-43- 
 
Capitolo 2 
 
Dal viaggio nel tempo al controllo dei sogni: la realtà 
umana secondo Tsutsui Yasutaka 
 
Nel capitolo precedente abbiamo avuto modo di appurare che l’estesa 
quanto eterogenea produzione letteraria di Tsutsui converge verso un nucleo ben 
definito, la realtà, e che attraverso l’utilizzo di svariate tecniche narrative e lo 
sviluppo di incipit bizzarri e inaspettati, lo scrittore offre uno spaccato unico e 
originale della società giapponese e delle sue numerose sfaccettature. Tuttavia, se 
circostanziamo tali aspetti, risulta evidente che le tematiche rappresentate non 
rimandano solo all’ambito generale o comunitario, ma all’individuo in sé. Difatti, 
come fa notare Maria Chiara Migliore, “l’intelligenza delle opere di Tsutsui 
Yasutaka travalica l’ambito socio-culturale giapponese e si allarga alla coscienza 
di ciascuno di noi”.
66
 
In questo capitolo, quindi, prenderemo in esame tre romanzi di successo – 
Toki wo kakeru shōjo (La ragazza che saltava nel tempo), Kazoku hakkei (Otto 
scene di famiglia) e Paprika (Paprika) –, che esprimono al meglio tale peculiarità. 
Un viaggio letterario tutto al femminile: tre donne, tre eroine a cui Tsutsui affida il 
compito di svelare quel mondo di paure, doveri, volontà e responsabilità che 
governa il genere umano.  
 
 
                                                   
66
 Maria Chiara Migliore, op. cit., p.119.
-44- 
 
2.1  Persone di ieri, persone di domani:  
     Toki wo kakeru shōjo (La ragazza che saltava nel tempo) è un romanzo 
riconducibile al genere juvenile, dapprima pubblicato in sette puntate dal 
novembre 1965 al maggio 1966 su due riviste rivolte a ragazzi delle scuole medie 
e superiori – la Chūgaku Sannen Course e la Kōichi Course –, e poi incorporato in 
un unico volume a opera della casa editrice Kadokawa Shoten nel 1967. La storia 
ebbe così tanto successo da essere stata trasposta negli anni in svariate serie 
televisive, manga e versioni animate che hanno conquistato ulteriormente il 
pubblico.
67
  
La ragione di tale popolarità risiede nel fatto che la storia è rivolta a 
qualsiasi tipo di lettore, dall’adolescente all’adulto; una scelta condivisa da molti 
altri scrittori di fantascienza quali Hoshi Shin’ichi, Komatsu Sakyō, Toyota 
Aritsune (1938-) e Mayumura Taku (1934-), al fine di far comprendere anche ai 
più giovani le evoluzioni della scienza e della tecnologia nella società, in maniera 
divertita e divertente.
68
 
Il romanzo vede come protagonista una studentessa all’ultimo anno di 
scuole medie, Yoshiyama Kazuko, e si apre con la scena in cui la ragazza sta 
pulendo il laboratorio di scienze con due dei suoi compagni di classe, Kazuo e 
Goro. Dopo aver gettato la spazzatura, la ragazza rientra nella stanza dove ormai 
                                                   
67
 Nel 1972 venne realizzata dalla NHK una serie televisiva per ragazzi in sei episodi dal titolo 
Time Traveller (La viaggiatrice nel tempo), da cui i successivi remake del 1994 e del 2002. 
Particolarmente famosa è la versione cinematografica del 1983 diretta dal regista Ōbayashi 
Nobuhiko (1938-), a cui aveva partecipato come protagonista l’idolo pop Harada Tomoyo (1967-) 
che per quel ruolo si aggiudicò l’ottavo premio cinematografico Hochi. Inoltre nel 2004 il romanzo 
fu adattato in un manga serializzato sul magazine Shōnen Ace, per poi essere raccolto in due 
volumi dalla Kadokawa Shoten. Qualche anno dopo – esattamente nel 2006 – lo studio Madhouse, 
sotto la regia di Hosoda Mamoru (1967-), realizzò l’omonima versione animata – proiettata per la 
prima volta in Italia nel 2009. Nel 2010, invece, è stato prodotto un sequel basato sul racconto 
originario. Segnaliamo che del manga esiste anche la versione italiana pubblicata nel 2008 a opera 
della casa editrice Planet Manga. 
68
 Fujita Naoya, “Jyubunairu (Juvenile)”, op. cit., 2010, pp. 70-71.
-45- 
 
