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INTRODUZIONE 
Nel corso degli anni il marketing tradizionale, così come teorizzato da Philip 
Kotler ed altri autori, sembra aver perso quella sua forza iniziale, quasi come se ogni 
cosa potesse essere risolta solo ricorrendo ad esso. Oggi, invece, la parola marketing 
sembra assumere talvolta un’accezione dispregiativa: quando si vuole indicare 
un’operazione di facciata, senza alcuna sostanza, si tende a parlare di un’operazione 
di “puro marketing”; oppure si guarda ad esso come un’attività il cui principale 
obiettivo è quello di persuadere in maniera occulta i consumatori. Nell’era dei social 
media, inoltre, risulta molto più facile per questi ultimi indagare e scoprire cosa c’è 
realmente dietro una campagna o un’operazione posta in essere da un’impresa, grazie 
alle esperienze vissute da altre persone e che vengono condivise in appositi luoghi, 
virtuali e non.  
Tutto ciò ha spinto i consumatori a divenire più attenti ma anche più esigenti e 
questo comporta non poche difficoltà alle imprese, che trovano molto difficile 
comunicare con loro. Uno dei problemi fondamentali della comunicazione d’impresa 
è che i consumatori sono esposti in continuazione a messaggi che provengono dalle 
fonti più disparate e alle quali essi ormai non rispondono più come una volta, in quanto 
hanno imparato a selezionare solo ciò che vogliono sentirsi dire. Inoltre, la rapida 
evoluzione e diffusione delle tecnologie, che consentono di essere connessi in qualsiasi 
momento e in qualsiasi luogo, hanno modificato le regole della tradizionale 
comunicazione d’impresa, che se prima consisteva in un flusso comunicativo 
unidirezionale oggi si è trasformata in una conversazione, lasciando più spazio alle 
persone e cominciando a prendere in considerazione anche la loro opinione. Questo 
perché il consumatore sente la necessità di prendere parte al processo di creazione del 
valore, che un tempo era di esclusiva competenza dell’impresa.  
Ma se il consumatore è più esigente, più informato ed attento, se si è elevato al 
pari delle imprese diventando un prosumer, come si può comunicare con esso senza 
che i messaggi vengano percepiti come ingannevoli o come un qualcosa di già visto o 
sentito?  
È qui che interviene il marketing non convenzionale. Quello dell’elefante blu è un 
espediente utilizzato da J. C. Levinson, padre del guerrilla marketing: anche se si 
chiede di non pensare ad esso, il nostro cervello crea comunque un’immagine 
dell’elefante. Questo per spiegare, in maniera semplice e scherzosa, le infinite 
possibilità che si hanno di comunicare ai propri clienti utilizzando strutture linguistiche
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diverse, applicando delle regole di psicologia ed avendo molta pazienza: questo è, in 
poche parole, l’approccio non convenzionale al marketing.  
Esso non rappresenta un qualcosa di diverso rispetto agli approcci tradizionali 
utilizzati fino ad ora, ma partendo da essi e arricchendoli con elementi come la sorpresa 
e la provocazione, la critica ai luoghi comuni e all’invasività dei messaggi pubblicitari 
tradizionali, l’utilizzo di nuove modalità di comunicazione, lo sfruttamento delle 
tecnologie ecc. riesce a coinvolgere in maniera diversa e nuova i consumatori. Inoltre, 
ciò che cambia è anche l’approccio stesso al consumatore: si guarda a quest’ultimo 
non più come un individuo razionale, ovvero un soggetto che intende soddisfare i 
propri bisogni con il minor sacrificio economico possibile, ma come un individuo 
capace di provare emozioni anche nell’ambito del processo di acquisto e di consumo, 
che viene vissuto come una vera e propria esperienza. Questo grazie al fatto che 
l’approccio non convenzionale, come accennato in precedenza, fa ricorso anche alle 
regole basilari della psicologia andando a studiare quali sono quelle parti del cervello 
che si attivano durante le diverse fasi di tale processo e che possono essere stimolate 
attraverso una serie di immagini (l’elefante blu, ricordate?) che creino nella mente del 
consumatore determinate rappresentazioni oppure gli facciano comprendere come 
potrebbe sentirsi dopo il consumo di un determinato prodotto.  
Lo scopo di questo elaborato è quello di evidenziare, quindi, delle possibili 
soluzioni alternative nell’ambito della gestione della comunicazione d’impresa, che 
possano aiutare le aziende nella risoluzione dei problemi che quotidianamente si 
trovano ad affrontare nell’instaurazione di un rapporto con i propri clienti.  
