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giungendo a valutare per lo specifico caso di studio in che misura le risorse rurali generate e 
gestite direttamente dalle attività agricole contribuiscono nel definire l‟identità al territorio senese 
così come viene percepita dai turisti che si recano in questi luoghi. Inoltre, lo studio condotto 
intende anche analizzare le strategie e la capacità che il settore produttivo primario locale è 
capace di ideare al fine di valorizzare certe funzioni non di mercato, riconvertendole sia in parte 
come risorse rilevanti per la propria stessa attività aziendale, sia come componenti utili allo 
sviluppo di altre attività economiche locali.  
 
La prima parte della tesi illustra i presupposti teorici alla base della ricerca: l‟evoluzione del 
significato di qualità della vita ed il nuovo ruolo assunto nella sua definizione dall‟ambiente e 
dall‟agricoltura; la progressiva affermazione della multifunzionalità dell‟attività agricola e degli 
approcci territoriali alla definizione delle strategie di sviluppo locale. Il turismo nelle aree rurali 
ed in particolare l‟agriturismo viene analizzato come strategia in grado di valorizzare le 
esternalità prodotte dall‟agricoltura e ricondurle parzialmente all‟interno del reddito delle imprese 
agricole. Infine, viene analizzata la legislazione europea ed italiana sul turismo rurale e 
sull‟agriturismo.  
 
La seconda parte della tesi, invece, illustra il rapporto tra risorse rurali e turismo nel particolare 
caso della provincia di Siena. Allo scopo di mettere in luce le relazioni tra risorse rurali locali e 
attività turistica è stato analizzato il settore turistico senese nelle sue componenti di offerta e di 
domanda. In particolare, è stata condotta un‟indagine su un campione di 400 turisti in visita in 
provincia di Siena. Le interviste hanno coperto l‟intero territorio senese ed il questionario 
somministrato direttamente ai turisti ha permesso di descrivere un profilo dettagliato dei turisti 
che frequentano la provincia di Siena, di analizzare le caratteristiche del loro soggiorno, 
giungendo alla definizione della spesa sostenuta e della sua composizione. L‟indagine diretta, 
comunque, è stata in particolare rivolta ad approfondire l‟importanza delle componenti rurali 
nelle scelte dei turisti al momento di selezionare la destinazione della propria meta di vacanza, 
nonché nel valutare quanto tali risorse abbiano poi contribuito in termini di soddisfazione 
successiva al soggiorno. Il campione è stato poi segmentato in ragione di tali preferenze tramite 
un‟analisi cluster allo scopo di scoprire se ed in che misura esistono differenze nell‟eterogeneo 
insieme dei turisti per quanto riguarda la percezione, l‟apprezzamento, la conoscenza del 
patrimonio rurale provinciale e se a tali presunte differenze di tipo psicografico e 
comportamentale corrispondono differenze di tipo socioeconomico. 
11 
 
2. RIFERIMENTI TEORICI 
 
Nel corso degli ultimi decenni le aree rurali dei paesi industrializzati sono state interessate da un 
rapido processo evolutivo che ha profondamente modificato il loro tradizionale assetto socio-
economico. In particolare si richiama l‟attenzione sull‟evoluzione del concetto di qualità della vita 
e sul progressivo affermarsi del concetto di “multifunzionalità” dell‟agricoltura, ormai diventato in 
Europa il nuovo paradigma di tutte le politiche di settore. Tale concetto fa riferimento alla ormai 
universalmente riconosciuta capacità dell‟agricoltura di svolgere ruoli diversi da quello 
tradizionalmente legato alla produzione primaria e quindi di svolgere funzioni sociali ed 
ambientali oltre che economiche.  
 
2.1 Evoluzione del concetto di benessere: dall‟utilitarismo al Well-Being 
 
Il progresso tecnologico e lo sviluppo economico di questi ultimi anni, proponendo nuovi modelli 
sia a livello di sistemi produttivi sia di consumo, hanno contribuito al profondo mutamento delle 
società dei paesi industrializzati. Tra i cambiamenti più importanti che si sono avuti, sicuramente 
quello che ha comportato i maggiori effetti è da ricercarsi nell‟evoluzione del significato di 
benessere dalla quale è scaturita una nuova scala di valori che sono alla base di ogni scelta, sia 
essa economica o meno, individuale o collettiva. 
 
