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PREMESSA 
 
 
La presente tesi ha come oggetto lo studio di un prodotto solare ad alto fattore di 
protezione che è stato progettato, sviluppato e realizzato presso l’Istituto Ganassini 
S.p.A. di Ricerche Biochimiche. 
 
Note per la lettura: ai fini di una corretta lettura e interpretazione di questa tesi, si 
deve necessariamente premettere che alcune informazioni, ed in particolare dettagli 
formulativi e tecnologici, saranno nel seguito limitati in ottemperanza di norme 
aziendali di riservatezza.  
Eventuali delucidazioni su tali dettagli sono tuttavia disponibili previa richiesta e 
successiva valutazione da parte dell’Azienda. 
Occorre premettere inoltre che i componenti della formulazione saranno citati 
secondo la denominazione internazionale INCI.
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1) INTRODUZIONE 
 
 
Degli insulti ambientali da cui bisognerebbe proteggere la nostra pelle, nessuno è 
riconosciuto come più dannoso dell’irradiazione ultravioletta (UV) proveniente dal 
sole. E’ ormai largamente risaputo che l’esposizione ripetuta nel corso della vita alle 
radiazioni UV è responsabile o comunque contribuisce allo sviluppo di tumori della 
pelle, a fotodermatiti, eritemi, danni oculari e al cosiddetto fotoinvecchiamento 
cutaneo. Tuttavia oggigiorno l’abbronzatura ha acquisito un significato di bellezza e 
benessere ed è collettivamente riconosciuto che una pelle esposta al sole conquisti 
anche un aspetto più sano e giovane. In realtà, questi ultimi due effetti possono 
convergere solo se l’irraggiamento è ben condotto e opportunamente limitato. 
Pertanto, per garantire l’esposizione al sole in sicurezza, negli ultimi anni si è assistito a 
un vero e proprio boom sul mercato di prodotti per la protezione solare, al fine di 
limitare la dose di raggi UV che la nostra pelle può ricevere, e quindi di contrastare le 
loro conseguenze nocive, consentendo tuttavia l’attivazione del sistema difensivo 
endogeno della melanogenesi, da cui deriva l’abbronzatura. 
Poiché gli effetti degli UVR sono cumulativi, l’uso giornaliero di prodotti contenenti 
filtri solari (o ancora più drasticamente l’evitare di esporsi al sole), può rallentare la 
progressione dei danni cutanei. 
Il mercato mira sempre di più a fornire prodotti cosmetici ad ampio spettro e ad alto 
livello di protezione dalle radiazioni ultraviolette, che si assorbano velocemente e 
uniformemente sulla pelle e lascino un gradevole after-feel.  
In generale una buona formulazione solare dovrebbe: 
-  essere efficace anche in strato sottile. 
- non essere assorbita in profondità, in quanto l’azione protettiva si deve esplicare 
sulla superficie cutanea, dove arrivano le radiazioni. 
- distribuirsi facilmente e omogeneamente sulla pelle. 
- essere sostantiva sulla pelle, così da permanere e resistere all’azione dilavante del 
sudore e dell’acqua. 
- non dare luogo a fenomeni di fototossicità. 
- avere una funzione idratante e protettiva nei riguardi del DNA, del 
fotoinvecchiamento cutaneo e del sistema immunitario, in modo da garantire una 
protezione allargata contro i danni cronici derivanti dalle esposizioni solari [1].
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1.1 Cenni di anatomia e fisiologia cutanea 
 
E’ importante conoscere a fondo la pelle quando si vuole formulare un prodotto per 
la protezione solare e considerare la presenza di determinati componenti cutanei, 
come i cheratinociti, i melanociti, le lipoproteine che possono interagire con i raggi 
ultravioletti provenienti dal sole.  
 
La pelle (o cute) costituisce il confine tra l’organismo e il mondo esterno e in quanto 
tale svolge numerose funzioni tra cui quelle di barriera di difesa, permeabilità 
selettiva, protezione meccanica, sostegno, oltre che quelle di coibentazione termica e 
riserva energetica a livello più profondo [1]. 
Essa si struttura in tre principali strati, ovvero l’epidermide, il derma e l’ipoderma, 
procedendo dall’esterno verso l’interno. 
Fanno parte della cute anche strutture ghiandolari e cornee che prendono il nome di 
annessi cutanei [2]. 
 
