4 
Per Bandura esiste la possibilità di sviluppare delle competenze anche in un ruolo 
occupazionale, come quello di un negoziatore, attraverso un modello di gestione 
che dipende dalle esperienze personali e dall’osservazione delle altrui. 
L’agenzia di lavoro, cui si fa riferimento nella tesi, è la In Job di Verona. Si tratta 
di una società che conta diversi ruoli operativi e ci si soffermerà ad analizzare 
soprattutto quello di responsabile commerciale, il quale ha una funzione 
strategicamente molto importante nelle economie aziendali.  Tale ruolo è 
precursore d’attività per il proprio gruppo d’appartenenza, grazie allo sviluppo di 
relazioni costruttive con le aziende sensibili alla ricerca di personale e alla loro 
formazione. 
Nel primo capitolo saranno esposte la teoria sul senso dell’autoefficacia di 
Bandura, assieme ad altre ritenute utili per l’interpretazione delle dinamiche psico-
sociali presenti nelle trattative negoziali; il paragrafo conclusivo consentirà di 
applicare il criterio di valutazione che emerge da tali affermazioni nell’ottica delle 
percezioni di efficacia, propedeutiche alle trattative di un’impresa di servizi. 
Nel secondo capitolo si evidenzieranno le pratiche operative della negoziazione, 
attraverso le prospettive pragmatiche dell’esperienza americana e le indicazioni 
comportamentali di stampo europeo. 
Il terzo capitolo chiuderà la tesi con una breve introduzione al mondo delle agenzie 
del lavoro; le attività operative che caratterizzano la In Job, soprattutto quelle di un 
responsabile commerciale, daranno modo di integrare quanto si è esposto in 
precedenza. 
 
 
 
 
 
 
 5 
1. IL SENSO D’AUTOEFFICACIA 
 
 
 1.1.  LA SELF-EFFICACY NEGLI SCRITTI DI A. BANDURA: 
TEORIA ED ESPERIENZA 
 
Albert Bandura, importante psicologo contemporaneo di approccio socio-
cognitivo, definisce l’autoefficacia come un costrutto psicologico con conseguenze 
motivazionali e oggettivamente misurabili. Lo studioso afferma che “il senso di 
autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare 
ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati” 
(Bandura, 2000, p. 23).  
In altri termini, esiste un sistema interdipendente con cui l’individuo ha la 
possibilità di attivare dei comportamenti nella costruzione di progetti funzionali a 
sé e alla relazione sociale, attraverso delle componenti personali che sono 
determinate dalla propria forma cognitiva, affettiva e biologica (Bandura, 1986). 
Infatti, nella teoria dello studioso, il senso di autoefficacia orienta le scelte e la 
tenacia del soggetto nell’affrontare e superare gli ostacoli durante le attività 
quotidiane, in rapporto a un processo di rielaborazione continuo che si determina 
nella valutazione di successi o di fallimenti emersi dalla esperienza personale, 
migliorando, così, la qualità dei meccanismi di autoregolazione (Bandura, 1992). 
E’ da tempo che l’essere umano cerca di beneficiare degli strumenti necessari per 
avere il controllo sull’accadimento degli eventi: quando esisteva una conoscenza 
limitata del mondo, l’approccio decisionale dipendeva da riti e superstizioni 
necessari per generare una conseguenza. C’è stato, tuttavia, un cambiamento 
radicale nelle convinzioni dell’individuo, che è diventato più concreto e 
consapevole a livello cognitivo; le previsioni e le cause degli eventi sono 
analizzate con indicatori scelti, anche inconsciamente, attraverso la propria 
 6 
conoscenza e la propria capacità di agire. Il dubbio e l’inattendibilità tipici delle 
regole soprannaturali sono ancora oggi una pratica nell’orientare gli equilibri 
emotivi che la ragione e la logica non possono dare, consentendo a cartomanti e 
imbonitori di avere una loro clientela. 
Bandura introduce il termine agentività (agency) per identificare l’azione compiuta 
con la volontà di contribuire a ciò che accade, pur non potendo determinarne 
completamente le conseguenze (Bandura, 1996). La suddetta riflessione, tipica 
delle teorie sociocognitive da cui lo studioso trae spunto, indica che la causazione 
di una serie di eventi dipende da una relazione triadica interdipendente (Bandura, 
1986), determinata da:  
- Comportamento;  
- Fattori personali interni (cognitivi, affettivi e biologici);  
- L’ambiente esterno. 
 
