6 
INTRODUZIONE 
 
“Vi suggerisco di diventare amici della Tv. 
La Tv è al tempo stesso orologio e calendario, 
scuola, casa, chiesa, amica e amante” 
Old Boy (Park Chan-Wook, 2005) 
 
 
Nell’intervista che Alfred Hitchcock rilasciò a François Truffaut nel 1962 e che divenne 
successivamente uno dei più importanti libri sul cinema mai scritti, parlando del 
voyeurismo nel film La finestra sul cortile (Rear Window, Alfred Hitchcock, 1954), il 
regista britannico si espresse così: 
 
“Scommettiamo che nove persone su dieci, se vedono dall’altra parte del cortile 
una donna che si spoglia prima di andare a letto o semplicemente un uomo che 
mette in ordine la sua stanza, non riescono a trattenersi dal guardare? Potrebbero 
distogliere gli occhi dicendo: «Non mi riguarda», potrebbero chiudere le loro 
persiane, e invece non lo fanno, staranno lì a guardare.
1
” 
 
Questo è un modo esemplificativo per dare una spiegazione a quel fenomeno che porta 
una persona a spiare e guardare ossessivamente gli atti più intimi delle vite altrui. 
La scopofilia è da sempre collegata agli studi sul cinema, il quale, con il proprio occhio-
obiettivo, “spia” le vite dei personaggi e le mostra, attraverso il grande schermo, al 
pubblico in sala, che diventa voyeur a sua volta. 
Lo schermo, la cornice, la finestra sul mondo
2
, sono metafore che possono essere 
applicate anche al mass medium di fattura più recente rispetto al cinematografo, ovvero 
la televisione. 
Oramai lontani dagli obiettivi di alfabetizzazione e moralizzazione della paleo 
televisione – come l’ha definita Umberto Eco – i palinsesti televisivi sono, dagli anni 
Ottanta, maggiormente indirizzati verso l’intrattenimento e lo svago. 
 
1
 Truffaut F., Il cinema secondo Hitchcock. Il più divertente libro di cinema che sia mai stato scritto, 
Milano, Net, 2002, p. 181. 
2
 Elsaesser T., Hagener M., Teoria del film. Un’introduzione, Torino, Einaudi, 2009.
7 
“La rivoluzione copernicana dei palinsesti avviene con l’avvento dei network 
privati nel corso dei primi anni Ottanta […] Col ribaltamento delle finalità del 
broadcasting - non più «servizio pubblico» venato di intenti didascalici, ma 
impresa tesa al profitto, alla massimizzazione degli ascolti e alla raccolta di 
pubblicità - cambia radicalmente il ruolo della programmazione, e il suo rapporto 
con la produzione.
3
” 
 
Il reality show è sicuramente uno dei generi televisivi di maggior intrattenimento e che 
meglio si collega alla tematica del voyeurismo, poiché permette al telespettatore di 
osservare i dettagli più intimi delle vite dei concorrenti, famosi e non famosi. 
Personaggi del jet-set vengono spogliati di trucco, abiti da studio e acconciature 
ricercate, per essere spediti su un’isola deserta o in una fattoria dove, loro malgrado, 
verranno alla luce difetti e fragilità. 
Oppure, nel caso del Grande Fratello, persone sconosciute accettano di farsi riprendere 
ventiquattro ore al giorno rinchiusi in una casa, dove mangiano, dormono, litigano e 
vivono momenti di intimità, per poter toccare con mano i quindici minuti di celebrità 
che Andy Warhol aveva profetizzato per ognuno di noi negli anni Sessanta
4
. 
 
“Sempre più bruciante si materializza un’unica ossessione: uscire dall’anonimato 
della folla […] La tv dei nostri giorni non cerca nello spettatore l’individuo, cerca 
semmai il suo individualismo, quella forza, cioè, che lo può spingere a uscire 
dall’oblio. Per questo, nelle forme più varie, spesso anche nelle forme più 
deprecabili, questi generi si sono assunti un compito molto curioso: dare voce a chi 
non ha voce, fungere da terapia dell’escluso.
5
”  
 
Come diceva Hitchcock
6
, siamo tutti un po’ voyeur e la curiosità porta lo spettatore 
televisivo che guarda il programma a identificarsi, qualora ritrovasse aspetti comuni 
della propria vita e del proprio carattere, con le persone che appaiono sul piccolo 
 
