I 
INTRODUZIONE 
 
 
Noi non ereditiamo la Terra dai nostri avi,  
ma la prendiamo in prestito dai nostri figli. 
(Proverbio degli Indiani d'America)  
 
 
La presente trattazione si occupa del delicato rapporto tra turismo e ambiente in un’area 
protetta, quella del Parco Lombardo della Valle del Ticino. Esso si estende per oltre 
novantamila ettari, tra le province di Varese, Milano e Pavia; oltre a comprendere la regione 
fluviale e i suoi elementi naturali, il Parco interessa una zona piø ampia, cui appartengono 
anche le aree urbanizzate. Queste considerazioni permettono di comprendere che, alla 
gestione delle zone naturali, si aggiunge quella degli elementi storici, architettonici ed 
agricoli presenti sul territorio. L’eterogeneità dei diversi aspetti che caratterizzano il luogo 
in esame incentiva la pratica di svariate modalità turistiche. Queste ultime, rientrando 
nell’ambito del turismo ambientale, hanno un impatto “leggero” e sostenibile sul territorio, 
requisito fondamentale per la sopravvivenza della zona tutelata. Il turismo in un parco 
consente di appagare quel desiderio di benessere che gli individui ricercano nel contatto con 
il mondo naturale, ricreando il corpo e lo spirito. Da qui discendono le numerose attività 
esercitabili in un’area protetta, come la degustazione dei prodotti locali, la pratica di sport 
ed il soggiorno in agriturismo, in luoghi in cui il tempo sembra essersi fermato e in cui si è 
condotti in una dimensione lontana da quella attuale.  
L’intreccio tra turismo e ambiente naturale soddisfa le esigenze di un segmento di 
domanda in crescita, caratterizzato dalla riscoperta della ruralità, dall’attenzione alla salute 
(in cui l’alimentazione riveste un nuovo ruolo) e dal considerare il territorio come un valore. 
Con riferimento al Parco, l’attività turistica è un supporto per lo sviluppo dell’economia 
locale ed incentiva gli aspetti sociali e culturali dell’area, valorizzando il territorio con una 
particolare attenzione alle tradizioni locali. Tutto questo si verifica poichØ la tutela del luogo 
in esame implica la salvaguardia dell’ambiente nella sua totalità (aspetti umani compresi): si 
è ben lontani da una concezione puramente conservativa della natura, anzi l’uomo deve 
partecipare attivamente alla vita del Parco stesso. L’amministrazione dell’area protetta deve, 
quindi, mirare a promuovere una comunicazione basata sui dettami dell’educazione
II 
ambientale, incentivando la formazione di una coscienza ecologica nei cittadini e nei 
visitatori della zona.  
Prima di vagliare l’offerta turistica della zona tutelata, ne sono presentate le 
principali peculiarità. Il primo capitolo tratta, quindi, della formazione del fiume Ticino e 
dell’importanza che il corso d’acqua ha rivestito nel suo intrecciarsi con le vicende umane. 
In epoche piø recenti, in seguito alla crescente industrializzazione e alla speculazione 
edilizia, l’ambiente naturale dell’area rischia di essere compromesso per sempre: per questo 
motivo, si verifica l’istituzione del Parco di cui si ripercorrono le tappe principali. A questo 
proposito, è rilevante notare come l’area protetta sia stata creata per iniziativa popolare: la 
preoccupazione che gli abitanti del Ticino provavano per il destino del fiume è stata 
l’elemento da cui è scaturita l’emanazione della legge regionale, che ha sancito la nascita 
della zona tutelata. Esaminati gli aspetti storici, si passa a considerare quelli geografici ed 
ambientali: la collocazione, la morfologia del territorio, il clima, la flora e la fauna. A questo 
punto, ci si occupa del funzionamento del Parco e della sua strutturazione: si analizzano, 
pertanto, sia l’amministrazione e la gestione dell’Ente Parco sia la sua organizzazione a 
livello territoriale, con la suddivisione dell’area in zone, poste a diversi regimi di tutela. 
Questa sezione si chiude con l’esaminare i rapporti che il Consorzio ha stabilito con altri 