non c’è più nessuno e lì accade qualcosa di strano: sente una fragranza particolare, 
simile all’odore di lavanda, che la stordisce e la fa cadere a terra priva di sensi. Da 
allora, per una ragione ancora ignota, la ragazza capisce che qualcosa non va e ne 
ha la certezza un mattino, quando insieme all’amico Goro rischia di essere 
investita da un camion che non ha rispettato il rosso. Proprio nel momento in cui i 
due pensano di essere ad un passo dalla morte, ecco il colpo di scena: la ragazza 
torna indietro nel tempo al mattino precedente, sana e salva. Sconvolta e 
preoccupata per quello che le è accaduto ne parla prima con i due amici e poi con 
il professore di scienze, il quale crede alla sua storia spiegandole che già in 
passato erano stati registrati casi di teletrasporto e di viaggi nel tempo.
69
 In 
qualità di scienziato, l’uomo è affascinato dal racconto della ragazza sostenendo 
che le scoperte in campo scientifico sono realizzate proprio grazie a questi 
fenomeni misteriosi: 
 
La scienza è una disciplina che ci permette di analizzare cose che sono 
misteriose e scoprire quelle condizioni che le rendono normali. Noi 
[scienziati] per arrivare a una scoperta dobbiamo prima trovarci davanti ai 
misteri. Niente misteri, nessuna nuova scoperta.
70
 
 
Le consiglia, quindi, di ritornare al giorno dell’incidente e di scoprire in che modo 
ha acquisito questo potere. Dopo qualche viaggio involontario nel passato, infatti, 
Kazuko riesce fortunatamente a tornare indietro di quattro giorni per andare al 
laboratorio e scoprire la verità. Ed è lì che tutto le diventa chiaro: la persona che le 
                                                   
69
 Nel particolare il professore porta l’esempio della scomparsa improvvisa di David Lang davanti 
alla moglie, ai due figli e a due amici, e il caso di un teletrasporto, quando un uomo scomparve da 
Tōkyō per ritrovarsi lo stesso giorno a Kimberly, negli Stati Uniti. In merito al primo esempio si 
segnala che il caso di David Lang, un proprietario terriero del Tennessee scomparso il 23 settembre 
1880 mentre attraversava un campo davanti casa sua, è documentato in molti testi che si occupano 
di fenomeni paranormali.  
70
 Tsutsui Yasutaka, Toki wo kakeru shōjo (1967), Tōkyō, Kadokawa Shoten, 2006, p.55.
-46- 
 
