Si è anche notato, però, che sulla socializzazione politica, per così dire adulta, 
sono state fatte un numero esiguo di ricerche la maggior parte delle quali poco 
interessate a mettere in luce il ruolo della televisione in questo processo. 
Sulla base di queste premesse teoriche si è scelto di analizzare il caso della 
campagna elettorale del 2001. Lo scopo è di controllare se le identità politiche 
giovanili possano aver subito delle variazioni in periodo di campagna elettorale, 
rispetto ad un periodo di politica non elettorale, e se questi mutamenti siano in 
qualche modo riconducibili all’esposizione alla campagna elettorale televisiva 
del 2001.    
Alle premesse teoriche della ricerca è dedicato il capitolo I di questa tesi. 
Gettate le basi teoriche, e focalizzata l’attenzione sull’oggetto di indagine, 
l’identità politica giovanile, si è proceduto alla formulazione delle ipotesi della 
ricerca. 
Il passo successivo è stato analizzare in modo dimensionale i concetti coinvolti 
nella formulazione delle ipotesi, giungendo così alla costruzione di indicatori 
pronti alla rilevazione.  
Si è costruito un campione ragionato, in base all’interesse del ricercatore, e agli 
spunti tratti da altre ricerche sociali. 
Il metodo di analisi scelto è di tipo quantitativo, e per la rilevazione dei dati si è 
proceduto, tramite gli indicatori, costruiti alla creazione di un questionario semi 
strutturato. 
Alla definizione operativa dei concetti, alla formulazione delle ipotesi e alla 
struttura e somministrazione del questionario, è stato dedicato il capitolo II. 
Nel terzo capitolo si è scelto di concentrarsi invece sul campione, motivandone 
la costruzione, per descrivere poi i profili degli intervistati e la loro situazione 
familiare. 
Si entra così nella fase di analisi dei dati, e si decide di strutturare un capitolo 
per ogni ipotesi di ricerca. 
Il capitolo IV esamina il fenomeno dell’associazionismo politico giovanile e 
dell’attivismo di piazza, e focalizza l’attenzione sullo spostamento della politica 
in ambito giovanile dal piano istituzionale ad uno più sociale e culturale. 
Il capitolo V mette in luce i rapporti fra le agenzie socializzanti generiche e la 
televisione in ambito di socializzazione politica giovanile. 
Il capitolo VI, confronta il consumo televisivo giovanile di informazione e di 
satira politica e ha il pregio di portare alla luce lo scontento giovanile nei 
confronti del modo di fare informazione politica del mezzo televisivo. 
Il capitolo VII prova a dare una risposta alla domanda del ricercatore rispetto 
alla possibilità o meno del mezzo televisivo di produrre mutamenti nell’identità 
politica giovanile. 
Il capitolo dedicato alle conclusioni razionalizza il quadro dei risultati ottenuti 
dalla ricerca in tutti i campi di ipotesi, e delinea il quadro di socializzazione 
politica giovanile nel quale la televisione sembrerebbe giocare un ruolo 
importante.  
La grossa difficoltà che incontra una ricerca così strutturata è la necessità di 
lavorare in retrospettiva, dovendo fare i conti con la memoria dei soggetti 
intervistati e con le sue caratteristiche di selettività e distorsione degli eventi. 
I potenziali effetti della memoria, sono sempre stati tenuti presenti nelle diverse 
fasi di questa ricerca, e quando le ipotesi lo hanno permesso si è cercato di usarli 
a nostro vantaggio. 
 
 
 
 
 