soggetti nazionali ed internazionali e con le relazioni che esso mantiene con le realtà locali. 
Relativamente a quest’ultimo aspetto, il consenso della cittadinanza nei confronti dell’area 
protetta è fondamentale per il suo sviluppo; a sua volta, il Parco rappresenta uno strumento 
per incentivare la qualità della vita della popolazione locale, sotto il profilo economico, 
culturale e sociale. La formazione di questa rete collaborativa tra Parco e cittadini 
costituisce, pertanto, una proficua opportunità per tutti i soggetti coinvolti. 
Il capitolo centrale riguarda ciò che il Parco offre ai propri visitatori in termini 
turistici. Nell’area protetta vi sono tre tipi di itinerari percorribili: naturalistici, 
agroambientali e sportivi. Si tratta, quindi, di attrattive prettamente ambientali nel primo 
caso, della degustazione dei prodotti locali nel secondo e della pratica dell’esercizio fisico 
nell’ultimo. A queste tipologie di turismo, se ne aggiunge un’ulteriore, cioè quella legata 
agli aspetti storico–culturali di cui l’area è ricca. Nel presente lavoro è stata operata una 
selezione dei periodi storici cui risalgono i beni architettonici della zona: in particolare, si 
passa dalla cosiddetta civiltà di Golasecca (risalente al IX secolo a.C.) all’epoca romana, dal 
Medioevo al Rinascimento e al Risorgimento. Una volta analizzate le possibili modalità di 
visita di coloro che si recano all’area fluviale, sono presentati i servizi che il Parco offre ai 
propri turisti. Si esaminano, quindi, le strutture ricettive presenti, in cui l’agriturismo riveste
III 
il ruolo principale, e si presentano i Centri Parco, luoghi in cui i visitatori reperiscono 
informazioni utili riguardo al Parco e alle attività organizzate. Infine, si tratta 
dell’educazione ambientale, fondamentale per sensibilizzare il fruitore circa gli aspetti del 
luogo, incentivando il contatto con il contesto naturale, sempre piø raro nella vita quotidiana 
delle persone.  
La parte conclusiva si occupa di esaminare il rapporto tra il Parco e i suoi visitatori. 
AffinchØ i frequentatori della zona protetta traggano i maggiori benefici dalla loro visita, si 
ritiene che le direttrici percorribili da parte dell’Ente siano essenzialmente tre: incentivare la 
degustazione dei prodotti locali, promuovere la pratica di sport e presentare una ricettività in 
grado di adeguarsi alle esigenze sempre piø diversificate della domanda. Le suddette azioni 
riguardano tutte attività ambientalmente compatibili e strettamente connesse al territorio. Si 
passa poi ad esaminare le caratteristiche dei flussi turistici che hanno interessato il Parco nel 
corso del 2005, per comprenderne le peculiarità e le tendenze. Per facilitare un adeguato 
sviluppo turistico dell’area, è essenziale che il Parco sia facilmente accessibile e 
sponsorizzato: per questo motivo, si presentano la viabilità dell’area in esame e le attività di 
promozione e comunicazione esercitate.  
Al termine della presente analisi, ci si è chiesto come il Parco possa assicurarsi un 
futuro duraturo, che ne preservi le qualità naturali e, al tempo stesso, ne sviluppi gli aspetti 
turistici. A questo proposito, sono stati esplicitati i rapporti esistenti tra uomo e ambiente, in 
cui la sostenibilità delle azioni umane sul territorio riveste un ruolo essenziale. In seguito, 
attraverso un’indagine svolta sui visitatori del Parco, sono presentate le principali tendenze 
dei frequentatori dell’area, al fine di prevederne i possibili sviluppi in chiave turistica. Una 
volta assodato che il rapporto tra uomo e ambiente deve basarsi sulla sostenibilità ed 
esaminati i trend turistici compatibili con l’area naturale, ci si occupa di “comunicare il 
Parco”: si esaminano, quindi, le possibilità che l’Ente ha di sensibilizzare i propri visitatori, 
al fine di assicurarsi un futuro in cui turismo e ambiente siano un binomio compatibile ed in 
grado di incentivare la qualità della vita nella realtà territoriale interessata.
1 
PRIMO CAPITOLO 
 