Nella prima parte dell’elaborato si evidenzierà com’è avvenuto il passaggio 
dall’approccio tradizionale ad uno non convenzionale, sottolineando le caratteristiche 
della società in cui oggi viviamo, le quali permettono di definirla come postmoderna. 
Attraverso di esse sarà possibile cogliere i motivi che hanno determinato la crisi del 
marketing tradizionale e la nascita di una miriade di panacee, che possono essere 
raggruppate sotto il nome di marketing non convenzionale, definizione data dai due 
“ninja” del marketing Alex Giordano e Mirko Pallera, i quali hanno elaborato un 
apposito decalogo da mettere in pratica per affrontare le nuove sfide poste da tutti 
questi cambiamenti.  
Tra tutte le panacee del marketing ci si concentrerà in particolare su una, ovvero 
il marketing esperienziale, grazie al quale sarà possibile comprendere innanzitutto il 
motivo per cui i consumatori oggi non chiedono più semplicemente beni e servizi alle
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imprese, ma delle esperienze che li coinvolgano da diversi punti di vista e in secondo 
luogo si evidenzierà come l’utilizzo degli approcci tradizionali incentrati al cliente, 
quali la customer satisfaction o il customer relationship management, non siano più 
adatti in virtù delle nuove esigenze. Anche in questo caso, quindi, si sente la necessità 
di passare ad un nuovo approccio ovvero il customer experience management, che 
consente non solo di gestire le relazioni con i clienti e la loro soddisfazione ma 
l’esperienza del consumatore nella sua totalità, stimolando attraverso vari strumenti 
diverse tipologie di esperienze, sensoriali, affettive, cognitive, fisiche e relazionali.  
Nel terzo capitolo, invece, si entrerà nel vivo della questione. Infatti, dopo aver 
descritto i principi su cui si fonda la comunicazione d’impresa ed aver evidenziato 
quali sono i cambiamenti intervenuti anche a seguito della diffusione delle numerose 
tecnologie dell’informazione, soffermandosi in particolare sul social media marketing, 
si procederà a descrivere quali sono le modalità attraverso cui attuare la comunicazione 
non convenzionale, sulla base  dei suggerimenti forniti dal suddetto decalogo, e quali 
sono le principali soluzioni che possono essere adottate dall’impresa, da un lato per 
attirare l’attenzione del consumatore, sfruttando anche i principi e gli strumenti del 
marketing esperienziale, e dall’altro utilizzando lo stesso consumatore come strumento 
di comunicazione, attraverso il passaparola generato da quest’ultimo.  
Nell’ultimo capitolo, infine, verrà esposta, attraverso un caso di studio, 
un’applicazione concreta delle soluzioni di marketing non convenzionale delineate in 
precedenza attraverso l’analisi di un’azienda che ha fatto dell’esperienza e della non 
convenzionalità due armi vincenti: Lush Cosmetics.
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CAPITOLO I 
L’EVOLUZIONE DEL MARKETING TRADIZIONALE: 
L’APPROCCIO NON CONVENZIONALE 
 
“Kotler is dead!” 
Alan Smithee 
European Journal of Marketing, 1997 
 
 
1.1 VERSO UNA NUOVA EPOCA. IL POSTMODERNISMO TRA SOCIETÁ 
E CONSUMO 
Un sabato pomeriggio mentre guardavo la tv, mi sono imbattuto in un programma 
dal titolo “Quelli degli anni ‘80” e proprio in quel momento sullo schermo è comparsa 
a caratteri cubitali una scritta che mi ha particolarmente colpito: “IL POTERE È DEL 
CONSUMATORE”. Successivamente veniva raccontato uno degli eventi che ha 
sicuramente segnato una svolta nella storia del marketing, ovvero il caso New Coke 
che comunemente si fa coincidere con la mid-life crisis of marketing.   
Da un po’ di tempo ormai la Coca-Cola stava perdendo terreno nei confronti della 
Pepsi e l’azienda sospettò che tutto questo fosse dovuto al sapore più dolce della 
bevanda concorrente, cosa che tra l’altro veniva confermata attraverso dei blind test. 