ha provocato quel potere è l’amico Kazuo, o per meglio dire Ken Sogol, un 
ragazzo di undici anni proveniente dal futuro, per l’esattezza dall’anno 2660. Il 
giovane le spiega che è rimasto intrappolato nel passato mentre stava 
sperimentando un nuovo medicinale in grado di incorporare le capacità classiche 
del teletrasporto a quelle del salto nel tempo. Tuttavia, quando mise alla prova il 
miscuglio, si rese conto che c’era qualcosa di sbagliato poiché era sì riuscito a 
saltare nel tempo, ma non era altresì riuscito a tornare al momento della partenza. 
Nel giorno dell’incidente in cui Nanase perde i sensi, quindi, il ragazzo stava 
terminando i passaggi necessari per poter ricreare l’essenza e andare via senza 
lasciare tracce. Entrambi sono rattristati all’idea di doversi perdere, ma hanno la 
certezza che un giorno riusciranno a rivedersi, in un modo o nell’altro.  
Il romanzo si chiude con la stessa scena con cui si era aperto: Kazuko sta 
pulendo il laboratorio, ma questa volta c’è solo Goro con lei. Quando esce per 
andare a casa passa davanti a quella che era stata la casa di Kazuo, da cui proviene 
un odore di lavanda talmente intenso da suscitarle un ricordo indefinito.  
*** 
Il viaggio nel tempo è uno dei topoi classici della letteratura fantascientifica, 
tanto che in molti lo considerano un vero e proprio sottogenere. Questo espediente 
consente di sviluppare trame particolarmente avvincenti ed elaborate, con la 
possibilità di analizzare evoluzioni parallele di un evento e creare colpi di scena 
estremi.
71
 Come esempio possiamo citare il celebre romanzo The Time Machine 
(1895) di Herbert George Wells o la famosissima trilogia cinematografica Ritorno 
al Futuro che narra le peripezie, a cavallo di varie epoche della storia americana, 
                                                   
71
 Cft. Renato Giovannoli, La scienza della fantascienza, Milano, Strumenti Bompiani, 1991, 
p.54.
-47- 
 
affrontate dal giovane Marty McFly e dal suo amico, lo stravagante scienziato 
Emmett “Doc” Brown, inventore di una bizzarra macchina del tempo ricavata da 
un’autovettura, una DeLorean DMC-12.
72
  
Anche nel racconto in questione l’intreccio narrativo è quello del viaggio 
nel tempo, ma con qualche particolarità. Innanzitutto Tsutsui decide di dare alla 
ragazza il potere di tornare indietro nel passato, uno dei paradossi principali della 
teoria dei viaggi nel tempo.
73
 Il motivo di questa scelta sta nel fatto che lo 
scrittore non vuole sviluppare una trama in cui la protagonista deve porre rimedio 
a qualche errore compiuto nel passato, così come avverrebbe convenzionalmente, 
bensì vuole dare alla ragazza – e al pubblico – la possibilità di interrogarsi su se 
stessa e sulle sorti dell’umanità. Kazuko, infatti, assume questa capacità per caso e 
anche quando prende coscienza del suo potere non lo utilizza per i propri scopi, 
anzi, ne è spaventata pensando che non potrà più essere una persona normale. In 
uno specifico passaggio la ragazza dice all’amico Goro: 
 
Non mi piace affatto di essere l’unica persona ad avere questo potere. 
Anche tu mi guardi con occhi diversi perché pensi che non sia più 
un’umana. […] Quando gli altri lo scopriranno non mi tratteranno più come 
una persona normale.
74
 
 
Comprendendo il disagio della ragazza tutti le consigliano di ritornare al giorno 
dell’incidente per capire cosa sia realmente accaduto; difatti, dopo aver capito il 
                                                   
72
 La trilogia di Ritorno al futuro (1985) è una saga ideata da Bob Gale e Robert Zemeckis e 
diretta da quest’ultimo, è stata prodotta da Steven Spielberg e distribuita dagli Universal Studios. 
73
 Alla luce delle ricerche scientifiche in merito, successive all’elaborazione della Teoria della 
relatività di Einstein, infatti, tale possibilità sarebbe meno probabile rispetto a quella dei viaggi nel 
futuro dato che in primis violerebbe la regola fondamentale che la causa precede sempre l’effetto, 
e che in secondo luogo permetterebbe di impedire cose che invece già esistono. Su questo 
argomento si veda: Paul J. Nahin, Time Machines: Time Travel in Physics, Metaphysics, and 
Science Fiction, New York, Springer-Verlag, 1993. 
74
 Tsutsui Yasutaka, op. cit., p. 43.
-48- 
 
