4
del governo italiano di abbandonare l’atteggiamento di neutralità e partecipare alla 
crociata antibolscevica.  
Nello sviluppare questo lavoro ci siamo serviti di fonti archivistiche del Ministero 
degli Affari Esteri e soprattutto di fonti documentarie edite, in particolare i 
“Documenti diplomatici italiani” e la raccolta “Nazi-Soviet Relations”. Per quanto 
riguarda la stampa e più in generale la propaganda fascista, abbiamo consultato le 
carte del Ministero per la Cultura Popolare (Gabinetto e Ufficio Propaganda) e 
dell’Agenzia Stefani; quest’ultime però presentano una grave lacuna, poiché 
mancano le istruzioni impartite alla stampa durante il 1940.  
Relativamente alle fonti secondarie, i volumi che trattano i rapporti italo-sovietici nel 
periodo considerato non sono molti (l’Unione Sovietica occupa un posto abbastanza 
marginale anche nelle opere riguardanti la politica estera fascista in generale e nella 
memorialistica): gli unici lavori recenti sono “Da San Pietroburgo a Mosca” di 
Giorgio Petracchi e “Italia-U.R.S.S. 1917-1941. I rapporti politici” di Rosaria 
Quartararo, che abbracciano un arco di tempo piuttosto ampio e si occupano 
soprattutto delle relazioni italo-sovietiche nel periodo antecedente la Seconda guerra 
mondiale; più consistente è invece il materiale riguardante i rapporti tra Mosca e 
Berlino. 
Nelle opere prese in esame emerge il diverso peso specifico dei due paesi dell’Asse: 
se nei volumi che trattano i rapporti fra Italia e Unione Sovietica lo spazio riservato 
alla Germania è assai rilevante, viceversa in quelli riguardanti il patto nazi-sovietico e 
  
 5
i suoi successivi sviluppi, guerra compresa, l’Italia appare solo sullo sfondo, in un 
ruolo di semplice spettatrice.  
Anche nei volumi riguardanti l’atteggiamento della Santa Sede di fronte al conflitto 
non sono dedicate molte pagine all’Unione Sovietica e al comunismo, come pure 
negli “Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guèrre Mondiale”, 
mentre ampio spazio è riservato ai difficili rapporti con la Germania. 
  
 6
 
Capitolo 1: Dal Patto nazi-sovietico all’entrata in guerra dell’Italia  
 
- L’Italia e l’Unione Sovietica alla vigilia del conflitto 
 
Il 23 agosto 1939 l’Unione Sovietica e la Germania firmarono un Patto di non 
aggressione, che sarebbe risultato, non solo una svolta fondamentale nei rapporti fra i 
due paesi, ma anche una mossa “decisiva” lungo la strada che avrebbe condotto alla 
seconda guerra mondiale. 
Il Patto nazi-sovietico venne accolto a Roma con molta sorpresa, almeno a giudicare 
dalla reazione del ministro degli Esteri Ciano: “Ier sera alle 10.30 si è prodotto il 
colpo di scena. Ribbentrop ha telefonato che avrebbe preferito vedermi a Innsbruck 
anziché alla frontiera, dovendo poi partire per Mosca onde firmare il Patto politico 
con i Soviet. Ho sospeso ogni decisione ed ho riferito al Duce. Ha concordato con me 
nel ritenere ormai oltrepassato il viaggio in Germania. Ho di nuovo parlato con 
Ribbentrop per dirgli che il nostro eventuale incontro sarà rinviato al ritorno da 
Mosca. Lunga telefonata al Duce. Non c’è dubbio che i tedeschi hanno fatto un colpo 
da maestri. La situazione europea è sconvolta. Potranno ancora Francia e Inghilterra, 
che hanno basato tutta la loro politica antiasse sull’alleanza coi Sovieti contare ancora 
sull’adesione incondizionata delle masse estremiste? E terrà ancora il sistema di 
accerchiamento a mezzo di piccoli stati ora che il caposaldo Mosca è crollato?”
1
. La 
                                                          
1
 G. Ciano, Diario, Milano, BUR, 1990, pag. 332. Vedi anche G. Bottai, Diario, a cura di G. B. Guerri, Milano, Rizzoli, 
1982, pagg. 155-156 e D. Alfieri, Due dittatori di fronte, Milano, Rizzoli, 1948, pagg. 203-204. 
  
