Introduzione
“Stronzi”.  Così comincia  The Doom Generation, film 
cult   diretto   dall'   icona   del   cinema   indipendente 
americano Gregg Araki. 
Caschetto nero corvino, grandi labbra rosse, sigaretta in 
bocca e viso da angelo è Rose McGowan che con tono 
schifato guarda in “macchina”
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 e ci insulta. “Stronzi” e 
subito dopo “Vaffanculo”. 
Un inizio che è un pugno nello stomaco dello spettatore, 
perché Araki vuol mettere subito in chiaro le cose;   il 
suo film ci farà male, ci farà schifo, ma ciò che vedremo 
dopo sarà peggio.
Raccontare l' adolescenza senza troppi fronzoli, senza 
falsi moralismi, ecco cosa cerca di fare Gregg Araki e 
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con lui Larry Clark altro esponente di punta della scena 
cinematografica underground statunitense.
Stili diversi, storie diverse ma con un unico obiettivo, 
venire allo scoperto, denunciare, e quindi mostrare la 
vita dei giovani borderline, fatta di sesso, alcool, droga e 
ogni genere di esagerazione.
“...non   vogliamo   film   fasulli,   leccati,   ammiccanti:   li 
preferiamo aspri e scabrosi, ma vivi; non vogliamo film 
rosei: li vogliamo color sangue.”
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    Così si chiudeva il 
manifesto   che  sanciva    la  nascita  del  New  American 
Cinema e con esso del cinema indipendente. 
Il   New   American   Cinema   nasce   dall'esigenza   dei 
cineasti   americani   di   ribellarsi,   di   uscire   fuori   dagli 
schemi, di trovare nuove strade per raccontare la vera 
faccia   dell'America,   terribilmente   diversa   da   quella 
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perbenista   e   ipocrita   fornita   dalle   mega   produzioni 
hollywoodiane. 
Il sistema americano difatti era costituito fin dagli anni 
'20 dallo studio system, dove le major (le grandi case di 
produzione)   attuarono   una   forma   organizzativa   nota 
come   integrazione   verticale,   in   cui   non   solo 
controllavano   la   produzione   dei   film,   bensì   anche   la 
distribuzione   e   l'   esercizio,   creando   così   un   vero   e 
proprio sistema industriale  finalizzato al guadagno che 
impediva sistematicamente a chi non ne faceva parte di 
potersi  esprimere,   a  questo   si  aggiunsero  le   pressioni 
provenienti dalla società del tempo (in particolare dalla 
chiesa   cattolica)   che   creò   un   codice   di 
autoregolamentazione   chiamato   Codice   Hays
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,   che 
impediva di mostrare sullo schermo tutto ciò che potesse 
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essere  sconveniente per  il  pubblico americano medio, 
erano   bandite   scene   di   sesso,   rapporti   omosessuali, 
suicidi ecc.
Questa situazione si protrasse fino agli anni '50 e trovò 
qui la sua fine, nel periodo postbellico infatti le major 
(Paramount,   WarnerBros,   MGM,   RKO,   20th   Century 
Fox,   United   Artists,   Columbia   e   Universal   )   furono 
costrette   a   vendere   le   loro   catene   di   sale 
cinematografiche in virtù della legge antitrust
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 contro i 
comportamenti non competitivi.
      Di fronte a questi cambiamenti i giovani filmakers 
americani   reagirono   positivamente   creando   un   nuovo 
cinema d' avanguardia, collocandosi in un circuito off
hollywood in cui la creatività del' autore sta alla base 
dell'opera.   Nel   1955   nasce   la   rivista   “filmculture”
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fondata da Jonas Mekas che presto divenne il manifesto 
non ufficiale del movimento d' avanguardia e ebbe l' 
importante merito di far conoscere l' opera di filmaker 
come Sidney Peterson e Kennet  Anger. L' evoluzione di 
questo   movimento   che   trovò   un   numero     sempre 
maggiore  di adesioni sfociò nella nascita intorno  agli 
anni '60 del cinema indipendente americano noto anche 
come New American Cinema , che annovera tra le sue 
file autori come L. Rogosin, P. Bogdanovich, R. Frank, 
A.   Leslie,   B.   Carruthers,   i   fratelli   Sanders.   Questa 
neonata corrente cinematografica che lentamente iniziò a 
farsi strada si presentò come l' equivalente americano 
della   nouvelle   vougue   francese   o   del   Free   Cinema 
inglese, con le quali spartiva una certa affinità stilistica 
più che tematica. 
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Gli autori del New American Cinema avevano il pieno 
controllo sulle loro opere, i registi erano considerati i 
veri e propri autori del film e non subivano in alcun 
modo   pressioni   né   dai   produttori   né   dai   distributori 
avendo   così   piena   libertà   di   espressione,   a   questo   si 
aggiunse il rifiuto di ogni tipo di censura, che permetteva 
a   questi   film   rigorosamente   a   bassissimo   budget   di 
trattare   temi   che   fino   ad   allora   erano   rimasti   tabù.   I 
budget   ristretti   non   fecero   altro   che   stimolare   la 
creatività   di   questi   autori   che   grazie   alle   nuove 
attrezzature   leggere,   macchine   da   presa   e   registratori 
molto meno pesanti e quindi più facili da maneggiare, 
crearono   soluzioni   visive   estremamente   efficaci, 
puntando sull'immagine pura e realistica e su storie prese 
direttamente dalle strade americane, lontane anni luce 
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dai lustrini hollywoodiani.
