4 
 
 
Introduzione 
Le comunità terapeutiche rappresentano una realtà centrale nella gestione della 
tossicodipendenza, sia per il ruolo che hanno rivestito negli anni come luogo 
privilegiato di riabilitazione del tossicodipendente, sia per il grande potenziale 
terapeutico che detengono. A fronte delle trasformazioni che hanno interessato il 
campo delle dipendenze sul versante personale e sociale, nasce la necessità di 
adeguare anche le strutture comunitarie a questi cambiamenti, affinchè il 
patrimonio di conoscenze ed esperienze da esse acquisito non venga perso e, al 
contrario, possa continuare ad offrire un aiuto specifico a quanti lo richiedano.  
Questo elaborato si propone di presentare una panoramica della tossicodipendenza 
e, in particolare, di analizzare il tema relativo al trattamento di tipo residenziale. 
Affinchè fosse possibile raggiungere questo obiettivo, è stato adottato come 
orientamento di riferimento l’approccio bio-psico-sociale.  
La trattazione parte dall’analisi del problema tossicodipendenza declinandolo nelle 
sue dimensioni biologiche, psicologiche e sociali. La definizione del fenomeno e 
di chi lo rappresenta, l’analisi dell’eziologia e delle principali conseguenze sulla 
persona e sui sistemi con cui essa entra in contatto, prosegue nella descrizione 
delle più diffuse metodologie di gestione della tossicodipendenza, dalla 
prevenzione alla riduzione del danno, concentrandosi maggiormente sul ruolo 
delle comunità terapeutiche, che rappresentano il tema nodale dell’elaborato.  
Le strutture comunitarie sono descritte partendo dalle origine storiche, fino alle 
proposte attuali: vengono analizzati gli obiettivi a breve e a lungo termine, le fasi 
del percorso, le principali figure professionali al loro interno e le dinamiche 
caratteristiche della vita comunitaria. La riabilitazione del tossicodipendente è 
garantita dalla presenza di programmi residenziali, i quali vengono presentati nei 
loro elementi basilari, per passare all’enunciazione dei più diffusi programmi di 
recupero italiani.  
La parte finale esplora l’aspetto valutativo, focalizzandosi sulla valutazione 
dell’outcome all’interno delle comunità terapeutiche: vengono presentate le 
caratteristiche generali e i principali contributi europei e italiani in questo campo. 
Infine, l’ultimo paragrafo è dedicato all’applicazione dei sistemi valutativi e degli
5 
 
strumenti che permettono di indagare, a livello quali- e quantitativo, i risultati 
ottenuti all’interno delle strutture.
6 
 
CAPITOLO I 
La tossicodipendenza  
 
 
1.1 Definire la tossicodipendenza 
La tossicodipendenza è un problema di grande rilevanza individuale, sociale e 
sanitaria: risulta perciò necessario considerarne ogni sfaccettatura. La 
tossicodipendenza, infatti, nasce dalla convergenza nel singolo individuo: degli 
effetti farmacologici delle sostanze d’abuso, della vulnerabilità psico-biologica 
individuale e dell’influenza di molteplici fattori socio-ambientali (Manna & 
Ruggiero, 2001). Tale complessità si riflette sulla difficoltà di definizione del 
problema, il quale ha destato l’interesse di professionisti di discipline differenti 
(medici, psicologici, sociologici, psichiatri, antropologi, giuristi) e richiede per 
questo il ricorso ad un’ottica interdisciplinare. Carrieri e collaboratori (Carrieri, 
Greco & Catanesi, 1989), a tale proposito, sostengono che ogni tentativo di 
classificare le tossicodipendenze, non potendo essere onnicomprensivo, finisce per 
trascurare alcuni aspetti, a vantaggio di altri; nonostante questo, la necessità di 
trovare un linguaggio comune e il bisogno di fornire riferimenti utili, ha mosso gli 
autori nella direzione di possibili classificazioni. In questo senso è possibile fare 
riferimento alle definizioni proposte dai due principali sistemi classificatori 
utilizzati in letteratura, l’ICD-10
1
 (World Health Organization, 1994a) e il DSM-
IV TR
2
 (American Psychiatric Association, 2002), i quali assolvono una duplice 
funzione: da un lato permettono di far luce sul fenomeno, esponendone con 
chiarezza i tratti caratteristici, dall’altro impediscono di cadere nella trappola 
dell’eclettismo, inteso come pericolo costante quando si trattano problematiche 
così complesse e polimorfe. Lo scopo di ogni sistema nosografico è l’offerta di 
termini comuni e universalmente riconosciuti che permettano ad operatori 
                                                           