 
 
1. PRESENTAZIONE STORICO–GEOGRAFICA ED ORGANIZZAZIONE DEL 
PARCO 
 
 
 
1.1 LA STORIA 
 
 
 
1.1.1 LA FORMAZIONE E LE CARATTERISTICHE DEL FIUME TICINO 
 
 
Fra i fiumi alpini, il Ticino è sicuramente uno dei piø torrentizi, sommergendo talvolta le 
campagne nel periodo delle piene e scorrendo nel suo letto durante il resto dell’anno. Esso 
inizia a scavare il proprio solco ben prima della comparsa dell’uomo e, con il passare dei 
secoli, muta piø volte il suo percorso, ridefinendo il territorio che lo circonda.
1
 
La formazione del fiume risale al Pliocene, cioè ad un’epoca antecedente 
l’apparizione dell’uomo sul nostro pianeta. A quel tempo, l’area compresa tra le Alpi e gli 
Appennini, l’odierna Pianura Padana, era interamente ricoperta dal mare. Il territorio 
pianeggiante inizia a prendere forma grazie al verificarsi di due fenomeni: l’innalzamento 
tettonico delle terre ed il ritiro del mare. Ha luogo, così, un lieve sollevamento della catena 
alpina ed appenninica su cui avvengono processi di degradazione ed erosione; sono proprio 
questi processi a produrre il materiale che sarà trasportato dai fiumi verso la depressione 
padana che, col tempo, si colmerà, diventando una pianura. Solo ai piedi di Alpi ed 
Appennini vi è un leggero sollevamento rispetto al piø esteso territorio pianeggiante, dato il 
maggior accumulo di sedimenti in queste aree.
2
 
                                                 
1
 Piantanida, Sandro, Il Ticino: storia e storie, Torino, I.L.T.E., 1955, pp. 5-6. 
2
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, I nostri parchi: il Ticino, 
Milano, Vallardi, 1976, pp. 2-3.
2 
Oltre all’opera dei fiumi, un ruolo chiave nella configurazione della zona è svolto 
dalle glaciazioni, fenomeni ciclici che hanno luogo nel Quaternario. Durante quest’era, i 
ghiacciai scendono verso valle e trascinano una quantità copiosa di sassi e detriti fino ai 
margini della pianura; è così che si formano i rilievi morenici (aventi forma di anfiteatro) 
che costituiscono l’ossatura delle attuali colline della parte nord del Parco del Ticino. Qui il 
fiume ha scavato il suo passaggio proprio attraverso i rialzi collinari.
3
  
Figura 1: Veduta del fiume Ticino (fonte: 
http://www.parcoticino.it/mod/galleria/immagini/image_149.jpg). 
Nei periodi interglaciali, 
caratterizzati dal ritiro piø o 
meno accentuato dei 
ghiacciai, sassi e sabbie, 
trascinati dai fiumi a valle, 
originano le “alluvioni 
fluvioglaciali”: si tratta dei 
depositi ghiaiosi, argillosi, 
sabbiosi e limosi che 
caratterizzano il suolo del 
piano fondamentale della 
pianura. L’ultima glaciazione risale a circa diecimila anni fa e permette la creazione di 
terrazzamenti nelle colline dell’alta valle dove oggi sorgono alcuni centri abitati. 
Successivamente, i fiumi portano a valle materiale piø fine, come sabbia e limo che 
contribuiscono a formare l’attuale pianura.
4
 La stessa azione è esercitata dal Ticino, il quale 
sbuca nel territorio pianeggiante e qui agevolmente scava il proprio corso nella massa 
sciolta di sabbie, ciottoli e ghiaie, oltre a depositare a valle i materiali erosi piø a monte. Il 
fiume, cambiando spesso percorso, provoca l’escavazione di un ampio solco, identificabile 
con la cosiddetta valle.
5
 Inoltre, grazie alle sue portate variabili, esso crea agevolmente isole 
e ristagni che poi scompaiono con altrettanta facilità. Lo stesso accade per quelle che 
vengono chiamate “lanche”, ossia delle anse abbandonate dal fiume dove l’acqua ristagna e 
fa macerare i detriti vegetali.
6
  
Il Ticino è caratterizzato anche attualmente da una forte instabilità: esso muta 
normalmente il suo corso, oltre a creare, e successivamente abbandonare, bracci secondari. 
                                                 
3
 Bassilana, Francesco, Il Parco del Ticino, “I Tesori della Natura”, [s.l.], Giunti–Martello, 1984, p. 53. 
4
 Magna, Francesco e Bocca, Umberto, Ticino: natura, arte, storia, agricoltura, itinerari del Parco Lombardo, 
Vigevano (PV), IEVVE Edizioni, 2001, pp. 16-17. 
5
 Furlanetto, Dario e Bogliani, Giuseppe, Il Parco del Ticino – Scrigno di vita, Aosta, Musumeci, Quart, 1995, 
p. 24. 
6
 Bassilana F., op. cit., p. 55.
3 
Al fine di limitare queste variazioni, sono frequenti gli interventi di arginamento del fiume, 
soprattutto dove l’erosione potrebbe creare seri problemi al territorio limitrofo.
7
 In effetti, il 
fiume ha provocato piø volte enormi distruzioni, come durante la piena del 1177 o nel 1868 
quando distrusse case e mulini. Le piene e le inondazioni seminarono miserie nell’arco dei 
secoli e portarono rovine nelle campagne e nei villaggi.
8
  