L’individuo può essere consapevole di esercitare una determinata influenza per 
procurare degli effetti. Bandura descrive il determinismo come un’interazione 
bidirezionale che passa attraverso gli elementi della relazione triadica. La sua 
visione contrasta con le teorie di Skinner (1971) e di altri ricercatori che, nei 
diversi anni di studio e di analisi, hanno esposto le proprie convinzioni su relazioni 
di tipo unidirezionale (“La persona non agisce sul mondo, è il mondo che agisce su 
di lei…”). 
Il determinismo di Bandura indica, invece, gli effetti che si riescono a ottenere 
attraverso azioni dipendenti anche dall’individuo, il quale, sviluppando la propria 
agentività, genera delle scelte comportamentali adeguate a perseguire un risultato 
consono alle proprie aspettative e ne evita altre che possano ostacolarlo. 
L’esercizio continuo, predeterminato da un confronto con l’ambiente sociale, 
comporta una regolazione che permette agli individui di diventare sempre più 
 7 
competenti nell’esercizio delle scelte quotidiane usate per provocare i risultati 
preventivati (Bandura, 2000).  
Un esempio, tratto dall’esperienza presso la In Job, di ciò che accade attraverso 
l’autoefficacia è il seguente: i giovani responsabili commerciali sono esortati dalla 
direzione a conoscere la zona di competenza. Per prendere contatto con i clienti 
potenziali o gli attivi, in altre parole quelli con cui già esiste un rapporto di lavoro, 
essi si procurano delle visite quotidiane durante cui consegnare una brochure e 
presentare i servizi erogati dalla società. Quando, però, non c’è un appuntamento 
prefissato, emerge in loro uno stato di imbarazzo nel presentarsi presso le imprese; 
perciò, i giovani inesperti cedono all’ansia, soprattutto nei primi giorni, giacché 
non conoscono l’esito di una migliore pratica operativa. La conseguenza di un tale 
approccio comporta rassegnazione (Seligman, 1975) ed evitamento.  
Matura un cambiamento motivazionale e operativo, così come si evince dalle 
narrazioni condivise nei vari briefing direzionali, solo dopo essere riusciti ad 
ottenere degli appuntamenti per esperienza diretta o attraverso la vicaria svolta con 
un collega più esperto. In entrambi i casi, gli esiti sono quantificabili attraverso un 
appuntamento o il rilascio di dati utili per contattare successivamente il 
responsabile della società. 
L’esempio testé illustrato invita ad applicare la teoria di Bandura nel modo 
seguente:  
- Comportamento Æ consegnare la brochure e presentare i servizi aziendali 
- Ambiente esterno Æ ricezione e conferma/rifiuto  
- Fattori personali interni Æ progresso cognitivo su come e dove consegnare la 
brochure, una maggiore empatia con ambienti eterogenei, capacità nel gestire le 
proprie energie psicofisiche. 
Il percorso di analisi dello studioso evidenzia come il costrutto di self-efficacy 
abbia dei contenuti teorici che completano o superano le ricerche scientifiche 
 8 
condotte nel tempo. Si riportano, sotto, alcune constatazioni presenti nella 
monografia di Bandura, Autoefficacia: Teoria e applicazioni (2000).  
Nell’analizzare le teorie del sé, emergono aspetti che possono essere correlati con 
alcune variabili psicologiche, ma nulla dicono su come predire le variazioni del 
comportamento che si osservano in diverse attività e condizioni. Sapere che il 
concetto di sé derivi da ciò che ci dà l’esperienza diretta, e dalle valutazioni di 
individui ritenuti importanti (Rogers, 1959; Wylie, 1974), consente di avere 
un’idea sulla visione della vita e di sé, ma poco o niente rileva delle convinzioni di 
efficacia relative all’esercizio di attività comportamentali, associabili a contesti 