1
 ICD-10: International Classification of Diseases, Tenth Revision. 
2
 DSM-IV TR: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text 
Revision.
7 
 
provenienti da ambiti diversi di comunicare tra loro. Il rischio maggiore che si 
corre affidandosi ai criteri diagnostici è quello di perdere il significato soggettivo e 
profondo della sofferenza psichica in favore di elenchi di elementi oggettivamente 
osservabili. L’uso delle classificazioni deve essere considerato alla stregua degli 
strumenti di misura psicologici, ossia mezzi d’aiuto e supporto per lo psicologo, 
piuttosto che linee guida inopinabili. 
 
1.1.1 Le Classificazioni 
La decima revisione della Classificazione Statistica Internazionale delle malattie e 
dei problemi di salute correlati (ICD-10), proposta dalla World Health 
Organization
3
 (1994a), suddivide le malattie in ventidue capitoli, ognuno dei quali 
si declina in sezioni identificate da un codice alfanumerico specifico
4
. La 
tossicodipendenza rientra nella categoria dei “Disturbi mentali e del 
comportamento dovuti all’uso di sostanze psicoattive” (capitolo V, sezione F10-
F19). Questo gruppo contiene una grande varietà di disturbi
5
 differenziati per 
gravità (da semplice intossicazione e uso dannoso, ad evidenti disturbi psicotici e 
demenza), ma tutti attribuibili all’uso di una o più sostanze psicoattive. 
La WHO (1994a, p. 5) definisce la sindrome da dipendenza come:  
“un insieme di fenomeni fisiologici, comportamentali e cognitivi in cui l'uso di una 
sostanza o una classe di sostanze assume una priorità molto più alta per un dato 
individuo rispetto ad altri comportamenti che una volta avevano un valore maggiore. Una 
                                                           
3
 World Health Organization (WHO): Organizzazione Mondiale della Sanità; è l’autorità delle 
Nazioni Unite che coordina e dirige i programmi di ricerca sulla salute globale, definendo norme e 
standard, fornisce supporto tecnico ai Paesi e monitora e valuta le tendenze nel campo della salute 
(WHO, 2007). 
4
 Per ogni disturbo sono fornite una descrizione clinica, le linee guida diagnostiche e i criteri 
diagnostici per la ricerca. La prima evidenzia i principali segni e sintomi del disturbo, insieme ad 
altre caratteristiche importanti, ma meno specifiche; i criteri diagnostici per la ricerca, invece, sono 
utilizzati da coloro che si occupano di ricerca sui specifici disturbi, allo scopo di massimizzare 
l’omogeneità dei gruppi di studio, ad esempio stabilendo parametri che permettano una chiara 
selezione di individui con sintomi simili. 
5
 Disturbi sezione F10-F19: intossicazione acuta, uso dannoso, sindrome da dipendenza, stato 
di astinenza, stato di astinenza con delirium, disturbi psicotici, sindrome amnesica, disturbi 
psicotici residuali e ad esordio tardivo, altri disturbi mentali e comportamentali, disturbi mentali e 
comportamentali non specificati. 
 Il codice identificativo è formato: dalle prime due cifre dopo la F, che fanno riferimento alla 
sostanza in questione, mentre le ultime due cifre si riferiscono alla condizione clinica (ad es. 
F10.0= intossicazione acuta da alcol).
8 
 
caratteristica descrittiva centrale della sindrome da dipendenza è il desiderio (spesso 
forte, a volte prepotente) di assumere droghe psicoattive (che sono o non sono state 
prescritte dal medico), alcol o tabacco. Ci può essere la prova che il ritorno all'uso di 
sostanze dopo un periodo di astinenza porti ad un ritorno più rapido di altre 
caratteristiche della sindrome rispetto a quanto si verifica con gli individui non 
dipendenti.” 
 
