguente: in una fase preliminare ho  
raccolto dal web, letto e analizzato una serie di discorsi tenuti da Chávez tra 
il 2007 e il 2010, poi ne ho scelti quattro, tra quelli con maggiore risonanza 
nazionale o internazionale e generalmente ricchi di citazioni.  Ho 
selezionato le parti con una densità maggiore di citazioni e li ho ridotti in 
modo che ognuno di essi non superasse i cinque minuti (circa 500 parole), il 
limite massimo a cui si fa riferimento nella didattica dell’interpretazione.  
Le interpretazioni sono state realizzate da tutti gli studenti  del corso di 
interpretazione di consecutiva e trattativa (le lezioni erano seguite da sei 
studenti), tenuto dalla docente Ariza Mercedes. Qualche lezione prima 
dell’esperimento ho anticipato agli studenti l’intenzione di realizzare questo 
progetto, affinché avessero a disposizione un minimo lasso di tempo per
2 
 
prepararsi sulla figura di Chávez, proprio come avviene per l’interprete nel 
contesto professionale. In questo compito è stato fornito loro un aiuto: 
insieme con la docente si è deciso di proiettare in classe il documentario 
italiano su Chávez La minaccia (2008), a cura di Silvia Luzi e Luca Bellino, 
reduce del successo di numerosi festival internazionali. Si tratta di un 
documentario estremamente interessante, dato che offre un quadro generale 
sulla situazione politica, sociale ed economica in Venezuela e propone, in 
lingua originale, un’intervista diretta al presidente e una puntata della 
trasmissione televisiva da lui diretta, Aló Presidente.  
Da una prima analisi delle rese ho potuto verificare che una delle 
difficoltà maggiori nel corso della riformulazione del discorso era 
rappresentata proprio dalle citazioni. 
La tesi è organizzata in sei capitoli: il primo capitolo introduce il 
discorso politico e le sue dimensioni: retorico-argomentativa, comunicativa 
e ideologica. L’idea iniziale è che il fulcro del discorso politico sia l’uditorio 
e che l’oratore adatti le argomentazioni alle opinioni degli ascoltatori e al 
loro grado di cultura. Nella prima parte, il capitolo illustra, nello specifico, 
le tipologie di discorsi politici, i fattori comunicativi, il concetto della 
polarizzazione dei valori ideologici e le figure retoriche riscontrate nei 
cinque discorsi scelti per l’interpretazione.  
Il secondo capitolo sposta la lente sulla dimensione argomentativa del 
discorso e soprattutto sulla citazione. Quest’ultima viene analizzata secondo 
due filoni di ricerca: gli studi sull’intertestualità e quelli sulle nozioni di 
dialogismo e polifonia. In ultima analisi, viene approfondita la 
classificazione di Bernardelli (2000) sulle funzioni della citazione, la quale 
sarà utilizzata nell’analisi delle rese (cap.6). Le funzioni delle citazioni sono 
cinque: l’invocazione d’autorità, la funzione erudita, la funzione 
amplificatoria, quella ornamentale e quella critico-parodica. 
Il terzo capitolo ripercorre i momenti più significativi della vita di 
Hugo Chávez e tenta di gettare luce sulla sua gestione del paese, 
descrivendo da un lato l’assistenzialismo economico e dall’altro le strategie 
in politica estera. Per concludere, si sollevano alcuni interrogativi sul 
carattere populista del presidente, indagando definizioni e tipologie di 
populismo che sono state esposte da alcuni studiosi delle scienze sociali.
3 
 
