Capitolo 1 
 
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1.1 Fisiologia Cardiocircolatoria 
 
 
Il sistema cardiovascolare, garantisce gli scambi di massa e di calore che sono alla base della 
vita umana.  
Il sangue rifornisce d’ossigeno l’organismo, il quale attraverso complicati processi di 
combustione, trasforma questa energia chimica in energia meccanica. 
Nel suo complesso, il sistema circolatorio è schematizzabile mediante due circuiti posti in 
serie tra loro: circuito sistemico e circuito polmonare. La dualità dei due circuiti è evidente: 
il secondo rifornisce d’ossigeno il sangue e lo lava dall’anidride carbonica, mentre il primo 
consente il rifornimento d’ossigeno ai tessuti e provvede all’asportazione da essi di anidride 
carbonica. 
Il cuore è una pompa pulsatile volumetrica che fornisce al sangue l’energia meccanica 
necessaria a vincere le perdite di carico fluidodinamiche dei circuiti periferici. 
Ha una struttura composta da quattro camere, rispettivamente: Atrio Sinistro, Ventricolo 
Sinistro, Atrio Destro, Ventricolo Destro. 
Per comodità viene definito un cuore sinistro (AS + VS) e un cuore destro (AD + VD), in 
modo da rendere più chiara la loro funzionalità. 
Il cuore sinistro è quello che si deve occupare della circolazione sistemica che, come si vede 
in figura 1.1, rappresenta un carico notevolmente maggiore rispetto a quello polmonare 
(assegnato al cuore destro). 
 
 
 
 
 
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Figura 1.1 Aspetto Funzionale del Sistema Cardiocircolatorio 
 
È per questo motivo che il ventricolo sinistro è più grosso e ha una muscolatura più spessa 
di quello di destra.  
Anche la posizione anatomica conferma la prevalenza d’importanza del cuore sinistro su 
quello destro: il cuore è disposto in modo che l’atrio e il ventricolo destro stiano tra lo 
sterno e il cuore sinistro, in modo che quest’ultimo sia il più protetto possibile. 
Il cuore sinistro risulta più soggetto a malfunzionamenti o danni, essendo sempre 
sottoposto ai carichi maggiori, con possibili conseguenze dannose alle fibre muscolari del 
miocardio o alle valvole (mitrale e aortica). 
 
Come si vede dalla figura 1.1, il sangue viene pompato dal ventricolo sinistro e, attraverso 
l’aorta, raggiunge tutti i distretti sistemici (compreso il circolo bronchiale dal quale rifluisce, 
contrariamente agli altri circoli, nell’atrio sinistro). Dopo essere passato attraverso arterie e 
arteriole il sangue raggiunge i capillari, luogo dove diminuisce l’affinità tra ossigeno ed 
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emoglobina, mentre aumenta quella con l’anidride carbonica: in questo modo si ha 
migrazione di O
2
 dal sangue verso i tessuti e di CO
2
 dai tessuti verso il sangue. 
Oltrepassati i capillari il sangue viene raccolto dal sistema venoso, che defluisce nelle vene 
cave, e quindi riversato nell’atrio destro. 
Passando nel ventricolo destro, il sangue viene pompato nel circolo polmonare. L’ossigeno 
entra nel sangue attraverso gli alveoli polmonari per andarsi a legare con l’emoglobina, 
mentre l’anidride carbonica viene rilasciata attraverso i polmoni. 
Poi il sangue raggiunge l’atrio sinistro e quindi nuovamente il ventricolo sinistro, 
ricominciando il circolo. 
 
Anche il cuore, essendo un muscolo, deve ricevere il giusto apporto di sangue e quindi di 
ossigeno. È però un muscolo particolare: non avendo la possibilità di fermarsi 
temporaneamente, lavorando in maniera continuativa, ha bisogno di un gran quantitativo di 
energia, e quindi di sangue. Ciò avviene attraverso le coronarie, nelle quali scorre circa il 
10% del sangue eiettato ad ogni battito. È intuibile quanto siano pericolose ostruzioni o 
malfunzionamenti alle coronarie e che, di conseguenza, quando ciò si verificasse, si abbia 
bisogno di ricorrere a un intervento chirurgico.  
 
 
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1.2 La Circolazione Extracorporea 
 
La necessità di effettuare interventi sul cuore significa quasi sempre arrestare le funzioni 
cardiache e polmonari e sostituirle con un insieme di dispositivi che prende il nome di 
circolazione extracorporea (CEC) [3]. 
 
Un metodo di incannulazione cardiaca è il by-pass Cardio – Polmonare: consiste nel 
bypassare tutto il sistema cardiaco, deviando il sangue dalle vene cave direttamente 
nell’aorta.  
 