 Capitolo III. Il campione 
 
 
3.1 La scelta del campione 
 
Il campione di questa ricerca è un campione ragionato composto da 190 
individui, uomini e donne, tutti studenti universitari e di età compresa tra i 21 e i 
26 anni. 
La scelta di limitare il campo di indagine ai soli studenti universitari si motiva 
con i risultati di alcune ricerche empiriche italiane (accennate nel primo capitolo 
e riportate con ulteriori dettagli in appendice 1), dalle quali si evince che 
l’istruzione giocherebbe un ruolo chiave nella costituzione della propria identità 
politica.  
Si è scelto così di strutturare un campione che avesse per tutti i soggetti in 
comune lo status di studente universitario. 
Tale scelta coincide oltretutto con una maggiore facilità di somministrazione dei 
questionari che ha permesso di rilevare più dati e in meno tempo. 
Oltre gli innegabili vantaggi pratici questa scelta è ispirata da un tradizionale 
interesse sociologico verso il rapporto tra universitari e politica legato a doppio 
filo con una storia che vede da sempre le università come termometri della 
“temperatura politica” dei giovani. 
L’orientamento politico degli intervistati è una variabile che non ha influenzato 
la costruzione del campione, di essa non si è chiesto nulla ne prima ne durante la 
somministrazione dei questionari, affidandosi al caso e procedendo alla 
distribuzione dei questionari in facoltà di tradizionale orientamento politico 
differente, (ad esempio: scienze politiche e sociologia), si spera di aver elaborato 
dati relativi ad un campione eterogeneo sotto quest’aspetto.  
L’aver condotto le interviste in un arco di tempo ristretto riduce al minimo la 
possibilità che i soggetti intervistati abbiano risposto in situazioni storico - 
politiche e di offerta televisiva troppo lontane tra loro. 
Il campione analizzato è composto solo da neo-votanti alle elezioni del 2001, 
tutti studenti universitari che nel 2001 per la prima volta avevano la possibilità 
di votare a delle elezioni nazionali. 
Questa scelta è stata fatta perché si ipotizza che la campagna elettorale possa 
esser vissuta  in modo diverso da chi per la prima volta ha la possibilità di 
esercitare il suo diritto al voto. 
La curiosità della “prima volta” ha sicuramente peso nel voler reperire 
informazioni, nel parlare e nel sentire in modo diverso il nuovo. 
La somministrazione dei questionari è avvenuta a Roma, ciò implica che pur 
non essendoci nessun filtro volontario rispetto alle università frequentate la 
maggior parte degli studenti apparterrà ad atenei romani, su tutti La Sapienza di 
Roma. 
 
 
3.2 Composizione del campione 
 
3.2.1 Profili degli intervistati 
 
Gli studenti intervistati sono 96 donne e 94 uomini per un totale di 190 persone. 
Sotto il profilo del genere il campione risulta quindi molto bilanciato, con uno 
scarto percentuale tra i sessi del solo 1% (49,5% di uomini contro il 50,5% di 
donne). 
L’età dei soggetti intervistati varia dai 21 ai 26 anni. 
Si è deciso di raggruppare le sei fasce d’età prima dette in tre fasce: i “molto 
giovani”, i “giovani” e i “maturi”. Ventunenni e ventiduenni compongono il 
gruppo dei “molto giovani”, ventitreenni e ventiquattrenni quello dei “giovani” e 
coloro che hanno dai 25 ai 26 anni compongono la terza e ultima fascia quella 
dei “maturi”.  
 
Grafico 1 
Composizione campione per fasce di età
matu r igiovanimolto giovani
P
e
r
c
e
n
t
40
30
20
10
0
 
 
Come si può vedere dal grafico 1 la fascia d’età più consistente è quella dei 
“molto giovani”, rappresentativa del  39,8% del campione, gli altri intervistati 
invece si dividono in modo quasi uguale tra “giovani”, 29,5%, e “maturi”, 
31,6%. Come si è precisato in precedenza la totalità del campione è composta da 
studenti universitari. Si è voluto investigare sul rapporto che gli intervistati 
hanno col mondo del lavoro. 
Il 71,1% degli intervistati è entrato direttamente in contatto con il mondo del 
lavoro, tale percentuale infatti dichiara di aver avuto esperienze lavorative o di 
essere al momento occupato. Interessante è osservare la condizione 
occupazionale al momento della somministrazione. 
Solo il 4,2% del campione è “occupato in forma stabile” contro il 19,5% che lo è 
in “forma precaria”. Il dato sembra rispecchiare la situazione occupazionale dei 
giovani in Italia dove la precarietà lavorativa è aspetto con cui chi ha intenzione 
di iniziare a lavorare deve scontrarsi quotidianamente. 
Dato importante appare il confronto fra chi è occupato e chi non lo è. 
Solo il 23,3% degli intervistati dichiara di lavorare, contro il 76,7% che si dedica 
totalmente al ruolo di studente universitario. 
Tanti però che al momento non sono occupati, hanno avuto in passato contatti se 
pur saltuari col mondo del lavoro: il 48,4% degli intervistati si dichiara il 
“disoccupato con esperienze lavorative”. 
 
