INTRODUZIONE  
                                                           
 
 
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Qualora si renda necessario effettuare uno studio di vulnerabilità, occorre 
reperire informazioni riguardanti l’intensità di piena, le relazioni intensità di 
piena - danno e le tipologie di elementi esposti al rischio. 
Per quanto concerne l’intensità di piena, allo stato attuale viene assunto, in 
letteratura scientifica, che sia possibile utilizzare una sola grandezza 
caratteristica: la profondità massima localmente raggiunta dall’acqua (tirante 
idrico), reperibile dalle analisi idrauliche. Ovviamente tale semplificazione 
comporta che parametri importanti come la velocità locale, l’erosione, il 
trasporto e la deposizione di materiale solido, la rapidità di comparsa del 
fenomeno e la sua durata non concorrono alla definizione della vulnerabilità.  
Conseguentemente, le relazioni intensità di piena - danno vengono assunte 
unicamente in termini di tirante idrico – danno e prendono il nome di funzioni 
di danno o curve di vulnerabilità. La difficoltà di correlare l’intensità di piena 
al danno e quindi, giungere alla costruzione di funzioni di vulnerabilità, è un 
argomento dibattuto e oggetto di sviluppo in letteratura. 
 Tali funzioni sono generalmente costruite sulla base di analisi statistiche dei 
danni registrati post-inondazione, sono caratteristiche della tipologia di esposto 
vulnerabile e presentano il problema di una difficile esportabilità, in quanto 
caratteristiche della zona di origine dei dati di danno.  
Reperire informazioni riguardanti le tipologie di elementi esposti al rischio 
influenza il tipo di analisi di vulnerabilità che vuole essere effettuata. Infatti si 
possono effettuare analisi a differenti scale spaziali, che vanno dall’analisi a 
macroarea ad analisi dei singoli elementi esposti al rischio. Ovviamente, a 
seconda della discretizzazione del territorio adottata lo sforzo di reperimento 
delle informazioni varierà notevolmente.  
La valutazione della vulnerabilità è di supporto alla fase decisionale in 
numerosi campi applicativi, dalla pianificazione territoriale, alla protezione 
civile, alla progettazione di misure strutturali per la mitigazione del rischio, 
nonché per il campo assicurativo, in cui si vogliono effettuare valutazioni di 
                                                                                                                             INTRODUZIONE  
                                                           
 
 
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carattere economico sugli effettivi danni che potrebbero essere causati da uno o 
più scenari alluvionali temuti.  
In questo campo la conoscenza dell’effettiva vulnerabilità di un esposto diventa 
cruciale. Il parametro determinante è dato dal danno atteso annuo (Annual 
Expected Loss), ovvero una rateazione annua del danno che si prevede possa 
accadere in futuro. Per arrivare alla stima di questo parametro occorre stimare 
il danno atteso, sulla base del tirante idrico e delle funzioni di vulnerabilità 
caratteristiche delle tipologie di esposti vulnerabili.  
Tale parametro contribuisce alla definizione del premio assicurativo, cioè il 
prezzo che il contraente di un'assicurazione paga per usufruire di una garanzia 
o una eventuale prestazione offerta dalla compagnia di assicurazione,.  
Nella presente tesi, dopo una fase iniziale di analisi delle metodologie di stima 
dei danni causati da inondazioni e delle funzioni di vulnerabilità consultabili in 
letteratura, è stata effettuata un’analisi di vulnerabilità per il comune di Alberga 
(SV), considerando diverse scale di discretizzazione del territorio, con lo scopo 
di costruire delle mappe di vulnerabilità, stimare il danno atteso annuo (Annual 
Expected Loss) e confrontare i risultati ottenuti dalle diverse metodologie. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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1 CONCETTI FONDAMENTALI SUL RISCHIO                     
 
