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1. Introduzione 
 
La gestione integrata della fascia costiera costituisce una delle preoccupazioni 
principali di tutte le amministrazioni che gestiscono questa area caratterizzata da 
una elevata fragilità in quanto, su uno spazio ristretto, insistono numerose attività 
umane. Si tratta di un sistema complesso e in rapida evoluzione in cui la crescita 
spesso drammatica della pressione antropica accresce la necessità di uno sviluppo 
sostenibile. L’interfaccia terra-mare è un’entità complessa che solo un approccio 
multidisciplinare può cercare di decifrare. In questo contesto è indispensabile la 
stretta collaborazione fra discipline scientifiche e sociali, allo scopo di cogliere la 
complessità dei cambiamenti in atto e di individuare gli orientamenti volti a 
interpretare, controllare e prevenire i rischi del cambiamento, oltre che a 
pianificare scenari di sviluppo sostenibile. Diventa quindi sempre più significativa 
la conoscenza preventiva dell’area costiera dal punto di vista naturalistico, 
paesaggistico ed antropico al fine di poter approntare una pianificazione 
territoriale ottimale; in questa ottica la geomorfologia costiera, ed in particolare la 
redazione di carte geomorfologiche illustrative del tratto di costa di nostro 
interesse, può essere uno strumento efficace e valido atto a fornire una 
rappresentazione formale concreta che tenga conto dei molteplici fattori 
riguardanti questa area. Quindi, partendo da queste considerazioni di natura 
generale, questo studio si è posto l’obiettivo di caratterizzare un tratto di costa del 
litorale tirrenico (compreso tra Livorno e Rosignano Solvay) in primo luogo da 
una prospettiva geomorfologica e geologica, aggiungendo in secondo luogo degli 
elementi naturalistici, paesaggistici e antropici per fornire allo studio una solida 
base interdisciplinare ed una valenza territoriale consona alla tipologia di ambiente 
costiero preso in esame. 
Il lavoro è stato sviluppato in tre parti. Nella prima parte sono stati delineati gli
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elementi di base: cioè, in sintesi, sono stati introdotti i concetti (correlati tra loro) 
di eustatismo-terrazzi marini-glaciazioni (periodi glaciali-interglaciali), si e’ 
provveduto ad effettuare dei richiami sul Quaternario (soprattutto in relazione alla 
Toscana e al suo ambiente costiero), è stata definita l’area di studio e, infine, sono 
stati fatti dei cenni sulla situazione attuale del tratto di litorale preso in esame (cosi 
come dedotti dalla bibliografia).  
La seconda parte e’ un resoconto descrittivo della ricerca effettuata sul campo, 
incentrata primariamente sull’individuazione e la marcatura del “Terrazzo di 
Livorno” (elemento geomorfologico ritenuto di primaria importanza nell’area in 
questione) nel tratto di litorale compreso tra Punta del Casotto (Livorno) e Punta 
del Lillatro (Rosignano Solvay).  
La terza parte, infine, funge da sintesi del lavoro svolto, attraverso la revisione 
degli elementi geomorfologici rilevati durante l’attività in campo sopracitata e la 
loro apposizione su carta topografica mediante l’ausilio di software informatici 
specifici.            
 
2. Elementi di base 
 
Questa prima parte e’ stata concepita come una sezione nella quale enucleare gli 
argomenti principali del lavoro, soffermandosi allo stesso tempo 
sull’inquadramento dell’area di studio dal punto di vista spaziale, geologico e 
cronologico; quindi, prima di tutto si è fatto il punto della situazione sul 
Quaternario, basandosi sullo stato attuale delle conoscenze di questo periodo 
geologico sotto il profilo cronologico, stratigrafico e climatico, per poi passare a 
considerare gli aspetti cardine di questo studio, cioè i fenomeni dell’eustatismo e 
delle glaciazioni (correlati tra di loro) ed i terrazzi marini.