Così nella primavera del 1985 fu introdotta la New Coke la quale aveva un sapore 
diverso dalla bevanda tradizionale ma che fu accolta in maniera molto negativa ed 
ostile da parte dei consumatori, a tal punto che questa mossa venne considerata un vero 
e proprio fallimento. Nonostante le critiche l’azienda decise di andare avanti per la 
propria strada ma poche settimane dopo fu costretta a ritornare sui suoi passi e quindi 
al gusto tradizionale della bevanda, che fu chiamata Classic Coke: in poco tempo le 
vendite della Coca-Cola fecero registrare record mai raggiunti prima e riportarono il 
marchio in vantaggio sulla sua diretta concorrente. Ci fu addirittura chi pensò che tutto 
ciò non fosse altro che un’abile strategia di marketing adottata dall’azienda ma uno dei 
dirigenti in seguito dichiarò: «Il fallimento della New Coke una mossa pubblicitaria? 
Non siamo così furbi ma neanche così stupidi».
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Se tuttavia prendiamo per vero che non fu una strategia volontaria adottata 
dall’azienda di Atlanta, allora è altrettanto vero che i consumatori hanno avuto il potere 
di influenzare quest’ultima a tal punto da farla ritornare sui propri passi. Ed è questa 
la svolta epocale. Fino a quel momento le imprese basavano le proprie scelte sulla 
semplice comprensione dei bisogni dei consumatori, ai quali deve essere offerto il 
prodotto che più desiderano. Ma questo ormai non bastava più, c’era bisogno di un 
cambiamento consistente anche nell’approccio di marketing utilizzato dalle aziende. 
Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il nuovo ruolo del consumatore sia solamente uno 
dei sintomi che evidenziano il passaggio verso quella che può essere definita una 
“nuova epoca”. 
Fabris (2009) indica due principali condizioni determinanti ai fini di tale 
passaggio d’epoca: il mutamento dei modi di produzione e la diffusione di nuove 
tecnologie. 
Per quanto concerne i primi oggi si assiste sempre di più a modalità produttive 
totalmente diverse rispetto al passato, caratterizzate da fenomeni di downsizing e 
outsourcing e influenzate dalla internazionalizzazione dei capitali e dalla 
globalizzazione dei mercati. Riguardo all’avvento delle nuove tecnologie, invece, 
l’autore lo definisce come un evento storico di non minore importanza della 
Rivoluzione industriale. Infatti grazie alla possibilità per gli individui di poter 
utilizzare internet, questi ultimi possono accedere facilmente ad una quantità maggiore 
di informazioni rispetto al passato e hanno la possibilità di connettersi con persone 
situate in altre parti del mondo andando così a modificare anche la concezione del 
tempo e dello spazio.  
Tuttavia risulta piuttosto difficile dare un nome a questa nuova epoca che emerge. 
Sarebbe giusto definirla come età digitale, in quanto oggi la vita di tutti i giorni è 
fortemente influenzata dalle tecnologie che sono state introdotte nel corso degli ultimi 
decenni, basti pensare al fatto che la quasi totalità delle persone possiede un pc o uno 
smartphone
1
, ma molti concordano nell’etichettare questa epoca come postmoderna. 
Con il termine postmodernismo, il quale è stato usato nel corso del '900 con diversi 
significati e in vari ambiti culturali, genericamente si fa riferimento alla crisi della 
modernità nelle società a capitalismo avanzato caratterizzate da un'economia e una 
                                                             
1
 Tuttavia secondo la United Nations Broadband Commission ad oggi ancora più di 4 miliardi di persone 
non hanno accesso ad internet. Vedi: http://mobile.hdblog.it/2015/09/21/4-mld-persone-non-accedono-
internet-secondo-UN/
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finanza estese globalmente, dall'invadenza della pubblicità e della televisione nelle 
convinzioni personali, e da un incontrollabile e inverificabile, enorme flusso di notizie 
provenienti dal web
2
.  
Generalmente viene definita come postmoderna quella corrente di pensiero che si 
oppone al modernismo e che presenta caratteristiche come: il dominio della ragione e 
la creazione di un ordine razionale, l’emergere del soggetto cognitivo, l’ascesa della 
scienza e l’enfasi sul progresso materiale attraverso l’applicazione di tecnologie 
scientifiche, il realismo, la rappresentazione e l’unità di intenti dell’arte e 
dell’architettura, l’emergere del capitalismo industriale ed infine la separazione della 
sfera della produzione, che è istituzionalmente controllata e pubblica, dalla sfera del 
consumo, domestica e privata (Firat e Venkatesh, 1995).  
