Introduzione 
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di monitorare lo stato delle proprie macchine a distanza grazie ad una normale 
connessione ad Internet. Di fatto non è più necessario fare ricorso a strumenti 
proprietari che, peraltro, hanno il grosso difetto di dipendere dal tipo di macchina 
cui sono dedicati. Inoltre, la presenza di un database contenente le istruzioni 
relative alla maggior parte degli interventi standardizzabili limita allo stretto 
necessario il supporto del personale tecnico specializzato. Nelle situazioni più 
complesse, quando le informazioni non siano sufficienti a ripristinare il 
funzionamento della macchina, i dati acquisiti in remoto dal costruttore rendono 
comunque più mirato il compito del manutentore che si recherà presso il cliente 
avendo già un’idea del tipo di intervento necessario.   
In particolare il GAD ha sviluppato il Modulo di Manutenzione cui ha 
deciso di affiancare il Modulo di Diagnosi, oggetto della tesi, che però non rientra 
nel progetto TASIO, pur rispettandone specifiche e filosofia.    
 L’esigenza di uno strumento di diagnosi avanzata è nata dalla difficoltà di 
rilevare alcuni fenomeni che intervengono nel funzionamento degli impianti 
industriali. Tali fenomeni, come avremo modo di approfondire nel seguito, non si 
evidenziano in tutto e per tutto in corrispondenza di prestabiliti livelli delle 
grandezze scelte come indice di attenzione, rendendo di fatto difficile imporre 
delle soglie di allarme automatico. Fenomeni di questo tipo possono essere 
rilevabili solo nel lungo periodo e tenendo sotto osservazione il trend (e non solo 
il livello) delle grandezze interessate. Una condizione del genere ci obbliga a 
demandare la verifica di corretto funzionamento del sistema quasi esclusivamente 
all’intervento umano, con tutti i rischi del caso. Negli ultimi anni si sono mostrate 
adatte a questo specifico scopo le tecniche di intelligenza artificiale come la logica 
fuzzy, implementata nel nostro software. Un’analisi del genere con gli attuali 
strumenti offerti da TASIO non è realizzabile, da qui l’idea della sperimentazione 
del modulo diagnostico avanzato. 
 
 
Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
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Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
 
 
In questo primo capitolo si vuole offrire una panoramica dello sviluppo 
che l’attività manutentiva, all’interno dell’industria, ha subito negli ultimi 
cinquant’anni. È bene precisare però che la nascita di ogni nuova tecnica in 
quest’ambito non è coincisa, necessariamente, con la fine di quella precedente. 
L’affinamento delle procedure e lo sviluppo dei metodi in senso sempre più 
ingegneristico sono stati perlopiù dettati dalla crescente complessità dei sistemi 
produttivi che il settore industriale ha adottato in accordo con lo sviluppo 
tecnologico. L’ottica quindi non è quella di una semplice cronologia della 
manutenzione ma, al contrario, l’analisi di ciascuna tecnica in relazione al sistema 
a cui è dedicata.  
 
Quando si parla di "manutenzione" non ci si limita a considerare la mera 
esecuzione di determinati lavori, bensì un servizio integrato di una pluralità di 
attività, che spaziano dalla diagnostica alla gestione dei materiali, dai sistemi 
informativi alla documentazione, dalla formazione delle risorse umane al loro 
utilizzo ottimale. Si tratta insomma di considerare l'intera progettazione di tutto 
quanto ruota attorno all'esigenza di mantenere funzionale un bene. Secondo la 
definizione UNI
1
 9910 (1992) la manutenzione è la combinazione di tutte le 
azioni tecniche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a 
mantenere o riportare un’entità in uno stato in cui possa svolgere la funzione 
richiesta.  
 
                                                 
1
 Ente Nazionale Italiano di Unificazione : è un'associazione privata senza scopo di lucro, 
i cui soci, oltre 7000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e 
scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione. Svolge attività normativa in tutti i settori 
industriali, commerciali e del terziario ad esclusione di quello elettrico ed elettrotecnico di 
competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano. 
Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
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Manutenzione a guasto 
 
La definizione UNI non precisa le modalità secondo cui tale attività può 
essere portata avanti. Ne segue che la forma più semplice di manutenzione, che è 
anche la prima in ordine cronologico, è quella a guasto in base alla quale 
l’intervento manutentivo si verifica a seguito dell’accertamento dell’avvenuto 
guasto. Tutti i successivi stadi evolutivi delle tecniche di manutenzione non 
possono però prescindere dalle caratteristiche di riparabilità o meno dello 
specifico componente, dove con componente indichiamo l’insieme delle parti del 
sistema in grado di svolgere una data funzione. Condizioni sufficienti per 
classificare un componente come non riparabile sono dettate da costi di 
sostituzione del componente inferiori a quelli derivanti da interventi volti a 
ripristinarne la funzionalità. Avere a che fare con un componente non riparabile, 
in un certo senso, facilita il compito del manutentore dato che l’unico intervento 
possibile resta, in caso di avaria, la sostituzione del componente stesso.  
 