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2.1 Il Quaternario 
 
 
 
 
 
 
 
Tav. 1 Cronologia quaternaria
5 
In HgeologiaH, con Quaternario o Neozoico, si intende l’ultima grande suddivisione 
(compresa nell’Eone Fanerozoico) della Hscala dei tempi geologiciH, che si estende 
da circa 1,6 milioni di anni fa al presente e viene a sua volta suddivisa in due 
epoche: il HPleistoceneH, dominato da condizioni glaciali, e l'HOloceneH, detto anche 
Recente o Postglaciale, comprendente gli ultimi 10.000 anni della storia terrestre.  
Il Pleistocene, così nominato dal geologo britannico HCharles LyellH nel 1839, è 
stato definito in base a criteri Hstratigrafici H e allo studio delle forme di HmolluschiH 
fossili rinvenute negli strati geologici. Si tratta di un epoca interessata 
dall'espansione di coltri HglacialiH su oltre un quarto delle terre emerse: più in 
dettaglio, nel Nord Europa, un sistema glaciale con centro in corrispondenza della 
Scandinavia giunge verso Sud-Est fino alla Germania settentrionale e alla Russia 
occidentale e verso Sud-Ovest fino alle isole britanniche mentre un secondo vasto 
sistema dell'emisfero settentrionale ricopre la maggior parte della Siberia; in Nord 
America, il territorio dell'attuale Canada e una notevole estensione degli Stati 
Uniti risultano completamente ricoperti dai ghiacci cosi come i rilievi più alti a 
tutte le latitudini.  
Al Pleistocene risalgono i primi passi dell'Hevoluzione umanaH. La flora e la fauna 
dell'epoca, diffuse nelle regioni libere dai ghiacci, sono essenzialmente le stesse 
dell’epoca precedente, il HPlioceneH. Mentre neve e ghiaccio vanno accumulandosi 
alle latitudini più alte, la quantità delle precipitazioni alle latitudini più basse 
aumenta, permettendo alla flora e alla fauna di diffondersi in aree dell'Africa 
settentrionale e orientale in precedenza aride e inospitali. Il HSaharaH, ad esempio, 
durante l'ultima parte del Pleistocene, viene popolato da nomadi che vivono 
cacciando una fauna tipica di ambiente di savana.  
L'Olocene viene fatto iniziare convenzionalmente circa 10.000 anni fa, in 
coincidenza con il termine della glaciazione. Conseguentemente alla fusione delle 
vaste coltri glaciali si verifica un innalzamento del livello del mare di molte decine
6 
di metri. Tale fenomeno verrà in seguito controbilanciato, in alcune regioni, dal 
sollevamento delle masse continentali liberate dal peso dei ghiacci che le 
sovrastavano.  
Il Quaternario era stato istituito inizialmente insieme agli altri tre periodi 
(Primario, Secondario, Terziario) dal geologo italiano Giovanni Arduino per 
segnare l’inizio della storia dell’uomo sulla Terra ed è stato in principio definito 
come l'ultimo periodo di estrema variabilità climatica nella storia della Terra, 
marcato da numerose glaciazioni e iniziato circa 1,6 milioni di anni fa, come 
precedentemente sopracitato. 