modo per viaggiare nel tempo – ossia in condizioni di pericolo –, ritorna indietro 
di quattro giorni. La scoperta che Kazuo ne è l’artefice e che presto la lascerà per 
tornare nel futuro è fonte di grande tristezza per la ragazza, preoccupata al 
contempo per le sorti della Terra predestinategli dall’amico: sovrappopolazione, 
macchine che sostituiscono il lavoro degli umani, bambini a cui vengono 
impiantati meccanismi per un rapido apprendimento. Il ragazzo stesso ne parla in 
toni negativi, affermando che la vita nel passato è migliore di quella nel futuro: 
 
Preferisco il passato al futuro. La vita scorre più lentamente e le persone 
sono migliori. È molto più facile vivere qui e stare a contatto con gli altri.
75
 
 
Con queste parole Tsutsui presenta un futuro al di là di ogni utopia e di scenari 
paradisiaci come tutti sperano, a conferma di quanto avevamo espresso nel 
capitolo precedente (§1.1). Tuttavia nel racconto si possono scorgere anche degli 
aspetti positivi, quali il valore dell’amicizia e il bene della comunità che dipende 
dalle azioni di ogni singolo individuo. In merito, il critico Fujita Naoya mette in 
evidenza un altro aspetto positivo del romanzo, sostenendo che lo scrittore attua 
un’inversione di tendenza rispetto ad altre opere. In Otasuke, ad esempio, 
ricordiamo che il protagonista – sofferente e arrabbiato per la condizione di 
solitudine in cui versa a causa degli esperimenti scientifici a cui era stato 
sottoposto – alla fine muore a schiacciato da un camion.
76
 La capacità di vivere 
più velocemente rispetto agli altri esseri umani, acquisita attraverso quegli 
strumenti della tecnologia in cui tanto credeva, conduce l’uomo alla morte; una 
punizione per avere sempre preferito la scienza alle strette dinamiche sociali. In 
tal senso Tsutsui utilizza piuttosto spesso come colpo di scena un qualche 
                                                   
75
 Ivi, p. 100. 
76
 Fujita Naoya, op. cit., p. 72.
-49- 
 
incidente che stravolga la narrazione e faccia riflettere il lettore sulle conseguenze 
e i condizionamenti negativi del progresso sulla cultura umana. Esempi già citati 
nel capitolo precedente, oltre a Otasuke, sono 48 oku no mōsō, Betonamu kankō 
kōsha e Kyojintachi. Contrariamente a questi casi, in Toki wo kakeru shōjo 
Kazuko si salva da una morte certa proprio grazie al nuovo potere che ha ottenuto 
tramite uno strumento della tecnologia – seppure in principio inconsapevole di 
tale situazione –, in quanto lo utilizza con l’animo nutrito di buone intenzioni.
77
 
In fondo, come indicava il filosofo Martin Heidegger (1889-1976), non è tanto la 
tecnologia che minaccia l’uomo, quanto la perdita del senso della vita umana che 
rende distorto il rapporto con essa.
78
 Sarà stato questo il motivo per cui lo 
scrittore lascia un finale aperto: per permettere al lettore di interpretare il romanzo 
in entrambe le chiavi, negativa o positiva, in base alla sua sensibilità e percezione 
del mondo. 
Come già accennato in precedenza, nel 2006 è stata realizzata dallo studio 
Madhouse una versione animata del racconto che ha vinto ben sei premi al Tōkyō 
International Anime Fair del 2007. In realtà questo film è una libera 
reinterpretazione del romanzo perché sviluppa la storia della giovane Makoto – 
nipote dell’originale protagonista Kazuko –, la quale assume il potere di saltare 
nel tempo in seguito alla rottura di un congegno che la ragazza urta per sbaglio nel 
laboratorio di scienze. A differenza della zia, che in passato era spaventata da 
questo potere, Makoto inizia ad utilizzarlo per risolvere piccole problematiche 
della sua vita o semplicemente per divertirsi. Ogni sua azione, però, va a influire 
sugli eventi quasi sempre in modo catastrofico, di conseguenza viene costretta ad 
                                                   