Con il passare del tempo, l’uomo ha saputo limitare i danni causati dagli 
straripamenti, anche se, dopo la piena del 1868, la seconda per ordine d’importanza è 
piuttosto recente, essendosi verificata nell’autunno del 1993, con un massimo superiore ai 
2500 m³/s. Grazie ai dati raccolti durante questa piena, è stato possibile elaborare modelli di 
previsione circa l’andamento del corso del fiume e pianificare le opere idrauliche, sempre 
nel rispetto delle caratteristiche naturali del Ticino. Con lo studio della piena del 1993, si 
definisce la fascia di territorio di stretta pertinenza fluviale, oltre a quella inondabile attorno 
al fiume, fornendo così informazioni utili riguardo alla compatibilità tra le attività dell’uomo 
e del fiume stesso.
9
 A questo proposito, con gli anni, sono state realizzate numerose 
“prismate”, cioè sponde artificiali prevalentemente in cemento usate per prevenire 
l’erosione delle rive. Sebbene il Ticino sia un fiume a corso libero, esso è disseminato da 
queste costruzioni, oltre che da sbarramenti e dighe, le cui tre principali sono: la diga della 
Miorina del 1942 (a quattro chilometri dal Lago Maggiore), la diga di Porto della Torre del 
1954 (a Somma Lombardo) e la diga di Panperduto del 1884 (a Varallo Pombia).
10
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
7
 Bassilana F., ibidem, pp. 56, 60. 
8
 Piantanida S., op. cit., pp. 81-82. 
9
 Rapporto tra pianificazione e qualità dell’ambiente fluviale: l’esperienza del Parco del Ticino: il Ticino, 
studi e proposte sull’assetto idrogeologico e sull’uso del territorio della valle fluviale, “Parco Ticino– 
Consorzio Parco Ticino”, Pontevecchio di Magenta, Consorzio Parco del Ticino, 1998, pp. 7, 23, 43, 44. 
10
 Dighe e sbarramenti, in http://www.parcoticino.it.
4 
1.1.2 IL FIUME ATTRAVERSO LE EPOCHE STORICHE 
 
 
Da quando l’uomo ha fatto la sua comparsa lungo le sponde del Ticino, quest’ultimo è stato 
teatro di svariate vicende storiche, accompagnate talvolta dalla realizzazione di importanti 
opere artistiche ed architettoniche. Così, il fiume ha da sempre rappresentato uno scenario 
particolare sul quale si avvicendano le diverse esperienze umane.  
Nel volersi occupare degli avvenimenti storici piø rilevanti, è d’obbligo iniziare dalle 
prime tribø che abitarono la valle del Ticino: sembra ormai accertata la presenza dei Liguri e 
degli Umbri nell’area interessata.
11
 Entrambi i popoli erano palafitticoli, cioè abitavano in 
capanne su pali piantati nel fiume o nelle paludi limitrofe ed esercitavano la caccia e la 
pesca per sopravvivere. Questi primi abitatori si fanno risalire all’Età del Bronzo, in quanto 
gli oggetti ed i sepolcri ritrovati da Sesto Calende, a Varallo Pombia, fino a Golasecca (nei 
pressi di Sesto Calende), sono attribuibili ad un periodo fra il 1000 ed il 500 a.C. cioè 
dall’Età del Bronzo a quella del Ferro.
12
 La testimonianza piø significativa di queste civiltà 
è senz’altro quella di Golasecca, tanto da poter parlare di una vera e propria “civiltà di 
Golasecca”, collocata tra il X ed il VI sec. a.C. (Età del Ferro). In quest’area, che è uno dei 
siti archeologici piø conosciuti a livello internazionale, sono rilevanti i ritrovamenti di vasi 
dalle forme raffinate e dalle incisioni geometriche uniche. Per quanto attiene alle tombe 
preistoriche, mentre le prime sono piø semplici, quelle dei secoli successivi sono piø 
complesse, ma tutte solitamente accomunate dalla presenza di un corredo di utensili, 
ornamenti od oggetti del defunto.
13
 Ad oggi i reperti piø importanti sono visibili nei musei 
archeologici di Sesto Calende, Varese e Milano, mentre alcuni ritrovamenti sono osservabili 
presso l’Antiquarium allestito nel municipio di Golasecca, dove è, inoltre, possibile vedere 
la Necropoli e i resti presenti nei boschi del territorio. L’origine celtica della civiltà di 
Golasecca ha fatto in modo che si stabilissero importanti contatti commerciali tra i popoli 
celtici transalpini e le popolazioni dell’Italia centro–meridionale, soprattutto gli Etruschi.
14
  
Proprio gli Etruschi, tra il VII ed il VI sec. a.C., si spostarono lungo le rive del 
Ticino, il quale avrebbe funto successivamente da limite nella loro espansione verso ovest. 
Nei pressi dei comuni di Borgo San Siro e Garlasco gli scavi archeologici hanno dato luogo 
                                                 