 
 
 
 
 
 
Figura 1.2 By-pass Cardio – Polmonare 
 
In questo modo vengono bypassati i polmoni: nel circuito per la circolazione extracorporea 
è necessario un dispositivo in grado di rifornire di O
2
 il sangue e di asportare la CO
2
. 
Questa macchina prende il nome di ossigenatore. 
 
Un circuito per la circolazione extracorporea, è composto da: 
 
• Cannule venose e arteriose 
• Reservoir 
• Ossigenatore 
• Pompe 
• Scambiatori di calore 
• Aspiratori 
• Filtri 
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Figura 1.3 Schema di un Circuito per la Circolazione Extracorporea 
(con Pompa Roller e Ossigenatore a Membrana) 
 
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1.2.1 Cannule 
 
Le cannule utilizzate in circolazione extracorporea, sono tubi in materiale polimerico. 
Sono progettate in modo da far circolare il sangue con il minimo grado di turbolenza.  
Devono anche essere sufficientemente robuste per evitare che si pieghino o collabiscano 
ma, allo stesso tempo, devono essere flessibili per essere maneggiate facilmente. 
 
1.2.2 Pompe 
 
Le pompe utilizzate nel circuito per la circolazione extracorporea (di solito è presente anche 
una pompa d’emergenza) sono quattro: una è la main pump, cioè la pompa che mantiene il 
sangue in circolo, un’altra è utilizzata per la cardioplegia e le altre due servono come 
aspiratori. 
La pompa principale può essere di due tipi: Roller o Centrifuga. Entrambe sono a flusso 
continuo, contrariamente al cuore che, invece, è una pompa pulsatile. 
A seconda di parametri soggettivi, la pompa assicura la portata adeguata al paziente (dai 4 ai 
7 l/m). 
La caratteristica teorica saliente della Roller, essendo una pompa volumetrica, è la capacità, 
grazie alla sua struttura meccanica, di mantenere costante la portata qualsiasi sia il carico (la 
resistenza) a valle. 
Al contrario con la pompa Centrifuga, la portata varia in relazione al carico (a parità di 
numero di giri), ma, visto il suo principio di funzionamento, provoca molta meno emolisi 
della Roller e non manda in circolo eventuali bolle gassose. 
 
I circuiti che sono stati utilizzati negli interventi considerati, includevano taluni una 
Centrifuga, e gli altri una Roller. 
 
1.2.3 Ossigenatore 
 
In CEC possono essere utilizzati due tipi fondamentali di ossigenatori: a membrana e a 
gorgogliamento. 
La scelta dell’ossigenatore determina differenze nel lay–out circuitale. 
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Come si vede dalla figura 1.4 lo schema generale di un circuito per la CEC, con 
Ossigenatore a membrana, è il seguente: 
 
Figura 1.4 Schema del Circuito per la Circolazione Extracorporea 
 
 
L’ossigenatore è messo a valle della pompa a causa delle sue elevate perdite di carico, che 
influenzerebbero pesantemente la quantità di sangue che ritorna dal paziente stesso; in 
questo modo la pompa provvede a compensarle. 
Al contrario l’ossigenatore a gorgogliamento andrebbe messo prima della pompa, essendo 
strutturato in modo da avere una riserva arteriosa derivante dal deschiumaggio, 
procedimento necessario dopo il gorgogliamento. 
 
1.2.4 Scambiatore di Calore 
 
Gli scambiatori di calore hanno la funzione di regolare la temperatura del sangue e, di 
conseguenza, la temperatura del paziente.  
Lo scambiatore di calore è posto a monte dell’ossigenatore: l’ossigenatore aumenta 
notevolmente la pressione parziale dell’ossigeno nel sangue, il quale si può trovare sia in 
forma legata all’emoglobina, sia in forma disciolta nel plasma; l’ossigeno disciolto, tende ad 
aggregarsi all’aumentare della temperatura, formando bolle.  
Una caratteristica importante di questo dispositivo, posta a salvaguardia dell’asetticità del 
sangue, è quella di evitare, in caso di danneggiamento, che il liquido termovettore (acqua) 
vada a contatto col sangue ed entri in circolo. Questo è possibile mantenendo il liquido ad 
una pressione leggermente inferiore a quella del sangue, in modo tale che, in caso di 
danneggiamento, sia il sangue a trasferirsi nel circuito esterno e non viceversa. 
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1.2.5 Reservoir 
 
È un recipiente in cui il sangue va a depositarsi.  
Questo dispositivo dà la possibilità di accumulare un certo quantitativo di sangue, 
svuotando il paziente se il chirurgo ne ha l’esigenza. Esso consente anche di evitare che le 
vene cave collabiscano a causa di un aumento dei giri della pompa o una vasodilatazione 
del paziente (comportando un accumulo di sangue nel corpo stesso). 
 