77
 Ibidem. 
78
 Cfr. Martin Heidegger, Saggi e discorsi (1954), Milano, Mursia, 2007.
-50- 
 
usare ripetutamente il suo potere per porre rimedio ai problemi che lei stessa ha 
causato. Notiamo, dunque, che il regista ha preferito utilizzare la versione classica 
del paradosso dei viaggi nel passato, così come indicato in precedenza. 
 Alla fine la ragazza scopre che l’amico Chiaki è un ragazzo che viene dal 
futuro, ma la ragione per cui è arrivato nel passato è ben diversa da quella del suo 
alterego Kazuo. Egli, infatti, rivela a Makoto di essere tornato indietro nel tempo 
per vedere un dipinto – restaurato dalla zia della ragazza – che però non ha ancora 
avuto modo di ammirare. In realtà nel corso del film si scoprirà che quel dipinto 
era stato già stato esposto e che a causa dei salti nel tempo di Makoto, Chiaki non 
riuscirà a vederlo.  
Il motivo per cui il romanzo è stato reinterpretato in questo modo lo si 
apprende dalle parole del regista Hosoda Mamoru: 
 
Per persone come noi, nate tra gli anni Sessanta e Settanta, il futuro era 
considerato come qualcosa che protendeva in avanti e in miglioramento, e 
se non direttamente per noi, per le persone intorno a noi. Pensiamo al caso 
del gruppo della missione Apollo. L’idea di una navicella che va nello 
spazio è connessa con quella di nuove infrastrutture e il modo in cui una 
società organizzata debba svilupparsi. Insomma, l’immagine di una società 
globale che lavora insieme e del modo in cui questo dovrà accadere. 
Tuttavia oggi è come se i giovani avessero delle visioni del tutto personali 
riguardo al futuro, non collettive. Se i giovani d’oggi hanno molte più 
visioni personali circa il futuro, quindi, come poter giustificare il fatto che 
il ragazzo [Chiaki] torna nel passato? Ho pensato che ci tornasse per una 
ragione personale, qualcosa che avesse a che fare con l’intimo di sé. Quindi, 
in questa versione de La ragazza che saltava nel tempo, perché il ragazzo 
del futuro torna nel passato? Per vedere un dipinto.
79
 
 
 
                                                   
79
 Ian Condry, “Love Revolution. Anime, Masculinity, and the Future”, in Frühstück S., Walthall 
A. (a cura di), Recreating Japanese Men, California, University of California Press, 2011, p. 278.
-51- 
 
L’immagine della fig. 1 raffigura il dipinto a cui si fa 
riferimento nel film e che giustifica il viaggio nel 
tempo di Chiaki. Il regista immaginava un’opera 
buddhista di quattro o cinquecento anni fa, 
precisamente del periodo Muromachi (1336-1573) – 
epoca in cui il Giappone fu sconvolto da continue 
guerre interne – che non era stata disegnata per essere 
mostrata al pubblico, ma pensata come oggetto di 
riflessione personale in un’epoca di atroci sofferenze. Di conseguenza il ragazzo 
torna nel passato per vedere un quadro che gli possa permettere di superare gli 
orrori del periodo in cui vive. A differenza di Kazuo, che nel romanzo giustifica il 
viaggio nel tempo come un esperimento che potrebbe portare benefici alla sua 
comunità, Chiaki torna nel passato per se stesso, per il suo bene psicologico, per 
diventare una persona migliore – sebbene poi riconosca che la serenità l’abbia 
trovata non nel dipinto ma nell’amicizia che aveva instaurato con Makoto e l’altro 
ragazzo Kōsuke –. 
Se da un lato questa interpretazione implica una visione negativa del futuro 
– così come nel caso del romanzo –, dall’altro il fatto che si prenda coscienza dei 
problemi interiori e si cerchi di esorcizzarli, è già un modo di vedere nel futuro 
una speranza per creare un mondo migliore.  
Un altro aspetto da tenere in considerazione, poi, è quello della generazione 
giovanile e delle responsabilità morali, un tema che ricorrerà anche in Kazoku 
hakkei e Paprika. Nel caso del romanzo in questione, il viaggio nel tempo di 
Kazuo e le sue ricerche in campo farmacologico sono giustificabili in termini di 
senso di responsabilità nei confronti della società, cosa pressoché scontata tra la 
Figura 1. Dipinto a cui si fa 
riferimento nel corso del film Toki wo 
kakeru shōjo.
-52- 
 