Grafico 2 
Condizione occupazionale
4,20%
19,50%
48,40%
27,90%
0,00%
10,00%
20,00%
30,00%
40,00%
50,00%
60,00%
occupato in modo
stabile
occupato in forma
precaria
disoccupato con
esperienze
lavorative
disoccupato senza
esperienze
lavorat ive
 
Il “percorso formativo regresso” degli intervistati ha messo in luce la 
formazione culturale di tipo scolastico del campione. 
La schiacciante maggioranza dei soggetti ha conseguito una maturità di tipo 
classico, scientifico o artistico, ben l’80,2%. 
Il rimanente 19,8% è composto per l’8,3% del campione da diplomati ragionieri 
e geometri, per il 5,3% da maturati al liceo linguistico e di diplomati al 
magistrale per il 2,1%. I diplomati a istituiti tecnici di altro tipo rappresentano il 
4,1% del campione. Come dimostrano i numeri risulta nettamente superiore la 
percentuale di coloro che hanno una formazione di tipo umanistico rispetto a 
quelli con una formazione di tipo tecnico. 
La grande maggioranza del campione è composta da studenti iscritti 
all’università La Sapienza di Roma. 
Quasi il novanta percento degli intervistati, per esattezza l’88,9% è iscritto ad 
una facoltà de La Sapienza di Roma, contro il 9,5% che si divide principalmente 
tra Tor Vergata e Roma Tre entrambe università romane. 
Vicina allo zero la percentuale di studenti universitari frequentanti atenei non 
capitolini, solo quattro su 190. 
Più frastagliata risulta invece la distribuzione degli intervistati tra residenti, 
fuorisede e pendolari.  
Centocinquantaquattro intervistati su centonovanta vivono a Roma, cioè ben 
l’81% del campione, ma soltanto poco più della metà è nata qui.  
Tanti i pendolari, il 19% del campione; alta risulta la percentuale di fuorisede 
intervistati ben il 40%;  il gruppo più numeroso, però, risulta essere quello dei 
romani che studiano nella propria città: il 41% del campione.  
 
 
3.2.2 Situazione economica familiare 
 
“Quando qualcuno tenta di sbirciare nel tuo portafoglio il 90% delle volte lo fa 
per fregarti”, sarà un luogo comune senza autore ma le proprie risorse 
economiche sono un argomento di cui tutti sono restii a parlare. 
Questo campione fa però in parte eccezione. 
L’eccezione è data dal fatto che solo l’11% si è rifiutato di rispondere alla 
domanda che chiedeva di quantificare il proprio reddito familiare. 
Che 169 su 190 persone abbiano risposto è una vittoria per la fiducia che, 
evidentemente, chi compilava il questionario ha avuto nei confronti del 
ricercatore e questo fa ben sperare sulla veridicità di ciò che emerge dalla 
ricerca. Bisogna però osservare che se confrontata con la percentuale di “non 
risposta” alle altre domande questa resta tra le più alte. 
Sulla sincerità della risposta non può esserci chiaramente nessuna garanzia, ma 
se si può scegliere di rispondere e lo si fa, tutto fa sperare che si abbia voglia di 
dire il vero magari incoraggiati dal totale anonimato garantito dal questionario. 
Conoscendo i problemi e le diffidenze che suscitano domande di questo tipo si è 
scelto di costruire un solo indicatore per la ricchezza forse quello di uso più 
comune il reddito annuo. 
 
Grafico 3 
Reddito annuo approssimativo
oltre 50.000
da 30.000 a 50.000
da 15.000 a 30.000
meno di 15.000 euro
P
e
r
c
e
n
t
50
40
30
20
10
0
 
 
Il 16,6% degli intervistati che hanno dichiarato il reddito familiare lo hanno 
quantificato al di sotto dei 15.000 euro l’anno. 
Non si può parlare di status economico basso perché come detto l’unico 
indicatore a nostra disposizione è il reddito che se pur rilevante non è sufficiente 
a sintetizzare da solo la ricchezza delle famiglie in questione. 
Si parlerà quindi per comodità solo di “basso reddito” per i redditi al di sotto dei 
15.000 euro, “reddito medio-basso” per quelli compresi tra i 15.000 e i 30.000 
euro, “reddito medio-alto” dai 30.000 ai 50.000 e di “reddito alto” per coloro al 
di sopra dei 50.000 euro. 
Come si evince dal grafico 3 la maggioranza degli intervistati, quantificabile nel 
43,8% (di coloro che hanno dichiarato il proprio reddito), ha un reddito medio-
basso, contro il 27,4% che dichiara un reddito medio-alto. 
Si può osservare quindi che il 71,2% degli intervistati ha occupato le fasce 
centrali di distribuzione di reddito. 
Solo il 12,4% dichiara di avere un reddito alto, superiore cioè ai 50.000 euro 
annui, meno rispetto a quelli che dichiarano un reddito basso, il 16,6%. 
 