In base ai tradizionali inquadramenti utilitaristici (tra gli intellettuali della tradizione utilitarista 
possiamo ricordare i lavori degli economisti inglesi Bentham, Mill, Marshall, Pigou, Edgeworth), 
l‟utilità, ovvero il grado di soddisfazione che un individuo può percepire dall‟attività di consumo 
di un bene economico, è un fedele indicatore del suo livello di benessere. In altre parole, l‟utilità 
personale è espressione del vantaggio e del benessere individuale. Per Bentham (BENTHAM, 
1781) le scelte ed il comportamento dei vari soggetti economici seguono sempre un criterio di 
razionalità che tende a massimizzare il benessere (l‟utilità) e a minimizzare la pena. L‟utilità è 
considerata una grandezza cardinale e, come tale, è misurabile ed addizionabile, di 
conseguenza, il benessere sociale è dato dalla semplice somma delle utilità individuali. L‟utilità 
non è una qualità intrinseca del bene economico, ma sorge dal rapporto (di necessità, 
dipendenza o altro) che l‟individuo ha con quel bene ed è, pertanto, un concetto soggettivo che 
esprime il grado d‟importanza che ciascuno attribuisce al bene, in vista della soddisfazione dei 
12 
 
propri bisogni. La relazione tra bene e benessere si realizza solo al momento del consumo, in 
seguito all‟atto per cui il bene realizza la sua utilità. Il principale limite dell‟approccio utilitaristico 
è dato proprio dalla sua intrinseca natura soggettivistica che determina notevoli problemi di 
comparazione di quello che è il tenore di vita d‟individui con condizioni sociali estremamente 
diverse (ad esempio, la grande felicità che può provare un homeless per essersi procurato un 
abbondante pasto non può essere espressione di un‟elevata qualità della vita). Inoltre, 
l‟associare il benessere di un individuo a dei beni solo in seguito al loro consumo trascura 
completamente il fatto che la semplice libertà di accedere ad un determinato bene, nel momento 
in cui lo si desidera, è di per sé una condizione che influisce positivamente sul benessere di un 
individuo (MENGHINI S. , 2006). 
 
Per superare il limite relativo alla soggettività del concetto di utilità, la teoria dell’opulenza 
propone una misurazione più oggettiva del tenore di vita definendo il benessere come possesso 
di un adeguato volume di beni e servizi. Partendo da questo approccio si sono affermate chiavi 
di lettura del benessere direttamente associate alle disponibilità economiche individuali, ovvero 
approcci univocamente legati alla crescita economica con i relativi indicatori nazionali (PIL). La 
limitazione del concetto di benessere ai soli aspetti reddituali ignora però numerose dimensioni 
e condizioni fondamentali (quali ad esempio, l‟istruzione, lo stato dell‟ambiente naturale e del 
contesto sociale, le possibilità effettive d‟impiego, le discriminazioni di razza e di genere ecc…) 
per il realizzarsi delle potenzialità individuali. 
 
Le moderne teorie del benessere ed in particolare la teoria delle Libertà (anche detta “dei 
funzionamenti e delle capacità”) sviluppata da Amartya Sen (1986), economista e filosofo 
indiano, mirano a superare la tradizionale concezione di benessere inteso come soddisfazione 
di preferenze individuali, ampliando la base informativa e ponendo l‟accento sulle dimensioni 
oggettive del well-being che Sen descrive come stati di fare o di essere e chiama funzionamenti. 
In sostanza, i funzionamenti sono dei risultati acquisiti dall'individuo su piani come ad esempio 
quelli della salute, della nutrizione, della longevità, e dell'istruzione. Il reddito, secondo Sen, è 
solo uno degli strumenti che concorrono al raggiungimento di un certo stato di benessere e non 
l‟unico come spesso viene considerato. Infatti, a parità di reddito, una persona che soffre di 
malattie croniche avrà un benessere inferiore rispetto ad una sana. Accanto alla nozione di 
funzionamenti, Sen propone poi il concetto di capacità; mentre i primi riflettono le acquisizioni 
effettive degli individui e sono quindi elementi costitutivi del well-being, le seconde riflettono le 
13 
 