3
 Grasso A., “Un tuffo nostalgico nella tv del passato”, Corriere, 2012, 
http://www.corriere.it/spettacoli/12_gennaio_10/a-fil-di-rete-aldo-grasso_d81b68e8-3b51-11e1-bd31-
7de06b9c283b.shtml (consultato il 15/03/2012). 
4
 Andy Warhol nel 1968 scrisse nel catalogo di una mostra tenutasi a Stoccolma: “Nel futuro, ognuno sarà 
famoso per 15 minuti”. 
5
 Grasso A., “Lo spettatore spinto a uscire dall’oblio”, Corriere, 2011, 
http://archiviostorico.corriere.it/2011/agosto/31/spettatore_spinto_uscire_dall_oblio_co_9_110831082.sht
ml (consultato il 10/03/2012). 
6
 Truffaut F., op. cit.
8 
schermo. Al contrario, osservare e riconoscere difetti e atteggiamenti che non tolleriamo 
ci permette di criticare e prendere le distanze dai personaggi dei reality. 
Il reality, come genere televisivo, non consiste unicamente in quei mondi paralleli dove 
le interazioni fra i personaggi del cast “creano” e danno vita alla storia; il reality è quel 
genere che racconta storie vere (come suggerisce il nome stesso), che ripropone, a 
seconda dell’inclinazione del programma, alcuni elementi e tematiche inerenti alla vita 
di una o più persone. 
Questo lavoro nasce con l’intento di analizzare un genere televisivo di cui per ora si è 
scritto molto poco, almeno in Italia e, per l’analisi del quale, è stato necessario ricorrere 
allo studio di numerosi testi stranieri. 
Il genere televisivo in questione è il cosiddetto “makeover”, ossia quell’insieme di 
programmi che mostrano al pubblico il cambiamento straordinario di un oggetto, di un 
immobile o di una persona. 
Rinnovare casa, sottoporsi ad interventi di chirurgia plastica ed estetica, cambiare look, 
dimagrire, sono tutte tematiche appartenenti a quel flusso di programmi provenienti 
soprattutto dai paesi anglosassoni e che l’Italia ha deciso, nel corso degli anni, di 
trasmettere in lingua originale con sottotitoli, oppure riadattandone il format. 
Questo tipo di programmi fa parte quindi del filone del reality, in quanto le storie dei 
personaggi che si rivolgono alle redazioni sono assolutamente vere, le trasformazioni 
sono reali e vengono documentate minuziosamente dalle telecamere. 
Nonostante il genere stia avendo successo in tutto il mondo, in Italia non sono ancora 
stati compiuti studi approfonditi al riguardo e questo è il motivo per il quale il lavoro 
qui proposto ha imposto una ricerca empirica sui programmi in onda. 
Per cercare di tracciare una storiografia della nascita e dello sviluppo del genere si è 
attinto a numerosi saggi in lingua inglese; qualunque errore nella traduzione è da 
attribuire unicamente a chi scrive. 
La visione di molti dei programmi televisivi citati nel testo è stata fondamentale per la 
mia ricerca e questo è avvenuto grazie al sito internet YouTube ed ai canali del digitale 
terrestre che trasmettono repliche e numerosi programmi in lingua originale provenienti 
da paesi esteri.
9 
Ho deciso di prendere in esame anche tre programmi televisivi di makeover realizzati in 
Italia, tutti rivolti alla trasformazione del look delle persone: Personal Shopper, Ma 
come ti vesti?!, Buccia di Banana. 
Per ognuno dei programmi ho selezionato e messo a confronto cinque puntate risalenti 
al periodo gennaio/maggio 2011, tutte facenti parte della rispettiva prima edizione
7
, in 
modo da confrontarne le scelte linguistiche e narrative adottate nella medesima 
stagione. 
Il presente lavoro è suddiviso in quattro capitoli: nel primo ho cercato di delineare un 
quadro generale del genere makeover, dai suoi esordi fino al suo attuale sviluppo; nel 
secondo capitolo ho preso in esame il programma televisivo realizzato dalla 
FremantleMedia, Personal Shopper e, dopo aver presentato il canale televisivo che lo ha 
trasmesso, ho proposto l’analisi strutturale di una puntata generica, concentrandomi 
sugli aspetti testuali e della messa in discorso
8
. 
Il terzo ed il quarto capitolo seguono la stessa impostazione del secondo, riferiti 
rispettivamente alle trasmissioni Ma come ti vesti?! e Buccia di Banana, entrambe 
prodotte dalla Magnolia. 
In appendice ho proposto l’analisi di una puntata specifica per ognuno dei tre 
programmi, per metterne in luce i quattro passaggi fondamentali ai fini della narrazione, 
suggeriti da Francesco Casetti e Federico Di Chio nel libro Analisi della televisione
9
: 
 