comunità nipponica, se non per volere, per dovere di ogni singolo cittadino. 
Anche se il futuro non è un luogo migliore, il giovane sente dentro di sé l’obbligo 
morale di tornare al proprio posto, al proprio ruolo. Inoltre, Ian Condry individua 
nel riferimento a tali ricerche un parallelismo con quanto stava accadendo 
all’epoca in Giappone: l’ansia che si era generata tra la popolazione del 
dopoguerra nei confronti dell’impatto ambientale delle attività industriali. Il caso 
più emblematico che il critico cita è quello delle intossicazioni di mercurio 
registrate a Minamata (Prefettura di Kumamoto) nel 1956,
80
 a cui seguirono 
proteste ambientaliste in tutto il paese per diversi anni.
81
 Se Tsutsui ha tratto 
spunto da questi avvenimenti e da queste consuetudini sociali per caratterizzare i 
suoi personaggi, lo stesso si può dire del regista Hosoda Mamoru. Egli infatti, 
individuando nella nuova generazione giovanile giapponese un’inversione rispetto 
alle generazioni precedenti, fedeli a una visione comunitaria del futuro e delle 
proprie azioni anziché individuale, e avendo vissuto in pieno la fase del trionfo 
tecnologico, della missione sulla Luna e, al contempo, del pericolo 
dell’annichilimento nucleare a Hiroshima e Nagasaki, giustifica la propria scelta 
in nome di un bisogno giovanile generalizzato di disegnare con le proprie mani il 
futuro, e non vederlo già scritto dai propri padri.  
 
2.2  Individualismo e società in Kazoku hakkei 
Kazoku hakkei (Otto scene di famiglia) è un volume che raccoglie una serie 
di otto racconti di fantascienza, pubblicato dalla casa editrice Shinchōsha nel 
                                                   
80
 Dopo questi primi casi in Giappone, la medicina internazionale indica come “Malattia di 
Minamata” una determinata malattia neurologica provocata dall’intossicazione acuta di mercurio. 
81
 Ian Condry, op. cit., pp. 277-278.
-53- 
 
1972.
82
 Questi racconti vennero serializzati per la prima volta sulla rivista 
Shōsetsu shinchō nel periodo a cavallo tra 1970 e il 1971 e furono candidati per il 
sessantasettesimo premio Naoki.  
Il personaggio creato da Tsutsui ebbe così tanto riscontro di pubblico che al 
primo volume ne seguirono il secondo nel 1975 intitolato Nanase futatabi 
(Ancora una volta Nanase), e il terzo nel 1981 pubblicato sotto il titolo di Edisupu 
no koibito (La fidanzata di Edipo). Trasposto in manga e in varie serie televisive 
di successo, nel 2012 ne è stata presentata una versione moderna dal titolo Kazoku 
Hakkei – Nanase, Telepathy Girl’ s Ballad, prodotta dalla Mainichi Broadcasting 
System (MBS).  
La protagonista è Hida Nanase, una ragazza dotata di facoltà telepatiche che 
sceglie di lavorare come donna di servizio presso varie famiglie allo scopo di 
proteggere il suo potere. Muovendosi di casa in casa, infatti, non desta alcun 
sospetto riuscendo ad evitare gli occhi indiscreti della società ed eventuali 
esibizioni pubbliche, così come forme di ostracismo di cui ha profondamente 
timore. Tuttavia, grazie a questa capacità, la ragazza riesce a svelare i reali 
atteggiamenti delle persone da cui è a servizio, e in molti casi li porta agli eccessi, 
arrivando anche a dei risvolti tragici.  
Attraverso questo espediente Tsutsui descrive otto famiglie giapponesi, dei 
casi limite che “rappresentano aspetti sociali e psicologici di grande attualità, 
divertendosi a mettere a nudo le ipocrisie private dei personaggi e a punirle con 
una sorta di contrappasso, lo smascheramento finale operato da una spietata 
                                                   