Nel 1964 una commissione di esperti della WHO ha introdotto la voce 
“dipendenza” in sostituzione di “assuefazione”; l’assuefazione, infatti, fa 
riferimento principalmente all’aspetto biologico e farmacologico, ossia alla 
tolleranza
6
 che deriva dall’uso della sostanza; al contrario il concetto di 
dipendenza indica in generale il disturbo, coinvolgendo sia la dimensione fisica 
che quella psicologica. Il termine può essere utilizzato in genere con riferimento a 
tutta la gamma di psicofarmaci (tossicodipendenza, dipendenza chimica, 
dipendenza da uso di sostanze), o con specifico riferimento ad un particolare 
farmaco o classe di farmaci (ad esempio alcol dipendenza, dipendenza da 
oppiacei). L’ICD-10, oltre a descrivere la dipendenza in termini applicabili a tutte 
le classi di farmaci, evidenzia differenze nei sintomi caratteristici della dipendenza 
per differenti droghe. Quando il termine “dipendenza” non è qualificato, esso si 
riferisce ad elementi sia fisici che psicologici. La dipendenza psicologica o 
psichica si riferisce all'esperienza di un controllo compromesso sull’assunzione 
della sostanza, mentre la dipendenza fisiologica o fisica è caratterizzata da sintomi 
di tolleranza e astinenza (WHO, 1994b). Sulla base delle linee guida, la diagnosi 
definitiva di dipendenza può essere avanzata solo se sussistono tre o più dei 
seguenti elementi, i quali devono apparire insieme per almeno un mese o, se 
persistono per periodi inferiore al mese, dovrebbero essersi verificati ripetutamente 
nell’anno precedente: 
a) Un forte desiderio o senso di costrizione ad assumere la sostanza; 
b) Difficoltà nel controllare il comportamento di consumo in termini di inizio, 
cessazione e livelli di uso; 
                                                           
6
 Tolleranza (o assuefazione): necessità di aumentare progressivamente le dosi della sostanza 
per ottenere lo stesso effetto.
9 
 
c) Stato fisiologico di astinenza quando l’uso è cessato o ridotto, come dimostrato 
dalla sindrome da astinenza caratteristica per la sostanza specifica; inoltre, la 
sostanza può essere usata per alleviare o evitare i sintomi dell’astinenza stessa; 
d) Segni di tolleranza: l’aumento della dose della sostanza psicoattiva è 
necessario per ottenere gli effetti che venivano originariamente prodotti da dosi 
più basse (evidenza di neuroadattamento); 
e) Abbandono progressivo di piaceri alternativi o interessi a causa del consumo di 
sostanze psicoattive; maggiore quantità di tempo spesa per cercare la sostanza, 
assumerla e riprendersi dai suoi effetti; 
f) Persistenza con l’uso di sostanze, nonostante una chiara evidenza di 
conseguenze dannose (es. danni al fegato dovuti a bevute eccessive; stati 
d’animo depressivi conseguenti a periodi di uso di sostanze pesanti; 
compromissione del funzionamento cognitivo). 
La caratteristica peculiare della sindrome è rappresentata dal desiderio di assumere 
la sostanza, una compulsione consapevole che aumenta durante i tentativi di 
controllare o fermare l’uso della stessa. Tale criterio permette  di escludere quei 
casi in cui la sostanza è stata somministrata da professionisti (es. medici) allo 
scopo di sedare il dolore nel paziente: quest’ultimo potrà mostrare sintomi di 
astinenza, allorquando il farmaco verrà tolto, ma non sarà presente il desiderio di 
continuare ad assumerlo. La sindrome può inoltre essere presente per una sostanza 
specifica (es. eroina), per una classe di sostanze (oppiacei) o per una gamma più 
ampia di diverse sostanze.  
Il DSM-IV-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) curato 
dall’American Psychiatric Association
7
 (2000), prevede in Asse I la categoria dei 
“Disturbi correlati a sostanze”, i quali comprendono due gruppi:  
1) Disturbi da uso di sostanze: Dipendenza da sostanze e Abuso di sostanze;  
                                                           
7
 American Psychiatric Association (APA): è un’organizzazione di psichiatri che lavorano 
insieme per garantire la cura umana e un trattamento efficace dei disturbi mentali, tra cui disturbi 
dello sviluppo intellettivo e disturbi da uso di sostanze; garantisce cure di alta qualità, promuove 
l’educazione e la ricerca psichiatriche, rappresenta e permette l’evoluzione della psichiatria; è al 
servizio dei bisogni professionali dei suoi membri (APA, 2011).
10 
 