1. Ambiente (situazione di partenza) 
2. Occorrenza (avvenimento significativo che modifica uno stato precedente) 
3. Reazioni (gli avvenimenti che rispondono all’occorrenza) 
4. Risoluzione (lo stato di relativo equilibrio che mette fine alle tensioni prodotte 
dall’occorrenza o dalle reazioni)
10
 
 
Procedendo con un’analisi comparativa, che ha coinvolto i programmi televisivi sia dal 
punto di vista della messa in discorso, sia dal punto di vista della narrazione, intesa 
come “racconto di una situazione”, sono emerse analogie e differenze. 
 
7
 Personal Shopper ha avuto un’unica edizione; Ma come ti vesti?! è giunto alla quinta edizione; Buccia 
di Banana è arrivato alla terza edizione. 
8
 Mi sono concentrata su montaggio, inquadrature, movimenti di macchina, grafica digitale, regia. 
9
 Casetti F., Di Chio F., Analisi della televisione, Milano, Strumenti Bompiani, 2006. 
10
 ivi., p. 224.
10 
Un aspetto comune ai tre programmi e, in generale, ai programmi televisivi di 
makeover, è il fatto che il ruolo di presentatore-esperto, molto differente rispetto al 
conduttore (nell’accezione più classica del termine) dei programmi in studio, fa sì che il 
cambiamento, specialmente quando si tratta di un cambiamento fisico (che porta 
all’utilizzo della chirurgia estetica o al rinnovo del guardaroba) sia percepito come 
praticamente indispensabile sia dal protagonista della puntata, sia dal pubblico a casa. 
Il giudizio di medici, esperti di immagine, stylist, truccatori, rende l’apparato televisivo 
nel quale si svolge il makeover assolutamente professionale, con consigli, informazioni 
tecniche e brevi delucidazioni sulla storia del costume, che fanno sentire i concorrenti in 
mani esperte. 
I presentatori di queste trasmissioni hanno un approccio amichevole e confidenziale e, a 
seconda dell’impostazione scelta dal programma, hanno modi differenti per spiegare 
come un cambiamento estetico possa cambiare in meglio la vita di una persona. 
Sia che i toni utilizzati siano affettuosi e amorevoli, come di chi voglia aiutare una 
persona in difficoltà a ritrovare se stessa, sia che i toni siano più ironici e tendenti alla  
presa in giro, come di chi voglia far aprire gli occhi ad una persona totalmente 
sprovvista di buon gusto, il cambiamento viene comunque percepito come 
indispensabile per la propria autostima e come un passo obbligato verso la propria 
autorealizzazione. 
Anche la messa in discorso contribuisce al raggiungimento del climax finale: il 
momento in cui il protagonista della puntata riconosce il lavoro svolto dagli esperti, 
riconosce i miglioramenti ottenuti sul proprio aspetto e l’importanza che questa 
metamorfosi potrà avere sulla propria vita. 
Così, se il reality show permette al pubblico di “entrare” nella vita delle persone per 
spiarne i segreti più intimi e imbarazzanti, i programmi di makeover vanno oltre, 
spingendo i telespettatori a riflettere su se stessi, sulle proprie esigenze, le proprie 
frustrazioni, i propri desideri, e portandoli (come testimoniano i dati sull’ascolto 
televisivo e il conseguente susseguirsi delle edizioni) ad alzare la cornetta del telefono 
per chiedere alla trasmissione di poter partecipare.
11 
CAPITOLO 1 
BREVE PROFILO DEI PROGRAMMI DI MAKEOVER 
 
