strada”
2
 (spesso infarcite, in egual misura, di buon senso e 
vittimismo) e quelle del giurista, costretto entro limiti ben 
più angusti nei quali dar voce, magari a costo di raffinate 
quanto equilibristiche costruzioni, a quell’esigenza di 
“giustizia sostanziale” che tanto più pressante quanto più 
quelle del diritto rischiano di rivelarsi armi spuntate. 
Un problema di coscienza, dunque, che 
immancabilmente affligge tutti gli operatori del diritto che 
figurano sulla scena di ogni concreta vicenda giudiziaria 
che abbia ad oggetto un caso di responsabilità medica, 
dall’avvocato del danneggiato
3
, a quello del presunto 
responsabile
4
, dal medico nominato consulente tecnico del 
giudice
5
, al magistrato stesso, chiamato istituzionalmente a 
                                                 
2
 BIGLIAZZI G., Moltiplicazione cancro, Venezia, 1996, 112. 
3
 Il quale si trova nella scomoda posizione di dover far digerire al suo assistito l’amara 
pillola del lento rituale processuale, BALDASSARRI A. - BALDASSARRI S., La 
responsabilità del professionista, Milano, 1993, 52. 
4
 Preoccupato di non regalare alle pagine della quotidiana cronaca locale l’ennesimo 
“capro espiatorio”. 
5
 Costretto a ripercorrere passo dopo passo lo sviluppo degli eventi alla ricerca degli 
errori di un suo collega, in un puzzle di analisi, di dichiarazioni, diagnosi e referti. 
dirigere il processo e, alla fine, a “dare giustizia”. 
Ecco perché, prima ancora di affrontare uno 
qualsiasi dei numerosi profili di interesse che emergono 
nella materia della responsabilità medica, è sembrato 
opportuno ricordarne – ove mai ce ne fosse stato bisogno – 
la delicatezza e l’enorme impatto sociale, prima ancora che 
puramente emotivo. 
L’errore in medicina è stato protagonista nel tempo 
di tre diversi atteggiamenti. 
Secondo un primo atteggiamento la medicina non si 
processa. 
Nell’Ottocento molti scrittori sostengono in Europa 
la tesi dell’assoluta irresponsabilità e propongono di 
bandire il caso dell’imperizia dal novero delle azioni 
punibili. 
All’inizio del Novecento si afferma un 
orientamento diverso : si deve tener conto della particolare 
posizione del medico nella società.  
La pretesa di totale irresponsabilità non ha più 
sostenitori, ma non si può giudicare il medico alla stregua 
di una persona qualunque secondo i criteri generali di 
responsabilità. 
Le prime teorie si limitano a ipotizzare la 
responsabilità del sanitario solo per motivi gravi, 
imperdonabili, molto evidenti. 
In paesi come la Francia e l’Italia, la giurisprudenza 
e la dottrina prevalenti considerano l’errore professionale 
come qualcosa di diverso dalla negligenza o 
dall’imprudenza, e adottano per esso criteri molto larghi, 
ritenendolo scusabile, salvo che non si manifesti 
l’ignoranza grave, non scusabile. 
Questo atteggiamento dura fino agli anni Sessanta o 
Settanta e in Italia anche oltre. 
Il terzo orientamento sostiene la tesi per cui il 
medico deve fare i conti con il paziente. 
In Italia la scoperta dell’orizzonte morale del 
paziente, come momento nel quale si collocano le scelte 
decisive, avviene all’inizio degli anni novanta. 
Il regime della responsabilità medica si può 
configurare, oggi, come un sistema composito. 
Si vuole far riferimento al fatto che oggi non si 
deve tenero conto soltanto del rapporto diretto medico-
paziente, costituito dal rapporto contrattuale intercorso 
sulla base del contratto d’opera intellettuale o costituito 
dal contatto sociale che ha cagionato il danno in assenza di 
un rapporto contrattuale, quanto piuttosto il complesso dei 
rapporti che, si costituiscono nel momento in cui un 
soggetto è destinatario di prestazioni mediche di ogni tipo, 
diagnostiche, preventive, terapeutiche, chirurgiche, 
estetiche ecc. 
Si è accentuata l’attenzione sulla condizione del 
soggetto destinatario di questa attività, in particolare sulle 
condizioni in cui è prestato il consenso, sui  suoi 
presupposti, sui suoi contenuti e sui suoi effetti. 
Sicché l’intero settore implica profili di diritto 
costituzionale, con riguardo alla tutela della persona e 
della salute, nonché di diritto amministrativo statuale 
regionale, con riguardo alla organizzazione e alla 
disciplina delle strutture pubbliche e private che effettuano 
prestazioni mediche. 
Questi diversi profili, accorpati per ragioni teoriche 
e pratiche e tra loro coordinati danno luogo ad un settore 
multidisciplinare. 
Ci si deve chiedere anche se, in ragione di 
particolari regole di natura legislativa e di particolari 
regole di natura giurisprudenziale, non si sia in presenza di 
un “sottosistema”
6
 della responsabilità civile. 
Un tempo era sufficiente classificare il rapporto tra 
medico e paziente nell’ambito del rapporto contrattuale, se 
vi era un contatto diretto, ovvero nell’ambito del rapporto 
extracontrattuale, se il contatto era mediato da una 
struttura pubblica o privata. 
Oggi, la questione è diventata più complessa. 
Ciò è dovuto a molteplici fattori. 
La complessità dipende infatti dall’evolversi della 
stessa libera professione, esercitata in modo meno 
personale, con un rapporto meno immediato tra medico e 
paziente; dalla possibilità di ricorrere a procedimenti 
diagnostici più elaborati, articolati. 
Questa nuova e aspra complessità fa sì che si debba 
porre la questione se le categorie usuali alle quali si 
                                                 