2) Disturbi indotti da sostanze: Intossicazione da Sostanze; Astinenza da Sostanze; 
Delirium indotto da Sostanze; Demenza Persistente Indotta da Sostanze; Disturbo 
Amnestico Persistente indotto da Sostanze; Disturbo psicotico; Disturbo 
dell'Umore; Disturbo d'Ansia; Disfunzione Sessuale; Disturbo del Sonno (APA, 
2000, pp. 191-192).  
Ad una prima lettura dei criteri diagnostici, la distinzione tra Dipendenza e Abuso 
può apparire come un artefatto teorico teso alla semplificazione della descrizione 
di un disturbo più ampio che ingloba entrambe le categorie; in realtà la possibilità 
di scindere queste condizioni cliniche è un elemento di grande importanza, in 
quanto permette di identificare con precisione il caso specifico. Talvolta infatti, 
come sottolineato nello stesso DSM-IV, i soggetti possono soddisfare una diagnosi 
di Abuso da sostanze, senza tuttavia sviluppare prove evidenti di una Dipendenza. 
Queste affermazioni vengono avvalorate da una ricerca epidemiologica americana 
(Hasin, Hatzenbueler, Smith & Grant, 2005) attraverso cui è stata studiata la co-
occorrenza della dipendenza da sostanze con e senza abuso, evidenziando le 
differenze per le variabili sesso, età ed etnia. I risultati della ricerca sono coerenti 
con la concettualizzazione biassiale dei disturbi correlati a sostanze del DSM-IV: 
essi mostrano, infatti, come una parte considerevole di individui tossicodipendenti 
non manifesti anche sintomi di abuso. A livello di etnia i risultati sono simili, 
mentre sono state riscontrare alcune differenze per le variabili genere ed età, in 
particolare donne anziane. In quest’ultima categoria la diagnosi attribuita nel corso 
della vita (lifetime) evidenzia una prevalenza di diagnosi di dipendenza senza 
abuso nelle donne rispetto ai maschi; inoltre, la proporzione di casi di abuso senza 
dipendenza è maggiore nella diagnosi al momento dello studio (current), piuttosto 
che quella lifetime. 
Alla luce di queste osservazioni, è possibile definire con maggiore chiarezza le due 
categorie (dipendenza e abuso).  
La dipendenza viene definita come: 
“un gruppo di sintomi cognitivi, comportamentali e fisici indicativi del fatto che il 
soggetto continua a far uso della sostanza nonostante la presenza di problemi significativi 
correlati alla sostanza” (APA, 2000, p. 197)
11 
 
La diagnosi di dipendenza può essere applicata ad ogni classe di sostanze (eccetto 
la caffeina) e prevede la presenza ripetuta di almeno tre o più sintomi tra i 
seguenti, per almeno dodici mesi: 
- Tolleranza (Criterio 1): corrisponde al bisogno di quantità notevolmente più 
elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato 
(Criterio 1a), e ad un effetto notevolmente diminuito in caso di uso 
continuativo della stessa quantità della sostanza (Criterio 1b). La sensibilità 
allo sviluppo della tolleranza varia in base alle sostanze assunte e alle 
caratteristiche individuali; 
- Astinenza (Criterio 2a): modificazione patologica del comportamento, 
caratterizzata da eventi fisiologici e cognitivi, che si verifica a seguito 
dell’abbassamento delle concentrazioni di una sostanza nel sangue e nei tessuti 
di un soggetto che ha fatto uso prolungato della stessa. In risposta a tali 
sintomi, la persona tende ad assumere la sostanza per attenuarli o evitarli, 
soddisfacendo in questo modo il Criterio 2b, vale a dire l’uso per alleviare i 
sintomi; 
- La sostanza è assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto 
a quanto previsto dal soggetto; 
- Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della 
sostanza; 
- Grande quantità di tempo spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza, 
ad assumerla o a riprendersi dai suoi effetti; 
- Interruzione o riduzione di attività sociali, lavorative, ricreative; 
- Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un 
problema persistente e ricorrente di natura fisica o psicologica, probabilmente 
causato o incrementato dalla sostanza. 
Il DSM-IV-TR sottolinea, inoltre, come i criteri 1 e 2 non siano elementi necessari 
né sufficienti per la diagnosi di dipendenza: infatti alcuni soggetti, come coloro 
che mostrano una dipendenza da Cannabis, manifestano uno stile compulsivo 
senza che vi siano tolleranza o astinenza, o ancora pazienti sottoposti a cure
12 
 