Questo periodo ha attraversato almeno cinque fasi glaciali principali: 
Donau (la più antica)  
Gunz 
Mindel 
Riss  
Wurm (la più recente, avvenuta circa 11.000 anni fa)  
Questo modello, proposto agli inizi del 1800 da Penck e Bruckner, che prevede -
inizialmente- quattro glaciazioni denominate Wurm, Riss, Mindel e Gunz, è ormai 
considerato ampiamente superato e vale solo come testimonianza dell'evolversi nel 
tempo delle Scienze Geologiche. A partire dagli Hanni settantaH del HXIX secolo H 
infatti i ricercatori italiani hanno iniziato ad applicare i criteri già largamente in 
uso all'estero, che distinguono fra "clima" e "avanzata di ciascun ghiacciaio 
vallivo". L'avanzata di un ghiacciaio è infatti la risposta complessa ad una serie di 
parametri, fra cui quello climatico. A parità di periodo climatico freddo, quindi, 
entra in gioco l'umidità e le precipitazioni. Ora, è ben noto come la barriera 
orografica delle HAlpi H influenzi le precipitazioni: le masse d'aria umide infatti 
tendono a scaricare tale umidità sul versante esposto, e quindi a giungere dall'altra 
parte come “aria secca" o "bel tempo". Anche solo questo ragionamento fa capire
7 
come sia assurdo pensare ad una generalizzata nevicata su tutte le Alpi, versante 
settentrionale e versante meridionale, tale da creare grandi ghiacciai in ogni luogo 
contemporaneamente. Ogni HvallataH ha le sue avanzate e i suoi ritiri dei Hghiacciai H, 
ed esse non sono contemporanee. Questo è molto evidente anche ad 
un'osservazione superficiale: per esempio, a parità di quota, le valli attuali poste a 
nord ospitano ghiacciai, quelle a sud no. Ma i ricercatori hanno anche "osservato", 
attraverso misurazioni protratte negli anni, ghiacciai attuali in avanzata a fianco 
(cioè in valli limitrofe) di ghiacciai contemporaneamente in ritiro. Non ha senso 
quindi parlare di "glaciazioni" in senso generale, fissando date e nomi validi per 
tutta l'Europa. Wurm e gli altri termini erano validi per le avanzate glaciali 
individuate a nord delle Alpi, dove lavoravano Penck e Bruckner; sul versante 
meridionale, cioè in Italia, la storia è stata diversa, e la sua "scrittura" è ancora in 
corso. In HItalia settentrionaleH, ad esempio, l'ultima avanzata glaciale è denominata 
"Hglaciazione CantùH" per il Hghiacciaio del TicinoH, dell'HAddaH e dell'HOglioH, e il suo 
massimo è datato attorno a 18000 anni fa; prima di questa si individuano le tracce 
di almeno una decina di altre avanzate glaciali e successivi completi ritiri, più una 
glaciazione alla fine del HTerziarioH, nel HPlioceneH. Per tale motivo anche la 
definizione di Quaternario come periodo delle glaciazioni sta lasciando il posto a 
modelli più complessi. 
HJules DesnoyersH utilizzò per primo il termine Quaternario nel H1829H, in occasione 
di un'analisi effettuata nel bacino della Senna, e constatò con evidenza che l'età di 
questi sedimenti era di molto inferiore rispetto alle rocce del HTerziarioH. 
Però, a partire dagli Hanni novantaH, il termine è stato contestato per diversi motivi e 
sono nate due scuole di pensiero principali: la prima, a favore della conservazione 
del termine per ragioni storiche, suggerisce di spostare tale limite a 2,6 milioni di 
anni fa, in corrispondenza dell'ultima inversione del campo magnetico terrestre, ed 
in questo caso il HQuaternarioH abbraccerebbe tutto l' HOloceneH, il HPleistoceneH e il
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HGelasianoH (HPlioceneH superiore); la seconda è invece a favore dell'eliminazione del 
termine per la difficoltà oggettiva di definire questo limite in aree a clima tropicale 
e per la mancanza di crisi biologiche evidenti. Un altro argomento a favore 
dell'eliminazione è legato alla durata estremamente breve di questo periodo se 
rapportata a quella dei periodi precedenti, al punto da rendere spesso inefficaci i 
metodi classici della HstratigrafiaH.  
La seconda opzione è quella attualmente accettata a livello internazionale, 
nonostante la discussione sia ancora in atto: infatti nel H2004H la HCommissione 
Internazionale di StratigrafiaH ha deliberato a favore dell'eliminazione di questo 
periodo dall'ultima edizione della scala internazionale dei tempi geologici e nel 
2005 ha annunciato la possibile cancellazione del Quaternario dalla scala dei 
tempi geologici mettendone in dubbio i criteri stratigrafici e il significato 
geologico. Questo periodo, che secondo la Commissione è troppo breve se 
confrontato con gli altri in cui è suddivisa la storia della Terra e non é giustificato 
dal punto di vista stratigrafico, verrebbe quindi riassorbito nel più ampio Terziario.  
