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I. TEMPO LIBERO E TURISMO SPORTIVO 
 
1. La nascita della società del tempo libero 
La nascita del tempo libero pone un problema di portata tale da indurre taluni a domandarsi se si 
tratti di una realtà o di una fantasia. Alcuni ritengono che il tempo libero sia sempre esistito in 
tutte le epoche e in tutte le civiltà. E’ evidente che il tempo non occupato dal lavoro è antico 
quanto il lavoro, ma il tempo libero, come lo intendiamo oggi, presenta tratti specifici, tipici 
della civiltà scaturita dalla Rivoluzione Industriale. 
Nelle società del periodo arcaico così come in quelle pre-industriali del periodo storico, non si 
può parlare di tempo libero come è inteso oggi. Questo perchØ non si riesce ancora a trovare un 
distacco totale tra ciò che è il lavoro e ciò che invece è rappresentato dal gioco; inoltre il ritmo 
del lavoro è interrotto esclusivamente da pause, da canti, da giochi e da cerimonie, di 
conseguenza il lavoro identificandosi con il periodo di veglia, dal levare del sole al tramonto, 
non permette di avere del tempo da dedicare a se stessi. A ciò si aggiungono anche delle 
situazioni difficili di sopravvivenza, come il freddo che miete vittime, le carestie sono ricorrenti 
e ad esse s’accompagnano le epidemie. E’ dunque un periodo di tempo che non presenta le 
caratteristiche tipiche del tempo libero moderno. 
Nelle società pre-industriali dell’epoca moderna incontriamo numerosi lavoratori che il 
sottosviluppo tecnologico priva del posto di lavoro o condanna ad accettare impieghi sporadici 
di breve durata. In questi casi non si può parlare certo di tempo libero, nØ ancor meno di tempo 
per lo svago, bensì di tempo inoccupato. 
Così come, neanche l’ozio dei filosofi della Grecia antica o quello dei gentiluomini del XVI 
secolo possa essere definito tale
1
. 
E’ possibile sostenere, quindi, che la nozione di tempo libero si è determinata in seguito alla 
formazione e allo sviluppo di una società industrializzata e urbanizzata; una società in cui la 
qualità della vita quotidiana è cambiata in rapporto alla radicale trasformazione dei costumi, 
delle tradizioni, delle esperienze di vita collettiva. 
La storiografia piø attenta ai temi della storia sociale, dei modi di pensare e dei comportamenti 
collettivi ha sviluppato un interesse ed un’attenzione particolari per le attività e i luoghi del 
tempo libero e per quelle forme, piø o meno istituzionalizzate, di aggregazione che ne hanno 
accompagnato la crescita e la diffusione. Pertanto si è costituita la storia del tempo libero; la si 
può considerare un settore di ricerca autonomo che studia il progressivo definirsi dei 
comportamenti sociali in base ad una specifica suddivisione del tempo in attività di divertimento 
e di ricreazione, tanto individuali quanto collettive. Infatti, con il processo di 
industrializzazione, viene rappresentato un primo spartiacque temporale, individuato dagli 
storici (E.P. Thompson, E. J. Hobsbawn, D.S. Landes) per distinguere il tempo dell’otium (il 
tempo libero delle classi alte) dal tempo libero in genere, perchØ in questa fase della storia alla 
disciplina del lavoro si è accompagnata anche una disciplina della giornata dell’individuo 
ripartita tra tempo del lavoro, tempo del riposo e tempo libero
2
. 
Il primo sociologo a considerare la tematica del tempo libero fu, alla fine del XIX secolo, 
Thorstein Veblen il quale analizzava l’idea di tempo libero come forma di consumo dalla forte 
connotazione simbolica: la disponibilità di questa risorsa era riservata solo a chi, potendosi 
                                                           
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 J. Dumazedier, Sociologia del tempo libero, Angeli, Milano 1993, pp. 35-37. 
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 Le informazioni, tratte dal sito www.pbmstoria.it, sono state elaborate da F. Tarozzi, docente Università di Bologna.
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permettere occupazioni materialmente improduttive, esibiva la propria condizione privilegiata 
attraverso attività inutili e dispendiose
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. 
Negli ultimi anni del XX secolo gli storici hanno iniziato a percepire l’importanza dei momenti 
aggregativi come fattori fondamentali per cogliere le trasformazioni della società, questo ha  
permesso di considerare la storia del tempo libero come nuovo campo d’analisi utile a capire i 
gusti, le tendenze, i sentimenti, le emozioni private e collettive. 
Ricerche americane e italiane hanno rilevato che, da dieci anni a questa parte, tra quanti 
lavorano, c’è la tendenza a mettere al primo posto, tra le richieste, non piø il denaro o i benefit 
di varia natura, ma il tempo libero, quasi si fossero resi conto che se è vero che per vivere 
occorre lavorare, non è piø vita quella totalmente assorbita dal lavoro. Nelle società come le 
nostre, dove il denaro è diventato l’unico generatore simbolico di tutti i valori, si è pensato, 
negli anni ’80 e ’90, che potendo pagare, e quindi lavorando tutto il tempo per poterselo 
permettere, ciascuno potesse meglio realizzare se stesso e, soprattutto in ambito femminile, 
realizzare la propria indipendenza. Di qui la scelta degli asili non in base ai criteri educativi, ma 
esclusivamente in base al tempo in cui intrattengono i bambini, l’affido degli adolescenti alle 
scuole, i disagi giovanili affidati agli psicologi perchØ i tempi di comunicazione nell’ambito 
familiare, quando non sono ridotti, sono del tutto assenti.  
Oggi questo stacanovismo del lavoro per procurarsi denaro con cui realizzare la propria 
indipendenza sta svelando il rovescio della sua medaglia, per cui tutto diventa indifferente e 
nulla piø stimolante. Lo spostamento dell’auto-realizzazione nel mondo del lavoro con 
conseguente de-realizzazione nel mondo della famiglia e piø in generale degli affetti ha fatto 
crollare anche l’ideologia del “tempo-qualità”. Chiedere tempo libero, e non piø solo denaro e 
benefit, è un modo per recuperare l’umano e non soccombere a quell’atrofia emotiva in cui uno 
non solo non è piø in grado di riconoscere l’altro, ma alla fine neppure se stesso. Le nuove 
generazioni sembra l’abbiano capito. Se riusciranno a rivendicare tempo libero saranno la piø 
significativa delle rivoluzioni, perchØ riconsegneranno una speranza all’uomo nell’età della 
tecnica che, col suo sguardo guidato solo dalla piø fredda razionalità, fatica a distinguere un 
uomo da una macchina
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. 
 