 7
sorpresa di Ciano non sembra però del tutto giustificata, vista la fitta corrispondenza 
proveniente dall’ambasciatore a Mosca Rosso, che già da tempo aveva messo in 
guardia su un possibile mutamento “a 360 gradi” della politica estera sovietica, 
nonostante le reticenze dell’alleato berlinese. 
Addirittura il 12 marzo Rosso inviava un rapporto al ministro degli Esteri riguardante 
il discorso di Stalin al XVIII Congresso del PCUS, che era un vero e proprio atto 
d’accusa e di sfiducia nei confronti delle democrazie occidentali: “Da tempo, 
scriveva il diplomatico, la stampa sovietica non cessa di criticare violentemente la 
politica di non intervento dell’Inghilterra e della Francia, ma lo ha fatto sempre fino 
ad oggi con l’aria, più che altro, di deplorare la ingenuità e la cecità degli uomini di 
stato dei due paesi, i quali non vogliono rendersi conto che la loro politica troppo 
remissiva incoraggia indirettamente l’aggressione delle Potenze totalitarie e può 
quindi provocare la guerra. Stalin invece ha attribuito ora a tale politica un secondo 
fine non confessato, e cioè quello di spingere la Germania verso Oriente e di 
coinvolgere l’URSS in una guerra. Sintomatica la frase in cui dice che tutto il 
baccano sollevato dalla stampa inglese, francese ed anche americana, si prefiggeva lo 
scopo “di eccitare le ire dell’URSS contro la Germania”, di avvelenare l’atmosfera 
dei rapporti tedesco sovietici e di provocare, senza motivi plausibili un conflitto tra 
URSS e Germania”
2
. 
                                                          
2
 Rosso a Ciano, telespresso 1045/412 del 12 marzo 1939 in M. Toscano, L’Italia e gli accordi italo-sovietici del 1939, 
in Rivista di studi politici internazionali, anno XVIII, n. 4, ottobre-dicembre 1951, pagg. 556-557. Da questo momento 
si è proceduto nel riportare i documenti diplomatici, ad uniformarne lo stile e la punteggiatura, in modo da renderne più 
scorrevole la lettura. 
  
 8
Certo questo era ancora troppo poco per pensare ad una svolta nei rapporti fra paesi 
dell’Asse e l’Unione Sovietica, tuttavia fu una tappa fondamentale. Pochi giorni 
dopo, infatti, Rosso telegrafava nuovamente a Roma il contenuto di un suo colloquio 
con il vice commissario agli Affari Esteri Potemkin, il quale aveva caldeggiato una 
ripresa delle relazioni tra Italia ed URSS, alludendo, indirettamente, al Trattato di 
Amicizia, Non Aggressione e Neutralità da lui firmato con Mussolini il 2 settembre 
1933 quando era ambasciatore a Roma
3
. 
 Tuttavia Rosso era ancora piuttosto scettico sulla reale disponibilità sovietica a 
legarsi in qualche modo alle Potenze dell’Asse ed ipotizzava invece una politica del 
“doppio binario” da parte di Mosca, disposta ad accordarsi con chiunque pur di 
raggiungere l’obiettivo ultimo, vale a dire lo scoppio di una rivoluzione proletaria su 
scala mondiale. Il 6 aprile scriveva in tal senso al ministro degli Esteri le sue 
impressioni dopo un altro incontro con Potemkin: “E’ ovvio che all’URSS 
converrebbe di avere un'Italia amica che non ostacoli il traffico ed i movimenti della 
marina sovietica nel Mediterraneo. Anche più ovvio che le converrebbe un’Italia 
amica la quale fosse disposta a cooperare con l’URSS nel mettere dei freni alla 
penetrazione tedesca nei Balcani (...). Se però volessi andare sino al fondo del mio 
pensiero, dovrei aggiungere che questo miglioramento nei nostri riguardi è di natura 
contingente ed ha finalità puramente tattiche (...) L’obiettivo ultimo fondamentale del 
Cremlino (...) rimane però sempre la rivoluzione proletaria che distrugga 
“l’accerchiamento capitalista” di cui parla spesso Stalin. Di qui la mia convinzione 
                                                          