Secondo diversi studiosi la distinzione di un periodo Quaternario da quello 
Terziario non ha ragione di essere dato che l'intervallo di tempo (durata 2-3 
milioni di anni) dalla fine del Pliocene ad oggi è considerato ancora facente parte 
del Cenozoico.  In effetti la fine del Neocene non è contrassegnata da avvenimenti 
rivoluzionari, né dal punto di vista biologico né da quello strutturale, e quanto alla 
stratigrafia spesso i sedimenti quaternari riposano in perfetta continuità su quelli 
terziari. 
È evidente perciò che la comparsa dell'uomo in questo periodo è stata ritenuta da 
alcuni di un'importanza paragonabile ai grandi mutamenti che hanno segnato il 
passaggio tra i periodi precedenti. 
Nel Quaternario vi è stato effettivamente un avvenimento di grandissimo rilievo, 
cioè un’enorme glaciazione di portata planetaria. Ma simili cambiamenti climatici
9 
sono avvenuti in altri momenti della storia della Terra e non per questo sono 
serviti come base per la divisione in periodi; inoltre, non è neppure possibile far 
coincidere l'inizio di questo periodo con il raffreddamento glaciale. 
Ad ogni modo il Quaternario è un tempo denso di avvenimenti che hanno lasciato 
una impronta decisiva nel mondo attuale. 
La Terra di oggi è un'eredità diretta degli avvenimenti quaternari e quasi tutti i 
fenomeni odierni non possono essere correttamente interpretati se non li si 
esamina tenendo conto di questo fatto.  
Per quanto riguarda la distribuzione delle terre e dei mari è chiaro che, in un 
periodo cosi breve, non possono esserci stati cambiamenti notevoli rispetto alla 
posizione raggiunta dai continenti dopo l'esaurirsi delle spinte che hanno 
provocato l'orogenesi alpina. La situazione allo stato attuale delle cose risulta la 
seguente: mentre l'Oceano Atlantico, in particolare il meridionale, è in espansione 
con una forte attività della dorsale mediana, le due Americhe proseguono la loro 
deriva verso Ovest (certe parti hanno già compiuto oltre 8000 km di spostamento), 
e cosi continua anche la tensione al margine pacifico dei due continenti, come 
testimoniato dal vulcanismo e dai sismi dell'Alaska, degli Stati Uniti, del Centro 
America e delle Ande; anche l'Oceano Indiano è in espansione e altro spazio 
dovrebbe crearsi con la deriva verso Nord-Est dell'Australia, che finirà con 
l'interferire con l'orogeno della Sonda, mentre l'Antartide è fissa e appare animata 
da un semplice moto di rotazione oraria; inoltre si sta verificando il progressivo 
distacco dell'Africa Orientale dal resto del continente, in seguito alla fratturazione 
propagatasi dalla dorsale meso-indiana nel Cenozoico (zona dei grandi laghi); 
Africa, Asia Meridionale e Europa Occidentale sono in movimento verso Nord; 
l'Oceano Pacifico in conseguenza di questi avvenimenti si sta riducendo. 
Dovendo stabilire una stratigrafia e una cronologia del Quaternario ci si deve 
riferire, come sempre, ai cicli marini. I mari quaternari hanno posseduto
10 
praticamente per tutto il periodo i contorni attuali, tuttavia vi sono state delle 
variazioni di livello marino dette oscillazioni eustatiche, comprese fra -100/200 
metri e + 30 metri, legate alle vicende glaciali. 
Quando le coltri ghiacciate coprivano parte dei continenti, per il diminuito volume 
d'acqua a disposizione, il livello medio del mare si abbassava e al contrario 
quando si aveva lo scioglimento dei ghiacci il mare poteva anche superare il limite 
odierno.  In relazione a queste oscillazioni si sono avute dunque delle trasgressioni 
e regressioni marine, cioè, in sostanza, dei cicli sedimentari, che possono fornirci 
una stratigrafia e una cronologia quaternaria. Tuttavia bisogna tener presente che i 
sedimenti deposti quando il mare era più basso del livello attuale sono 
evidentemente sommersi dal mare di oggi e la loro individuazione è difficile. Per 
fortuna in Italia Meridionale, ove esistono gli strati tipo, alcuni di questi depositi 
marini, rappresentati da sabbie e da argille ricche di molluschi, sono stati sollevati 
posteriormente (fino a 1000 metri) da movimenti epirogenetici. 
