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INTRODUZIONE 
 
Quando nel 1844 a Lipsia esce per la prima volta il lavoro di Max Stirner, Der 
Einzige und sein Eigentum
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 (L’unico e la sua proprietà, o L’Ego e la sua proprietà
2
) le 
reazioni sono state sicuramente le più svariate, in quanto in quegli anni compare un‟altra 
opera fondamentale, L'essenza del Cristianesimo di Feuerbach. Stirner l‟accoglierebbe 
come  «la semenza dalla quale derivò tutta l'etica patologica che si riconnette direttamente 
alla sinistra hegeliana».
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 Partendo da un'analisi storica e psicologica delle origini e dello 
svolgimento del cristianesimo, Feuerbach giunse alla conclusione radicale che il 
trascendente, il soprasensibile, il soprannaturale, sino ad arrivare a Dio nient‟altro sono se 
non proiezioni fantastiche, mere parvenze, illusioni soggettive, insomma il riflesso della 
personalità umana e del mondo concreto di ogni individuo, gettato in un mondo esteriore. 
La sola realtà possibile è de facto l'uomo fisiologico in carne ed ossa, con i  suoi impulsi, i 
suoi desideri e le sue inclinazioni. L'uomo non ha più bisogno di Dio, perché egli solo è 
                                                             
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 Anche se l‟opera che porta la data del 1845 è comparsa in numerose successive traduzioni ed edizioni, la prima 
è datata 1882, edita da Wigand, una ristampa dell'Unico che non sembra abbia riscosso molto  successo. L‟opera 
irrompe finalmente tra le letture d'obbligo con la seconda edizione del 1893 (a 80 Pfennig) nella Universal-
Bibliotek della Reclam. Da allora L'Unico viene continuamente ristampato. L'edizione oggi corrente 
in Germania (1979) è sempre nella stessa collana della Reclam, la quale dal 1972 appare con l'annotazione e un 
saggio di A. Mayer.  
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 Ponendo una attenta analisi su due termini chiave che compaiono all‟interno del titolo, ovvero Einzige ed 
Eigentum, balza immediatamente alla vista la loro radice etimologica latina ego, ossia ciò che in lingua tedesca 
potrebbe tradursi con il suo corrispettivo Eigen (proprio). Questa radice etimologica mette capo ad una serie di 
termini che riflettono la dimensione del suo, come ad esempio Eigenschaft (qualità), Eigenheit (individualità 
propria), Eigentum (proprietà giuridica), Eigner (individuo proprietario). Un “ego-ismo” che pone l‟accento sulla 
dimensione riflessiva dell‟individuo che ha come punto di partenza il sé e come punto di arrivo il suo, inteso 
ingenuamente sotto differenti accezioni: da quella ontologico-esistenziale, a quella giuridico-materiale, fino a 
quella concreto-fattuale. Nella traduzione comunemente accettata, l‟Eigentum è interpretato in termini di “sua 
proprietà”,  laddove -  a parer mio - questa traduzione lascia parecchi punti in sospeso che non riflettono tout 
court  l‟essenza della radice ei-ego, che forse potrebbe trovare giustizia nella traduzione sicuramente ingenua ma 
al contempo semplificata del possessivo suo, che viene spesso, e non a caso, rafforzato con l‟aggettivo “proprio” 
per esprimere con più robustezza il concetto. Dunque, dopo tale considerazione, il titolo potrebbe essere anche 
tradotto in L’Unico e il suo. 
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 Cfr. M. Stirner, L‘Unico, versione dal tedesco, con una introduzione di E. Zoccoli, III edizione, Fratelli Bocca, 
Torino 1921, p. 20.
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Dio di sé stesso. La religione non può essere giustificata,  né data per certa, sicché 
l‟interesse del singolo deve essere rivolto al suo esclusivo benessere egoistico.  
Ora, «bastava esagerare le tinte, perché l'ateismo razionalistico del Feuerbach, che 
giovava al socialismo, diventasse l'ateismo dogmatico dello Stirner, che avrebbe giovato 
al dottrinarismo anarchico».
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 Il sistema di Feuerbarch finiva, per un verso, col metter capo 
a un egoismo puro, ma, per un altro verso, anche a un risultato diametralmente opposto, 
che  designa la morale col pronome sostantivato della seconda persona: il tuismo.
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Feuerbach infatti, a differenza di Stirner, prende come punto di partenza l'individuo, il 
quale cerca di completarsi per mezzo degli altri e non è spinto che dall'egoismo ad agire 
nell'interesse generale, una sorta di altruismo la cui essenza può essere riassunta con una 
massima del positivismo comtiano: “Vivere per gli altri”. Ciò, però, non deve portarci a 
fraintendere la posizione di Stirner, al punto da interpretare il suo egoismo, portato agli 
estremi, come una  filosofia a-sociale. In realtà – come si vedrà più approfonditamente – 
egli confessa l‟importanza della socialità innata nell'uomo e il suo bisogno di vivere con 
gli altri: «non l‟isolamento o la solitudine è lo stato originale dell‟uomo, ma la società. La 
nostra esistenza comincia col più stretto dei legami […]. La società è il nostro stato di 
natura».
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Conseguentemente, il tema della libertà nell‟opera stirneriana acquista una 
centralità determinante: «lo spirito non brama forse la libertà? Ah, non solo il mio spirito, 
ma anche il mio corpo brama ad ogni istante!»:
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 una libertà che nella concezione 
                                                             