Manutenzione di tipo preventivo ciclico 
 
Per interpretare correttamente il danneggiamento di un componente non 
riparabile è stato introdotto da parte degli esperti il concetto di affidabilità. 
Quest’ultima è definita dalla probabilità che un manufatto assolva, con date 
prestazioni, agli scopi richiesti per il ciclo di vita e per l’ambiente di impiego 
richiesti. Il valore della vita utile è desunto da prove effettuate su un numero 
sufficiente di campioni, piuttosto che stimato in fase di progetto, e accompagnato 
dalle seguenti informazioni: 
 
 vincoli operativi. 
 prestazioni e tolleranze di ripetibilità delle funzioni. 
 condizioni ambientali e modalità di impiego. 
 
Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
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L’affidabilità è, dunque, determinabile statisticamente a partire dal MTBF ( Mean 
Time Between Failure ) con l’ipotesi che il tempo necessario alla sostituzione del 
componente sia trascurabile rispetto alla effettiva vita utile dello stesso. La sola 
conoscenza del MTBF di un dato componente cambia il tipo di manutenzione 
attuabile perché, entro certi limiti, ci dà la possibilità di prevedere il momento 
dell’intervento: ecco che la politica di manutenzione non è più a guasto ma è di 
tipo preventivo ciclico.  
[1] Il reciproco del MTBF è il tasso di guasto     t Ο . Se si osserva l’andamento 
temporale di tale grandezza, così come risulta nella maggioranza dei casi, si 
possono distinguere tre diverse zone: la mortalità infantile o rodaggio, la vita utile 
e il wearout o degrado. Riportiamone l’andamento qualitativo: 
 
 
 
La prima e l’ultima zona vedono un tasso di guasti variabile nel tempo e possono 
essere modellate da processi stocastici a memoria finita. In genere un buon 
fornitore tende ad evitare la zona del rodaggio e consiglia di demolire o, se il caso 
lo consente, di riciclare un manufatto che è prossimo alla terza zona. La parte 
centrale del grafico invece è definita nell’intervallo in cui il tasso di guasto è 
invariante nel tempo. Questa caratteristica fa in modo che la vita utile di un 
componente sia rappresentabile con un processo senza memoria e da condizioni di 
indipendenza delle osservazioni. Tuttavia adottare un modello che non consenta di 
Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
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aggiornarne i parametri nel momento in cui sono acquisite nuove informazioni, 
come appunto accade in modelli senza memoria, ci impone di considerare 
condizioni di funzionamento diverse da quelle di collaudo come imprevisti e, 
quindi, più gravose di quanto effettivamente siano. È naturale che la semplicità di 
quest’approccio si riflette su una sottovalutazione del MTBF che ci impone dei 
sovradimensionamenti o ridondanze non strettamente necessari con aggravio dei 
costi di produzione. Inoltre programmare la manutenzione a partire da valori del 
MTBF eccessivamente cautelativi vuol dire eseguire molti più interventi del 
dovuto con un ulteriore aumento dei costi di gestione del bene in esame. La natura 
statistica del dato di affidabilità lascia intendere che alcuni componenti possano 
avere una vita utile minore di altri quindi con scostamenti, magari anche 
significativi, rispetto alla media, che è poi il MTBF. Questi casi sono rappresentati 
sostanzialmente dalle rotture impreviste che con questo approccio, evidentemente, 
non possono essere tenute sotto controllo.  
Se esistono parti del componente soggette a fenomeni di decadimento nel tempo 
allora la manutenzione ciclica, detta anche a programma, deve essere integrata da 
prove di ispezione, possibilmente non distruttive, su tali parti: in questo modo si 
possono avere indicazioni sul tempo residuo della parte in esame il cui 
funzionamento influenza, come sappiamo, quello del componente a cui 
appartiene.  
Manutenzione di tipo preventivo su condizione 
 
La natura di alcune parti, come quelle elettroniche ad esempio, rende 
difficoltosa o non conveniente una diagnosi capace di stimarne lo stato di degrado 
e, di conseguenza, la vita residua. In questi casi, allora, ci accontenteremo di una 
diagnosi di tipo on/off  il cui scopo sarà solo quello di capire se la parte è in avaria 
o meno.  
Se, dunque, il dato affidabilistico di un componente non riparabile è 
accompagnato dal superamento dei valori di soglia scelti per le grandezze di 
controllo di alcune sue parti, stiamo attuando una politica di manutenzione di tipo 
preventivo su condizione. Ovviamente una diagnosi del genere risulta ancor più 
Capitolo I: Evoluzione della manutenzione 
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efficace se effettuata in maniera automatica. Se si considera, infatti, che il costo 
attuale di molti trasduttori giustifica una strumentazione sempre più completa 
della macchina, è naturale spingersi verso soluzioni di monitoraggio in linea 
capaci di rendere più mirato il compito del manutentore. Ipotizziamo che egli 
conosca l’andamento temporale di una grandezza, scelta come indice di usura, di 
una parte del componente. [2] Può, allora, associare le condizioni di incipiente 
malfunzionamento ( o guasto potenziale ) e di guasto funzionale della parte a due 
diversi valori della grandezza: il primo in corrispondenza di 
P
T  ed il secondo di 
F
T . Stabilito come margine di sicurezza un intervallo di tempo residuo 
ammissibile T ∋, pari a 
LF
TT   ,  e, a partire da questo, attraverso l’andamento 
temporale il valore 
L
T  tollerabile per la grandezza, automaticamente è in grado di 
definire l’intervallo di tempo relativo al monitoraggio della parte, e quindi del 
componente.