Lavoro che mi ha portato ad analizzare la materia anche dal 
punto di vista aziendale ed imprenditoriale. 
 
Grande   importanza ha,  poi,  rivestito  l’aver assistito, 
nella mia Facoltà,  alle lezioni del Prof.  Edoardo  Ghera  che 
mi hanno permesso di aggiungere,  alla  mia  formazione 
 sindacale e lavorativa, la conoscenza giuridica e 
l’approfondimento tecnico-scientifico della materia. Studiai, in 
questa occasione, il testo di Gino Giugni, Diritto Sindacale, che 
risulta molto citato e seguìto nel presente lavoro, grazie al quale 
ebbi l’opportunità di apprezzare il pensiero e la semplicità di 
analisi di uno dei padri giuridici  dello Statuto dei Lavoratori 
italiano, già Presidente della Commissione Lavoro al Senato, 
Ministro del Lavoro, nonché Presidente della Commissione di 
garanzia sul diritto di sciopero prevista dalla Legge 146/90, del 
cui progetto è stato primo firmatario. 
 
La borsa di studio Erasmus, che ho avuto l’onore e  la 
fortuna  di  ottenere, ha fatto il resto. I sei mesi  passati nella 
Facoltà  di Giurisprudenza dell’Università Complutense di  
 2
Madrid, infatti, mi hanno dato la possibilità  di approfondire 
quello che sarebbe stato il tema principale  che avrei scelto per 
la  mia tesi: il diritto di sciopero. Ho potuto scoprire, in questo 
frangente, che il diritto  spagnolo, sebbene risulti molto  simile 
a quello italiano per ragioni storiche e culturali, presenta 
differenze a volte notevoli. 
 
Il presente studio, quindi, è uno sforzo teso a riassumere 
anche le nozioni apprese durante i corsi di Derecho Político  II 
-con il Prof. Manuel Fraile Clivilles - e di Derecho  del 
 Trabajo - con il Prof. Alfredo Montoya Melgar - due 
interessantissime materie del  corso di laurea in giurisprudenza. 
 
Sono molto  grato al Prof. Montoya Melgar (già Ispettore 
del lavoro ed Avvocato della Confindustria spagnola) che  mi 
ha  permesso di realizzare un primo approccio con il tema della 
presente tesi per superare l’esame del suo insegnamento. 
 
Voglio,  in secondo  luogo, ringraziare per  tutto il loro 
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aiuto  gli ex  colleghi del sindacato spagnolo Julián  Palomo, 
già Segretario  Organizzativo della U.G.T. di Madrid e Julián 
Egea, già Direttore  della Biblioteca della scuola “J. Besteiro”, 
per avermi permesso di accedere  alle fonti sindacali. 
 
Ringrazio, inoltre, particolarmente la Dottoressa Diana 
Krenn Espinosa (già Lettrice della Cattedra   di Lingua 
Spagnola  della mia Facoltà) per la sua pazienza, la 
sua dedizione ed i suoi consigli durante i miei primi passi 
linguistici per le traduzioni spagnole delle bozze  di  questo 
lavoro. 
 
Un ultimo e doveroso grazie va al Prof. Edoardo Rojo 
Torrecilla, dell’Università di Girona, che mi ha fornito validi 
suggerimenti nella ricerca delle opere più aggiornate in questa 
materia. A mia moglie Barbara va il mio vivo apprezzamento 
per la sua vicinanza  morale in questi ultimi mesi di lavoro. 
 
La mia, come daltronde qualsiasi altra tesi, pone un termine 
 4
e,  al tempo stesso, spinge verso un approfondimento: il termine 
del mio corso di studi (che però non penso siano gli ultimi) e 
l’approfondimento nel mondo della professione. Alla stregua di 
ogni altro tipo di analisi,  essa non ha rappresentato un facile 
cammino da affrontare, ma qualcosa per cui è valsa la pena 
intraprendere e portare sino in fondo un simile sforzo. 
 
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La scelta del titolo: “Sciopero e Costituzione in  Spagna”    
non è stata semplice. Seguendo le interessanti lezioni del 
Chiarissimo Prof. Fulco Lanchester (a cui estendo   il   mio  
sentito   ringraziamento per la disponibilità dimostratami) sia  
di Diritto Pubblico Anglo-americano, sia di Diritto 
Costituzionale Italiano e Comparato,  all’idea iniziale di 
affrontare una tesi sulle Trade Unions  inglesi, si è arrivati – poi 
- al suddetto titolo. Esiste un’altra ragione che nasce   da una 
domanda, a mio avviso pertinente, che mi è stata rivolta:   
“Proprio nel momento in cui, in molti paesi, posizione e ruolo 
del Sindacato vengono rivisitati nel mondo globalizzato, intendi 
affrontare tale argomento?”. 
 