6
 DE MATTEIS R., La responsabilità medica. Un sottosistema della responsabilità civile, 
Padova, 1995, 2 ss.; 
ascrive la responsabilità del medico siano in oggi sempre 
appropriate, e verso quali prospettive possano muovere i 
confini di questa professione e quindi i confini delle 
obbligazioni che il medico, esercitando la sua professione, 
inevitabilmente si assume. 
Il tema, alla luce di quanto sommariamente esposto, 
si preannuncia affascinante, interessante e piacevole.  
CAP. I: LA RESPONSABILITA’ DEL MEDICO: 
OBBLIGAZIONE DI MEZZI O DI 
RISULTATO? 
 
1.1 IL CONCETTO DI OBBLIGAZIONE 
 
Il nostro codice civile non dà una definizione del 
rapporto obbligatorio; per questo motivo ancora oggi 
utilizziamo le fonti romane. 
Nelle Istituzioni
7
 di Giustiniano
8
 si legge la 
seguente definizione: “Obligatio est iuris vinculum, quo 
necessitate adstringimur alicuius solvendae rei secundum 
nostra civitatis iura”
9
. 
                                                 
7
 L’opera legislativa di Giustiniano costituisce il Corpus iuris civilis.L’opera è ancora 
oggi alla base del diritto di gran parte dei paesi europei.TALAMANCA M., Istituzioni di 
diritto romano, Milano, 1990, 45   
8
 Giustiniano I (Tauresium, Illiria 483 – Costantinopoli 565), imperatore romano d’oriente 
(527 – 565), detto il Grande. Alla morte dello zio, l’Imperatore Giustino I, nel 527, fu 
eletto Imperatore. TALAMANCA M.,  Lineamenti di storia del diritto romano, II, 
Milano, 1989.   
9
 TRABUCCHI A., Istituzioni di diritto civile, Padova, 1988, 504 
Il significato di questi principi arriva, attraverso 
l’elaborazione del diritto comune, nelle codificazioni 
vigenti. 
Dunque, l’obbligazione è un vincolo giuridico, che 
lega un creditore e un debitore, tenuto all’adempimento di 
una prestazione
10
. 
Vi è, tuttavia, la necessità del riconoscimento del 
vincolo da parte dell’ordinamento giuridico, che ne 
stabilisce la struttura e le modalità
11
. 
                                                 