11
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit., p. 10. 
12
 Piantanida S., op. cit., p. 14. 
13
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit., p. 10. 
14
 Lombardia: dalle Alpi al Grande Fiume, Milano, le città, i centri minori, i laghi, i parchi naturali, “Guide 
d’Italia–Touring”, Milano, TCI, 2003, p. 162.
5 
a numerosi ritrovamenti di origine etrusca. Con le invasioni celtiche del VI sec. a.C., i Galli 
giunsero nella valle del Ticino capeggiati da Belloveso.
15
 Egli, per insediarsi nelle terre 
lombarde, cacciò gli Etruschi oltre gli Appennini con la battaglia di Busto Arsizio e fece di 
Milano la capitale del suo regno; le sue genti fondarono città il cui nome è conservato 
ancora oggi (è il caso di “Gallorum area”: Gallarate). Per otto secoli i Galli sopportarono 
nuove invasioni, conducendo la propria vita nei boschi, in villaggi non murati, occupandosi 
di guerra e di agricoltura.
16
 L’episodio storico principale dell’antico Ticino è la “pugna ad 
Ticinum” tra P. Cornelio Scipione ed Annibale, svoltasi durante la seconda guerra punica 
(218 a.C.), anche se il luogo esatto in cui avvennero i combattimenti è tuttora sconosciuto.
17
 
Quindi, fin dai tempi in cui iniziava a delinearsi la storia lombarda, il Ticino ha svolto un 
ruolo chiave per il dominio dell’Italia e dell’Europa, in quanto, garantirsi il possesso delle 
sue rive e dei suoi porti, comportava l’impadronirsi “di quella floridissima regione che 
Cicerone chiamava il fiore d’Italia”. ¨ per questo motivo che sono innumerevoli le guerre 
succedutesi nella pianura lombarda. Il fiume è anche protagonista di ben altre vicende: è il 
caso della ricerca delle pagliuzze d’oro nelle sue acque. Già Plinio il Vecchio ne descrisse 
l’esercizio in epoca romana, ma è solo nel 1164 che fu emanato da Federico Barbarossa il 
primo documento di concessione per esercitare l’attività. Questa pratica consisteva nel 
lavare la sabbia gettandola con un cucchiaio su una tavola di legno inclinata. L’oro trovato 
doveva poi essere consegnato alla zecca di Pavia o di Milano contro il corrispettivo di un 
prezzo.
18
  
Le vie Aureofondine nei pressi di Varallo Pombia (antiche miniere d’oro a cielo 
aperto) sono una testimonianza di quest’attività 
conclusasi nel secolo scorso ed esercitata ai 
nostri giorni solo a scopo naturalistico–
amatoriale. La ricerca sul fiume avviene 
munendosi di stivali di gomma e della cosiddetta 
padella del cercatore (la “batea”) che, una volta 
riempita di sabbia, viene girata in senso rotatorio; 
dopo vari lavaggi, sul fondo si deposita un 
sedimento scuro e pesante, dentro al quale sono 
                                                 
15
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit., p. 10. 
16
 Piantanida S., op. cit., p. 17. 
17
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit., p. 11. 
18
 Piantanida S., op. cit., pp. 17, 70-72. 
Figura 2: Ricerca dell’oro sul Ticino tramite 
la batea (fonte: Lotti, Giorgio, Oldrini, 
Giorgio e Furlanetto, Dario, Ticino il fiume 
azzurro, [s.l.], Parma, 2005, p. 182).
6 
individuabili le pagliuzze d’oro. Oggigiorno i cercatori si riuniscono in associazioni e club e 
partecipano a campionati mondiali di ricerca dell’oro, uno dei quali si è svolto proprio sul 
Ticino nel 1997.
19
 Oltre ai cercatori d’oro, il fiume un tempo era frequentato da assidui 
raccoglitori di “sassi bianchi” (la quarzite); questi ciottoli erano poi venduti alle fabbriche di 
ceramiche della zona. Si trattava di una vera e propria attività che permetteva un guadagno 
sicuro a chi la praticava.
20
 Oggi l’unico ricordo di tale occupazione è l’allestimento di musei 
dei sassi del Ticino, uno dei quali si trova presso il centro visitatori “La Fagiana” a 
Pontevecchio di Magenta.  
Proseguendo con gli accadimenti storici, fu con l’alto Medioevo che si aprì l’epoca 
della canalizzazione delle acque del Ticino a scopo irriguo, data la volontà dei monaci di 
bonificare i terreni della zona. I Cistercensi furono i primi ad effettuare opere di bonifica, a 
cominciare dai pressi di Milano, per poi passare ad erigere le abbazie di Chiaravalle e di 
Morimondo (quest’ultima è oggi uno dei punti centrali del Parco). Risale al XII sec. il 
Naviglio Grande, un’opera destinata a diventare una fondamentale via di trasporto 
commerciale e militare. L’idea fu del Barbarossa che lo fece costruire per trasportare i suoi 
soldati a Milano. Con il passare del tempo, videro la luce il Naviglio di Pavia, il Naviglio di 
Bereguardo e i canali Vizzola e Villoresi.
21
 Con il passaggio dal Comune alla Signoria, 
sorsero numerosi castelli lungo il fiume e nel Parco stesso, come quelli di Somma 
Lombardo, Galliate, Abbiategrasso, Vigevano, Bereguardo e Pavia. Con il Quattrocento ed 
il Cinquecento si giunse all’epoca d’oro del fiume; in effetti, in questi secoli i duchi di 
Milano si recarono con frequenza nella valle del Ticino, soprattutto per praticare la caccia. 
Alla forma tradizionale col falcone, i duchi affiancarono quella con i leopardi e persino con 
i leoni. Dato il necessario mantenimento di cani per esercitare l’attività di caccia, tuttora nel 
Parco si possono scoprire cascinali recanti il nome di “ca’ di can”.
22
 