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 Cfr. M. Stirner, op.cit., p. 20. 
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 Una tesi portata avanti soprattutto dal filosofo e sociologo tedesco F.A. Lange, il quale si affermò come uno dei 
maggiori rappresentanti del neocriticismo (o neokantismo). Lange, la cui opera capitale è Geschichte des 
Materialismus (Storia del materialismo), afferma che la morale feuerbachiana deve essere definita col pronome 
sostantivato della seconda persona: il tuismo. Viene meno quindi, secondo Lange, la possibilità di un 
ravvicinamento tra la morale di Feuerbach e quella di Stirner.  
6
 M. Stirner, L‟Unico e la sua proprietà, a cura di R. Calasso, Adelphi, Milano 1989, p. 320. L‟opera nel corso 
della trattazione sarà citata facendo ricorso alla seguente sigla U = L’Unico e la sua proprietà. 
7
 U, p. 165.
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stirneriana altro non è che la “rinuncia a qualcosa”, in quanto il singolo deve essere non 
solo libero da ciò che non vuole, ma anche avere ciò vuole. «Dovresti essere non solo un 
“uomo libero”, ma anche un “individuo proprietario”»,
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 intendendo con ciò affermare 
come  l‟individuo proprietario sia il vero detentore di una “libertà” concreta, poiché il suo 
unico interesse sono l‟autodeterminazione (Selbstbestimmung) e l‟autoappartenenza 
(Selbstangehörigkeit): «la mia propria individualità è tutto me stesso».
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Significativi, a proposito, sono alcuni fra gli Scritti minori,
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 come ad esempio  Arte 
e religione, dove si evince come la prima condizione per il raggiungimento 
dell‟individualità propria sia l‟indipendenza, senza la quale non solo non si da l‟Eigenheit, 
ma si rischia di incombere in una totale alienazione. E la prima forma di alienazione è 
quella che l‟uomo pone tra sé e sé, il che accade non appena egli tende a sdoppiarsi tra ciò 
che è e l‟altro che vorrebbe  diventare, facendosi nient‟altro che oggetto a sé stesso. 
Quando lo sdoppiamento (Entzweiung) è compiuto, l‟individuo si trova letteralmente in 
uno stato di  totale estraniamento (Fremdheit), nel quale l‟essere è fuori di sé e da sé, uno 
smarrimento che rende l‟uomo schiavo dell‟ideale che lui stesso ha creato. Quindi, il 
momento dell‟appropriazione di sé non può che avvenire tramite la Selbstbestimmung 
(l‟autodeterminazione)  tramite la quale l‟uomo si rivela a sé stesso fino a sentirsi a casa 
con sé stesso.  
L‟estraniamento, inoltre, mena anche le fondamenta della Selbstangehörigkeit 
(l‟autoappartenenza) altro concetto fondamentale, per non cadere in quel pernicioso 
vortice dell‟alienazione (Verfremdung). Non a caso, l‟autodeterminazione è uno dei passi 
decisivi per il raggiungimento dell‟autoappartenenza e, quindi, anche per il pieno sviluppo 
                                                             