82
 Di Kazoku Hakkei esiste una traduzione in inglese a cura di Adam Kabat, Portraits of Eight 
Families, Tōkyō, Kōdansha, 1989. Recente è la ripubblicazione del romanzo con il titolo The Maid, 
London, Alma Books, 2011.
-54- 
 
Nanase”.
83
 Come vedremo in seguito, però, anche questo aspetto riserverà delle 
sorprese. 
Il romanzo, quindi, si presenta come una messa in scena dei comportamenti 
imposti dall’etichetta giapponese, mostrati attraverso gli occhi di una ragazza che 
diventa una testimone involontaria degli oscuri sentimenti che si celano nel cuore 
dei suoi datori di lavoro. Lo scopo di queste famiglie, infatti, è quello di 
nascondere alla società “la loro vera essenza, fatta di ipocrisia, rancore, odio, e la 
loro ossessione di mostrare un sistema di vita conformista e socialmente 
accettabile”.
84
 Risulta, dunque, evidente che il tema centrale dell’opera è la 
dicotomia tra individuo e società. Definiti questi presupposti, un lettore attento 
potrebbe chiedersi cosa ha in comune questo romanzo con altre opere di carattere 
sperimentale a cui, per data di composizione, esso appartiene (§1.1.2). Durante la 
lettura, infatti, non scorgiamo nessuno di quegli elementi distintivi di tale fase, né 
di un linguaggio particolareggiato né tantomeno di metafiction; anzi, l’opera 
sembra essere più vicina alle tematiche e agli obiettivi narrativi della fase 
fantascientifica. Attraverso lo smascheramento delle ipocrisie e dei rancori di 
ciascuna famiglia, Tsutsui compie quello smantellamento della realtà di cui 
abbiamo parlato in precedenza in occasione di opere quali Otasuke, Betonamu 
kankō kōsha e Afurika no bakudan, senza però avvalersi dello stile slapstick. Nel 
procedere della narrazione, infatti, non si avverte l’esigenza di ridere – o meglio 
sorridere – alle vicende narrate, bensì pagina dopo pagina l’ansia aumenta, come 
se si fosse davanti a un tipico romanzo horror. Come fa notare anche Sasagawa 
Yoshiharu, in Kazoku hakkei si materializzano tutte le paure e i lati oscuri 
                                                   
83
 Maria Chiara Migliore, op. cit., p. 119. 
84
 Ibidem.
-55- 
 
dell’individuo.
85
 Ebbene, alla luce di ciò, è possibile affermare che lo scrittore 
mette sì in discussione gli aspetti morali della società, ma lo fa attraverso un 
espediente sperimentale: la telepatia, per l’appunto.  
 