Il quarto capitolo entra nel vivo della retorica bolivariana e delle sue 
caratteristiche, per procedere all’analisi dei quattro discorsi che formano il 
corpus. La disamina si focalizza sulla funzione e sull’effetto comunicativo 
delle citazioni e di alcune figure retoriche. Il metodo descrittivo viene 
integrato con delle griglie riassuntive più accessibili al lettore.  
Il quinto capitolo introduce l’interpretazione consecutiva e la 
valutazione della qualità. Si introducono i parametri principali e si discute 
l’importanza della cultura generale. Per quanto concerne la valutazione 
dell’interpretazione come prodotto, si esaminano i parametri di qualità 
proposti da Viezzi (1996), mentre sullo studio dell’interpretazione come 
processo si ripercorrono le sperimentazioni e le monografie basate sul 
binomio problemi/strategie, tra le quali il modello teorico di riferimento in 
questo lavoro è la tesi di dottorato intitolata El proceso de interpretación 
consecutiva: un estudio del binomio problema/strategia (2007) condotta da 
Albuín González dell’Università di Granada. 
Il sesto capitolo presenta l’analisi delle rese degli studenti. Ho scelto di 
adottare il metodo descrittivo, perché la classificazione numerica degli 
errori comporterebbe la perdita di una visione globale sulla qualità e, inoltre, 
alcuni errori potrebbero essere inseriti in più di una tipologia. Procedendo 
nell’analisi si cercherà di capire se gli studenti hanno compreso le citazioni 
e, se le hanno tradotte, quali strategie hanno attuato. Si comprenderà, in 
particolare, se la mancanza di certe nozioni o concetti di cultura generale 
impliciti nelle citazioni e relativi al mondo ispano - americano abbia 
pregiudicato la qualità dell’interpretazione, nella restituzione del senso del 
messaggio e dell’intenzione comunicativa dell’oratore.
4 
 
 
Capitolo 1 
Il discorso politico  
 
 
 
1.1. Definizione, origini e sviluppo 
 
Una concisa ma funzionale definizione di discorso politico è stata data 
da Desideri (2006: 166) che con quest‟espressione intende “un discorso in 
re, come un discorso in campo, con la funzione appellativa di convocare, 
chiamare o rispondere, con lo scopo esplicito di convincere, persuadere o 
dissuadere, di manipolare e sedurre”. 
In queste parole c‟è il riflesso di un concetto essenzialmente 
pragmatico, che inevitabilmente rimanda alla teoria degli atti linguistici del 
filosofo inglese Austin (1962), secondo cui un‟enunciazione non si riduce 
esclusivamente alla locuzione, illocuzione e perlocuzione
1
, ma ha una 
valenza pragmatica che opera un cambiamento del contesto e manifesta 
l‟idea del linguaggio come azione. Il discorso politico si configura infatti 
come un insieme di atti linguistici finalizzati ad azioni conseguenti (far-
fare). Si tratta di una definizione che sta assolutamente al passo con i tempi, 
in un‟epoca in cui l‟oratore politico dispone di molteplici mezzi di 
comunicazione di massa per catalizzare il comportamento sociale. La 
persuasione e il convincimento sono gli scopi essenziali del discorso politico 
e attorno ad essi si fonda la costruzione della realtà: l‟aspetto fattivo della 
parola comporta la necessità di trovare forme di azione ed esercitare un 
potere sui cittadini. 
                                                 
1
 L'atto locutorio è la produzione fisico-acustica dell'atto linguistico, ma anche la sua 
organizzazione sintattico-semantica. Per realizzare un atto illocutorio è sufficiente che il 
parlante formuli un‟espressione con la quale si obbliga a compiere determinate azioni, 
l'ascoltatore la comprenda e accetti le sue condizioni. L'atto illocutorio sortisce un effetto 
sull'ascoltatore, sui suoi sentimenti e sui suoi pensieri e sulle sue azioni e per questo l‟atto 
illocutorio è un atto perlocutorio.
5 
 