Metodologie e tecniche sono state sviluppate a più riprese per la valutazione 
dei rischi naturali (frane, terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche, valanghe, 
maremoti, incendi, etc.), dei rischi legati all’azione antropica (inquinamento 
dei terreni, delle acque superficiali e/o profonde e dell’atmosfera, incidenti, 
esplosioni, rottura o cedimento di opere strutturali, investimenti economici, etc.) 
oppure dei rischi naturali ma indotti dall’uomo (frane a seguito di una 
inefficiente gestione del territorio, alluvioni a seguito di un restringimento 
degli alvei fluviali e/o torrentizi, ecc.). 
Spesso è stata proprio la diversa provenienza tecnico-scientifica dei soggetti 
coinvolti nonché la natura stessa dei fenomeni coinvolti a determinare una 
confusione a livello terminologico a cui ultimamente si è posto rimedio. La 
terminologia, infatti, si è progressivamente standardizzata convergendo su 
alcune definizioni ormai universalmente accettate (Varnes et al. 1984), che 
consentono di inquadrare secondo uno schema logico il problema. 
 
1.1 Fenomeno potenzialmente pericoloso 
Processo avente una determinata probabilità di accadimento nell’ambito di una 
certa area in grado di arrecare danni alla popolazione (a singoli individui, a 
parte e/o all’intera collettività), ai beni, alle proprietà ed alle attività della 
popolazione, nonché ai servizi e alle risorse allocate nell’ambito territoriale in 
corso di studio. Superando una visione antropocentrica, si possono considerare 
fenomeni potenzialmente pericolosi anche quelli che comportano danni a 
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comunità animali o vegetali (deforestazione, desertificazione, prosciugamento 
dei corsi d’acqua, ecc.). 
 
1.2 Pericolosità (Hazard, H) 
Probabilità di occorrenza di un fenomeno potenzialmente dannoso in un 
determinato intervallo di tempo e in una certa area. 
La pericolosità è stata definita in letteratura in vari modi e con diverse 
accezioni. La definizione più largamente utilizzata in relazioni ai fenomeni 
naturali è quella proposta da Varnes nel rapporto UNESCO del 1984 (Varnes et 
al. 1984), secondo cui la pericolosità corrisponde alla probabilità di occorrenza 
di un fenomeno potenzialmente dannoso in un determinato intervallo di tempo 
e in una certa area. Questa definizione esprime in modo esplicito il concetto di 
spazialità e temporalità del fenomeno naturale, e soltanto in modo implicito ma 
sicuramente insoddisfacente, il concetto di intensità o magnitudo, ovvero la 
dimensione ed il potere distruttivo del fenomeno stesso. 
Einstein (1988) introduce un’ulteriore variante alla definizione proposta da 
Varnes attraverso il concetto di pericolo (danger); quest’ultimo serve ad 
indicare la severità geometrica e meccanica del fenomeno. In questo modo 
Einstein considera la pericolosità come la probabilità di occorrenza di un 
pericolo (danger) in un certo intervallo di tempo. In tal caso risultano espressi 
in modo esplicito il concetto di intensità, di temporalità e di spazialità dei 
fenomeni potenzialmente pericolosi. 
Nella pratica comune, la pericolosità viene generalmente espressa in termini di 
probabilità annuale (o tempo di ritorno) per un fenomeno di una determinata 
intensità, in una certa area. 
In sismica, ad esempio, la pericolosità viene definita in termini di energia 
rilasciata (magnitudo), area interessata e tempi di ritorno del terremoto. 
Bisogna però osservare che, a livello pratico, la predizione congiunta di questi 
parametri risulta spesso impossibile. 
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1.3 Elemento a rischio (Element at Risk, E) 
 Popolazione, attività e beni, proprietà, servizi e risorse allocate nel territorio 
esposto al rischio (Varnes et al, 1984). 
 