Questa domanda, però, trova facile risposta! Sicuramente 
adesso bisogna avere coraggio e capacità di analizzare la storia 
dello sciopero e del Sindacato, nel momento della crisi, proprio 
quando sembra assurdo valutarne le vittorie, i periodi grigi ed – 
ovviamente - le sconfitte. 
 
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Quale titolo più appropriato allora se non quello in parola?! 
E ciò per due ordini di idee. In primo luogo, perché il diritto  di 
sciopero è la massima espressione della libertà sindacale e 
l’arma più importante che le associazioni dei lavoratori  hanno   
a loro  disposizione  per  attuare le  rivendicazioni  che  portano 
avanti. In seconda istanza, perché la Spagna, in massima parte a 
causa del ritardo con cui è arrivata – come l’Italia - alla 
Rivoluzione industriale, ha visto uno sviluppo particolare dello 
sciopero e delle Organizzazioni sindacali. 
 
Quale stimolo migliore, quindi, doveva pungolarmi se non 
quello  di studiare sciopero e Sindacato sin dalle sue origini, in 
un paese latino e mediterraneo come il nostro, per capirne le 
luci, le ombre e le prospettive future in un’Europa che si va 
sempre più unificando? 
 
Non posso nascondere una certa emozione che, prima 
dell'interesse, mi ha colpito affrontando questo mio lavoro 
dedicato ad una parte  del “ Diritto”  nata, soprattutto perchè da 
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esse  richiesta,  grazie alle lotte operaie e che oggi  permette, 
anch’essa, di definire  << democratico >>  uno Stato. 
 
Il mio lavoro di certo risulterà solo un modestissimo  
contributo ad un argomento così vasto e già trattato da eminenti 
studiosi, ma ad esso ho sacrificato tutto me stesso ed, alla fine, 
ne sono fiero. 
 
Una considerazione mi preme, però, fare. E’ passato 
parecchio tempo da quando il Sindacato ed il Proletariato 
pensavano alla distruzione ed all’appropriazione dei  mezzi di  
produzione; da  quando  c’era la  netta  contrapposizione  fra   
capitale e lavoro; da quando l’allocuzione Organizzazione 
sindacale significava  “rosso” e “marxista”. Oggi si parla 
sempre più di  relazioni   industriali, di dialogo   fra   le   parti    
sociali, di cogestione, di autonomia dai Partiti politici. 
 
Tutto  ciò deve allora farci riflettere, a mio  avviso, perchè  
le idee, gli  strumenti, gli slogans, l’organizzazione (e  direi  
anche gli  iscritti) del sindacato sono cambiati con il  passare  
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degli anni, con il mutare del diritto, dei sistemi, delle forme di 
stato e di  governo, ma  i lavoratori hanno sempre cercato di  
unirsi  tra loro e tentano ancora di farlo in un mondo in  cui 
flessibilità, precarietà e terziarizzazione la fanno da padrone nel 
nuovo mercato del lavoro europeo e mondiale.  
 
Quest’unione, questa  voglia di solidarietà hanno dato  la  
spinta più   forte   al   mio  studio  che, oltre   alla   mia   
crescita culturale, sono  sicuro sia servita anche a qualche  altra  
cosa. A ricordare gli anonimi protagonisti della vita di tutti  i 
giorni: i lavoratori! 
 
Roma lì 22/11/2005 
                                                                                                         L’autore 
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INTRODUZIONE 
 
 
 
Il principio  lavorista positivizzato negli odierni testi 
costituzionali italiano e spagnolo ha finalmente definito una 
lunga parentesi di insensibilità legislativa a livello sociale per 
rispondere alle istanze che, tra la fine del XIX e l’inizio del XX 
secolo, il proletariato portava avanti. Detto principio, seppur 
ispirato dalle idee socialiste e comuniste, trovava albergo in 
quasi tutte le forze politiche del tempo ed ha costituito, per 
l’individuo, un riconoscimento fondamentale del diritto al 
lavoro, in quanto si realizzava  così nella sua personalità, sia 
singolarmente che come membro di una collettività crescendo 
nel progresso materiale e spirituale. 
 