Così si è riconosciuto un piano Calabriano, il più antico di tutti, costituito da 
sedimenti argillosi e sabbiosi contenenti faune indicatrici di clima temperato-
freddo, tra cui alcuni molluschi immigrati nel Mediterraneo dalle province boreali. 
Molte specie plioceniche invece risultano estinte. Uno strato tipo alternativo è il 
Santerniano. 
Un secondo piano è il Siciliano, individuato in quanto sollevato 
epirogeneticamente come il piano precedente; costituito da argille e sabbie con 
faune temperato-fredde simili a quelle del piano precedente. 
Recentemente nel Mediterraneo, dalla Liguria ai Pirenei, sono state individuate 
«spiagge» marine sommerse a 100 m di profondità, contenenti anch’esse faune 
fredde con immigrati dal Nord, datate radiometricamente a 20.000 anni fa. 
Più agevole dovrebbe essere l'identificazione dei piani corrispondenti ai depositi 
formatisi quando il mare era a un livello più alto dell'attuale.  Tuttavia per ora ne è
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stato individuato sicuramente uno solo, il Tirreniano. Esso è costituito da 
calcareniti organogene disposte in terrazzi e contenenti una originale fauna a 
molluschi di tipo caldo, con alcuni immigrati dalle coste dell'Africa Occidentale.  
Di questo piano sono stati individuati almeno due livelli, posto l'uno a 30 m circa e 
l'altro a 8-10 m circa sul livello del mare, ai quali sono stati dati rispettivamente il 
nome di Tirreniano I e di Tirreniano II.  Questi piani comunque sono posteriori al 
Calabriano e al Siciliano ma precedono i più recenti depositi freddi di cui sopra. 
Infine sedimenti, con faune temperate, posti a quote minime sul livello attuale del 
mare, da 0,50 a 1,50 metri, sono testimoni di un ultimo ciclo trasgressivo, detto 
Fiandriano o Versiliano.  Le vicende di questo ciclo finiscono per coincidere con 
gli avvenimenti attuali. 
Facendo riferimento al Quaternario abbiamo parlato in precedenza più volte del 
fenomeno glaciale, della sua estensione e delle ipotesi sulle sue cause.  Qui 
dobbiamo aggiungere che l'espansione dei ghiacci non è stato un fenomeno isolato 
ma si è ripetuto più volte con modalità simili. In particolare nella regione alpina, 
in base agli studi sulle cerchie moreniche, si è rilevata la testimonianza di quattro, 
probabilmente cinque, espansioni glaciali principali e di un ancora maggiore 
numero di fasi stadiali di avanzata e di ritiro dei ghiacciai. 
Queste glaciazioni alpine prendono il nome da località bavaresi ove i resti 
morenici furono analizzati per la prima volta in modo completo e a partire dalla 
più antica che è quella più discussa sono: 1° detta Donau, 2° detta Gunz, 3° detta 
Mindel, 4° detta Riss, 5° detta Würm. 
Le loro età sarebbero le seguenti: fasi glaciali del Donau 1,6-1,8 milioni di anni fa, 
del Gunz 0,9-1,2 milioni di anni fa, del Mindel 0,7-0,8 milioni di anni fa, del Riss 
250-400 mila anni fa, del Würm 18-75 mila anni fa, con massima avanzata 18-20 
mila anni fa. 
Nel Nord Europa sono state studiate le grandiose cerchie moreniche della regione
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germano-polacca e scandinava e si è concluso che vi sono resti sicuri soltanto di 
tre glaciazioni correlabili con le ultime delle Alpi. La datazione di questi episodi 
glaciali del Nord Europa è stata fatta con precisione mediante il metodo del 
conteggio delle varve. 