ambientali spesso differenti. 
Bandura (2000) chiarisce la diversità tra autostima e autoefficacia: il primo 
concetto equivale a un giudizio del proprio valore, interpretato attraverso l’attività 
quotidiana, e non della capacità, quale può essere il senso di autoefficacia. Il 
dualismo può essere distinto in piacere/capacità o dispiacere/incapacità: 
nell’esempio precedente può convivere una buona efficacia lavorativa, come 
consegnare le brochure o presentare la società, ma non perciò si può provare 
piacere nel farlo; così come è vero il contrario, cioè si può essere estremamente 
contenti di condurre un’attività door to door,  ma con dei risultati scarsi. 
La teoria sulla motivazione alla competenza di White (1959) prevede che si 
accumulino conoscenze e abilità adatte alla gestione dell’ambiente, spinti da un 
comportamento esplorativo. Ma, i giovani responsabili commerciali della In Job 
non pare abbiano le stesse pulsioni che li invitano a procedere, in una situazione 
ambientale eterogenea, apparentemente piena di stimoli; non palesano, insomma, 
un comportamento esplorativo. Il limite, per Bandura, è che non sono disponibili 
spiegazioni esaustive di come agiscano i successi e gli insuccessi sulla motivazione 
alla competenza. 
Inoltre, lo studioso ricorda che una delle principali aspettative dell’individuo è 
l’esercizio sul controllo personale, confutando le varie teorie che non chiariscono 
 9 
se ciò dipenda da una conseguenza derivante da pulsioni innate o una propensione 
acquisita (Deci e Ryan, 1985; White, 1959; Adler, 1956; DeCharms, 1978; Harter, 
1981; Skinner, 1995). Le teorie socio-cognitive, da cui lo studioso trae spesso 
riferimento, prevedono il comportamento esplorativo come una ricerca soddisfatta 
dai vantaggi che ciò comporta. La motivazione è basata sugli incentivi e ciò 
giustifica chi cerca di fuggire dall’autocontrollo, sfatando le teorie sulla pulsione 
innata. 
Un altro aspetto che ha delle implicazioni nell’autoefficacia, è il controllo delegato 
ad altri, pratica spesso presente nelle negoziazioni; si individuano dei mediatori, 
che si stima abbiano gli strumenti per ottenere dei risultati adeguati alle proprie 
aspettative, e a loro si affidano conoscenze, elementi stressanti e quant’altro sia 
ritenuto indispensabile a ricercare il benessere e la sicurezza personale. E’ un 
processo che riduce l’opportunità di acquisire conoscenze utili ad aumentare 
l’efficacia, come si è più volte segnalato, ma ha un effetto in termini di beneficio 
ottenuto, quale: sfuggire gli elementi stressogeni e i costi psico-fisici (Bandura, 
2000). La differenza di una delega corretta, secondo gli studi di Miller e colleghi 
(1980), sta nel valutare quando sia necessario passare le consegne operative a un 
altro individuo, da quando, invece, si abbiano i mezzi e la responsabilità per 
procedere da soli.  
Sulla scia di questa analisi, emerge un altro aspetto che inibisce l’efficacia 
dell’individuo; si tratta dell’abbandono involontario del controllo personale. 
Langer (1979) espone varie condizioni in cui ciò potrebbe avvenire e su tutte 
emerge l’ombra dell’incompetenza illusoria che provoca una riduzione delle 
proprie aspettative di efficacia. Se si rafforzano con mezzi illusori le convinzioni di 
efficacia, la prestazione competitiva e la resilienza migliorano, così come è vero il 
contrario: si peggiora se si è stati stimolati in senso opposto (Weinberg, Gould, 
Jackson, 1979). 
 10 
Bandura confronta le convinzioni di efficacia con le teorie delle aspettative di 
risultato. Il quadro comportamentale ed affettivo che emerge dalla loro 
integrazione è riassunto nella figura 1.1 (Bandura, 1996). 
 