acquisizioni potenziali, e sono quindi costitutive della libertà (intesa come libertà di fare e di 
essere) (SEN, 1993). Il benessere di un individuo per Sen dipende dalla libertà che egli ha, nel 
momento in cui lo desideri, di consumare beni e servizi quindi, in maniera più ampia, di 
realizzare i propri obiettivi di vita. In sostanza la libertà è la capacità che l‟individuo ha di 
soddisfare specifiche esigenze necessarie per certi funzionamenti che egli desidera realizzare. 
Già la libertà di fare, prima ancora dell‟azione stessa, può essere fonte di maggior benessere 
(SEN, 1985). Un benestante che digiuni esprime, sul piano dell‟alimentazione, gli stessi 
funzionamenti di un indigente costretto a far la fame ma, il primo esprime un insieme di capacità 
diverso dal secondo in quanto può decidere di nutrirsi adeguatamente mentre l‟altro non può 
(MAZZARINO & PAGELLA, 2003). Nel paragonare il benessere di individui diversi non può 
essere sufficiente prendere in considerazione esclusivamente la quantità di beni in loro 
possesso ma è necessario considerare quali sono gli obiettivi di vita che essi riescono a 
raggiungere con i beni ed i servizi di cui dispongono (CLARK, 2005). I fattori che limitano le 
libertà dell‟individuo che vive in un determinato ambiente sono in sintetizzabili in due ordini: 
 
- L‟accessibilità, espressa in termini di disponibilità ed attribuzioni. Se un bene non esiste in 
quantità sufficienti a soddisfare le esigenze della collettività il problema è legato ad una 
condizione di scarsa disponibilità. Invece, se il bene pur esistendo non risulta accessibile, la 
condizione di benessere insoddisfacente diviene prevalentemente un problema di attribuzioni, di 
entitlement. 
 
- Le abilità personali che l‟individuo possiede. 
In sostanza, secondo questa nuova visione il possesso di beni e servizi con determinate 
caratteristiche ha valore solo nella misura in cui questi aiutano gli individui ad ottenere delle 
capacità: il valore non risiede nel bene in sé ma nelle capacità.  
 
Un importante passaggio nello sviluppo applicativo della Teoria delle Libertà è rappresentato dal 
tentativo da parte di numerosi studiosi di individuare un set di capacità fondamentali, validi per 
qualunque individuo, società ed epoca. Il più famoso ed influente tentativo è quello della 
scrittrice femminista Martha Nussbaum (2000), secondo la quale le capacità umane 
fondamentali sono: la vita, la salute fisica, l‟integrità fisica, l‟immaginazione ed il pensiero, le 
emozioni, la ragione pratica, la riproduzione biologica, le altre specie, lo svago ed il controllo 
14 
 
politico e materiale sul proprio ambiente. L‟economista Meghnad Desai invece riassume queste 
capacità fondamentali in (DESAI, 1995): 
 
1. Capacità di avere una vita lunga e piacevole 
2. Capacità di avere assicurata la riproduzione biologica 
3. Capacità di godere di buona salute 
4. Capacità di avere interazioni sociali  
5. Capacità di avere informazioni, libertà di espressione e di pensiero.  
 
Le prime tre categorie, legate a funzionamenti prevalentemente materiali, si possono 
sintetizzare in una più generica capacità di avere buona salute mentre le altre due, riconducibili 
a funzionamenti più immateriali, in una generale capacità di avere informazione, svago e 
interazione sociale e culturale. Concentrando l‟attenzione su quelle capacità che possono 
essere riconosciute universalmente come elementi costitutivi del benessere, al di là della loro 
realizzazione pratica e quindi dei funzionamenti, è possibile valutare in termini relativi la qualità 
della vita anche per realtà molto diverse tra loro in termini di ambiente (CASINI, 2000). Secondo 
la Teoria delle Libertà il principale obiettivo dello sviluppo deve essere l‟espansione delle 
capacità umane più che la mera crescita economica. La crescita economica può essere 
importante per lo sviluppo ma non è mai una condizione sufficiente (SEN, 1999). In questo 
senso la qualità della vita non dipende dal semplice possesso di beni e servizi ma dall‟accesso 
ad una serie più articolata di elementi in grado di influire sul benessere non all‟atto del consumo 
ma a partire dalla loro esistenza ed accessibilità. Uno dei molteplici effetti che tale evoluzione 
del significato di benessere ha determinato è la continua crescita dell‟importanza che la società 
moderna attribuisce alle risorse ambientali ed in particolare a quelle rurali nel garantire un certo 
livello di qualità della vita.  
 
2.1.1 Ambiente, agricoltura e qualità della vita 
 
La qualità dell‟ambiente è un elemento indispensabile nel determinare un certo livello di qualità 
della vita in quanto concorre alla determinazione di tutte le capacità umane fondamentali cosi 
come definite dal Desai (1995): quelle riferite alla salute umana, ma anche e sempre di più 
quelle riferite alla capacità di avere svago e ricreazione.  
 
