Capitolo 1 Introduzione 
1.2 L�inquinamento idrico 
  
L�inquinamento delle acque pu� avere origine da cause naturali o essere 
conseguenza dell�attivit� antropica ed una plausibile classificazione � la seguente: 
Inquinamento naturale: decadimento della qualit� delle acque dovuto a cause 
naturali come l�acqua piovana che, a contatto con il suolo porta in soluzione ed in 
sospensione le sostanze, minerali e biologiche, pi� diverse. 
Inquinamento indotto temporaneo: condizione d�inquinamento pi� grave della 
precedente, deriva dall�introduzione, per cause non naturali, di sostanze e/o energie 
estranee al corpo idrico in quantit� tali da non pregiudicare la capacit� di autodepurarsi 
dell�acqua stessa. Dicendo energia s�intende in primo luogo quella termica. 
Inquinamento indotto permanente: terzo e pi� grave stato d�inquinamento, si 
delinea quando gli inquinanti sono tali, qualitativamente e quantitativamente, da inibire 
l�autodepurazione causando degrado permanente, estetico o funzionale, al corpo idrico. 
Le principali fonti d�inquinamento idrico si individuano in: 
Scarichi di fognature civili: contengono sottoprodotti del metabolismo umano, 
inquinanti derivanti da attivit� domestiche e rifiuti convogliati dal drenaggio stradale. 
Scarichi di effluenti industriali: contengono residui delle materie prime e dei 
sottoprodotti di lavorazione con composizione variabile secondo il tipo d�industria. Le 
acque di raffreddamento, inquinate termicamente, alterano gli equilibri chimici e 
biochimici dei corpi idrici e provocano la diminuzione dell�ossigeno disciolto sia perch� 
ne diminuisce la solubilit�, sia perch� favorisce il proliferare della flora acquatica. 
Scarichi connessi all'attività agrario – zootecnica: apportano soprattutto liquami 
metabolici, di lavorazioni  lattiero � casearie, pesticidi e concimi dilavati. 
Capitolo 1 Introduzione 
Da un�analisi complessiva delle sostanze inquinanti provenienti da scarichi 
industriali risulta che molte di esse sono composti organici clorurati, particolarmente 
pericolosi perch� difficilmente biodegradabili da parte di batteri, miceti o altri agenti 
naturali. Permanendo nell�ecosistema, tali sostanze entrano nella catena alimentare di 
numerose specie animali, tra cui l�uomo, per le quali risultano tossiche accumulandosi 
nei tessuti adiposi ed innalzando il rischio d�insorgenza di patologie tumorali. 
Vista la pericolosit� delle sostanze in esame, la legge impone dei precisi vincoli 
alla loro immissione nell�ambiente. 
 