1.4 Esposizione al rischio (Exposition, Es) 
Probabilità che un certo elemento sia esposto all’occorrenza di un fenomeno 
potenzialmente pericoloso. 
In letteratura il concetto di esposizione per i fenomeni naturali non è stato 
formalizzato in modo sistematico. Si propone pertanto la definizione sopra 
riportata. Analogamente può essere intesa come la probabilità che un elemento 
sia soggetto ad una certa pericolosità. 
Per i fenomeni di origine antropica l’esposizione è spesso definita in modo 
concettualmente diverso. Nella valutazione dell’esposizione ad un 
contaminante, per esempio, essa esprime la concentrazione di sostanza che 
viene assunta dall’elemento esposto in un certo intervallo di tempo. In questo 
modo, però, vengono accorpati al concetto di esposizione anche i concetti di 
intensità del fenomeno e di vulnerabilità dell’elemento esposto. 
L’esposizione al rischio è una caratteristica degli elementi a rischio che spesso 
non viene considerata in modo esplicito. 
Nelle diverse discipline il concetto di esposizione è trattato in modo differente. 
In tossicologia, ad esempio, si intende per esposizione la concentrazione di una 
determinata sostanza che può essere assimilata in un certo intervallo di tempo. 
In generale, l’esposizione si riferisce a quanto e come un certo fenomeno 
interagisce con gli elementi a rischio, ed è pertanto in funzione sia delle 
caratteristiche proprie dell’elemento, sia dell’intensità con cui l’elemento 
interagisce con il fenomeno potenzialmente pericoloso. 
Per quanto riguarda i fenomeni naturali, l’esposizione è legata essenzialmente 
alla mobilità/staticità degli elementi a rischio: ogni elemento infatti è 
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caratterizzato da un esposizione al rischio in ogni punto dello spazio in 
funzione del tempo trascorso in quel punto. 
Si intuisce immediatamente la difficoltà di valutazione dell’esposizione per 
quegli elementi (automobili, persone, ecc.) che sono in continuo movimento. 
In termini probabilistici l’esposizione può essere vista come la probabilità che 
un elemento si trovi nel punto x,y al tempo t, e coincide di fatto con la sua 
mobilità: 
Es = p(E=x,y) * p(E=t)  
 