Aspettative di risultato
 
+ - 
+
Impegno produttivo
Aspirazioni 
Soddisfazione 
personale 
Proteste 
Risentimento 
Attivismo sociale 
Modificazione 
dell’ambiente
Co
nvi
nzi
oni 
di 
effi
- 
Autosvalutazione 
Depressione 
Rassegnazione  
Apatia 
Fig. 1.1 I segni + e – indicano le qualità positive e negative delle convinzioni di efficacia e di 
risultato. L’insieme orienta gli effetti che hanno sul comportamento e sugli stati affettivi. 
 
Si osservi come cambia l’approccio comportamentale quando entrambe le 
valutazioni di prestazione dipendono da una convinzione di efficacia negativa: c’è 
un effetto motivazionale che limita l’impegno, dimostrato da vari studi (Bandura, 
1973; Short e Wolfang, 1972; Bloom, Yates e Brosvic, 1984; Davis e Yates, 1982). 
Le aspettative di risultato hanno effetti fisici, creano reazioni sociali e 
autovalutative sul comportamento (Bandura, 1996), sia in senso negativo sia 
positivo. 
Due considerazioni sono opportune:  
- Il risultato è la conseguenza di una prestazione; 
- Il risultato è misurabile da uno o più indicatori e deriva da una prestazione.  
Bandura evidenzia che il comportamento è influenzato e modificato dal risultato. 
Quest’ultimo può essere diverso secondo l’individuo: fisico, sociale o 
autovalutativo. 
 11 
Un ultimo aspetto interessante, ai fini della ricerca, è la percezione di controllo. 
Esso consiste in aspettative di risultato; a loro volta  le aspettative contribuiscono a 
migliorare la predizione della prestazione (fig. 1.2). 
 
percezione di controllo 
 pi  
convinzioni di efficacia 
 pi  
aspettative di risultato 
 pi  
miglioramento predittivo della 
prestazione 
Figura 1.2 Contributi sequenziali che prevedono l’influenza della percezione di controllo 
personale verso il modellamento delle aspettative di risultato attraverso le convinzioni di 
efficacia. Le aspettative di risultato contribuiscono a migliorare la predizione di una prestazione. 
 
