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Introduzione
Queste società moderne non si possono valutare
solo sulla base dell’efficienza della loro struttura
economica, ma soprattutto dal tipo di uomo che
producono e dal tipo di vita che gli fanno fare.
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Cos’è il benessere? Quanti tipi di benessere esistono? Può un Piano Strategico
portare benessere a una città? Perché questo concetto fondamentale non
diventi vuoto materiale pubblicitario, è necessario un ragionamento profondo
sulla sua natura e il suo significato sociale. È necessario confrontarsi coi soggetti
del benessere e qui sorgono altri quesiti. Chi sono i destinatari del benessere?
Dei clienti? Dei cittadini? Una comunità? Sono attivi o passivi nei confronti di ciò
che ricevono? O sono loro stessi a generarlo coi loro comportamenti? A questi e
numerosi altri interrogativi questa tesi cerca di dare risposta. Perché non basta
proclamare di avere una vision e una mission per costruire una proposta per la
città che sia integrata, plurale, previdente, sostenibile e attuale. È necessario
avere prima di tutto un’idea di città e un’idea di benessere. È necessario stabilire
delle priorità e definire chiaramente il tipo di relazione che le connette. Questo
lavoro si connota come multidisciplinare e non ha dunque la pretesa, anche e
soprattutto a livello bibliografico, di essere esaustivo, ma si propone di
contestualizzare la proposta del Piano Strategico di Rimini all’interno delle
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T. Terzani, La fine è il mio inizio, Milano, Longanesi, 2011, pag. 163.
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dinamiche globali di sviluppo economico e di pensiero sulla città, per
sottolinearne affinità, divergenze, proposte alternative. Fra le sue aspirazioni vi è
quella di mostrare la strettissima relazione che intercorre fra il linguaggio usato
per parlare di città, benessere, crescita economica, cittadinanza e lo sviluppo di
un’idea di città, benessere, crescita economica e cittadinanza. Il contesto
culturale in cui si sviluppa un determinato intervento sullo spazio urbano e le
persone che vi risiedono, è determinato da un linguaggio che si fa pensiero. Un
Piano Strategico redatto senza ascoltare le voci della città e delle comunità su cui
questo verrà applicato, non può che risultare invasivo e fallimentare. Lo
strumento di pianificazione urbana riesce veramente a conseguire risultati
importanti quando riesce a diventare portavoce di un’idea condivisa di presente
e di futuro. È un lavoro complesso che deve uscire dalle stanze dei Comuni per
essere concepito collegialmente, con tanta pazienza, dedizione e diplomazia, ma
che può restituire vantaggi insperati. Se nasce come strumento democratico di
coinvolgimento può avere importanti ripercussioni urbanistiche e sociali. Non
basta attrezzare un’area verde per renderla un parco frequentato, non basta che
un’amministrazione elargisca servizi a una cittadinanza che passivamente
attenda di riceverli, per creare comunità e welfare, non basta costruire un teatro
per rendere colta una comunità. È necessario generare le condizioni per cui le
persone sentano proprio quel parco, per cui si sentano responsabili dei servizi
che ricevono e dell’uso che ne fanno, è fondamentale offrire la possibilità di
essere in grado di apprezzare la prosa o la lirica prima di istituire quel servizio.
Inutile e deleterio è parlare di crescita economica per un territorio senza
chiedersi quale crescita per quale benessere, per quale comunità. In una società
italiana sempre più caratterizzata da cittadini – soprattutto giovani e giovanissimi
– apolidi, piuttosto che cittadini del mondo, è chiaro che il rischio è l’incapacità di
godere ed esercitare quei diritti fondamentali democratici che rendono uno
spazio comune rappresentativo, condiviso e pacificato.
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Oggi siamo tutti in movimento. Molti di noi si spostano, cambiano abitazione, o vanno avanti e
indietro tra posti che casa loro non sono. […] Ma non vi sostiamo mai tanto a lungo da diventare
qualcosa in più di semplici visitatori, da sentirci a casa nostra.
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Perché, ovviamente, per essere attivi su un territorio è necessario conoscerlo,
relazionarsi con i residenti, capirlo, sentirsi a proprio agio, altrimenti la reazione
normale è di paura, disinteresse, isolamento.
Il peso politico costituisce una dimensione fondamentale della qualità della vita. A livello
intrinseco la capacità di partecipare come cittadini a tutti gli effetti, di avere voce in capitolo nella
definizione delle politiche, di dissentire senza timori e di esprimersi apertamente contro ciò che si
considera sbagliato sono libertà essenziali. A livello strumentale , il peso politico può fungere da
correttivo della politica governativa; può […] portare alla luce ciò di cui la popolazione ha bisogno
e ciò che considera importante […]. Il peso politico, inoltre, riduce le probabilità che sorgano
conflitti e incrementa quelle di raggiungere un consenso su questioni fondamentali, incidendo
positivamente sull’efficienza sociale, sull’equità sociale e sul coinvolgimento nella vita pubblica.