Anche in Nord America vi sono chiare testimonianze di quattro glaciazioni, che 
grosso modo sono sincronizzabili con le ultime quattro espansioni glaciali 
europee. 
Naturalmente varie regioni (montuose), oltre quelle citate, furono parzialmente 
coperte dai ghiacci: Pirenei, Massiccio Centrale, Tatra e Appennino conservano 
modeste tracce della presenza di ghiacciai pleistocenici. 
Mano a mano che si procede verso latitudini minori vi sono tracce di variazioni 
del limite delle nevi persistenti soltanto, come è ovvio, nelle maggiori vette, ma la 
presenza di depositi lacustri più ampi di quelli attuali e di una rete idrografica 
fossile nel Sahara e in altre regioni aride dimostra l'esistenza durante il 
Quaternario di variazioni cospicue delle precipitazioni.  In sostanza in questo caso 
si dovrebbe poter parlare di periodi pluviali e interpluviali ed essi forse 
corrispondono ai glaciali e interglaciali delle latitudini più elevate. Tuttavia una 
simile corrispondenza deve essere ben verificata perché non sappiamo ancora 
niente di preciso rispetto ai regimi atmosferici di questo periodo geologico. 
La fine dell'acme glaciale würmiano, avvenuta circa 7-8 mila anni fa, è 
contrassegnata dalla frammentazione della calotta glaciale nord-europea e serve 
come punto per dividere il Quaternario in due periodi di tempo distinti: il 
Pleistocene e l'Olocene. 
Al momento attuale il Quaternario è caratterizzato da variazioni meteorologiche 
talora in senso oceanico, talora in senso continentale, di entità limitata. Però 
alcune punte, come quella fredda dei secoli XVI - XIX, sono da taluni considerate 
delle vere oscillazioni glaciali wurmiane.  In effetti non è possibile affermare se
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oggi siamo in un periodo interglaciale vero e proprio o se viviamo entro 
oscillazioni glaciali del Würm. 
Il glacialismo e l'eustatismo non sono gli unici fenomeni di rilevanza quaternari. 
Va ricordato che, in conseguenza dell'orogenesi alpina, vaste regioni del globo 
sono contrassegnate da una accentuata instabilità tettonica in relazione agli 
assestamenti post-orogenici: abbiamo, per esempio, accennato ai sollevamenti di 
antiche spiagge nell'Italia Meridionale. Il vulcanismo è allo stesso modo diffuso 
nel Quaternario in diverse regioni, anche se interessate marginalmente 
dall'orogenesi alpina: per esempio la regione centrale francese, già attiva nel 
Terziario, riprende vigore e si aprono centinaia di crateri attivi; le aree di frattura 
continentali (fossa renana, fosse africane) e le dorsali sottomarine non sono da 
meno. 
In quanto alla sismicità essa interessa, oltre le fasce orogeniche, perfino zone 
antiche come la regione laurenziana, ove si manifesta in seguito al riadattamento 
isostatico postglaciale dopo lo scioglimento dell'ultima coltre ghiacciata. 
Gli avvenimenti del Quaternario, sebbene si siano svolti in un globo dai lineamenti 
strutturali ben definiti, hanno avuto riflessi profondi sulla definitiva evoluzione del 
mondo biologico verso le forme attuali. 
Il fenomeno glaciale, con la sua intensità ed estensione e con le sue ripetizioni, 
non poteva non avere un influsso decisivo su flore e faune. 
Per quello che riguarda il nostro continente si può dire che l'evoluzione verso la 
vegetazione attuale, che è prevalentemente forestale, è passata attraverso una fase 
di dominio delle steppe e delle tundre, come è logico se si pensa alle condizioni 
climatiche delle regioni lasciate libere dai ghiacci, sottoposte ai cicli di gelo e 
disgelo e battute da venti impetuosi che scendevano dalle zone anticicloniche 
glaciali. Contemporaneamente è avvenuto lo spostamento dei vegetali lungo fasce 
altitudinali sulle montagne.  Nel complesso, comunque, il mondo vegetale non ha