3
 Rosso a Ciano, telegramma 26 del 18 marzo 1939, ibidem, pag. 558. 
  
 9
che i dirigenti dell’URSS desiderino ed incoraggino indirettamente una guerra 
mondiale che metta alle prese i campi antagonisti del mondo capitalista e ne provochi 
lo spossamento”
4
.  
Nel riportare queste sue osservazioni, Rosso tralasciava le conseguenze prodotte dalla 
garanzia concessa dalla Gran Bretagna alla Polonia il 31 marzo, una garanzia che, 
paradossalmente, era servita a rafforzare soprattutto la posizione dell’Unione 
Sovietica: adesso Mosca non aveva più ragione di temere un attacco tedesco ai suoi 
danni attraverso la Polonia ed acquistava così una maggiore libertà d’azione; quindi 
se l’obiettivo sovietico fosse stato, come sosteneva l’ambasciatore italiano, quello di 
provocare una guerra per spezzare l’accerchiamento capitalista, la possibilità di un 
accordo con le potenze totalitarie e con la Germania in particolare, avrebbe dovuto 
essere considerata più concretamente. 
La situazione era comunque ancora molto fluida e probabilmente sarebbe stata utile 
una maggiore collaborazione all’interno dell’Asse, privo per il momento di una 
politica comune nei confronti dell’Unione Sovietica. Il primo passo in tal senso venne 
fatto da Mussolini, che durante un colloquio con Goering avvenuto il 16 aprile, parlò 
della necessità di un riavvicinamento tra Germania ed URSS
5
. 
Questa affermazione così generica (genericità e superficialità sarebbero state le 
caratteristiche principali delle iniziative italiane verso Mosca), venne poi ripresa da 
Ciano durante il suo incontro con Ribbentrop a Milano del 6 e 7 maggio, ma con 
un’interpretazione restrittiva, nel senso che un eventuale accordo con l’Unione 
                                                          
4
 Rosso a Ciano, lettera personale s. n. del 6 aprile 1939, ibidem, pagg. 562-563. 
5
 Ibidem, pag. 579. 
  
 10
Sovietica doveva avere come unico scopo quello di evitare l’adesione di Mosca “al 
blocco democratico”, visto che in aprile erano ripresi i colloqui tra il commissario del 
Popolo agli Affari Esteri Litvinov e gli Ambasciatori di Francia e Gran Bretagna per 
la firma di un patto di mutua assistenza. Ribbentrop si dichiarò favorevole a tale 
ipotesi, tuttavia ribadì “la necessità di continuare e di sottolineare la distensione che 
si è prodotta nei rapporti tra l’Asse e l’Unione Sovietica”
6
, senza che Ciano chiedesse 
chiarimenti in proposito. Del resto non sembra che il ministro degli Esteri italiano 
considerasse la questione molto importante (nel suo Diario non se ne trova alcuna 
traccia
7
), nonostante l’improvviso cambiamento al vertice del Narkomindel che si era 
verificato pochi giorni prima, con la sostituzione di Litvinov (ufficialmente 
dimissionario) ad opera di Molotov.  
Come “aggravante” va detto che prima della sua partenza per Milano, Ciano aveva 
ricevuto un telegramma dall’ambasciatore Rosso, il quale commentava così questo 
repentino avvicinamento: “Sulle cause del ritiro di Litvinov si possono fare soltanto 
delle congetture perché nulla finora è trapelato da fonte sovietica circa ragioni 
specifiche di questo sensazionale colpo di scena (...). Ho comunque l’impressione che 
la partenza di Litvinov marchi l’insuccesso della corrente collaborazionista che 
voleva rafforzare il blocco democratico e la prevalenza di quello isolazionista, il 
quale desidera la guerra fra le Potenze totalitarie e le Potenze democratiche (giudicate 
entrambe nemiche perché egualmente capitalistiche e quindi anticomuniste) nella 
speranza di vederne derivare violenta crisi sociale come condizione necessaria per 
                                                          
6
 G. Ciano, L’Europa verso la catastrofe, Milano, Il Saggiatore, 1964, pag. 57. 
7
 G. Ciano, Diario, op. cit., pag. 294. 
  