 
FIGURA. 1: Strutturazione schematica della cute umana 
           
Epidermide 
 
L’epidermide è un epitelio pluristratificato altamente differenziato che costituisce lo 
strato più superficiale ed è considerato come una barriera semipermeabile formata 
da cellule denominate cheratinociti e deputate alla sintesi di filamenti di cheratina, 
una scleroproteina insolubile a struttura alfa elicoidale [2]. Il suo spessore varia dagli 
o,5 mm delle palpebre ai 4-6 mm del palmo delle mani e della pianta dei piedi [1].
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Tutte le cellule costituenti l’epidermide derivano dalla proliferazione dei cheratinociti 
dello strato basale (il più interno) che, avanzando progressivamente verso la 
superficie cutanea, si appiattiscono sempre di più e subiscono variazioni sia 
morfologiche, sia funzionali [1]. 
 
Esistono quattro diversi strati di cheratinociti: 
 
 Strato basale (o germinativo): è quello più profondo e costituisce la giunzione col 
derma sottostante ed è proprio a questo livello che si originano i cheratinociti. Esso 
è formato da un’unica filiera di cellule disposte a palizzata e di forma 
prevalentemente cilindrica [2]. 
 
 Strato spinoso: a questo livello le cellule presentano un alto numero di desmosomi 
(macula adherens) che facilitano le connessioni intercellulari e che rappresentano 
le connessioni di membrana più frequenti. Le cellule hanno una struttura 
poliedrica ma risultano sempre più appiattite col procedere verso lo strato 
sovrastante [1]. 
Il termine di strato “Malpighiano” viene usato per indicare l’insieme degli strati 
basale e spinoso [2]. 
 
 Strato granuloso: le cellule qui presenti sono estremamente appiattite, sono ricche 
in granuli di cheratoialina, una proteina ad alto peso molecolare ricca in istidina 
da cui originerà la filaggrina dello strato corneo, e sviluppano i corpi lamellari, 
formati in prevalenza da fosfolipidi [1]. 
 
 Strato corneo: i cheratinociti che si sono differenziati procedendo attraverso gli 
strati sottostanti, a questo livello hanno perso il nucleo cellulare diventando 
corneociti, che possono essere considerati nel loro complesso come proteine 
insolubili, formate principalmente da macrofibrille di cheratina che risulta sospesa 
in una densa matrice di filaggrina che funge da supporto meccanico, e avvolte da 
un involucro corneo il quale è costituito da una componente proteica legata 
covalentemente a uno strato di lipidi (ceramidi) [1].
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La progressiva differenziazione cellulare, da cellula dello strato basale a 
corneocita, impiega circa 15 giorni a completarsi, così come un normale processo di 
desquamazione con cui saranno rinnovati i corneociti.  
L’integrità dello strato corneo è fondamentale per garantire la funzione barriera 
dell’epidermide; in particolare i corneociti provvedono a difendere da insulti 
chimici e/o fisici, mentre i lipidi intercellulari regolano i movimenti transcutanei di 
acqua [1]. 
 
Acqua ed epidermide 
 
Nella cute “normale” il contenuto di acqua nello strato corneo rappresenta circa il 15-
20 %. Quando questo valore scende al di sotto del 10 %, la cute diventa secca e si 
osserva una fine desquamazione.  
Nello strato corneo l’acqua può esistere in forma legata, tramite legami covalenti o 
idrogeno, ai lipidi interlamellari e alle proteine di membrana dei corneociti, o in 
forma libera, nella quale può diffondere verso l’ambiente esterno portando a un 
innalzamento della TEWL (transepidermal water loss). La TEWL, assieme all’azione 
delle ghiandole sudoripare eccrine, contribuisce al mantenimento dell’omeostasi 
termica dell’organismo.  
I lipidi intercellulari giocano un ruolo chiave nel trattenere l’acqua nell’epidermide, 
ma di considerevole importanza è anche il natural moisturizing factor (NMF) che è 
formato prevalentemente da sostanze igroscopiche che agiscono da umettanti 
endogeni e più precisamente ha una componente aminoacidica (circa 40 %) 
derivante dalla degradazione dei granuli di cheratoialina e dall’acido urocanico.  
Altri componenti minoritari sono l’acido piroglutammico, lattato di sodio, urea, 
zuccheri, amino zuccheri, sali [1]. 
 
Lipidi ed epidermide 
 
Durante la differenziazione epidermica, si notano cambiamenti anche nella 
composizione lipidica: colesterolo, fosfolipidi e trigliceridi esistono negli strati più 
profondi, mentre a livello dello strato spinoso e granuloso i lipidi (fosfolipidi, 
glicosfingolipidi, steroli liberi) sono inglobati nei corpi lamellari.
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Lo strato corneo è invece ricco in ceramidi, colesterolo e acidi grassi liberi: i lipidi 
idrofili sono esclusi per conferire proprietà idrofobiche alla superficie cutanea [3]. 
Prodotti cosmetici idratanti possono agire apportando acqua allo strato corneo e/o 
trattenendola, ma anche formando una barriera che ne impedisca la perdita 
all’esterno. Un’altra strategia di idratazione si realizza mediante l’applicazione di 
formulazioni a base di lipidi simili a quelli che formano il cemento intercellulare del 
corneo, in modo da accelerare il fisiologico recupero della barriera e di conseguenza 
ridurre la perdita di acqua ma senza occlusione [1]. 
 