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 U, p. 166. 
9
 Ivi, p. 167. 
10
 Cfr. Modica G., L’Unico e l’Altro. Sul problema dell’alterità in Max Stirner, Estratto da LA RICERCA 
FILOSOFICA, Palermo 1996, pp. 137- 8.
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di quella dimensione egoistica messa in crisi dal rapporto inappropriato che l‟uomo 
instaura con l‟altro (andere).
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 L‟egoista risulta essere allora colui che persegue 
l‟individualità propria attraverso l‟autodeterminazione e, successivamente, 
l‟autoappartenenza che sono il primo esercizio posto de facto dall‟egoista. Questa 
contrapposizione tra libertà e individualità propria è una di chiave di lettura importante 
per comprendere fino in fondo l‟essenza del discorso sulle varie forme di liberalismo.  
Secondo un concetto ereditato dal cristianesimo, la libertà è tale solo quando 
giunge a compimento come “privazione”, come “senza”, e dunque come negazione “di 
qualcosa”. Un libertà negativa che mette capo a un totale rinnegamento di sé, in quanto 
priva l‟uomo della propria individualità, della sua personalità e dei suo interessi privati. A 
tale concetto Stirner oppone l“individualità propria” (Eigenheit) in quanto l‟individuo 
deve diventare “proprietario” di sé stesso (Eigner), proprietario esclusivo di tutto ciò che è 
in suo potere. «Mio proprio lo sono in ogni momento e in qualsiasi circostanza, purché io 
sappia  restare padrone di me e non mi getti in pasto agli altri».
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 L‟interesse personale, 
dunque, rivela quell‟individualità propria che, in quanto assoluta, «non ha alcuna unità di 
misura estranea, poiché non è affatto un‟idea, come invece la libertà, la moralità, 
l‟umanità ecc.: essa è solo una descrizione dell‟individuo proprietario».
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In tal senso la diatriba dell‟egoismo nei confronti dell‟alterità può tradursi nella 
contesa tra l‟interesse e il sacro. L‟interesse personale, come l‟egoismo, non assume in 
Stirner un‟accezione negativa e dispregiativa, bensì di positiva concretezza. Piuttosto, è il 
disinteresse ad assumere dei connotati negativi, in quanto designa la sottomissione e 
                                                             
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 Da questo discorso risulta evidente come anche l‟amore sia un ostacolo per lo sviluppo dell‟io-ego, in quanto 
si contrappone alla ricerca egoistica di sé per porre come sua unica meta l‟altro. Questo esistere per l‟altro rende 
il rapporto d‟amore eterodeterminato e dipendente, perché lascia l‟uomo in balia di uno stato perenne di 
sudditanza, che Stirner definisce passione.  
12
 U, p. 168. 
13
 Ivi, p. 181.
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l‟alienazione del singolo nei confronti del sacro, ed evidenzia una chiara forma di 
bigottismo nell‟uomo.
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 Il disinteresse ha inizio quando uno scopo cessa di essere il nostro 
scopo, divenendo ciò che Stirner definisce uno “scopo fisso”,
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 quello di cui poi gli “spiriti 
bigotti” faranno una causa sacra.
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Il senso ultimo dell‟Unico è, non a caso, quello di sbarazzarsi da tutto ciò che lo 
lega ad una alterità o autorità esterna, privarsi di tutto per essere meramente libero, 
distruggere tutto ciò che è altro da sé, per essere creatore di ogni cosa e creatura di sé 
stesso: il “nulla creatore” (schöpferisches Nichts). Lo schöpferisches Nichts in quanto 
creatore crea tutto dal nulla, non in senso di vuotezza (Leerheit), bensì come pienezza di 
sé. Dunque, «se io fondo la mia causa su di me, l‟unico, essa poggia sull‟effimero, mortale 
creatore di sé che sé stesso consuma, e io posso dire: Io ho fondato la mia causa su 
nulla»,
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 ovvero su null‟altro che su me stesso, dove il Nichts (il nulla) su cui l‟unico fonda 
la propria causa è il requisito fondamentale della sua totalità. Non è allora das Nichts (il 
Nulla), ma Nichts (nulla) inteso come altro rispetto a me, come negazione dell‟altro 
essenziale per l‟affermazione di me. L‟alterità idealizzante, dunque, nell‟universo 
dell‟unico esprime la nullità creatrice, mentre la totalità viene espressa dall‟alterità 
associazionista, ovvero quel rapporto di reciprocità fra egoisti che, calando l‟unicità 
dell‟individuo nella pluralità degli unici, rende l‟unico un unico. L‟“uomo” inteso come 
ideale è realizzato non appena la concezione – cristiana – si capovolge in questa tesi: “Io, 
questo unico, sono l‟uomo”. Il problema concettuale: “Che cos‟è l‟uomo?” si è 
trasformato così nella questione personale: “Chi è l‟uomo?”, in quanto col “che cosa” si 
cercava il concetto per realizzarlo; col “chi” invece la risposta è già presente in colui che 
                                                             
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 Cfr. ivi, pp. 86 - 87. 
15
 U, p. 70. 
16
 Ivi, p. 87. Stirner, a tal proposito, definisce “fissa” un‟idea che, essendosi sganciata dall‟interesse personale, ha 
preso il sopravvento sull‟uomo, divenendo oggetto di fede e, quindi, qualcosa di “sacro”.  
17
 Ivi, p. 13.