Per Eco (1973: 105) “è moralistico asserire che il discorso politico 
deve sottrarsi alle tecniche retoriche per vertere solo intorno alla verità”: i 
politici non detengono delle verità, possono semplicemente esprimere 
opinioni. Gli scopi di persuasione e convincimento permeano tutto il 
palcoscenico politico-mediatico della società attuale e sin dall‟età classica 
costituiscono anche il perno attorno cui si è instaurato il rapporto tra 
l‟oratore e il suo uditorio. Il fatto che la nascita della politica sia intrecciata 
con la retorica non deve dunque stupire. Tuttavia proprio sulla retorica, la 
scienza classica del discorso, erano piovute „condanne capitali‟ nel corso 
dell‟Ottocento e nella prima metà del Novecento, le quali avevano portato 
ad una pesante svalutazione dello studio del discorso politico. La retorica 
era intesa come “discorso che maschera, sotto forme vuote e magniloquenti, 
una sostanziale vacuità argomentativa” (Eco, 1973: 93). Solamente dalla 
seconda metà del Novecento è fiorito un rinnovato interesse per l‟analisi 
della parole politica, che ha riguardato linguisti, politologi, filosofi, letterati, 
sociologi e studiosi della comunicazione. Ciò ha contribuito a un fiorire di 
ricerche che oggi permettono di indagare non solo il discorso politico, ma 
anche la comunicazione politica in un‟ottica multidisciplinare. La 
comunicazione politica si colloca naturaliter all‟interno dei sistemi 
democratici, nei quali il potere del governo è visibile a tutti ed è esercitato in 
pubblico (Bentivegna, 2001: 14). Ma per capire meglio l‟evoluzione degli 
studi in materia di discorso politico e comunicazione politica, occorre fare 
un passo indietro nell‟indagine del discorso.  
Come sottolinea Desideri (1984: 13), prima del 1960 il nesso 
linguaggio-politica non era stato mai analizzato con una certa consistenza. 
Nella prima metà del Novecento, infatti, si potevano distinguere due 
principali filoni di ricerca metodologica: negli Stati Uniti era in voga la 
content analysis (analisi del contenuto), elaborata intorno agli anni Trenta 
dal politologo Harold D. Lasswell, mentre in Europa erano prevalenti le 
ricerche linguistiche ed, in particolare, quelle semantiche e retoriche. La 
concezione lasswelliana “descriveva oggettivamente il contenuto dei 
messaggi comunicativi colti all‟interno di una specifica audience” (Ibid. 
12), lasciando da parte però la struttura testuale del discorso. L‟analisi 
verteva su cinque tappe fondamentali, che rimandano ai fattori costitutivi
6 
 
della comunicazione (Who, says what, in which channel, to whom, with 
what effect?). Secondo Sorice (2000: 123), “si trattò di un passo molto 
importante per la communication research che acquisiva un metodo che, di 
là a qualche anno, sarebbe divenuto estremamente popolare”.  
In Europa indagini interessanti furono intraprese da Orwell (1946), che 
osservò le figure dell‟eufemismo e della metafora, Kenneth Burke (1941), 
che scrisse un saggio sulla retorica e l‟organizzazione del senso nel Mein 
Kampf, Ciacotin (1964) che si soffermò sulle tecniche di propaganda nazista 
e fascista, Klemperer (1947) che analizzò il linguaggio del Terzo Reich.  
Con il maturare delle ricerche in ambito europeo, è prevalsa la tesi 
secondo cui il discorso politico è una pratica comunicativa eterogenea, che 
utilizza diversi livelli linguistici, procedure semiotiche, generi testuali. A 
tale riguardo è necessario un riferimento alla sperimentazione avviata dal 
1969 in poi da alcuni linguisti francesi, che  applicano il metodo 
distribuzionale di Harris (nato nel 1930 negli Stati Uniti) ai più svariati 
corpora politici, sostenendo che è possibile descrivere le forme linguistiche 
del discorso politico attraverso la loro distribuzione e con l‟analisi delle 
costanti nelle trasformazioni. L‟analyse du discours dei linguisti francesi e 
la Textlinguistik, la linguistica testuale dei germanisti, hanno allargato il 
campo d‟indagine dalla frase al testo, contribuendo alla stretta associazione 
tra discorso e testo. Su quest‟ultimo aspetto non si può fare a meno di 
rilevare il contributo di Dressler e Beaugrande (1984), per i quali il testo è 
un‟unità comunicativa, frutto di un processo comunicativo per comprendere 
il quale non si può prescindere né dagli aspetti più strettamente linguistici, 
né dal contesto di produzione (gli atteggiamenti di chi lo produce e di chi lo 
riceve e la cornice comunicativa).  
Si menziona a questo riguardo anche Fairclough, che definisce il 
discorso come “pratica sociale” (1989: 20), un processo interazionale di cui 
il testo è uno spazio sociale, in cui si realizzano due processi simultanei: 
cognizione e rappresentazione del mondo e interazione sociale (Fairlough, 
1995: 6). Nasce l‟analisi critica del discorso, che considera il linguaggio 
come una pratica sociale e viene generalmente applicata ai discorsi pubblici, 
istituzionali e politici.
7 
 
Se Fairclough (Ibid. 23) vede il discorso come un complesso di tre 
elementi, pratica sociale, pratica discorsiva e testo, appare naturale che 
oggetto della Critical Discourse Analysis sia il compendio (a) dell‟analisi 
del testo (descrizione), (b) dei processi di produzione, circolazione e 
consumo (interpretazione) e (c) analisi socioculturale dell‟evento discorsivo 
(spiegazione). Il discorso-testo politico viene sviscerato nelle sue 
componenti co-testuali, regolarità interne al testo, e con-testuali, esterne al 
testo e relative alle condizioni della sua produzione, ricezione-
interpretazione e circolazione (Desideri, 1984: 35). Inoltre gli aspetti 
socioculturali possono far luce sull‟analisi ideologica del discorso politico, 
poiché le ideologie generalmente sono assunti non esplicitati. 
 