Nel Quattrocento una nuova coltura si affacciò sul territorio dell’attuale Parco del 
Ticino: il riso. Importato dall’Oriente, fu prodotto in Italia con buoni risultati 
(probabilmente introdotto dagli Arabi in Sicilia), tanto da spingere il Duca Galeazzo Maria 
Sforza ad estenderne la coltivazione a Vigevano. La stessa iniziativa fu intrapresa da 
Ludovico il Moro che, con lo scavo della Roggia Mora, iniziò a produrre riso presso la sua 
tenuta, denominata “la Sforzesca” (una villa edificata nel territorio tra Vigevano ed il 
                                                 
19
 Magna F. e Bocca U., op. cit., pp. 22-23. 
20
 Furlanetto D. e Bogliani G., op. cit., p. 26. 
21
 Touring Club Italiano, Guida Touring: parchi e aree naturali protette d’Italia, Milano, Touring Editore, 
2000, p. 196. 
22
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit., p. 12.
7 
Ticino).
23
 Sia lo scavo della roggia sia la costruzione dei mulini di Mora Alta e di Mora 
Bassa sono attribuibili a Leonardo da Vinci. Egli realizzò anche una serie di “terrazzi” per il 
drenaggio delle acque di risorgiva e per bonificare le campagne. Inoltre, fu sempre del Moro 
l’introduzione della coltivazione dei gelsi per produrre seta.
24
  
Dopo una lunga parentesi tra il 1525 (battaglia di Pavia) ed il 1700, in cui il Ticino 
sembra essere stato dimenticato, con il vicereame degli Austriaci a Milano si ricercarono 
nuovamente le bellezze del fiume, riscoprendo l’amore per la campagna. Sono tutte del 
Settecento, quindi, le numerose ville sorte nei dintorni del fiume Ticino, come quelle di 
Corbetta, Castelletto di Cuggiono, Robecco sul Naviglio e Cassinetta di Lugagnano. 
Tuttavia, il Ticino assunse un ruolo da protagonista solo con il Risorgimento: in effetti, 
ospitò sulle sue rive le riunioni segrete dei Carbonari e permise di realizzare i collegamenti 
tra i patrioti del Piemonte e della Lombardia. Il fiume fu, inoltre, lo sfondo sul quale si 
svolsero le guerre d’indipendenza, fino ad arrivare alla liberazione della sua riva sinistra nel 
1859, quando Garibaldi lo passò a Sesto Calende. Il 4 giugno dello stesso anno si combattØ 
la battaglia di Magenta. Per quanto concerne la storia piø recente, sul finire dell’Ottocento 
iniziò una vera e propria industrializzazione del Ticino, con la costruzione di centrali 
elettriche; la prima fu quella di Vizzola, seguita, negli anni successivi, da molte altre, come 
quelle di Turbigo, Vigevano, Turbighetto, Tornavento e Porto della Torre.
25
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
23
 Piantanida S., op. cit., pp. 64, 69. 
24
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, op. cit, p. 13. 
25
 Regione Lombardia, Giunta regionale, Assessorato ecologia e beni ambientali, ibidem, pp. 14-15.
8 
1.1.3 L’ISTITUZIONE DEL PARCO 
 