Shadows
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  di   John   Cassavetes   datato   1958   può   essere 
considerato il manifesto visivo di questa “nuova ondata”, 
il film opera prima del regista Newyorkese è un film 
sull'improvvisazione in cui sembra non accadere nulla, 
la trama è inconsistente gli eventi si susseguono gli uni 
agli altri con apparente casualità, e il film finisce con un 
nulla di fatto, niente è cambiato. La pellicola sembra uno 
sguardo disincantato da parte dell'autore sul mondo e il 
tema   centrale   (richiamato   anche   dal   titolo) 
dell'integrazione razziale è trattato in maniera anomala, 
senza la classica contrapposizione tra bianchi e neri.
     L' anno successivo esce invece Pull my Daisy
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 primo 
film   di   Robert   Frank   e   Alfred   Leslie   nato   dalla 
collaborazione   con   lo   scrittore   “beat”   per   eccellenza 
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Jack Kerouac, che nel film riveste l' importante ruolo di 
voce narrante. Il suo commento intenso e coinvolgente si 
svolge  in una  sorta  di  trance  lirica,  paragonabile alle 
allucinazioni di un drogato. Il film è  anche un grido di 
protesta da parte di una generazione che si ribella agli 
atteggiamenti piccolo borghesi, una generazione “beat” 
che non ha nulla a che spartire con la società dell'epoca. 
I   due   registi,   peraltro   anche   fotografi   e   montatori, 
trovano ispirazione nella musica jazz e il film sembra 
così proseguire sotto il segno della casualità o meglio 
dell'improvvisazione.  “Mi  piace anche  perché  utilizza 
un linguaggio più simile a quello della pittura o del 
collage che a quello della regia cinematografica...” (Jim 
Jarmusch).
     L' area newyorkese fu un ottimo cantiere per il New 
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American   Cinema,   nel   giro   di   pochi   anni   esordirono 
infatti   registi   come   Lionel   Rogosin   (On   the   Bowery, 
Come   back,   Africa),   Shirley   Clarke   (Skycraper, 
Bullfight),   i   fratelli   Sanders   (Crime   and   punishment, 
Time out of war), Bert Sern (Jazz on a summer day) e 
Jonas Mekas (Guns of the trees). 
     Questa fase fu tanto intensa quanto breve, infatti già a 
metà degli anni '60 lo spirito d' innovazione sembrava 
affievolirsi e molti di questi autori, con l' eccezione di 
Cassavetes , finirono per scomparire sancendo il declino 
del  New American Cinema.
Nel frattempo la situazione politica americana si faceva 
sempre   più   complessa   a   causa   delle   contestazioni 
giovanili, della guerra in Vietnam e del caso Watergate 
che resero il decennio a cavallo tra gli anni '60 e '70 un 
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ottimo cantiere per provare nuove sperimentazioni. Si 
affermò così una nuova generazione di registi esponenti 
di una controcultura rivoluzionaria derivata direttamente 
da quella   “beat” di qualche anno prima, ma con una 
maggiore   consapevolezza   dei   propri   mezzi   e   delle 
proprie potenzialità. Il 1967 infatti è l' anno di Gangster 
story
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  di   A.   Penn  e  di  The   Graduate
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di  M.   Nichols 
seguiti un paio di anni dopo da Easy Ryder
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diretto dall' 
allora debuttante D. Hopper. Questi tre film dallo stile 
grezzo   e   incisivo   e   dalla     forte   carica   rivoluzionaria 
segnarono   un   punto   cruciale   nella   storia   del   cinema 
indipendente   americano   sancendo   la   nascita   della 
Hollywood Renaissance. Questa rinascita di Hollywood 
sorge proprio in virtù del malcontento che la situazione 
politica americana aveva generato nei giovani del tempo, 
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temi come l' alienazione e le contestazioni giovanili sono 
infatti i punti cardini sui quali sono costruiti questi film.
I protagonisti cercano semplicemente la libertà, libertà 
che a quanto pare può essere trovata solo con la morte. 
Parallelamente alla rinascita Hollywoodiana a metà degli 
anni   '70,   si   sviluppa   un   rinnovato   interesse   per   l' 
avanguardia   che   si   concretizza   nel   Punk   Cinema,   al 
quale aderirono numerosi filmaker di cui molti anche 
musicisti, che sfruttarono le potenzialità e le suggestioni 
del cinema d' avanguardia integrato con un rinnovato 
interesse   per   la   narrazione   creando   cosi   una   nuova 
avanguardia che poi verrà definita NewNarrative. 
     Il Punk cinema (o NoWave cinema) era lo specchio 
per riflettere la sottocultura giovanile che si era insediata 
nel   degrado   delle   metropoli,   priva   di   ideologie,   di 
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prospettive   e   fondamentalmente   votata   alla 
autodistruzione e al nichilismo.
Questo   scenario   caotico   ci   viene   perfettamente 
riproposto dalla musica, che ebbe una forte influenza sul 
cinema   NoWave,   diventandone   parte   integrante,   film 
come Blank generation
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 di Amos Poe e The decline of 
western   civilization
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  di   Penelope   Spheeris   ne 
rappresentano il manifesto. 
Il   primo   rappresenta   una   sorta   di   viaggio   allucinato 
all'interno della musica dove suoni e immagini per tutta 
la   durata   del   film   non   coincidono,   conducendoci 
all'interno   di   un'   esperienza   cinemusicale     fatta   dalle 
suggestioni   sonore   di   musicisti   e   gruppi   come   Patti 
Smith,   Blondie,   Talking   heads,   Ramones,   e   Dolls 
Heartbreakers   che  incarnano  perfettamente  lo  stato  di 
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