 11
successo di una rivoluzione proletaria europea. Quanto precede è frutto di mie 
semplici induzioni, perché mi manca qualsiasi elemento positivo di informazione. 
Non escludo quindi eventualità di dover rettificare qualcuna delle mie conclusioni”
8
. 
Sebbene Rosso formulasse soltanto delle ipotesi, sarebbe stato opportuno da parte di 
Ciano sollevare la questione con Ribbentrop, per capire quali fossero state le prime 
reazioni tedesche dinanzi al mutamento avvenuto nella diplomazia russa. Tuttavia 
sembra che l’Ambasciata di Germania a Mosca non avesse colto quegli aspetti di 
novità sottolineati da Rosso stesso
9
, il quale faceva seguire al telegramma già citato, 
un lungo rapporto in cui argomentava meglio la sua opinione circa la destituzione di 
Litvinov e avanzava dubbi sugli effetti della garanzia inglese alla Polonia: “Con 
l’impegno di assistenza assunto verso la Polonia, la Gran Bretagna ha allontanato la 
possibilità di una collaborazione germano-polacca. Con ciò essa stessa ha fornito, 
indirettamente – e gratuitamente – all’URSS un’importante garanzia di sicurezza, in 
quanto l’Unione Sovietica non deve pel momento preoccuparsi del pericolo di un 
attacco tedesco verso la Polonia, e magari col consenso di quest’ultima. Ora, in un 
momento in cui l’URSS non si sente direttamente minacciata, è difficile vedere quale 
potrebbe essere l’interesse sovietico di partecipare ad accordi politici e militari, i 
                                                          
8
 Rosso a Ciano, telegramma 51 del 5 maggio 1939, in M. Toscano, op. cit., pag. 571. 
9
 J. Von Herwarth, Fra Hitler e Stalin, Milano, Sugarco, 1982, pag. 138: “Sul momento non fummo in grado di 
comprendere il vero significato di questo mutamento. Ci rendemmo conto solo più tardi che, con l’allontanamento di 
Litvinov la politica di sicurezza collettiva e di pace indivisibile era giunta al termine”. L’ufficiale probabilmente non 
aveva giudicato decisivo il cambio ai vertici del Narkomindel, in quanto “nonostante” Litvinov, c’erano già stati 
contatti segreti tra Germania ed Unione Sovietica: “Nel maggio del 1939 cominciai ad avvisare i miei amici intimi che 
non sarebbero stati gli inglesi e i francesi a firmare un accordo con Stalin, bensì Hitler. Poiché mi rendevo conto che 
non avrebbero creduto a quella mia rivelazione soltanto perché proveniva da me, decisi di adottare una tattica diversa, e 
cioè di provare la verità della mia infausta previsione fornendo loro un resoconto dettagliato circa lo sviluppo di 
negoziati segreti. Era naturale che per il progetto riguardante l’Italia mi rivolgessi a Guido Relli, mio buon amico 
all’ambasciata italiana (…). Ero certo che Relli avrebbe riferito le mie informazioni a Roma con la massima accuratezza 
e che Mussolini o i suoi consiglieri vi avrebbero prestato la massima attenzione. Perciò mi accordai per incontrarlo il 6 
  