15 
 
La rilevanza dell‟ambiente nella coscienza collettiva è relativamente recente in quanto fino agli 
anni settanta, ogni discorso sullo sviluppo non includeva la dimensione ambientale e l‟ambiente 
costituiva semplicemente una dimensione latente, esterna al processo produttivo che non 
rappresentava un limite all‟espansione dell‟economia industriale su scala mondiale. Esso 
acquista una sua rilevanza e visibilità solo in seguito all‟aggravarsi dell‟inquinamento e 
all‟impennata del prezzo del petrolio ed incomincia ad essere considerato un problema proprio 
dai Paesi che fino ad allora avevano preferito ignorare l‟esistenza di limiti ed equilibri ecologici 
ed avevano fondato la propria crescita sullo sfruttamento intensivo delle risorse naturali e 
l‟emissione incontrollata di sostanze inquinanti (GISFREDI, 2002). Le critiche rivolte alla 
concezione dominante dello sviluppo inteso esclusivamente come crescita economica e le 
proposte innovative maturate nei diversi ambiti convergono gradualmente nel tempo verso la 
definizione di uno sviluppo “diverso”, di uno sviluppo più attento alle dimensioni ecologiche e 
sociali: lo sviluppo sostenibile. Si rimanda al paragrafo successivo per una trattazione più 
completa del concetto di sviluppo sostenibile, basti qui ricordare che tale evoluzione del 
concetto di sviluppo, di pari passo con l‟evoluzione del concetto di benessere, ha portato alla 
ribalta l‟importanza di una buona qualità dell‟ambiente per garantire un adeguato livello di 
benessere.  
Oggi in Europa l‟agricoltura e la silvicoltura rappresentano le forme prevalenti di utilizzazione del 
suolo e di gestione delle risorse naturali. Secondo la definizione OCSE1, le zone rurali 
rappresentano il 92% del territorio UE. Inoltre il 19% della popolazione vive in zone 
prevalentemente rurali e il 37% in zone significativamente rurali. Queste producono il 45% del 
Valore Aggiunto lordo dell‟UE e forniscono il 53% dei posti di lavoro (2006/144/CE). Gli 
agricoltori e gli altri operatori delle aree rurali gestiscono quindi ben oltre la metà del territorio 
europeo (COMUNITA' EUROPEE, 2006). Il nesso tra agricoltura, ruralità e territorio appare 
evidente cosi come sono evidenti le funzioni non commerciali delle attività agricole.  
 
Nelle economie dei paesi industrializzati durante gli ultimi decenni è stato osservato un pesante 
ridimensionamento del peso dell‟agricoltura in termini di occupazione e di valore aggiunto. 
Questo declino dell‟agricoltura ha ovviamente influenzato la struttura economica e sociale delle 
campagne. Tale declino è in primo luogo consistito in una sostanziale contrazione degli addetti 
                                                     
1
 Tale definizione si basa sulla percentuale di popolazione che vive in comuni rurali, ovvero con meno 
di 150 abitanti per Km2 in una data regione NUTS III. Questa è la sola definizione di zone rurali 
riconosciuta a livello internazionale 
16 
 
al settore, con un generale processo di “senilizzazione” e “femminilizzazione” degli operatori del 
settore primario. Tale riduzione dell‟occupazione agricola ha determinato uno squilibrio nel 
governo delle risorse rurali, procurando pesanti fenomeni di sottoutilizzazione di tutte le risorse 
rurali, con consistenti fenomeni di riconversione ad un‟agricoltura estensiva e, più in generale, 
ad una sostituzione della forza lavoro umana e animale con quella delle macchine (CECCHI, 
2000). 
 