10
 MARICONDA, Delle obbligazioni e dei contratti, Milano, 1984, 23  
11
 MARICONDA, Delle obbligazioni e dei contratti, Milano, 1984, 24 
1.2 LE CARATTERISTICHE DELLA 
PROFESSIONE MEDICA 
 
L’attività del medico si caratterizza non soltanto 
per il fatto che è attività intellettuale, ma anche perché è 
attività libera e discrezionale
12
. 
La libertà va intesa come facoltà di 
autodeterminarsi discrezionalmente nella scelta dei mezzi 
tecnici idonei a realizzare la prestazione. 
Il professionista deve poter realizzare la sua libertà 
attraverso le sue capacità e competenze allo scopo di 
soddisfare i bisogni degli esseri viventi
13
. 
Quindi “libertà di essenza e di fini di un’attività 
destinata ad altri, e socialmente rilevante, che implica di 
certo, ma anche trascende i connotati coessenziali e 
                                                 
12
 ALPA G., La responsabilità medica, in Resp. civ. prev., n.2, 1999, 316. 
13
 PRINCIGALLI A., La responsabilità del medico, Napoli, 1983, 23. 
tuttavia parziali, dell’intelletualità della competenza e 
della discrezionalità”
14
. 
Per l’esercizio della professione medica la legge 
ritiene necessaria l’iscrizione in appositi albi tenuti 
dall’Ordine professionale al quale competono poteri di 
vigilanza e di controllo sugli iscritti, a tutela del prestigio 
e del decoro della categoria
15
. 
Per l’art. 2231
16
 c.c., la mancata iscrizione non 
consente al medico l’esercizio dell’azione per il 
pagamento della retribuzione; mentre l’esercizio della 
professione, senza la speciale abilitazione di Stato, lo 
rende penalmente perseguibile per abusivo esercizio della 
professione. 
                                                 
14
 SCOGNAMILIO V. R., Personalità umana e tutela costituzionale delle libere 
professioni, in Dir. fam., 1973, 801 
15
 PONTONIO F., La responsabilità professionale medica nella prospettiva europea, in 
Resp. Civ. prev., 1993, 29. 
16
 Art. 2231: c.c., 1° Comma: Quando l’esercizio di un’attività professionale è 
condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è 
iscritto non gli dà azione per il pagamento della retribuzione. 
In tema di iscrizione nell’albo professionale,      si è 
verificato un mutamento nell’orientamento della Suprema 
Corte.  
 In un primo momento
17
, aveva considerato 
l’iscrizione come una condizione imprescindibile per 
l’esercizio della professione sanitaria. 
Successivamente
18
, per effetto del mutato contesto 
sociale che ha visto il medico impegnato oltre che nella 
libera professione anche in rapporti di lavoro dipendente, 
ha stabilito che “l’iscrizione all’albo dei medici è 
obbligatoria per i sanitari che esercitano la libera 
professione, cioè per coloro che svolgono l’attività 
sanitaria in via autonoma; non è, invece, richiesta per i 
sanitari non liberi professionisti che esplicano la loro 
attività alle dipendenze della Pubblica Amministrazione o 
altro ente, cui sono legati da un contratto di impiego” 
                                                 
17
 Cass. 12 marzo 1954, in Giust. pen., 1954, II, 508 
18
 Cass. 10 ottobre 1973, in Cass. Pen. Mass., 1974, 739 
Di diverso avviso è stata, invece, la stessa Suprema 
Corte in tema di professione ed arti sanitarie, stabilendo: 
“l’obbligo di iscrizione all’albo professionale di tutti i 
tecnici di radiologia medica, sia per quelli che svolgono la 
libera professione che per quelli che operano nell’ambito 
di istituzioni pubbliche o private”
19
.  
Nella specie, la Corte ha disatteso la tesi relativa 
alla sussistenza dell’obbligo solo per i liberi professionisti 
e non anche per coloro che svolgono l’attività di radiologo 
come dipendenti di enti pubblici. 
Pertanto, oggi, i medici sono sottoposti all’obbligo 
dell’iscrizione all’albo professionale. 
                                                 
19
 Cass. 6 luglio 1983, in Giust. pen., 1984, II, 361