 
1. Un genere televisivo ancora giovane 
Un cambiamento viene generalmente vissuto come rinascita, come nuova partenza, 
come prospettiva verso nuove possibilità. Una trasformazione può riferirsi all’aspetto 
fisico di un individuo, inteso sia come “corpo” vero e proprio, sia come “apparire” nel 
senso più superficiale del termine: modo di vestire, di truccarsi, di acconciarsi i capelli; 
oppure al luogo in cui si vive, si lavora, o agli oggetti che si usano quotidianamente. Il 
“makeover”, che in lingua inglese significa “rifare”, è diventato un genere televisivo 
orientato verso diversi settori e diffuso con grande successo in molti paesi del mondo. 
Nel libro Il format televisivo, incentrato sull’analisi del mercato dei format e degli 
adattamenti nei diversi paesi, la docente e ricercatrice universitaria Marta Perrotta dà 
una definizione del genere: 
 
“Si definisce makeover television quella parte di reality TV che mostra, secondo le 
regole proprie del genere, la trasformazione fisica di persone operata da team di 
esperti (medici, psicologi, stilisti, acconciatori, truccatori) coordinati dalle 
produzioni televisive. Questi programmi giocano prevalentemente sul contrasto, 
spesso sbalorditivo, tra il “prima” e il “dopo” e sull’effetto di questo contrasto sui 
protagonisti e sulle persone a loro più care.
11
” 
 
Nel saggio intitolato Specchiarsi in TV. Modelli estetici, artifici narrativi e dinamiche 
della rappresentazione del sé nella “makeover television”, la docente ne analizza la 
diffusione: 
 
“Benché gli Stati Uniti siano protagonisti nel panorama televisivo internazionale 
con format di grande successo sul mercato come Extreme Makeover e Queer Eye 
for the Straigth Guy (diffusi sia nella versione USA che riadattati per i diversi 
 
11
 Perrotta M., Il format televisivo. Caratteristiche, circolazione internazionale, usi e abusi, Urbino, 
Quattroventi, 2007, p. 55.
12 
paesi) […] È però innegabile che il ruolo principale nello sviluppo e nella 
definizione del genere spetta alla Gran Bretagna.
12
” 
 
Judith Lancioni, docente alla Rowan University nel New Jersey, ha curato una raccolta 
di saggi dedicata allo studio di programmi di makeover
13
 e, nella sua introduzione, 
sostiene che “gli attuali programmi di makeover rientrano in tre categorie
14
”, che sono 
rispettivamente: 
 
1. Programmi dedicati alla trasformazione di edifici, case o automobili; 
2. Programmi in cui una persona viene sottoposta ad uno o più interventi di 
chirurgia uniti ad una dieta, ad un allenamento fisico; 
3. Programmi dedicati al miglioramento del look di una persona tramite rinnovo 
del guardaroba, dell’acconciatura e del make-up. 
 
L’aspetto sicuramente comune nei reality-show di makeover, è il fatto che il percorso di 
cambiamento da uno stato ad un altro sia sempre accompagnato da esperti del settore: 
non semplici conduttori televisivi, che seguendo una scaletta presentano al pubblico una 
successione di eventi, ma veri e propri mestieranti (muratori, carpentieri, giardinieri, 
parrucchieri, personal shopper, interior designer, etc.) che diventano protagonisti del 
programma. 
 
“Attraverso il makeover, questioni particolarmente intime e private (come i 
decadimenti del corpo, della casa e di altri aspetti della vita) diventano 
intrattenimento per milioni di persone. Chi si sottopone alla “diagnosi” e alla 
“cura” di show di questo genere, offre il proprio sé allo sguardo medico/esperto di 
chi è portatore di un discorso qualificato. […] In molti casi l’esperto, versione 
odierna dell’intellettuale, si pone come interprete, in grado di aprire al protagonista 
e allo spettatore mondi del sapere specialistico (dalla moda alla medicina) 
altrimenti inaccessibili; allo stesso tempo l’esperto gioca il ruolo del 
confidente, utilizzando un registro più basso, vivace, pratico, con un 
 
12
 Perrotta M., “Specchiarsi in TV. Modelli estetici, artifici narrativi e dinamiche della rappresentazione 
del sé nella ‘makeover television’” in IMAGO, Anno II, Numero 4, Luglio-Dicembre 2011. 
13
 Lancioni J., Fix me up: essays on television dating and makeover shows, North Carolina, McFarland & 
Company, 2010. 
14
 ivi, p. 5.
13 
linguaggio più duttile e adatto a comunicare la contemporaneità. Il makeover 
addomestica la figura dell’esperto, accorciando le distanze tra spettatore e 
autore.
15
” 
 