 
Il termine “parco”, pur potendo designare realtà diverse, è atto, nel contesto della presente 
trattazione, ad indicare “un territorio delimitato e tutelato da leggi speciali”. Questa tutela 
deriva da un crescente interesse per i beni culturali e naturali presenti nelle zone considerate. 
¨ questo il caso del Parco del Ticino, un’area ricca di storia, cultura e paesaggi ben 
conservati. Tuttavia, questo territorio si scosta dall’idea comune di “parco”, in quanto è 
caratterizzato da una grande varietà di ambienti: le aree industrializzate, l’agricoltura 
meccanizzata ed i centri abitati si concentrano nella stessa valle che ospita l’area protetta. 
Insomma, in una zona in cui l’uomo produce un reddito tra i piø alti d’Italia, sorge un parco 
naturale. Quest’apparente contraddizione può essere spiegata risalendo alle vicende che 
hanno portato alla nascita del Parco stesso.
26
 
Il tutto ha inizio negli anni Settanta, quando il territorio è seriamente danneggiato da 
uno sviluppo urbanistico sregolato e si mettono a rischio le zone boschive e le rive del fiume 
Ticino.
27
 Questo avviene per molteplici ragioni: in molti comuni si prevedono creazioni di 
seconde case in territori incontaminati, il letto del fiume viene scavato continuamente, le 
cave arrecano danni al territorio ed il patrimonio storico e monumentale è trascurato da enti 
pubblici e privati.
28
 In questo clima di deturpazione, un episodio su tutti segna una svolta 
nell’atteggiamento della popolazione locale: si tratta di un progetto che prevede la 
realizzazione di un canale scolmatore per convogliare le acque inquinate dell’Olona nel 
Ticino, il cui livello di inquinamento è già grave. ¨ così che ha inizio la difesa del territorio 
da parte dei suoi abitanti.
29
 
Il 2 marzo del 1967, duemila cittadini dei comuni rivieraschi del Ticino si incontrano 
al Teatro Fraschini di Pavia per ottenere, da parte dei parlamentari nazionali, un intervento 
legislativo che difenda il fiume. Oltre ad ambientalisti e professionisti, il fatto sorprendente 
è che sono soprattutto i cittadini comuni a prendere parte all’iniziativa; in effetti, si è 
coscienti dell’importanza delle risorse del territorio che, se adeguatamente salvaguardate, 
sono in grado di fornire benessere a tutti. Sullo sfondo di questa mobilitazione popolare, a 
livello nazionale, vi è la costituzione delle Regioni nel 1970, i cui statuti prevedono la 
                                                 
26
 Bassilana F., op. cit., pp. 9-11. 
27
 Bilancio sociale del Parco Ticino (Esercizio 2004, Redazione 2005), Pontevecchio di Magenta, Consorzio 
Parco Lombardo della Valle del Ticino, 2006, in 
http://www.parcoticino.it/mod/fileman/files/bilanciosociale2005.pdf, p. 15. 
28
 Furlanetto D. e Bogliani G., op. cit., pp. 7-8. 
29
 Bilancio sociale del Parco del Ticino (Esercizio 2004, Redazione 2005), op. cit., p. 15.
9 
possibilità di presentare proposte di legge di iniziativa popolare, previa raccolta di 5.000 
firme autenticate. ¨ così che in Lombardia inizia una vera e propria campagna di 
sensibilizzazione nei confronti dei cittadini circa i problemi del loro territorio.
30
 
Nel 1973, in seguito ad un convegno sui parchi fluviali svoltosi nel Castello 
Sforzesco di Milano, la campagna informativa si concretizza grazie al “Giornale della 
Lombardia”. Esso inizia una raccolta di firme per presentare la proposta di legge al 
Consiglio Regionale lombardo; la finalità di quest’azione popolare è quella di istituire un 
“Parco del Ticino”.
31
  
 
Figura 3: Il “Giornale della Lombardia” promuove la raccolta di firme per istituire il 
Parco (fonte: Parco Ticino, Pontevecchio di Magenta, Consorzio Parco Regionale 
Lombardo della Valle del Ticino, anno 7, n. 2, agosto 2004, p. 4). 
                                                 