Si prenda ancora l’esempio di In Job: un responsabile commerciale si impegna a 
intraprendere una  determinata azione; raccoglie un numero definito di 
appuntamenti per presentare la propria azienda, medita su quando valga la pena 
farlo secondo le proprie convinzioni di efficacia e le aspettative di risultato. Ciò 
consente all’individuo di attivare un comportamento “agentivo” perché egli tiene 
in considerazione gli indicatori che definiscono il valore della prestazione e ciò lo 
aiuta a prevedere un accadimento costruttivo ai fini di un risultato. Quest’ultimo 
dipende tuttavia, dalle aspettative personali (riconoscimento sociale, fisico o 
autovalutativo) e non dagli indicatori premessi. Se così non fosse si potrebbe 
affermare che gli appuntamenti siano la conseguenza di tre ore di telefonate, che a 
loro volta dipendono dalla misura della propria pazienza utilizzata, pazienza che è 
migliorata attraverso il tempo dedicato allo yoga e così via. Detto in altro modo, 
 12 
l’individuo non riesce ad avere delle condizioni definite, poiché tutte possono 
essere ininterrottamente successive ad altre cause; è la propria percezione di 
efficacia che ne determina i presupposti costruttivi e circoscritti. 
Un evento controllato consta di quattro elementi: «un agente (1) che utilizza certi 
mezzi (2) per produrre prestazioni (3) che danno luogo a vari risultati (4)» 
(Bandura, 2000, p. 53).  
La teoria socio-cognitiva dà una versione completa circa le condizioni di controllo, 
confutando il limite imposto da chi vede nei soli mezzi-esiti l’elemento chiave; 
l’agentività offre un quadro di riferimento più ampio, attraverso cui l’individuo 
può trarre i contributi causali e le effettive condizioni di controllo, con i limiti e le 
consapevolezze segnalati in precedenza. 
Il controllo può essere primario e secondario (Rothbaum, Weisz e Snyder, 1982): 
nel primo caso, lo sforzo è diretto a modificare le realtà esistenti; nel secondo, ci si 
adatta alla realtà esistente e alle sofferenze che essa provoca. L’interazione 
dinamica di tale visione dicotomica consente all’individuo di sviluppare le 
convinzioni e le abilità necessarie per il buon esito della propria opera e per la 
gestione degli elementi negativi generati dalle differenti forze oppositive.  
Le condizioni per acquisire le convinzioni sulle proprie capacità non sono 
ostacolate da culture individualiste o collettiviste (Bandura, 2000), per quanto ci 
possano essere valori e pratiche diverse. Il contributo è sempre determinato da un 
individuo che vive in maniera diversa i modi con cui si possono sviluppare le 
condizioni di efficacia, gli scopi cui esse sono indirizzate e come poterle esercitare 
in un particolare ambiente di appartenenza. Egli mira al benessere sociale, alla 
serenità fisica e mentale e da quanto testé affermato, si evince che il focus su cui si 
fonda la produzione di strategie efficaci per ottenere un risultato effettivo è su se 
stessi, su quanto le proprie convinzioni possano essere influenti.  
Nel secondo capitolo saranno esposti in maniera esaustiva gli strumenti negoziali 
in linea con le teorie appena descritte, considerando quanto siano imprescindibili e 
 13 
determinanti la conoscenza e la comprensione specifica in termini di ruolo, di 
ambiente e di comportamenti.  
A completare il quadro teorico avanzato da Bandura, si presentano sotto  i quattro 
indicatori che consentono di costruire le premesse all’autoefficacia: esperienza di 
gestione efficace, esperienza vicaria, persuasione, stati emotivi e fisiologici. 
 
a) Esperienza di gestione efficace. 
Bandura considera l’esperienza di gestione efficace come “l’acquisizione di 
strumenti cognitivi, comportamentali e di autoregolazione idonei a progettare ed 
eseguire la sequenza di azioni appropriata per la gestione di circostanze di vita 
continuamente mutevoli” (Bandura, 1996, pag. 16). 
Pertanto, l’appuntamento professionale cha ha avuto un esito positivo è un 
indicatore solido e ben definito, da cui si rileva un senso di fiducia nella propria 
efficacia: la somma di più successi è in sé una banca di informazioni tale da 
maturare nell’operatore una migliore determinazione per affrontare le situazioni 
professionali nuove e variabili.  
L’insuccesso, invece, tende a un contenuto negativo del senso d’autoefficacia, 
soprattutto per chi è giovane d’esperienza o ha sempre avuto facili risultati. 
Quando si verificasse, invece, di ricevere la delusione per il fallimento di 
un’azione, Bandura consiglia di compiere una ricerca degli indicatori che diano la 
possibilità di conseguire un risultato soddisfacente. 
 