 
Assodata la sua natura di diritto soggettivo ed inviolabile, il  
 
diritto al lavoro resta un  valore   centrale dei due   
ordinamenti 
 
giuridici,  oggetto  di  particolari  e  specifiche disposizioni 
delle  
 
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due Leggi Fondamentali che sono  una forma inderogabile di 
tutela e parametro primo della legittimità della legislazione 
ordinaria. 
 
  Il lavoratore, inoltre, non gode solo di dette forme di 
tutela dei propri diritti, ma è legittimato anche all’azione di una 
peculiare autotutela nel diritto di sciopero, previsto negli 
articoli 40 della Costituzione italiana e 28 di quella spagnola. 
 
  Pensato rispettivamente nel 1948 e nel 1978, non 
come limite al diritto al lavoro, ma come strumento di 
salvaguardia dello stesso, lo sciopero rafforza il principio 
lavorista in quanto esercizio di un diritto teleologicamente teso 
alla difesa delle condizioni già acquisite ed alla miglioria di 
quelle future. 
 
  Seguendo la linea dottrinale kelseniana, si può 
sostenere che il diritto di sciopero non è un mero fenomeno 
sociale, ma giuridico in quanto, oltre alle previsioni 
costituzionali, esistono norme che lo regolamentano e lo 
limitano solo a fronte di diritti di pari dignità. Questa è stata la 
ratio che ha ispirato, nelle costituzioni in parola, la conseguente 
legislazione sul diritto di sciopero: obbligo di preavviso, 
comunicazione preventiva della durata, procedure di 
conciliazione e raffreddamento etc.. 
 
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  Oggi, tuttavia, da istituto giuridico regolamentato 
pare che lo sciopero stia divenendo un vero e proprio fenomeno 
sociale, con atteggiamenti tesi all’inosservanza delle norme 
poste a presidio del giusto esercizio di tale diritto. In 
un’economia sempre più portata alla globalizzazione, 
l’astensione collettiva dal lavoro coinvolge inevitabilmente altri 
settori ad esso connesso con il conseguente risultato di bloccare 
un’intera realtà socio-economica mettendone a repentaglio i 
relativi traffici. Possiamo forse pensare che si è di lunga ridotta 
la capacità di concertazione del sindacato o sono i nuovi 
corporativismi professionali a spingere verso il cosiddetto 
sciopero “ selvaggio ” che non è esercizio di un diritto, ma un 
arbitrio individuale che disconosce i limiti del diritto stesso ed 
ogni autorità statale. Spesso, però, la stessa autorità rende la 
pariglia ai lavoratori , restringendo - a livello normativo e 
giurisprudenziale – l’autotutela collettiva. Questi tipi di 
atteggiamenti rimangono a volte  al limite dell’illegittimità 
disconoscendo soprattutto i valori di cui si permeano le due 
Costituzioni.  
   
  Un’estremo disinteresse verso le azioni di 
raffreddamento del conflitto, una certa insensibilità governativa 
nei confronti delle istanze dei lavoratori, una forte incertezza 
del posto di lavoro, sono le premesse sociali che trasformano lo 
sciopero, da tradizionale strumento che tutela il diritto al lavoro,  
a mezzo di ricatto sia verso l’autorità sia nei confronti del 
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sindacato che oggi rischia di essere svuotato di quello che è la 
sua naturale finalità: la rappresentanza delle istanze sociali. 
 
  Lo scopo del presente studio, pertanto, è quello di 
analizzare, fotografare e raccontare a livello storico-
costituzionale il diritto di sciopero negli ordinamenti di due tra i 
più importanti paesi dell’Unione Europea. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“ Pero  hoy  no  bastan ni la  tenacidad,  ni  el heroísmo,  ni  la más 
abnegada disposición de  ánimo  para  hacer frente a los problemas que ante 
el proletariado se  plantean  con apremios para su solución.” 
 
“ Hoy,  sin saber, sin competencia, sin  poderosos recursos 
 intelectuales y técnicos, la organización obrera  mejor orientada  estará 
 condenada,  ya que no a la desaparición,  al estancamiento en su 
desarrollo.”                                                                 
                                                  Julián Besteiro Fernández (1/XI/1923) 
 
       
 
 
Alla memoria dei Professori Manuel Alonso Olea, Marco Biagi e 
Massimo D’Antona che hanno avuto il coraggio di consacrare e dedicare la 
loro esistenza allo studio ed alla modernizzazione del Diritto del Lavoro. 
 
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