 12
quali, senza accrescere sostanzialmente la sua sicurezza, avrebbero invece il 
probabile risultato di provocare l’ostilità della Germania e quindi di far crescere il 
pericolo di minacce future”
10
. Quasi contemporaneamente giungeva a Roma anche un 
telegramma dell’ambasciatore a Teheran Petrucci, il quale riferiva dell’improvvisa 
partenza dalla Persia dell’ambasciatore tedesco a Mosca Schulenburg, chiamato a 
Berlino per discutere con Ribbentrop della nuova situazione che si era venuta a creare 
in Unione Sovietica
11
. 
In realtà questo avvicendamento non doveva portare, almeno nel breve periodo, ad 
alcun mutamento significativo nella politica estera sovietica, anzi, le trattative con 
Francia ed Inghilterra subirono un’accelerazione. 
Il cambiamento andava interpretato piuttosto come un messaggio, con significati 
diversi, indirizzato sia alle potenze democratiche sia alla Germania: l’obiettivo era 
quello di modificare l’atteggiamento di questi stati in senso più favorevole all’Unione 
Sovietica, che poi avrebbe potuto scegliere l’offerta più vantaggiosa. 
La mossa sovietica ebbe successo; Francia e Inghilterra si videro minacciate dalla 
sostituzione di Litvinov, colui che più di ogni altro aveva portato avanti la politica 
della sicurezza collettiva ed aveva lavorato per trovare un accordo con le democrazie 
occidentali, la Germania dal canto suo, non poteva che vedere questa mossa come 
un’apertura, seppur indiretta, nei propri confronti. 
                                                                                                                                                                                                
maggio, subito dopo il mio ritorno dalla Persia”. Poiché Von Herwarth era assente da Mosca dall’ottobre del 1938, è 
evidente che i negoziati di cui parla erano in corso a Berlino.  
10
 Rosso a Ciano, telespresso 1816/751 del 5 maggio 1939, ASMAE, AP (1931-1945) Russia, busta n. 32, fascicolo 
“Rapporti politici”. 
11
 Petrucci a Ciano, telegramma 55, del 8 maggio 1939, in M. Toscano, op. cit., pag. 576. 
  
 13
La preoccupazione del Governo italiano non sembrava però essere almeno per il 
momento un accordo nazi-sovietico, bensì la possibile adesione dell’URSS al blocco 
democratico, come dimostra il colloquio che Ciano ebbe con l’incaricato d’Affari 
sovietico a Roma Helfand il 18 maggio
12
: evidentemente un eventuale 
riavvicinamento con l’Unione Sovietica non aveva una sua componente “costruttiva”, 
doveva servire esclusivamente a impedire un male maggiore. 
Nonostante fosse oramai prossima la firma del Patto d’acciaio, voluto da Roma 
proprio per controllare meglio le mosse della Germania, da Berlino non provenivano 
notizie circa lo svolgimento di colloqui tra l’incaricato d’Affari sovietico Asthakov e 
Schnurre; tuttavia a Palazzo Chigi continuavano ad arrivare, tramite Rosso le già 
ricordate “confidenze” di Von Herwarth a Relli
13
 e l’ambasciatore stesso incontrò in 
più di un’occasione il suo collega tedesco, aggiornando quasi quotidianamente Ciano. 
Schulenburg riferì al diplomatico italiano il contenuto del suo colloquio con Molotov, 
che aveva portato a risultati vagamente contraddittori: il commissario sovietico 
vedeva con favore le aperture tedesche per giungere a un accordo commerciale, ma 
subordinava quest’ultimo a un accordo preliminare di tipo politico. 
I due ambasciatori dell’Asse erano scettici sulla buona fede sovietica, soprattutto 
Rosso: “Ho avanzato l’ipotesi che il Governo sovietico si proponga come obiettivo 
immediato quello di “manovrare” per conoscere quali garanzie potrebbe 
eventualmente ottenere dalla Germania, al tempo stesso in cui esso cerca di rendersi 
                                                          
12
 G. Petracchi, Da San Pietroburgo a Mosca, La diplomazia italiana in Russia 1861/1941, Roma, Bonacci, 1993, pagg. 
374-375. 
13
 J. Von Herwarth, op. cit., pagg. 142-143: “Le settimane successive mi incontrai con Relli più volte. Gli riferii anche il 
contenuto dei colloqui che Schulenburg aveva avuto con Molotov il 20 maggio, nel corso dei quali il ministro sovietico 
  