1.3 Cenni sulla normativa vigente in Italia 
 
 In materia di disposizioni sulla tutela delle acque, il 13 giugno 1999 � entrato in 
vigore il decreto legislativo 11 maggio 1999 n 152 che ha modificato il panorama 
normativo esistente in materia di inquinamento idrico. 
In via generale tale decreto ha recepito le direttive comunitarie 91/271/CEE sulle 
acque reflue urbane e 91/626/CEE sull�inquinamento da nitrati in agricoltura, ma in 
realt� ha riordinato la materia dell'inquinamento idrico alla luce di numerosi altri 
provvedimenti comunitari, definendo la disciplina generale per la tutela delle acque 
superficiali, marine e sotterranee, con lo scopo di prevenire e ridurre l�inquinamento, 
attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati, proteggere le riserve promuovendone un 
uso sostenibile, con un�attenzione particolare a quelle potabili. 
Il raggiungimento degli obiettivi proposti si realizza attraverso l�individuazione 
di obiettivi di qualit� ambientale, il rispetto dei valori limite agli scarichi, fissati dallo 
Capitolo 1 Introduzione 
Stato, nonch� la definizione di valori limite in relazione alle caratteristiche del corpo 
ricettore, l�individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio ed al riciclo 
delle risorse idriche. 
Dopo poco pi� di un anno dell�entrata in vigore, il Dlgs 152/1999 � stato 
modificato dal cosiddetto decreto �Acque bis�, il Dlgs 18 agosto 2000, n. 258. 
Il Dlgs 11 maggio 1999, n. 152 stabilisce che s�intende per scarico: �Qualsiasi 
immissione diretta tramite condotta di acque reflue liquide, semiliquide e comunque 
convogliabili nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, 
indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo 
trattamento di depurazione�. 
Il legislatore non distingue tra scarichi provenienti da insediamenti produttivi e 
civili e differenzia lo scarico in relazione al luogo di immissione: acque superficiali, 
suolo, sottosuolo, reti fognarie. Secondo il corpo ricettore in cui recapitano, gli scarichi 
dovranno rispettare limiti di emissione diversi. 
I limiti sono fissati a livello nazionale, sulla falsa riga di quelli gi� stabiliti dalla 
legge 319/1976 e dai Dlgs 132 e 133 del 1992 e, a livello regionale, nell'ambito dei 
piani di tutela e sulla base degli obiettivi di qualit�.  
In particolare, il decreto stabilisce che tutti gli scarichi devono essere autorizzati 
e devono rispettare i valori limite previsti dall�allegato 5; le Regioni potranno definire 
valori limite diversi, salvo per quanto riguarda le sostanze indicate nelle tabelle 1 
(Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane), 2 (Limiti di emissione per 
gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili), 5 (Sostanze per le quali 
non possono essere adottati da parte delle Regioni, o da parte del gestore della 
fognatura, limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, rispettivamente per lo 
Capitolo 1 Introduzione 
scarico in acque superficiali e per lo scarico in fognatura) e 3A (Limiti di emissione per 
unit� di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi) dello stesso allegato. 
L�entrata in vigore del decreto impone che i nuovi scarichi, quelli attivati dopo il 
13 giugno 1999, dovranno essere ad esso conformi, mentre quelli gi� esistenti ed 
autorizzati dovranno conformarsi, entro i termini stabiliti, ai valori limite di emissione 
indicati nelle tabelle dell'allegato 5. 
Nell�articolo 7 si disciplinano le acque superficiali destinate alla produzione di 
acqua potabile che si classificano in diverse categorie secondo le caratteristiche fisiche, 
chimiche e microbiologiche; in particolare si riportano in tabella 1.1 le concentrazioni 
massime di inquinanti che caratterizzano ciascuna categoria. 
Secondo la categoria d�appartenenza, si definiscono i trattamenti che le acque 
dolci superficiali devono subire per essere trasformate in acque potabili: 
• Categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione; 
• Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione; 
• CategoriaA3: trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione; 
Le acque appartenenti alla categoria A3 possono essere utilizzate solo in via 
eccezionale, nel caso in cui non sia possibile ricorrere ad altre fonti 
d�approvvigionamento. 
Nello stesso decreto � riportato il limite d�emissione di sostanze organiche in acque 
superficiali e di composti clorurati in fognatura, nonch� i limiti per le acque reflue 
urbane e industriali che recapitano nel suolo, riportati in tabella1.2. 
Capitolo 1 Introduzione 
 
 
 
Tabella 1.1 Valori di concentrazione limite per classe di appartenenza 
Categoria di appartenenza Concentrazione limite [ppm] 
Classe A1 0.1 
Classe A2 0.2 
Classe A3 0.5 
 
 
 
 
Tabella 1.2  Limiti di emissione i per tipologia di scarico 
Tipologia di Scarico Limiti di emissione [mg/l] 
Scarico di reflui che recapitano nel suolo 0,01 
Scarico in acque superficiali 0,1 
Scarico in fognatura 0,2 
 
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1.4 Il clorobenzene 
 
 Il clorobenzene, ClHC
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, � un composto formato da un anello aromatico in cui 
un atomo di idrogeno � sostituito da un atomo di cloro; in tabella 1.1 si riportano le sue 
caratteristiche chimico � fisiche. 
Il clorobenzene pu� essere prodotto ed immesso nell�ambiente dagli inceneritori, 
come prodotto di combustione incompleta, nonch� dalle industrie chimiche. In passato 
rientrava come intermedio nel ciclo di produzione dei pesticidi clorurati, tra i quali 
ricordiamo il dicloro-difenil-tricloroetano (DDT), e dell�anilina; oggi come solvente per 
la produzione di erbicidi, adesivi, vernici, lucidi e tinture, come reagente per la sintesi di 
nitroclorobenzene (orto e para) e fluido di servizio negli scambiatori di calore e nelle 
puliture metalliche, vista l�alta reattivit� ad elevate temperature con alluminio e zinco. 
L�esposizione al clorobenzene pu� avvenire prevalentemente per inalazione o 
contatto cutaneo, sul posto di lavoro, in vicinanza di discariche, per utilizzo di vernici e 
solventi che lo contengono, o attraverso ingestione di acque e cibi contaminati. Gli 
effetti di tale esposizione sulla salute umana sono di difficile valutazione sia perch� di 
norma il contatto avviene con una miscela di sostanze chimiche, sia per la scarsit� di 
studi sistematici condotti su volontari (per ovvi motivi�!). Tuttavia � certo che un 
ruolo fondamentale hanno concentrazione, durata e frequenza dell�esposizione alla 
sostanza. Gli studi condotti da Tarkhova (1965) e Ogata et al. (1991) provano che il 
contatto con il liquido o il vapore del clorobenzene pu� irritare la pelle, gli occhi e le 
prime vie respiratorie, l'esposizione ad alte concentrazioni pu� causare vertigini, 
insonnia ed alterazioni dell�attivit� elettrica della corteccia cerebrale.