Infatti il centro dell’attenzione in questo tipo di reality non è focalizzato sulle persone 
che nel corso delle puntate autoconclusive ricevono in “regalo” la possibilità di 
cambiare un aspetto della propria vita, ma sugli esperti che renderanno questo 
cambiamento possibile. Il confronto con la famiglia disagiata a cui verrà ricostruita la 
casa, i commenti taglienti ai quali saranno sottoposte persone a cui verrà rifatto il look, 
le grida, le risate e lo stupore di chi riceverà la propria auto totalmente cambiata dal 
team di meccanici di un cantante rap americano, sono tutti aspetti che rendono queste 
trasmissioni dei veri e propri “show”. 
Per quanto riguarda la categoria di programmi che si occupa di “rifare” edifici, case, 
oggetti, si può fare riferimento in primo luogo a Pimp my ride, un reality-show 
americano prodotto dall’emittente televisiva MTV dal 2004 al 2007, in puntate da 30 
minuti ciascuna improntate sull’ironia, in cui il presentatore-cantante rap americano 
Xzibit realizza il sogno di molti giovani della west coast: trasformare la propria 
macchina scassata e mal funzionante, magari 
ricevuta in regalo da un vecchio prozio, in una 
coloratissima, super accessoriata, super potenziata, 
estremamente pacchiana automobile. Ad ogni 
puntata lo show presenta un partecipante che 
consegna la propria vettura in mano al cantante e 
ad uno staff di meccanici esperti; nel giro di pochi 
giorni alla macchina saranno sostituiti motore, 
gomme, sedili, carrozzeria e saranno aggiunti 
impianto stereo, schermi al plasma, accessori tra i 
più desueti per una vettura (acquario, campo da 
ping pong) per renderla un pezzo unico e 
assolutamente in sintonia con le passioni del suo 
 
15
 Perrotta M., “Specchiarsi in TV. Modelli estetici, artifici narrativi e dinamiche della rappresentazione 
del sé nella ‘makeover television’”, cit., p. 9-10. 
Copertina del cofanetto dvd del 
programma Pimp my Ride, stagione 1
14 
proprietario
16
. 
Altro programma di makeover, questa volta con un tono decisamente più serio della 
narrazione, rivolto allo sventramento ed alla completa ricostruzione di abitazioni private 
è Extreme makeover: home edition, spin-off del format Extreme makeover di cui 
parleremo in seguito. Il programma viene prodotto dalla ABC in puntate da un’ora 
circa, in onda dal 2004 e tuttora in programmazione; si rivolge a famiglie con problemi 
economici, di salute, o che vivono disagi che non permettono ai proprietari della casa di 
ristrutturare o rendere l’abitazione più confortevole per i membri del nucleo familiare. 
La star dello show americano è Ty Pennington, leader del team di falegnami, muratori, 
carpentieri, arredatori, che si occupano del restyling delle case. La famiglia protagonista 
della puntata viene momentaneamente trasferita e, in una settimana, la casa viene 
completamente ricostruita con tutti i confort, gli spazi e i mobili che si potrebbero 
desiderare, in modo da restituire una parte della serenità perduta alle famiglie, le quali 
alla vista della nuova casa reagiscono con urla, lacrime e risate di gioia
17
. 
Esistono poi programmi televisivi che 
promuovono il rinnovo di locali 
commerciali, come nel caso di Kitchen 
Nightmares, programma in onda dal 
2004 con puntate da 60 minuti, 
realizzato per i primi anni in Gran 
Bretagna e, dal 2007, spostato negli 
U.S.A. e prodotto dalla Fox. Il 
conduttore-chef Gordon Ramsay fa 
visita a ristoranti fortemente in crisi, 
sull’orlo del fallimento e della chiusura e, insieme ai proprietari e ai dipendenti del 
locale, mette in luce i punti deboli della gestione; nel corso di una settimana cercherà di 
rinnovare il design, il menù, gli ingredienti, le tattiche pubblicitarie per rilanciare il 
ristorante e salvarlo dal fallimento
18
. 
 
16
 http://www.imdb.com/title/tt0395891/ 
17
 http://www.imdb.com/name/nm0672205/bio 
18
 Per il programma americano  http://www.imdb.com/title/tt0983514/ 
    Per il programma inglese  http://www.imdb.com/title/tt0409608/ 
Logo del programma televisivo Kitchen 
Nightmares