[Durante gli studi] non ero molto interessato alla parapsicologia, tuttavia ho 
pensato che se l’avessi utilizzata in un romanzo sarebbe stata davvero 
sperimentale.
86
 
 
La prova di quando detto l’abbiamo dunque ottenuta dalle parole dello scrittore. 
Tuttavia, per comprendere ciò che abbiamo solo annunciato, sarebbe meglio 
approfondire i contenuti dando una visione di scorcio alle otto scene di famiglia. 
La principale chiave di lettura del romanzo è dunque il rapporto 
individuo-società, il primo rappresentato da Nanase – una ragazza di diciotto anni 
– e il secondo dalle famiglie presso cui è a servizio – prevalentemente di vecchio 
stampo –. Delineiamo quindi le storie: già nelle prime due, Mufū chitai (La zona 
immobile)
87
 e Ori no jubaku (L’incantesimo dei rifiuti), la ragazza ha modo di 
scorgere le prime forme di ipocrisia. Nel primo caso la famiglia, composta da 
Sakiko, suo marito Hisakuni e i due figli, Jun’ichi e Eiko, è più assorta a 
conservare le apparenze che a stringere legami sinceri e autentici. Ognuno di loro, 
infatti, recita il ruolo che gli spetta nella cornice di un dolce focolare domestico. 
Nanase, da ragazza giovane e sicuramente inesperta del mondo che la circonda, è 
disgustata da tale abbietto comportamento, in particolare dell’atteggiamento di 
totale indifferenza nei confronti di Sakiko. Decide così di “far scattare la 
                                                   
85
 Sasagawa Yoshiharu, “Horā (Horror)”, op. cit., 2010, p. 36. 
86
 McCaffery L., Gregory S., Tatsumi T., op. cit., p. 14. 
87
 Del racconto esiste una traduzione in italiano a cura di Maria Chiara Migliore contenuto 
nell’articolo precedentemente citato, pp. 122-135.
-56- 
 
serratura”,
88
 ossia utilizzare i suoi poteri telepatici per leggere i segreti più 
reconditi della famiglia, e in questo modo non solo scopre che la donna ha 
“pensieri disgregati e dispersi in una pianura desolata”,
89
 ma che il marito e il 
figlio intrattengono una relazione con la stessa entraineuse di un club. Decide così 
di rivelare ciò che ha scoperto riguardo ai due e di andare via con una scusa. 
Lasciando tutti in balia della propria vergogna, Nanase ha un ultimo pensiero 
riguardo a Sakiko e alla situazione in generale:    
 
È possibile che per proteggere la serenità familiare, anche se solo in 
apparenza, sia necessario possedere una struttura mentale tale da consentire 
perfino di essere disprezzata, di essere ignorata? […] Prego, continuate 
pure la vostra commedia, continuate per sempre il circo di famiglia.
90
 
 
Quest’ultimo passaggio riporta alla mente quanto espresso dall’antropologa Ruth 
Benedict nel saggio Il crisantemo e la spada: 
 
Le tradizioni culturali della società giapponese tendono a comprimere 
l’individuo, esigendo da lui una condotta di vita che, indipendentemente da 
quanto liberamente sia accettata, appare estremamente pesante e rigorosa. Il 
giapponese deve nascondere le proprie emozioni, deve rinunciare ai propri 
desideri e deve sempre mostrarsi, di fronte agli altri, nella sua qualità di 
rappresentante di una famiglia, di un’organizzazione, di una nazione.
91
 
 
Dal punto di vista sociologico, quindi, il tipico giapponese cresce con la 
consapevolezza di appartenere a una struttura gerarchica forte. Non a caso, il 
popolo nipponico è associato generalmente al sakura (albero di ciliegio), dove il 
singolo individuo rappresenta un petalo del fiore. Visto da solo il petalo sembra 
                                                   
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 Tsutsui Yasutaka, “Mufū chitai”, Kazoku hakkei, Tōkyō, Shinchōsha, 1978, Id., “La zona 
immobile”, tr. it. a cura di Migliore M.C., op. cit., p. 123. 
89
 Ivi, p. 124. 
90
 Ivi, p. 135. 
91
 Ruth Benedict, Il crisantemo e la spada (1946), Bari, Edizioni Dedalo, 1993, p. 349.