Firat e Venkatesh (Ivi) hanno sottolineato come nel corso del tempo alcuni dei 
principali cardini del modernismo sono venuti meno dando vita quindi al passaggio 
all’epoca nuova, proponendo alcune critiche ai fondamenti filosofici dello stesso. 
Innanzitutto ciò che ci circonda è fortemente influenzato non solo dalla scienza e dalla 
tecnologia ma anche dalla cultura e dai relativi processi culturali, influenza che investe 
gli stessi concetti di produzione e di consumo. In secondo luogo il modernismo ha 
fallito nel suo obiettivo di creazione di un ordine sociale e nella promessa di un 
progresso materiale in quanto condizioni di povertà, miseria e violenza segnano ancora 
la nostra vita. In terzo luogo il modernismo oppone il consumatore al produttore, 
secondo la logica in cui il produttore crea valore mentre il consumatore lo distrugge; 
il postmodernismo invece eleva il consumo al pari della produzione e viene visto non 
come distruzione ma come un’attività di creazione di valore. Ed è proprio a partire da 
quest’ultima critica che è possibile delineare alcune delle caratteristiche del 
postmodernismo. 
 
1.1.1 Il consumatore postmoderno 
Accanto ad attributi quali l’iperrealtà, la frammentazione, l’assottigliamento della 
tradizionale distinzione tra i concetti di produzione e consumo, il rifiuto di ideologie 
totalizzanti, l’apparenza, lo spettacolo, l’olismo, l’assenza di regole, il 
multiculturalismo e tante altre ancora, una delle caratteristiche del postmodernismo 
che viene riconosciuta da diversi autori è il reincanto dei consumi (Firat e Venkatesh, 
                                                             
2
 https://it.wikipedia.org/wiki/Postmodernismo
14 
 
1995; Fabris, 2009; Cova et al., 2012). Questo termine è stato introdotto in sociologia 
in contrapposizione al moderno disincanto teorizzato da Max Weber: mentre secondo 
quest’ultimo l’uomo può dominare tutte le cose attraverso il calcolo e le risorse 
tecniche abbandonando il ricorso ad elementi “magici” e mistici-religiosi, il reincanto 
indica, al contrario, il ritorno all’utilizzo di tali fattori. Applicando il concetto al 
consumo è palese come i consumatori, nelle loro spedizioni d’acquisto, non siano 
guidati più esclusivamente dalla loro sfera razionale ma anche da quella emozionale, 
in quanto all’obiettivo di soddisfare i propri bisogni si aggiunge quello di ottenere una 
gratificazione di tipo edonistico. 
Da questo ragionamento emergono due importanti caratteri del postmodernismo 
(Cova et al., 2012). In precedenza la società moderna poteva essere definita come 
“società della produzione” ma con l’affermarsi della centralità e del nuovo ruolo del 
consumo nella vita degli individui si può arrivare a definire la società postmoderna 
come “società dei consumi”. In secondo luogo il consumatore non ha più un ruolo 
passivo nelle attività di consumo, ma attivo. Egli infatti viene definito come prosumer, 
ovvero un individuo che oltre a consumare diviene produttore di contenuti, significati 
e nuove modalità di fruizione dei prodotti. I consumatori rilavorano infatti tutti i 
simboli codificati all’interno dei messaggi pubblicitari, nelle marche, nei punti vendita 
ecc. per realizzare i loro personali obiettivi di identità e stili di vita. Tuttavia, secondo 
gli autori, anche se negli ultimi anni si è assistito ad un crescente coinvolgimento dei 
consumatori nel processo di definizione dell’offerta, queste iniziative non possono 
essere lette in un’ottica di co-creazione in quanto rappresentano semplicemente un 
perfezionamento delle tecniche e degli strumenti del marketing di stampo kotleriano 
(Ivi, p. 75). La co-creazione, infatti, presenta caratteristiche ben precise tra cui ad 
esempio la piena libertà di azione dei consumatori attraverso cui può essere arricchita 
l’offerta dell’impresa. Collesei (2008) precisa però che tali consumatori, non 
possedendo le tecnologie necessarie e le informazioni sulla domanda e sulla 
concorrenza, non possono di certo sostituirsi alle imprese. Ovviamente questo non 
significa che essi non possano fornire stimoli ed idee per lo sviluppo di nuovi prodotti, 
ma le scelte di marketing non possono essere delegate al consumatore e pertanto 
rimangono di dominio dell’impresa. 
In definitiva è possibile delineare alcuni dei tratti principali del consumatore 
postmoderno: