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1. Introduzione 
 
L’evento nel terzo millennio. Una necessità, un bisogno, un obbligo. Il nuovo 
secolo ha riaperto le porte a quello che, nella storia dell’uomo, è sempre stato una 
presenza costante: l’evento aggregativo. Sociale, sportivo, musicale, culturale, 
ludico. E anche le aziende hanno dovuto adeguarsi all’impulso umano del 
coinvolgimento. Quando ormai la forza trascinante della comunicazione 
unilaterale è andata dileguandosi, la gente ha sviluppato le proprie autodifese, 
l’immunità ai grandi messaggi pubblicitari, al bombardamento mediatico, visivo, 
multi-canale e multi-colore. La gente vuole essere coinvolta. 
L’esperienza, viva, vissuta, vibrante, qualcosa da ricordare e non solo da 
imparare. La mente non memorizza più il messaggio letto sul cartellone, vuole 
assorbirlo, vuole sentirsi parte integrante di quel mondo affascinante che il brand 
propone e si propone di trasmettere ai suoi consumer.  
Il mondo raccontato dal brand è un mondo meraviglioso, il brand però dev’essere 
il collante che lega, congiunge, pontifica sino a quella realtà alternativa. Ma non 
basta più promettere, il consumatore è saturo di messaggi e di mass-media, non 
basta più dire che quella determinata marca è cool per renderti cool indossandola, 
non c’è più selezione naturale; la globalizzazione, la tecnologia, l’impatto delle 
comunicazioni dal basso, ha reso tutto accessibile, tutto a portata di mano, non sei 
americano se indossi una determinata marca, non sei “rocker” se porti quel tipo di 
pantaloni. L’evento deve farti entrare nell’immaginario che ti è stato raccontato.  
Il consumatore è esigente, sofisticato, attento, non si fa più impressionare dai 
paroloni, vuole essere complice, vuole essere intrigato e coinvolto, deve essere lui 
a dar vita al brand e non viceversa.  
Che sia un bene o un male non è ancora chiaro, ma la gente cerca emozioni nei 
brand, laddove la vita frenetica non ti permette di svagarti, di cercare nuove 
esperienze personali, deve subentrare il brand, rendere piacevole il tempo che vi si 
dedica, coinvolgere cuore e mente e dare l’impressione, reale, di instaurare un 
rapporto diretto, da pari. 
La televisione ha fatto la sua parte, da grande mamma delle comunicazioni, 
moltiplicando a poco a poco l’incidenza dei messaggi pubblicitari, sino a 
trasformarsi in una bacchettona che ti ripete a cantilena sempre la stessa solfa. Il
consumatore non è più disposto ad essere inerme spettatore, vuole entrare nel 
gioco e interagire. 
 
E’ tornata l’era degli eventi, il consumatore ha bisogno di essere capito, 
socialmente riconosciuto, non vuole e non può più permettersi di essere passivo, 
non vuole più fruire della funzione, dell’utilità o dell’estetica di un prodotto o 
servizio, insomma di un brand. Vuole essere raccontato attraverso il brand, stupito 
e apprezzato, è alla ricerca del nuovo, dell’originale, della spettacolarità 
personalizzata e non fine a sé stessa. Non è più il prodotto ad essere al centro del 
communication mix, ma il consumatore, e gli eventi la fanno da padrone. Vanno 
dritti allo scopo, lasciando un segno tangibile, permettono il confronto, il ricordo, 
la partecipazione.  
E possono rinnovarsi sempre. Devono rinnovarsi sempre. Plasmati sul target che 
sarà sempre unico e irripetibile, per quel luogo, quel lasso di tempo, quel 
segmento generazionale in evoluzione. Tutti sono più preparati, non assorbono ma 
selezionano e lo fanno con cognizione, vogliono essere interessati, vogliono 
mettere in fibrillazione tutti i sensi prima di lasciarsi trasportare in quello che il 
brand ha da offrire. 
Al brand non basta essere visibile, il pubblico è smaliziato e reagisce in positivo e 
in negativo, certo. Ma reagisce. Reagisce alle idee alternative, al rischio che 
l’azienda si assume con un’idea nuova, con una sferzata energica, frizzante e 
brillante alla solita routine di comunicazione statica. Quella comunicazione 
asettica alla ricerca della mera visibilità.  
Un’esperienza memorabile è, il più delle volte, un’esperienza felice. Questo è ciò 
che cerca il pubblico, è un’equazione piuttosto semplice raccontata da questo 
punto di vista. 
 
In questa trattazione affronteremo il tema dell’evento come leva del marketing 
mix, come la comunicazione legata all’evento - quella correlata, quella interna e 
quella di cui è portatrice l’evento in sé - abbia assunto un aspetto rilevante come e 
più di tutte le altre leve.
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Affronteremo un percorso su come l’evento si sia inserito a pieno titolo all’interno 
delle strategie aziendali, come raggiunga efficacemente alcuni obiettivi, quali 
siano i suoi vantaggi e anche i suoi rischi, le sue mancanze, in che direzione si sta 
evolvendo il mondo degli eventi aziendali, quali siano le prospettive future e gli 
orizzonti. 
Per farlo ci siamo legati ad Heineken, brand internazionale, leader nel campo della 
birra, top of mind per quanto riguarda il mercato europeo, dove l’azienda in 
questione è attiva e primeggia anche nel campo degli eventi, della promozione 
diretta e del marketing esperienziale, instaurando un rapporto sincero e 
coinvolgente con i propri consumer. Che siano questi clienti affezionati o semplici 
“simpatizzanti” del mondo Heineken, un mondo affascinante e seducente.
2. L’evento 
 
Siamo arrivati al punto in cui tutto è comunicazione, ogni scelta, segno, parola si 
trasforma in veicoli promozionali, simboli da tradurre, codificare e interpretare.  
Le strategie aziendali devono far fronte a tutto questo ed in mezzo a questa 
bagarre comunicativa l’evento ha fatto breccia.  
Si è fatto largo sapendosi ritagliare uno spazio ben definito, inquadrato per 
necessità all’interno di ogni marketing mix scelto dalle aziende. Sottraendo 
importanza - e budget - ai mezzi classici della comunicazione e della formazione, 
insinuandosi in tutte le aree collegate. 
L’evento è, ad oggi, un mezzo di comunicazione, di immagine e business, 
riconosciuto e sfruttato universalmente per raggiungere tutti gli obiettivi di 
marketing. 
 
Il mondo degli eventi è un settore in fortissima crescita, è circa dal 2000 che ha 
cominciato ad inquadrarsi, dandosi dei codici ed una fisionomia sempre più 
delineata all’interno del communication mix, andando a coprire le falle che si 
aprivano nei sistemi tradizionali.  
In concomitanza con l’avvento dei new media e delle tecnologie, gli eventi si sono 
trasformati da occasioni sporadiche, ponderate da aree specifiche - come fossero 
un aspetto autonomo delle aziende - sino a divenire la forma di comunicazione 
integrata più dinamica e produttiva, in linea con i gusti del pubblico e con il 
cambiamento delle modalità di consumo. 
Il chiasso costante del mondo pubblicitario e l’intrecciarsi di mercati nazionali e 
internazionali, unito all’esplosione di nuovi mercati inesplorati, reali e digitali, 
hanno dato luogo ad un affollamento di messaggi, di input, al quale il 
consumatore reagiva sempre meno. 
Le comunicazioni pubblicitarie destinate alla massa, alla visibilità indistinta 
perdevano potere di seduzione, lasciando la strada a quello che è stato definito il 
marketing relazionale, che arriva direttamente al cuore del consumatore attraverso 
le nuove frontiere del marketing emozionale.
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L’evento è stato tutto questo, ha messo a disposizione nuovi linguaggi espressivi e 
una forza aggregativa inespressa ma necessaria per la sopravvivenza dei brand. 
 
L’evento ha permesso lo sviluppo di nuovi approcci di Marketing.  
Uno di questi nuovi approcci può essere denominato senz’altro il “Marketing 
esperenziale”, che altro non è che un’evoluzione delle strategie di marketing che 
prima venivano applicate e vi si faceva leva quasi esclusivamente per i beni di 
lusso o in ambito culturale. Le nuove prospettive del mercato e le esigenze 
correlate hanno traghettato la “experience” a tutti i livelli di marketing.  
Con marketing esperenziale si possono generalmente definire tutte le nuove 
politiche di marketing, almeno quelle più innovative, che puntano alla ricerca di 
nuovi vantaggi competitivi, basati sul coinvolgimento emozionale e sulla 
creazione di esperienze. 
La concentrazione si sposta quindi sulla sfera del sensibile, basandosi più 
sull’esperienza di consumo che non sul prodotto in sé, la prima necessità per un 
brand è quindi quella di individuare quale tipo di esperienza valorizzerà al meglio 
il prodotto, cosa vuole vivere il consumatore quando farà uso di un determinato 
prodotto. 
Da qui si interagisce con la vita del cliente, un piccolo “clic” che ha rivoluzionato 
tutta la storia del marketing e della comunicazione d’impresa. L’evento ne è il 
simbolo per eccellenza, ma cos’è l’evento? 
 