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Ecco perché uno strumento che generalmente viene concepito come funzionale
a dinamiche di normale amministrazione, seppur lungimirante, può davvero
diventare strumento di differenziazione di una città dall’altra. Non certo
nell’ottica di un’ulteriore frammentazione, ma di difesa della diversità e della
propria specificità, pur salvaguardando i principi di accoglienza e ospitalità. In
una recente presentazione del suo ultimo libro Salvatore Settis ha dichiarato che
l’unico modo che Venezia possiede per salvarsi dall’appiattimento e dalla
mercificazione è chiudersi in sé stessa come fece, pur costretto, il suo ghetto
ebraico.
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Noi ci permettiamo di affermare che, più che chiudersi in se stessa,
Venezia, come qualsiasi altra città italiana, dovrebbe interrogare i propri cittadini
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Z. Bauman, Dentro la globalizzazione [1998], Laterza, Bari, 1999, pag. 87.
3
J. E. Stiglitz, A. Sen, J. Fitoussi, La misura sbagliata delle nostre vite, Etas, Milano, 2010, pagg. 87-
88.
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S. Settis, presentazione del nuovo lavoro Se Venezia muore, Istituto Veneto delle Scienze,
Lettere ed Arti, Venezia, 9 dicembre 2014.
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su cosa veramente reputano importante nella loro esistenza, perché le città sono
questo: spazi in cui le persone vivono e vogliono vivere bene, amando le proprie
specificità, generate dal lavoro collettivo di tutti. L’Italia, come l’Europa, è
davvero arrivata a un bivio. Redigere questa tesi nei giorni degli attentati a Parigi
e dei massacri in Nigeria non ha fatto che confermare questo nostro punto di
vista.
La scelta è fra trasformare le nostre in città in luoghi di terrore «in cui dover temere o diffidare
degli estranei» o restare fedeli alla loro eredità di cortesia reciproca tra i cittadini e di «solidarietà
tra estranei», solidarietà rafforzata dalle prove più difficili a cui viene sottoposta […].
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Interrogarsi, prima di redigere un Piano Strategico, su quali siano le idee di città e
benessere che lo fondano, è il primo passo per creare una comunità di comunità,
in cui ognuno si senta libero di esprimere le proprie specificità, in un’ottica di
collaborazione, accoglienza e ascolto, che renda attivi politicamente e dunque
pienamente cittadini.
La tesi sviluppa cinque macro tematiche. Non si può cominciare un discorso su
Rimini senza conoscere le tappe salienti del suo turismo balneare, perché sono
queste ad aver segnato la conformazione fisica del territorio, su cui agisce
l’aspetto urbanistico e architettonico del Piano Strategico e quella sociale. Non si
capisce una città se non si conosce la forma mentis dei suoi cittadini e non si
comprende nulla dei cittadini se non si conosce la storia del territorio. Il secondo
capitolo è dedicato al contesto globale in cui si colloca la città, la sua storia e le
sue scelte. Questo consentirà di comprendere al meglio quali siano le logiche che
hanno regolato il ragionamento sullo spazio pubblico e i suoi soggetti negli ultimi
vent’anni. La terza macro area ci introduce nel vasto mondo dei piani strategici,
illustrandone brevemente la storia e le principali tipologie. Largo spazio è
dedicato all’uso del lessico utilizzato da pensatori di scuole diverse. Lo scopo, è
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Z. Bauman, L’etica in un mondo di consumatori [2008], Laterza, Bari, 2010, pag. 223.
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mostrare chiaramente come dietro alla terminologia si nascondano precise
accezioni di città, cittadinanza e azioni prevedibili, già latenti in essa. Il capitolo
quarto finalmente illustra il Piano Strategico di Rimini, mettendone in luce pregi,
difetti e, soprattutto, i segni distintivi che lo rendono tanto studiato e apprezzato
in Europa. Infine, la tesi si conclude con una riflessione sul benessere, connesso
ai temi della felicità sociale e individuale, secondo le principali scuole che si sono
interrogate su questi temi. Viene ribadita l’importanza, per la salute della città e
dei singoli, di una vita relazionale forte. Non può esistere comunità senza spazi
relazionali e senza un’educazione alla socialità, che può anche semplicemente
nascere dall’emulazione dei propri concittadini. Si dimostra che la collaborazione
e il confronto sono meccanismi fondamentali per un corretto funzionamento
della democrazia, per la nascita di una più forte coesione sociale e per lo sviluppo
un benessere diffuso.