1.2.6 Filtro 
 
Il filtro è sempre presente anche se alcuni lo considerano solo uno strumento cautelativo, 
visti gli accorgimenti precedenti.  
Grazie alla sua struttura microreticolata, impedisce il passaggio di microcoaguli, minuscoli 
frammenti di tessuto, piccolissime bolle.  
 
Non si monta più di un filtro in serie perché oltre l’alta efficienza del filtro, vi sono misure 
preventive anche a monte del circuito e soprattutto si aumenterebbero eccessivamente le 
perdite di carico nel circuito. 
 
 
1.2.7 Aspiratori 
 
Due delle quattro pompe presenti nel circuito per la CEC, sono usate per gli aspiratori. 
Vengono utilizzati due aspiratori, il primo per recuperare il sangue versato nella cavità 
toracica a causa, per esempio, delle ingiurie chirurgiche, il secondo per recuperare il sangue 
dall’atrio sinistro proveniente dal circolo bronchiale. 
Il sangue recuperato viene filtrato, ossigenato e reimmesso nel circuito. 
Per il loro principio di funzionamento e le tecniche costruttive, gli aspiratori sono 
altamente emolitici, poiché sottopongono i globuli rossi a depressioni e a moti turbolenti 
considerevoli. 
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1.2.8 Cardioplegia 
 
Nel lasso di tempo in cui avviene l’operazione chirurgica, il cuore deve comunque essere 
alimentato, per impedire il deterioramento delle fibre muscolari del miocardio.  
Se alimentato con sangue però, il cuore tende a riprendere a pulsare. La cardioplegia 
ematica risolve questo problema: è una soluzione cristalloide, che viene fatta scorrere in 
maniera anterograda o retrograda, contenente un’elevata concentrazione di ioni potassio 
che impediscono qualsiasi attività al miocardio [1]. Nella soluzione viene introdotta una 
piccola quantità di sangue per tentare di ricreare l’ambiente fisiologico. 
 
1.2.9 Eparina 
 
Il contatto tra sangue e materiale estraneo, provoca coagulazione: per evitare ciò, il sangue 
viene eparinato prima di entrare in circolazione extracorporea. Terminata l’operazione 
viene somministrato al paziente del solfato di protamina, antidoto dell’eparina, 
ripristinando l’attività coagualatoria. 
La dose iniziale di eparina è 4 mg per chilogrammo peso del paziente ed è iniettata dal 
chirurgo nell’atrio destro. Il tempo di coagulazione è determinato prima di cominciare la 
CEC, per assicurare adeguata anticoagulazione. Il tempo di coagulazione è monitorato ogni 
mezz’ora ed è mantenuto maggiore di 480 secondi da dosi supplementari di eparina. 
 
1.2.10 Volume di Priming 
 
L’intero circuito per la circolazione extracorporea viene preventivamente riempito con un 
liquido detto di priming (dall’inglese: riempimento), costituito principalmente da soluzione 
fisiologica, eparina, ed eventuali farmaci richiesti dall’anestesista per le condizioni 
particolari del paziente (ugurol, tranex, ecc.).  
Il perché del liquido di priming è semplice: evitare la presenza d’aria (e quindi di bolle) nel 
circuito. 
Il volume di priming deve essere il minore possibile: il collegamento del paziente al circuito per 
la circolazione extracorporea, comporta un aumento del volume vasale, e data la presenza 
del liquido di priming si ha una conseguente diluizione del sangue. E’ stato accertato che è 
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ammissibile un abbassamento dell’ematocrito fino ad un limite del 15%, al disotto del 
quale, i globuli rossi non sono più sufficienti per soddisfare le esigenze vitali del paziente, 
anche se si aumenta la portata [2] (andando incontro a seri problemi dovuti all’emolisi).  
Quindi, più piccolo è il volume di priming, più piccolo è il grado di diluizione del sangue, 
con conseguente riduzione delle eventuali complicanze. 
 
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1.3 La Teoria sulle Pompe 
 
In circolazione extracorporea, la portata di sangue è garantita dalla pompa del circuito. 
Attualmente il 99% dei circuiti per la CEC, includono pompe o Roller, o Centrifughe. 
Elementi fondamentali per valutare una pompa sono: 
 
• principio di funzionamento 
• curva caratteristica ideale – reale 
• volume di priming 
• emolisi 
 
1.3.1 Le Pompe Roller 
 
Il principio di funzionamento della pompa roller è il seguente: un tubo deformabile, viene 
posto in un vano semicircolare dove due o più rulli collegati ad altrettanti bracci, ruotando, 
lo comprimono, spingendo avanti il volume di sangue antecedente al rullo. 
 