1.1. Il tempo libero in Europa a fine Ottocento 
E’ negli ultimi decenni dell’Ottocento che è stata posta la questione dell’impiego del tempo 
libero perchØ, mano a mano che la giornata lavorativa diminuiva e che le macchine aiutavano a 
sbrigare parte del lavoro, si aveva piø tempo da trascorrere in altre attività. Diventarono perciò 
attività di massa il turismo, la villeggiatura e lo sport, che fino a quel momento erano stati 
privilegio di pochi. In particolare lo sport, dopo essere stato praticato soprattutto dai gentlemen-
amateurs, alla fine dell’Ottocento si diffuse anche negli strati popolari, soprattutto in Gran 
Bretagna, dove gli operai ebbero maggior tempo libero, grazie alla riduzione delle ore di lavoro 
e alla concessione di mezza giornata festiva il sabato. Nacquero o si diffusero numerose 
discipline sportive, dal pugilato al ciclismo, dall’atletica leggera al football (da cui sarebbero 
derivati sia il calcio sia il rugby). Questi sport diventarono di massa perchØ furono praticati da 
molti o interessarono numerosissimi spettatori.  
                                                           
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 C. Buzzi, A. Cavalli, A. De Lillo, Rapporto Giovani, Sesta indagine dell’Istituto IARD sulla condizione giovanile in 
Italia, Il Mulino, Bologna 2007. 
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  L’articolo Il tempo libero piø prezioso del denaro, tratto dal sito www.repubblica.it, è stato scritto da U. Galimberti, 6 
Aprile 2006.
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Lo sviluppo di alcuni sport era in stretto rapporto con i progressi della tecnologia
5
. In Italia, in 
particolare, negli ultimi anni dell’Ottocento aprono, in rapida successione, le prime industrie 
automobilistiche: nel 1897, a Milano, sorge l’Isotta Fraschini, e nel Novembre del 1899, a 
Torino la Fiat produce le prime dieci vetture a tre cavalli. L’automobile all’inizio è accessibile 
alle tasche di pochi, dunque ad un pubblico selezionato ed elitario; è destinata però nel volgere 
di qualche decennio ad aprire nuovi versanti del tempo libero degli italiani. In realtà il viaggio 
dell’ “Italietta” d’inizio secolo non si compie attraverso le lussuose e prime automobili ma con 
un mezzo di locomozione piø popolare: la bicicletta. Le prime sommarie statistiche le facevano 
ammontare nel 1896 a circa 30.000; l’esiguità di queste cifre, messe a confronto con quelle di 
altri paesi europei, indicava che in Italia, negli anni a cavallo del secolo, la bicicletta costituiva 
ancora un oggetto “di lusso”. Tuttavia a partire dai primi anni del Novecento il numero delle 
biciclette subì aumenti considerevoli, la bicicletta si avviava a divenire un bene di consumo 
popolare. Segno definitivo dell’approvazione sociale della bicicletta da parte delle classi 
popolari fu il tentativo di differenziazione dei ceti piø elevati, che sceglievano come status 
symbol del proprio censo un mezzo piø moderno e costoso: l’automobile. L’appropriazione da 
parte delle classi popolari della bicicletta fu favorita anche dalla progressiva diminuzione del 
suo costo. La bicicletta rappresenta, almeno in Italia, il primo esempio di un felice abbinamento 
fra sport e industria, un’accoppiata destinata anni piø tardi a costituire una delle connotazioni 
piø caratteristiche del tempo libero. 
Nel 1909 prende il via la prima edizione promossa da un gruppo di giornalisti della “Gazzetta 
dello Sport” con l’intento di vendere piø copie del giornale e far vendere piø biciclette ai 
produttori. Fin dalle prime tappe è popolarità immediata; evidente è l’evoluzione dello sport. In 
realtà nessun fenomeno come lo sport fornisce elementi per capire come, alle soglie del XX 
secolo, il tempo libero si configuri anche come espressione e prodotto del progresso scientifico 
e, al tempo stesso, come fenomeno di omologazione a modi, gusti e tendenze di carattere 
universale. Ed è così che nell’ultimo decennio del XIX secolo ebbero inizio le Olimpiadi 
dell’età contemporanea. La prima si tenne nel 1896, ad Atene
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. 
 
 
                                          Foto n.1: Locandina Olimpiadi Atene 1896, fonte: www.datasport.it , 2012. 
 
                                                           
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 Informazioni tratte dal materiale didattico del corso di Storia Contemporanea del professore Cappelli Vittorio, a.a. 
2008/2009, Cdl Scienze Turistiche, Università della Calabria, Rende.