ovvero la probabilità che l’elemento (E) si trovi nel punto x,y al tempo t. 
Per esprimere la probabilità è necessario riferirsi ad un certo intervallo 
temporale. Comunemente ci si riferisce a probabilità annue (da cui il tempo di 
ritorno in anni), espresse come la probabilità che succeda “qualcosa” nell’arco 
dell’anno. Diversamente si possono calcolare probabilità mensili, giornaliere, 
ecc. Nel caso di oggetti immobili l’esposizione nel punto x,y diventa uguale ad 
1, perché l’oggetto non ha la possibilità di sottrarsi al fenomeno pericoloso ed è 
sempre esposto al rischio esistente. Per la valutazione dell’esposizione di vari 
elementi sul territorio risulta utile distinguere il tipo di distribuzione del 
fenomeno (puntuale o areale) ed il tipo di distribuzione degli elementi sul 
territorio (puntuale, lineare, areale). 
Nel caso di elementi che hanno la tendenza a sostare per un certo intervallo di 
tempo nel punto x, l’esposizione è legata sostanzialmente alla percentuale di 
tempo trascorso in quel punto rispetto al tempo di riferimento. La scelta 
dell’intervallo di tempo è molto importante perché l’esposizione dipende dalla 
distribuzione temporale degli eventi e degli elementi a rischio. Qualora un 
oggetto mobile abbia un comportamento non costante nel tempo, ovvero tenda 
a passare tempi maggiori o minori in un luogo (ad esempio, durante l’estate 
passa più tempo in montagna rispetto al resto dell’anno) l’esposizione 
dell’oggetto dovrebbe tenere in considerazione questa particolare condizione 
rispetto alla variabilità della pericolosità nello stesso intervallo di tempo (ad 
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esempio, le frane alpine sono più probabili in estate che in inverno). In 
quest’ottica la definizione dell’esposizione annuale può essere incompleta. 
Nel caso di oggetti in movimento l’esposizione è legata alla velocità con cui gli 
oggetti passano per il punto nel tempo di riferimento. Per calcolare 
l’esposizione di un elemento in un area e non in un punto è necessario, almeno 
da un punto di vista concettuale, calcolare l’integrale dell’esposizione nei 
diversi punti. 
Nel caso in cui il fenomeno pericoloso non abbia una cinematica lenta oppure 
sia già avvenuto (massi che cadono o che sono già caduti in mezzo ad una 
strada), l’esposizione degli elementi mobili sarà influenzata dalla reazione 
dell’elemento al pericolo (fuga, deviazione, arresto, ecc.). Questa reazione è 
influenzata anche dalla visibilità del fenomeno, dalla reattività dell’elemento a 
rischio, dalla presenza di vie di fuga, etc. Queste due ultime caratteristiche 
sono parte della vulnerabilità dell’elemento. Questo significa che l’esposizione 
è funzione della vulnerabilità. In una trattazione probabilistica bisognerà 
pertanto valutare la distribuzione delle singole esposizioni. 
È evidente altresì che l’esposizione così definita non si annulla praticamente 
mai. Anche nelle zone nelle quali non ci sono pericoli gli oggetti immobili 
avranno esposizione uguali ad 1 e quelli mobili avranno esposizione variabile 
in funzione dei loro spostamenti. 
Essendo il rischio specifico il prodotto di pericolosità, esposizione e 
vulnerabilità, laddove non c’è pericolosità questo si annulla a prescindere dal 
fatto che un edificio sia caratterizzato da una esposizione o meno. 
La valutazione dell’esposizione, del valore degli elementi e della vulnerabilità 
è d'altronde del tutto superflua laddove la pericolosità è nulla. In una procedura 
di valutazione del rischio si parte dal riconoscimento della pericolosità; 
laddove il livello di pericolosità è inferiore ad una soglia minima oltre la quale 
è trascurabile, non risulta necessario procedere oltre definendo esposizione, 
valore degli elementi e vulnerabilità. 
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In letteratura sono stati proposti alcuni metodi che, seppur non sempre 
esplicitamente, permettono una valutazione dell’esposizione. 
 
1.5 Probabilità di impatto (Impact Proability, Pi) 
Deriva dal prodotto della pericolosità (H) per l’esposizione degli elementi a 
rischio (Es). Nel caso particolare di una struttura statica, essendo il valore 
dell’esposizione Es = 1, ne deriva l’uguaglianza tra Pi e H. 
 
1.6 Valore degli elementi a rischio (Worth of Element at 
Risk, W) 
Valore stabilito in termini monetari, di utilizzo o altro per ciascuno degli 
elementi a rischio. Gli elementi a rischio sono rappresentati da beni e attività 
esistenti in un’area esposta ad un determinato pericolo e pertanto passibili di 
subire danni a seguito dell’accadimento dello stesso (esempio, persone, 
strutture e infrastrutture pubbliche e private, attività economiche e loro 
interruzione, beni ambientali, ecc.). 
Il valore degli elementi a rischio può essere determinato valutando il valore del 
singolo elemento e moltiplicando questo ultimo per il numero di elementi 
presenti. 
La quantificazione degli elementi a rischio dipende dalla loro tipologia: ad 
esempio il n° di unità discrete (N) per edifici, attività commerciali, etc; l’unità 
di superficie (S, espressa in m
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, ha, etc.) per terreni, lotti abitativi, etc. 
Per il calcolo del valore esistono diversi approcci: il calcolo di un valore 
discreto dei singoli elementi; l’utilizzo di funzioni di utilità; l’utilizzo di 
formule empiriche; la stima qualitativa del valore complessivo per una certa 
area.