 14
conto fino a che punto l’Inghilterra è disposta ad andare per ottenere la solidarietà 
militare dell’U.R.S.S.. Il mio collega ha convenuto che tale ipotesi può essere 
fondata”
14
. In questo rapporto emergeva anche lo stato di isolamento in cui si trovava 
il diplomatico italiano che chiedeva un maggior collegamento non solo con Roma, 
ma anche con Attolico
15
.  
Questa corrispondenza è interessante perché permette di valutare l’atteggiamento di 
Schulenburg, che con i suoi colleghi d’ambasciata era decisamente più possibilista, 
come annotava Von Herwarth citando un suo colloquio con Relli: “Riferii anche le 
impressioni che Schulenburg aveva riportato il 25 maggio, e cioè che le basi per un 
miglioramento dei rapporti tedesco-sovietici si stavano ampliando rapidamente e 
avrebbero continuato a farlo se solo la Germania fosse riuscita a evitare che le 
relazioni tra la Russia, la Francia e l’Inghilterra assumessero un carattere 
vincolante”
16
. Non è chiaro se l’ambasciatore fosse veramente convinto di ciò o se, 
essendo favorevole ad un riavvicinamento con Mosca, volesse contrastare il crescente 
pessimismo presente a Berlino. 
Alla fine di maggio Attolico si incontrò con Ribbentrop: il ministro tedesco era 
seriamente preoccupato per un accordo, che riteneva oramai imminente, tra l’Unione 
Sovietica e le potenze democratiche, e pensava a una “duplice assicurazione” 
                                                                                                                                                                                                
aveva sottolineato l’interesse del suo governo nella costruzione di una “base politica” prima di entrare nei dettagli dei 
negoziati economici con la Germania”. 
14
 Rosso a Ciano, rapporto urgente riservatissimo 1964/833 del 27 maggio 1939, DDI, VIII serie (1935-1939), volume 
XII (23 maggio-11 agosto 1939). 
15
 Ibidem. 
16
 J. Von Herwarth, op. cit., pag. 142. 
  
 15
tedesco-giapponese come unico mezzo che avrebbe convinto Mosca a cambiare 
strategia di politica estera
17
.  
Da quanto emergeva dal rapporto dell’ambasciatore italiano le intenzioni tedesche 
sembravano quindi corrispondere a quanto stabilito nell’incontro di Milano tra i 
ministri dell’Asse il 6 e 7 maggio. Attolico era più scettico rispetto a Rosso, anche se 
entrambi avevano una visione soltanto parziale degli avvenimenti, riguardo ad un 
intervento “propositivo” dell’Asse verso Mosca ed anzi riteneva che qualsiasi 
apertura troppo esplicita avrebbe avuto come conseguenza immediata, quella di 
permettere all’Unione Sovietica di aumentare le proprie richieste nei confronti delle 
potenze democratiche
18
. 
Questo punto di vista venne in un primo tempo accettato anche da Ribbentrop, 
tuttavia quando la Germania decise di proseguire la strada dell’avvicinamento a 
Mosca, la presa di posizione dell’ambasciatore italiano, che coincideva 
sostanzialmente con quella di Ciano e Mussolini, ebbe come conseguenza pratica il 
silenzio tedesco su questo argomento. 
Ciò starebbe a dimostrare, e se ne avranno ulteriori dimostrazioni, che la Germania 
era disposta ad ascoltare idee e consigli dell’alleato solo quando coincidevano 
totalmente con i propri orientamenti. 
Va sottolineato che, nonostante l’importanza di questi colloqui e nonostante le sue 
richieste, Rosso ne sarebbe venuto a conoscenza soltanto indirettamente, tramite 
Schulenburg. 
                                                          