b) Esperienza vicaria. 
L’autore definisce l’esperienza vicaria in qualità di “osservazione di modelli” 
(Bandura, 1996, p. 16). Partecipare a degli incontri negoziali con alcuni 
collaboratori esperti che sappiano portare a termine una trattativa che contenga 
elementi positivi e rilevabili, consente di aggiungere ulteriori indicazioni 
cognitivamente determinanti nel presagire le convinzioni di autoefficacia.  
 14 
Se un proprio collaboratore manifestasse un comportamento professionale 
esemplare, di responsabilità e autorità efficaci, gradevole nelle relazioni e in tutto 
questo si riflettesse una stima personale, potrebbe diventare un modello da seguire 
e da personalizzare attraverso l’esperienza ed il carattere che gli appartengono.  
E’ funzionale: osservare azioni facili da memorizzare, individuare le strategie 
utilizzate, nonché acquisire il linguaggio verbale e  corporeo opportuno, associato 
a comportamenti pratici. Ciononostante, emerge una debole relazione percettiva, 
quando alcuni esempi, scelti o imposti che siano, abbiano dei canoni troppo lontani 
dal proprio stile di vita. 
 
c) Persuasione. 
Bandura condivide l’idea che la persuasione sia il ragionamento finalizzato ad 
ottenere approvazione e fiducia attraverso un’opera metodica e personale di 
convinzione. Ciò accade quando l’enunciatore coglie nell’enunciatario, gli 
elementi di successo, lo rassicura e ne evidenzia gli aspetti pratici che lo hanno 
reso capace mediante verifica.  
Le abilità riconosciute devono essere veritiere e manifeste e gli obiettivi 
raggiungibili, altrimenti si rischia un effetto di indebolimento che possono avere 
una reazione opposta, diminuendo la convinzione di efficacia. 
Questo aspetto ha un importanza strategica per molti studiosi della negoziazione e 
sarà affrontata più dettagliatamente attraverso le osservazioni di Cialdini (1989). 
 
d) Stati emotivi e fisiologici. 
Bandura pone un accento particolare sull’importanza degli stati emotivi e 
fisiologici, che contraddistinguono il referente nelle strategie dell’autoefficacia. 
Nell’esempio iniziale, non si è a conoscenza se il responsabile commerciale stia 
vivendo uno stato d’animo consono alla situazione lavorativa: potrebbe avere 
problemi personali o non aver riposato la notte e, di conseguenza, palesare un 
 15 
atteggiamento pessimo nell’approccio relazionale e non esser fisicamente nelle 
condizioni di gestire gli impegni preventivati.  
L’individuo, in quei casi, vive la sensazione di sconforto emotivo attraverso la 
debilitazione fisica e l’umore negativo, depotenziando o annullando l’esercizio 
della propria efficacia.  
Tuttavia si possono controllare certi precursori comportamentali attraverso il buon 
senso (preparare un incontro negoziale con alle spalle una serata tranquilla, o 
quantomeno un riposo notturno corretto, per esempio). 
 
 
Il senso di autoefficacia attiva quattro processi funzionali: quello cognitivo, quello 
motivazionale, l’affettivo e la scelta. 
L’individuo tende ad integrare questi processi nell’esercizio quotidiano. 
 
a) Il processo cognitivo. 
Il percorso evidenzia diversi comportamenti stimolati dal senso di autoefficacia: la 
scelta degli obiettivi, la consapevolezza dei risultati attraverso un’immagine 
preventiva, la ricerca di strategie adatte al conseguimento di esiti positivi.  
Quanto sono forti le convinzioni di ambire a un certo risultato, tanto gli obiettivi 
tendono ad essere elevati ed i risultati ravvisabili nella psiche dell’individuo. Il 
percorso negoziale porta necessariamente a situazioni di confronto e, spesso, di 
conflitto, talvolta nuove e difficili: solo un interlocutore esperto, preparato e 
stimolato dal proprio senso di efficacia, riesce a superare gli ostacoli attraverso la 
ricerca di comportamenti e decisioni strategicamente corrette.  
Saper essere efficaci è strumento di motivazione.  
 