 
a. Cos’è l’evento 
 
Il termine “evento” nasce in epoche lontane, l’eventum caro ai latini definisce una 
serie quasi illimitata di manifestazioni, iniziative e avvenimenti più o meno 
pubblici. 
Oggi, all’interno del communication mix l’evento si è trasformato in uno 
strumento ben identificato e irrinunciabile, che però non ha una definizione netta e 
univoca, non può averla. L’evento è uno strumento eclettico adattabile alle 
esigenze, modificabile di volta in volta, nelle più disparate forme. Non può
esistere una definizione unica in quanto ci sono copiose tipologie di evento ed 
ognuna di esse può frammentarsi e reinventarsi ogni volta, in base alle condizioni 
di tempo, spazio, budget, obiettivo. 
L’evento si pone, dall’ideazione nel brief aziendale, al lavoro d’agenzia sino 
all’analisi dei risultati, contenendo tutta una serie di risvolti; diversi obiettivi, 
diversi pubblici, diverse modalità di conversazione tra fattori. 
L’evento è sicuramente uno strumento moderno, può essere definito come l’unica 
leva in grado di unire, in maniera efficace, il coinvolgimento del target con 
l’aggregazione, in una interazione organica con l’azienda traducibile come 
esperienza, la “brand experience”. 
 
L’unica definizione che possiamo dare è che l’evento è uno strumento di 
comunicazione. Ancor meglio è un avvenimento programmato, con una durata 
specifica e delle finalità specifiche, studiate e programmate anch’esse.  
Il successo di un evento è determinato da tutta una serie di variabili fondamentali 
da pianificare. Che vanno dalla partecipazione del pubblico alla veicolazione di un 
messaggio, ma soprattutto all’obiettivo di suscitare consapevolmente 
dell’interesse, nei partecipanti, negli stakeholders e nei pubblici influenti.  
 
Un’altra condizione necessaria affinché si possa parlare di eventi aziendali è che il 
brand debba avere la cognizione degli obiettivi posti come scopo finale.  
Ogni avvenimento pubblico può essere definito un evento, ma solo quelli inseriti 
in un complesso e pianificato piano di comunicazione e marketing, e circoscritti 
nel tempo, possono essere definiti eventi per l’azienda. 
 
Le prime grandi aziende che intuirono le nuove potenzialità offerte dal campo 
dell’eventistica ne ottennero risultati straordinari.  
I primi esempi che arrivano alla mente in campo Italiano sono le cerimonie 
Olimpiche di Torino nel 2006, oppure lo show di lancio della nuova Fiat 500; due 
eventi futuristici e visionari che attirarono l’attenzione internazionale ed un 
incalcolabile ritorno di immagine.
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Oppure si possono citare le campagne di comunicazione correlate ai tour itineranti 
di Tim e Vodafone per un’intera estate.  
L’esempio più significativo è senz’altro la campagna internazionale Nike 
denominata “the Secret Tournament” (in Italia ricordata come “la Gabbia”), dove, 
ad una campagna di comunicazione sviluppata e articolata nel tempo, composita 
di cartellonistica, inserzioni, spot e pubblicità su tutti i mezzi convenzionali, 
vennero affiancate due novità rivoluzionarie nel campo globale della 
comunicazione:  
- il guerrilla marketing; sdoganando ufficialmente la comunicazione aggressiva 
nei top brand - tutti i Romani ricorderanno i graffiti “teaser” apparsi sui muri della 
capitale, che raffiguravano lo scorpione stilizzato simbolo della campagna -. 
- gli eventi; come fase finale e culmine della campagna.  
La Nike organizzò per l’occasione, in una dozzina fra le maggiori città del mondo 
tra cui Roma per l’Italia, dei veri e propri tornei di calcio in “gabbia” all’interno di 
villaggi brandizzati in tema con la campagna stessa, ai quali si stimò che 
parteciparono almeno un milione di ragazzi. Il Presidente della compagnia la 
considerò la campagna mondiale più completa e di successo mai realizzata dalla 
Nike
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. Ed era solo il 2002. 
 
Gli eventi, come strumento di marketing, crebbero di rilevanza, assumendo un 
ruolo fondamentale in quanto riuscivano, e riescono tutt’ora, a supportare tutte le 
attività pianificate ed ad essere sostenuti dalle stesse, trasformando una campagna 
di comunicazione fredda e distante in una occasione di interazione con il 
territorio, con i media e con i pubblici di interesse. 
 
In Italia il picco massimo nel mercato degli eventi è stato raggiunto nel 2008 
quando vi sono stati dedicati ben 1300 milioni di euro
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, subendo un calo negli 
anni successivi, dovuto più che altro al tempo di crisi che non ad una rinuncia da 
parte delle aziende dello strumento “evento”. 
 
 
                                                 
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Wikipedia “The secret tournament” cit. “Sporting good business”, 7 ottobre 2002 
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 Ricerca Astra per ADC, Monitor sul mercato degli eventi in Italia