In Italia in particolare, il declino dell‟agricoltura associato al processo di industrializzazione, ha 
agito pesantemente sul settore agricolo e sull‟ambiente rurale, provocando in taluni contesti un 
progressivo declino delle attività e della presenza dell‟uomo, mentre in altri contesti si è assistito 
a fenomeni opposti di esasperazione delle produzioni. Nei territori più vocati allo sviluppo del 
settore primario, grazie allo sviluppo economico e al progresso tecnologico, si sono innescati 
meccanismi d‟accrescimento dell‟efficienza del sistema produttivo, al fine di massimizzare la 
redditività, agendo tanto sull‟incremento delle produzioni unitarie che sul decremento dei costi di 
produzione. In tali contesti si è assistito ad un‟evoluzione verso un‟agricoltura sempre più 
intensiva, ad alta meccanizzazione e specializzazione, bisognosa di sempre maggiori input 
chimici destinati ad elevare la fertilità dei suoli e contenere lo sviluppo di infestanti e patogeni. In 
tali ambiti dominati dall‟intensificazione si è assistito ad un generale processo di omologazione, 
intercettando anche nel settore primario e nelle aree rurali dei modelli di comportamento propri 
del settore urbano ed industriale (BASILE & CECCHI, 1997). Questo fenomeno ha portato 
spesso al degrado del territorio, delle risorse idriche e dell‟atmosfera. Anche la differenziazione 
dei paesaggi e la biodiversità sono minacciate dal processo di intensificazione e di 
omologazione dell‟agricoltura come peraltro lo sono anche nel caso opposto, di declino e di 
abbandono dello spazio rurale: nelle aree più marginali, infatti, il cosiddetto esodo rurale ha 
determinato l‟assenza del capillare contributo della popolazione locale che nel risiedere e 
svolgere un‟ attività produttiva in un territorio, determinano ed alimentano quotidianamente il suo 
profilo paesaggistico, culturale ed economico. 
 
Con la transizione post-fordista, che si avvia a partire dalla metà degli anni settanta, i motivi 
dell‟esodo rurale si attenuano perché, da una parte, sono le imprese che tendono ad uscire 
dagli agglomerati urbani e, dall‟altra, un medesimo reddito monetario può consentire 
nell‟ambiente rurale l‟accesso ad un insieme di consumi più ampio di quello accessibile in 
ambiente urbano. Le relazioni tra risorse rurali ed attività produttive e tra queste e la società in 
17 
 
generale, iniziano a cambiare in seguito alla crisi delle città e degli agglomerati industriali ed in 
particolare si assiste ad un sensibile accrescimento della domanda ecologica, ricreazionale e 
culturale legata alle aree rurali. La ricerca nello spazio rurale di valori turistico - ricreativi va 
aumentando in relazione all‟incremento della sempre più diffusa ricchezza, del maggior tempo 
libero a disposizione degli individui e della maggiore mobilità personale. In questo contesto si è 
fortemente accentuata l‟interdipendenza tra città e spazi rurali ai quali è demandata la 
produzione dei beni primari, che non sono solo quelli legati all‟alimentazione, ma anche quelli 
relativi all‟ambiente naturale, a parziale compensazione delle distorsioni associate alla crescita 
metropolitana. L‟accessibilità alle aree verdi, la possibilità di godere di spazi ameni nei quali 
l‟agricoltura è parte integrante degli aspetti paesaggistici, è oggi diventata prerogativa 
essenziale per un‟accettabile qualità della vita (CAIATI, 2001). In una visione più ampia di 
benessere, la società europea attribuisce sempre più importanza all‟agricoltura per quanto 
riguarda la sua funzione produttiva e quindi la sicurezza alimentare ma anche per quanto 
riguarda la qualità degli alimenti, il benessere degli animali, la qualità dell‟ambiente, la 
salvaguardia della natura, degli spazi rurali e delle tradizioni legate al mondo rurale.  
 
2.2 La maturazione dei principi di sostenibilità 
 
Argomento politico molto dibattuto a livello globale, l‟essenza del concetto di sviluppo 
sostenibile è che lo sviluppo economico non può prescindere dalla qualità dell‟ambiente fisico e 
sociale sul quale esso si fonda. Una prima definizione di sviluppo sostenibile si può far risalire 
alla “World Conservation Strategy” elaborata nel 1980 dall‟IUNC (International Union for the 
Conservation of Nature) (IUCN, 1980) secondo la quale lo sviluppo sostenibile è il risultato 
dell‟integrazione dello sviluppo economico con la conservazione dell‟ambiente attraverso la 
corretta gestione dell‟uso umano della biosfera. Tuttavia, la sostenibilità dello sviluppo ha 
assunto il ruolo di paradigma innovativo solo con il rapporto finale della World Commission on 
Environment and Development, presieduta dall‟ex primo ministro norvegese Gro Harlem 
Bruntland ed istituita dalle Nazioni Unite al fine di promuovere uno sviluppo globale ed indicare 
all‟umanità delle strategie ambientali a lungo termine. La definizione ufficiale è quindi quella 
contenuta nel Rapporto Bruntland dal titolo ”Il futuro di noi tutti”: per sviluppo sostenibile si 
intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la 
capacità delle generazioni future di soddisfare i propri (Commissione mondiale per l‟ambiente e 
lo sviluppo, 1988: 71). Questa sintetica definizione fa riferimento al concetto di bisogni, esplicita