 
 
 
 
                                                                                        Descrizione (a)                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               
                                                                                       (analisi del testo) 
 
 
                                                                                       Interpretazione (b) 
                                                                                        (analisi del processo) 
 
                                                                                       Spiegazione (c) 
                                                                                      (analisi sociale) 
 
 
 
 (Fonte: Fairclough, 1995: 98) 
 
 
Dal testo all‟atto comunicativo il passo è breve. Per Benveniste (1985: 
97) il discorso, a differenza della storia che è narrazione, è enunciazione e 
un‟enunciazione è il “rendere funzionante la lingua attraverso un atto 
Pratica socioculturale 
(condizioni di produzione) 
 
 
 
 
 
 
 
Pratica socio-culturale 
(condizioni di interpretazione) 
(situazionale, istituzionale, sociale) 
 
 
 
 
 
 
Pratica socioculturale 
(condizioni di interpretazione) 
 
(situazionale; istituzionale; sociale) 
Processo produttivo  
 
 
 
Processo interpretativo 
Pratica discorsiva 
 
 
Testo
8 
 
individuale di utilizzazione”. Lo studio dal punto di vista sociolinguistico 
del discorso politico è „complementare‟ alle ricerche compiute dagli studiosi 
di comunicazione politica, di cui negli Stati Uniti c‟è una vasta letteratura 
fin dal 1940, quando le campagne elettorali erano oggetto di studio di alcuni 
ricercatori della Columbia University. Tuttavia il primo testo sistematico 
sullo studio della comunicazione politica, a prescindere dalle singole 
esperienze di ricerca, è Manuale di comunicazione politica (1981) degli 
autori Nimmo e Sanders, che collocano intorno alla seconda metà degli anni 
cinquanta uno dei primi tentativi di considerare la comunicazione politica un 
fattore determinante per la costruzione dell‟influenza politica. Nel testo i 
due studiosi identificano le aree di interesse tipiche sviluppatesi nel corso 
del tempo: gli studi sulla retorica, sulla propaganda, sul mutamento degli 
atteggiamenti, sui rapporti tra il mondo politico e gli organi di informazione 
(Nimmo, Sanders 1981, cit. in Bentivegna 2001: 12). Oggi i campi di 
interesse degli studiosi di comunicazione politica si sono estesi anche alla 
disamina della comunicazione elettorale, alle ricerche sul rapporto tra 
sistema politico e sistema mediale, alle strategie discorsive e ai processi di 
elaborazione dell‟informazione politica sia da parte dei media che da parte 
dei cittadini (Bentivegna, 2001: 12). Per quanto riguarda la situazione 
attuale, Nimmo e Swanson (1990) sostengono che “si è passati da una fase 
di diversificazione a una di frammentazione all‟interno della disciplina” 
(Nimmo, Swanson, cit. in Bentivegna, 2001: 13). Per sua natura, si tratta di 
una materia in costante evoluzione, soprattutto in seguito alla comparsa 
della computer mediated communication (CMC), ossia l‟interazione in rete. 
Lo spazio mediale non si pone solo come contesto, ma, nel contempo, 
trasforma forme e contenuti della comunicazione politica. 
Oggi la sensibilità e la vitalità degli studiosi è tale che vengano 
adottati diversi approcci teorici, che attingono sapere da altre discipline. 
Un‟analisi profonda del discorso politico presta particolare attenzione anche 
alla comunicazione non verbale ed in particolare ai codici cinesici
2
: 
                                                 
2
 Per codici cinesici si intendono le espressioni e i movimenti del volto e delle mani, tutti 
quegli effetti visivi che interagiscono in maniera specifica con la comunicazione verbale. 
Chi parla produce anche una serie di gesti ai quali affida una parte del suo intento 
comunicativo: gesti e movimenti della testa tendono a coincidere con i punti di maggiore 
enfasi, i movimenti delle mani possono essere usati per aggiungere sfumature di significato