30
 Bilancio sociale del Parco del Ticino (Esercizio 2004, Redazione 2005), ibidem, pp. 15-16. 
31
 Bogliani, Giuseppe e Pigazzini, Vittorio, Parco del Ticino, “Natura Meravigliosa–Musumeci 6”, Aosta, 
Musumeci, 1980, p. 11.
10 
La campagna porta alla raccolta di ben 22.000 firme ma, a causa di un impedimento 
giuridico, la prima proposta sottoposta al Consiglio non viene approvata; sono così 
presentati altri tre testi di legge: uno del gruppo Democrazia Cristiana, uno del Partito 
Comunista Italiano e uno del Partito Socialista Italiano. ¨ dall’elaborazione di questi tre 
testi che nasce il testo di legge definitivo
32
 che viene approvato il 9 gennaio del 1974 con la 
Legge Regionale n. 2 dal titolo Norme urbanistiche per la tutela delle aree comprese nel 
piano generale delle riserve e dei parchi naturali d’interesse regionale. Istituzione del 
Parco Lombardo della Valle del Ticino,
33
 in seguito integrata e modificata dalla Legge 
Regionale n. 42 del 15 luglio 1974.
34
 Con questo atto si istituisce il primo parco regionale 
italiano, oltre che il primo parco fluviale europeo. Il testo di legge che gli da vita si 
differenzia da quelli delle altre aree protette nazionali per una peculiarità: oltre alle norme 
specifiche di tutela del territorio, viene definito uno strumento atto a consentire il controllo, 
la pianificazione, la programmazione e la gestione delle risorse territoriali. Si sta parlando 
del primo Piano Territoriale di Coordinamento (in sigla, P.T.C.) realizzato in Italia.
35
 
La Regione Lombardia, che avrebbe dovuto attuare il P.T.C., non rispettando il 
termine previsto dalla legge, delega il compito al Parco Lombardo della Valle del Ticino. 
Seguono anni di intenso lavoro da parte degli studiosi e dei ricercatori, che si impegnano ad 
analizzare a fondo il territorio, in modo da pervenire a delle corrette impostazioni di 
gestione delle risorse naturali e storiche dell’area. Viene realizzata una bozza del P.T.C., 
discussa in ogni comune del Parco in assemblee pubbliche, in cui si tiene conto dei 
suggerimenti e delle proposte dei cittadini, fino ad arrivare al testo definitivo, inviato alla 
Regione per essere approvato. Dopo un’ulteriore consultazione con i comuni e la 
popolazione, la Regione approva nel 1979 il P.T.C. . Tuttavia, il Consiglio dei Ministri di 
Roma nega con un provvedimento il proprio assenso alla legge. ¨ solo grazie ad un 
successivo chiarimento che, nel marzo del 1980, il Piano ottiene in modo definitivo il visto 
governativo.
36
  
Grazie al Piano di Coordinamento e all’organizzazione del Servizio di Vigilanza e 
degli Uffici Tecnici, inizia l’ordinaria amministrazione e la verifica delle norme che lo 
stesso P.T.C. contiene. Tali controlli permettono tuttora al Parco di adeguare il Piano alle 
nuove leggi ed alle nuove esigenze di tutela ambientale, sempre piø diffuse tra i cittadini. In 
                                                 
32
 Bilancio sociale del Parco del Ticino (Esercizio 2004, Redazione 2005), op. cit., p. 16. 
33
 Cfr. l’allegato 1 in appendice per il testo integrale della legge, tratto dal sito internet 
http://www.parchi.regione.lombardia.it/files/777_01.PDF. 
34
 Bogliani G. e Pigazzini V., op. cit., p. 11. 
35
 Furlanetto D. e Bogliani G., op. cit., pp. 9-10. 
36
 Bogliani G. e Pigazzini V., op. cit., p. 14.
11 
particolare, nel territorio del Parco del Ticino, si privilegiano la gestione ed il controllo delle 
risorse compatibilmente con le esigenze delle popolazioni residenti. Quindi, con 
l’istituzione del Parco, per la prima volta in Italia, si sperimenta una pianificazione 
dell’intero bacino fluviale che tutela le aree naturali lungo il fiume, ma anche tutto il 
territorio circostante, in modo da limitare il piø possibile l’impatto antropico sulla valle 
fluviale stessa.
37
 Alla legge istitutiva del 1974 spetta un altro primato: quello di aver 
preceduto la legislazione regionale sulle aree protette, avvenuta con la Legge Regionale 
86/83 e con la legge nazionale cosiddetta Legge quadro sulle aree protette del 1991. ¨ 
proprio per adeguarsi alla legge quadro che, alcuni anni dopo, nel Parco Regionale si è 
istituita la recente Legge Regionale n. 31 del 12 dicembre 2002 del Parco Naturale della 
Valle del Ticino, intendendo in questo caso per “parco” l’ambito di piø stretta pertinenza 
fluviale, caratterizzato da aree di elevata naturalità.
38
 
                                                 
37
 Furlanetto D. e Bogliani G., op. cit., pp. 10, 11, 14. 
38
 Bilancio sociale del Parco del Ticino (Esercizio 2004, Redazione 2005), op. cit., pp. 18-19.