 
3.2.3 Livello di istruzione dei genitori 
 
Per quanto concerne il percorso di studi dei genitori dei ragazzi intervistati 
nessuna madre manca di un titolo di studio se pur minimo, mentre due padri non 
hanno ricevuto nessun tipo di  istruzione istituzionale. 
Anche le percentuali di coloro che si sono fermati alla licenza elementare sono 
molto basse, 4,8% per gli uomini e 3,2% per le donne. 
Diversa è invece la situazione delle ultime tre classi costruite: coloro che 
posseggono la licenza media, il diploma superiore e la laurea. 
La maggior parte dei genitori ha interrotto i suoi studi al diploma superiore: ben 
il 51,1% dei padri e il 54,% delle madri fa parte di questo gruppo. 
 
Grafico 4 
0%
20%
40%
60%
nessun
titolo
lic.elem. lic.media lic.sup. laurea
Grado di is truzione  de i genitori
padre
madre
 
 
Interessante risulta il dato che vede i padri e le madri laureati superiori rispetto a 
coloro che si sono fermati al diploma di licenza media, il 23,4% contro il 19,7% 
per i padri e il 21,8% contro il 20,7% per le madri.  
 
 
3.2.4 Situazione occupazionale genitori 
 
La condizione occupazionale dei padri dei giovani intervistati si sintetizza nella 
dicotomia occupati, pensionati. Il 78,7% dei capi famiglia è occupato in modo 
stabile, mentre il 19,1% è composto da pensionati. 
Nessun padre disoccupato, lo 0,5% cerca lavoro, l’1,1% lavora in modo precario 
e lo 0,5% si dedica alla cura delle faccende domestiche. 
 
 
 
 
 
Grafico 5 
0%
20%
40%
60%
80%
occupato/a occupato/a  
in forma
precaria
disoccupato/a in cerca di
occupazione
pensionato/a casaligo/a
Condizione occupazionale genitori
padre
madre
 
 
A rappresentare la maggioranza delle madri sono invece due classi occupate e 
casalinghe. La prima condizione accomuna il 52,2% delle madri, mentre la 
seconda riguarda ben il 29%. Il 9,7% delle madri ha lavorato ed ora è in 
pensione, mentre solo il 4,3% è occupato ma in forma precaria. 
2,7% e 2,2% sono invece le madri disoccupate e in cerca di occupazione. 
Molto diversa appare tra padri e madri occupati l’attività lavorativa svolta e le 
differenze si acutizzano proprio nei ruoli occupazionali più diffusi nei singoli 
gruppi. 
Mentre quella di imprenditore pare essere l’attività professionale più svolta dagli 
uomini con il 21,6%, nello stresso campo la percentuale di donne è minima: solo 
il 5,9%. L’attività lavorativa più svolta dalle madri degli intervistati è quella di 
insegnante, occupazione svolta dal 28,7% delle lavoratrici, la stessa attività tra 
gli uomini si ferma invece al quinto posto con solo il 9%. 
Al secondo posto tra le attività professionali dei padri si collocano con le 
medesime percentuali libero professionista e impiegato di concetto con il 15,7%, 
a seguire con il 13,4% impiegato con mansioni esecutive, con il 9% insegnante, 
con il 6,7% operaio specializzato, con il 6% commerciante, 5,2% architetto e 3% 
operaio. 
 
Grafico 6 
0%
10%
20%
30%
imprend. lib .prof. imp.   
conc.
imp.   
esecut.
insegn. operaio
spec.
commerc. artig. operaio
com.
Attività lavorative dei genitori
padre
madre
 
 
L’attività lavorativa delle madri si concentra maggiormente in un numero 
inferiore di tipologie lavorative, infatti le tre più rappresentative contengono il 
70,3% delle lavoratrici: insegnante, 28,7%, impiegata di concetto 26,7% e 
impiegata con mansioni esecutive 14,9%. Molto diffusa sembra anche la carriera 
di commerciante con il 10,9%, a seguire imprenditrice con il 5,9%, libero 
professionista con il 5%, artigiano con il 4% e operaio comune con il 3%.