17
 Attolico a Ciano, rapporto 03908/1023 del 27 maggio 1939, in M. Toscano, op. cit., pagg. 584-585. 
18
 Ibidem. 
  
 16
Il 30 maggio Molotov parlava al Politbureau e apriva, indirettamente, nuove ed 
inaspettate prospettive ai paesi dell’Asse; il discorso del commissario sovietico 
sembrava una replica di quello tenuto da Stalin in marzo al XVIII congresso del 
PCUS, in particolare per quanto riguardava le accuse alla Francia e all’Inghilterra: 
“L’U.R.S.S. si tiene fuori dai due campi perché, mentre non ha alcuna simpatia per 
gli aggressori, non è neppure persuasa dalla reale volontà delle potenze democratiche 
di opporsi all’aggressione. Molotov – riferiva Rosso - osserva poi che i fatti 
sopravvenuti dopo Monaco hanno mostrato chiaramente il fallimento della politica di 
non intervento e di conciliazione. (…) Passando ai negoziati con Inghilterra e 
Francia, Molotov osserva che le conversazioni, iniziate alla metà d’aprile, non sono 
ancora giunte alla conclusione e ciò non per colpa dell’U.R.S.S.”
19
. Inoltre il 
commissario sovietico dichiarava che “conducendo trattative con Inghilterra e 
Francia, l’U.R.S.S. non crede affatto necessario di rinunziare a relazioni d’affari con 
la Germania e con l’Italia”
20
.  
Il governo italiano avrebbe potuto approfittare di questa dichiarazione per 
approfondire i rapporti con Mosca indipendentemente dall’alleato berlinese; invece 
l’atteggiamento sarebbe stato quello di uno spettatore tutto sommato passivo dinanzi 
all’evolversi delle trattative nazi-sovietiche, trattative che si aprirono “ufficialmente” 
il 4 giugno con l’incontro nella capitale russa tra Hilger e Mikoyan. 
                                                          
19
 Rosso a Ciano, telespresso 2053/867 del 1 giugno1939, DDI, VIII serie (1935-1939), volume XII (23 maggio-11 
agosto 1939). 
20
 Ibidem. 
  
 17
 
In questa occasione il commissario sovietico ribadì le necessarie premesse politiche 
per giungere a un accordo commerciale, ma non lasciò certo cadere le trattative, come 
riferì immediatamente Rosso
21
. Il rapporto dell’ambasciatore italiano venne 
trasmesso pochi giorni dopo ad Attolico, il quale non si discostò minimamente dalle 
proprie posizioni
22
. 
Resta da capire come mai a Roma ci si fidasse assai più del parere dell’ambasciatore 
a Berlino che non di quello di Rosso, anche se una risposta può essere trovata in 
un’annotazione di Ciano nel suo Diario datata 3 marzo: “Il Duce è molto scontento di 
Guariglia; intende che tra breve sia collocato a riposo e, con lui, Rosso e 
Valentino”
23
. 
Il 10 giugno l’ambasciatore a Mosca ebbe il suo primo incontro con Molotov, 
ufficialmente per trattare uno scambio di prigionieri politici; nell’ambito di questa 
conversazione egli cercò di affrontare il tema delle relazioni politiche fra i due paesi, 
che avrebbero potuto migliorare prendendo spunto dalla rinnovata collaborazione 
economica (in Italia era stato da poco costruito per conto dell’Unione Sovietica un 
incrociatore, il “Tashkent”), ma il commissario sovietico si rifiutò di affrontare 
qualsiasi argomento che esulasse dal motivo “ufficiale” della visita di Rosso
24
. 
Nonostante il sostanziale fallimento di questo incontro e il conseguente pessimismo 
italiano, la Germania proseguiva nel suo riavvicinamento a Mosca; anzi, 
                                                          
21
 Rosso a Ciano, rapporto riservatissimo 2085/871 del 4 giugno 1939, ibidem. 
22
 Attolico a Ciano, telegramma 86 del 8 giugno 1939, in M. Toscano, op. cit., pag. 594. 
23
 G. Ciano, Diario, op. cit., pag. 260. 
24
 Rosso a Ciano, rapporto riservato 2208/918 del 10 giugno 1939, DDI, VIII serie (1935-1939), volume XII (23 
maggio-11 agosto 1939).