 
 
 16 
b) Il processo motivazionale. 
Il processo cognitivo dà origine a quello motivazionale. Infatti, la previsione delle 
opportunità, l’attribuzione a sé di capacità e obiettivi misurabili soggettivamente, 
le forze fisiche e mentali sono elementi che stimolano la propria motivazione.  
Si tratta di una conoscenza attendibile secondo tre variabili teoriche: l’attribuzione 
causale, le aspettative del risultato e gli obiettivi rappresentati cognitivamente 
(Bandura, 1996).  
La causa può essere verificata quando un individuo, convinto delle propria 
capacità, valuta il risultato di una cattiva negoziazione attraverso indicazioni, quali: 
scarsa preparazione, impegno insufficiente o ambiente avverso; al contrario, il 
fallimento per chi si sente inefficace sembra, invece, dipendere da una incapacità 
propria e assoluta nel gestire una situazione.  
Le conseguenze di tale processo influenzano il proprio stato emotivo e 
determinano il proprio senso di efficacia.  
Quando un individuo è preparato a gestire una relazione di scambio, dichiarandosi 
capace di arrivare a ottenere i risultati auspicati attraverso l’attivazione di una serie 
di conoscenze e comportamenti più consoni, è davanti a un approccio teorico 
basato sulle aspettative di risultato. 
Questo atteggiamento limita l’infinita serie di azioni alternative cui si potrebbe fare 
riferimento se solo non fossero ritenute lontane dalla propria capacità di gestione, 
ma motiva l’individuo attraverso il raggiungimento preventivato di obiettivi, con la 
spinta data dalla convinzione di efficacia. 
L’obiettivo funge da riferimento fra ciò che si pensa di poter fare e ciò che si fa 
effettivamente e genera un impegno e l’uso di strumenti atti a raggiungere il 
risultato.  
Così in una trattativa si tende a intensificare o a trascurare l’impegno fisico ed 
emotivo, secondo quanto ci si prefigge di raggiungere. 
 17 
Sono tre i meccanismi di autoregolazione: la soddisfazione o l’insoddisfazione 
della gestione situazionale, il senso di efficacia percepito nel perseguire gli 
obiettivi e il riorientamento degli obiettivi visti i successi ottenuti.   
 
c) Il processo affettivo. 
Questo processo incide molto nello sviluppo degli stati ansiogeni. Se ci si prepara a 
una visita negoziale importante, prevedendo un esito negativo, ipotizzando scenari 
non controllabili, di fatto, si genera l’insorgenza di un atteggiamento da perdente. 
Se ci si predispone, nella medesima occasione, di entrare in contatto con un mondo 
nuovo da esplorare e da conoscere, eliminando i pensieri minacciosi, ci si 
costruisce uno spazio di relazione plausibilmente ottimale. Si matura una serenità 
che consente di essere effettivamente preparati all’insorgere di dinamiche 
contrastanti o di difficile soluzione. Il livello di controllo è condizionato dal 
proprio senso d’efficacia, tanto da generare dei veri e propri indotti psicofisici, sia 
in senso costruttivo, sia distruttivo.  
Oltre ad affrontare con determinazione l’ambiente di riferimento, è necessario 
controllare i propri pensieri disturbanti. Nello stesso tempo, sono degne di nota le 
modalità di comportamento: succede spesso che trattative lunghe e dispendiose si 
ancorino per ragioni di cattiva disciplina, le quali, una volta risolte, rendono 
l’ambiente più sereno e gestibile per le parti in causa, ricostruendo un rapporto ed 
un ascolto che andava, poco prima, scemando.  
Suggerire una “pausa caffè” talvolta, smorza la tensione alimentata dalla mancanza 
di una corretta gestione dei tempi operativi. Oppure, quante volte è successo di 
arrivare puntuali ad un appuntamento ed essere ricevuti ben oltre l’orario stabilito, 
generando uno stato emotivo incongruo all’evento che si sta per condividere?  
La depressione fa parte di un  altro processo affettivo il cui sintomo deriva da un 
senso di efficacia negativo. Aspirazioni frustrate, relazioni sociali e incapacità di 
controllare la psiche sono i tre elementi principali che inducono all’avvilimento.