Figura 1.5 Schema della Pompa Roller 
 
La roller è una pompa volumetrica; ciò vuol dire che, se il motore a disposizione è 
sufficientemente potente, la sua portata dipende esclusivamente dal volume di sangue 
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spinto nel vano semicircolare e dal numero di giri, indipendentemente dal carico idraulico 
che deve vincere. Per questo motivo è normale che il motore di questa pompa sia 
sovradimensionato. 
 
La portata della pompa risulta: 
ξ∗∗∗=
TEMPODIUNITA
GIRIRULLISANGUEPOMPA
rpmnVQ
__'
 
dove:  
ξ  = rendimento volumetrico 
V
SANGUE
 = volume presente nel tubo compreso tra due rulli consecutivi 
= 
n
r  2
r
2
2
1
π
π ∗∗  (r
1
 = raggio del tubo; r
2
 = raggio del vano semicircolare; n = 
numero dei raggi della pompa) 
 
Il rendimento volumetrico è un parametro di correzione: calcolando il volume di sangue 
non si tiene conto del volume di sangue perso, dovuto allo schiacciamento del tubo da 
parte del rullo stesso. 
 
Figura 1.6 Volume Occupato dal Rullo 
 
Un fattore che può far variare la portata, a parità di numero di giri, è la temperatura del 
sangue e la temperatura a cui la pompa si trova. Infatti, il tubo essendo di materiale 
polimerico, risente facilmente delle variazioni di temperatura, che provocano variazioni del 
suo diametro, con conseguente variazione della portata. 
Per valutare e comprendere il funzionamento di una pompa, bisogna guardare il grafico 
rappresentante la sua curva caratteristica. 
Questa curva mette in relazione la portata con la prevalenza ∆ H. La prevalenza è la 
differenza di pressione (o di energia) del fluido tra ingresso e uscita della pompa, e ∆ H 
indica l’altezza, in metri, di una colonna d’acqua che la pompa riesce a pompare in verticale. 
Capitolo 1 
 
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La curva caratteristica della pompa roller è una semiretta parallela all’asse della prevalenza: 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Figura 1.7 Curva Caratteristica della Pompa Roller 
 
Il numero di giri è direttamente proporzionale alla portata; facendo traslare parallelamente 
all’asse della prevalenza la retta caratteristica (all’aumentare del numero di giri, aumenta 
proporzionalmente la portata). 
Avendo questo tipo di caratteristica, la pompa roller, mantiene costante la portata qualsiasi 
sia la caratteristica esterna e ciò è di fondamentale importanza per la circolazione 
extracorporea. 
 
Il volume di priming di questa pompa è rappresentato dal volume del tratto di tubo posto 
all’interno della sede semicircolare (tubo sottopompa), oltre, ovviamente, ai tubi necessari 
per collegare la pompa al resto del circuito. 
L’emoliticità della pompa roller è alta. Se i rulli occludessero totalmente il tubo, la pompa 
provocherebbe un’emolisi troppo elevata, ma se occludessero troppo poco la portata 
crollerebbe. 
Quindi è necessario sollevare il rullo quanto basta per permettere di sfuggire allo 
schiacciamento ai globuli rossi troppo vicini al fronte del rullo che avanza. 
n° giri 
∆ H
Q
Caratteristica 
Della Pompa 
Caratteristica 
Esterna 
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Figura 1.8 Rullo che Schiaccia il Tubo: Formazione dei Meati 
 
In questo modo si ha la formazione di due meati agli estremi del tubo schiacciato. Grazie ai 
meati i globuli rossi, che stanno per essere schiacciati, hanno la possibilità di rifluire in 
senso contrario al moto dei rulli. 
Così facendo, l’unica emoliticità è quella dovuta agli sforzi di taglio causati dagli elevati salti 
di pressione nei meati: 
 
γ∗∗=τ
4
D
J  
dove J è la cadente: 
gD2
v
J
2
∗λ=   in cui  {
25,0
TURBOLENTO
LAMINARE
Re
316,0
Re
64
=λ
=λ
 
La presenza di questi meati però, toglie alla pompa le proprietà volumetriche, dando luogo 
ad una portata di rigurgito, rendendo così la portata funzione del carico esterno. 
La curva caratteristica varia notevolmente, dipendendo dal diametro di questi orifizi, il 
quale è indicato con ∆ R, cioè la distanza del rullo dalla posizione di completa occlusività 
(per decimi di millimetro cambia la curva caratteristica):