L’epidermide non è formata solamente da cheratinociti, ma anche da altri tipi di 
cellule tra cui le cellule di Langherans che sono in grado di riconoscere e catturare gli 
antigeni che attraversano la barriera epidermica e successivamente di innescare una 
risposta immunologica, e le cellule di Merkel che sono sensori di tatto situati a livello 
profondo dello strato basale.  
Nella profondità dello strato germinativo si trovano inoltre cellule dendritiche 
derivanti dalla cresta neurale, dotate di lunghi prolungamenti ramificati, denominate 
melanociti. Questi provvedono alla sintesi di melanina, un pigmento che ha lo scopo 
di proteggere le cellule dall’azione delle radiazioni ultraviolette e che è il principale 
responsabile della colorazione cutanea che varia nelle diverse razze umane o da 
soggetto a soggetto, ma anche delle differenti intensità cromatiche esistenti da zona a 
zona nello stesso individuo. 
 
La melanina 
 
La melanina rappresenta il più importante sistema di difesa dalle radiazioni 
ultraviolette dall’organismo, che attua attraverso fenomeni di assorbimento, 
riflessione e scattering dei raggi UV e grazie alla propria azione antiradicalica [4]. 
Il melanocita, la cellula deputata alla sua sintesi, dispone a differenza di una normale 
cellula di un nucleo di forma arrotondata e di grosse dimensioni, di un apparato del 
Golgi ben sviluppato e di organelli chiamati melanosomi e ha un ciclo cellulare 
estremamente lento, che viene accelerato con l’esposizione alle radiazioni 
ultraviolette o per l’azione di particolari fattori di crescita.  
In seguito a esposizione alla luce UV i melanociti aumentano la sintesi della tirosinasi, 
un enzima che catalizza la trasformazione della tirosina in melanina, che
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chimicamente è un polimero chinonico derivante dall’ossidazione, ciclizzazione e 
polimerizzazione della tirosina. La tirosinasi viene sintetizzata dai melanociti nel corpo 
cellulare ed è immagazzinata nei  melanosomi che progressivamente si riempiono di 
melanina; i melanosomi maturi, detti anche granuli di melanina, migrano nei dendriti 
(grazie all'intervento di microtubuli) e vengono ceduti ai cheratinociti, probabilmente 
attraverso il distacco di porzioni dei dendriti e la loro fagocitosi da parte dei 
cheratinociti.  
Ogni melanocita è circondato infatti da una costellazione di cheratinociti 
(epidermalmelanin unit), a cui trasferisce i melanosomi, una volta che si innesca il 
processo di polimerizzazione, grazie a particolari strutture chiamate emidesmosomi. 
Tale processo è noto come melanogenesi e viene regolato dall’ormone MSH 
(melanocyte stimulating hormone) a livello ipofisario. 
Nell’uomo esistono due principali classi di melanine: le eumelanine (marroni) che sono 
tipiche dei soggetti ben pigmentati e le feomelanine (rossastre); una volta formatesi le 
melanine si legano a proteine, costituendo le cosiddette melano-proteine [2]. 
 
Quando la pelle è sollecitata dai raggi UV, aumenta la produzione di melanina che si 
va a disporre come una sorta di guscio attorno al nucleo dei cheratinociti, andando a 
determinare macroscopicamente uno scurimento della colorazione cutanea.   
Ciò è particolarmente evidente in soggetti dalla pelle scura che possiedono 
melanosomi di dimensioni maggiori rispetto ai soggetti di pelle chiara che possiedono 
inoltre melanociti meno efficienti nel produrre melanina.  
Nei soggetti di pelle bianca e in quelli di pelle gialla la melanina è limitata allo strato 
basale, in quelli di pelle nera si riscontra fino allo strato superficiale.  
I granuli di melanina, una volta fagocitati, possono rimanere in lisosomi, dove sono 
digeriti (in particolare nei soggetti a cute poco pigmentata), oppure possono liberarsi 
nel citoplasma e perdurare per vario tempo (a lungo nei soggetti di pelle nera). 
Si pensa che la pigmentazione immediata generata da radiazioni UVA della 
lunghezza d’onda compresa tra 340 nm e 400 nm, sia il risultato di una reazione 
fotochimica che coinvolge la melanina pre-esistente, i precursori di melanina e 
metaboliti. Si crede inoltre che si possa manifestare anche una riorganizzazione di 
microtubuli e microfilamenti  [6].