farmacologiche a base di oppiacei possono mostrare segni di astinenza e 
tolleranza, senza alcuna dipendenza da oppiacei (APA, 2000). 
I criteri per la dipendenza evidenziati dal DSM-IV e dall’ICD-10 sono molto simili 
tra loro, ma l’ICD-10 pone maggiore enfasi sul desiderio compulsivo di assumere 
la sostanza (eletto a sintomo principale), mentre il sistema dell’APA descrive come 
criteri primari la tolleranza e l’astinenza.  
Nonostante l’accento sia posto su parametri differenti, entrambe le classificazioni 
si riferiscono ai concetti di “addiction” e “craving”
8
 senza nominarli 
esplicitamente. A tal proposito, Canali (2003a) afferma come questa apparente 
incongruenza tra i sistemi diagnostici sia una chiara testimonianza dello scarso 
consenso esistente su ciò che significhi realmente il termine addiction. 
Quest’ultimo viene impropriamente usato in modo interscambiabile con quello di 
dipendenza, alimentando la confusione, prima a livello teorico e, successivamente, 
a livello pratico. La dipendenza, infatti, fa riferimento allo stato fisiologico di 
neuroadattamento prodotto dalla ripetuta somministrazione della sostanza, a cui 
segue la reiterazione dell’assunzione per prevenire e/o sedare una crisi d’astinenza; 
l’addiction, invece, è un’entità qualificabile a livello soggettivo e 
comportamentale, in quanto indica uno stato comportamentale di abuso di sostanze 
caratterizzato da: coinvolgimento assoluto nell’uso di una sostanza, perdita di 
controllo e gravi conseguenze sulla vita sociale dell’individuo (Serpelloni et al., 
2002). L’uso inflazionato del termine ha finito con inglobare sotto la stessa 
“etichetta” diagnostica il concetto di dipendenza e quello di addiction, con la 
conseguenza che la nozione di “addiction” è stata associata ad ambiti molteplici e 
declassata a semplice sostantivo (es. “drogati” del sesso, del gioco d’azzardo, degli 
acquisti, del lavoro, di internet, della televisione, della forma fisica ecc.), portando 
ad un incremento della confusione lessicale e semantica nella spiegazione della 
tossicodipendenza. La stessa osservazione viene effettuata dalla World Health 
Organization (1994b) che, per evitare l’ambiguità associata a tale concetto, non lo 
contempla ed evidenzia come molti professionisti ne facciano un uso 
indiscriminato, rischiando di confondere il linguaggio specialistico con quello 
comune. 
                                                           
8
 Craving: letteralmente può essere tardotto con “brama, voglia, smania”; indica il forte 
desiderio della sostanza.
13 
 
 
La seconda categoria del DSM-IV che completa i Disturbi da uso di sostanze è 
rappresentata dall’abuso di sostanze descritto come: 
“modalità patologica d’uso di una sostanza, dimostrata da ricorrenti e significative 
conseguenze avverse correlate all’uso ripetuto della stessa” (APA, 2000, p. 199) 
Per effettuare una diagnosi di abuso devono essere presenti, per almeno dodici 
mesi, o in modo persistente, una o più delle seguenti condizioni: 
- Uso ricorrente della sostanza, che comporta un’incapacità di adempiere ai 
principali compiti connessi a lavoro, scuola, casa (ad es. assenteismo, scarse 
prestazioni lavorative; assenze ingiustificate, sospensioni scolastiche; 
trascuratezza nella cura dei figli o della casa) (Criterio A1); 
- Uso ripetuto in situazioni rischiose: durante la guida d’auto, uso di macchinari, 
attività ricreative a rischio, come per esempio scalare una montagna (Criterio 
A2); 
- Frequenti problemi legali correlati all’uso di sostanze: arresti per condotta 
molesta, minacce, guida sotto effetto della sostanza (Criterio A3); 
- Uso continuativo della sostanza nonostante le conseguenze indesiderabili sul 
piano sociale e interpersonale: discussioni, liti, scontri fisici, divorzio (Criterio 
A4); 
- I sintomi non hanno mai soddisfatto i criteri per la Dipendenza da Sostanze di 
questa classe di sostanze (Criterio B). 
Così come per la diagnosi di dipendenza, anche in questo caso non è prevista 
l’applicazione della categoria di abuso per l’uso di caffeina, alla quale si aggiunge 
la nicotina; inoltre, a differenza della Dipendenza da sostanze, i criteri non 
includono tolleranza, astinenza o craving, ma fanno riferimento principalmente 
alle conseguenze nocive dell’uso reiterato. Il DSM-IV sottolinea la necessità di non 
confondere il termine “abuso” con “uso pericoloso”, “uso” o “cattivo uso” (APA, 
2000, p. 198); a tale proposito, anche la WHO evita di usare il concetto di abuso 
per non incorrere in questa ambiguità, preferendo le nozioni di “uso dannoso” e 
“uso pericoloso”, sebbene queste si riferiscano solo agli effetti sulla salute e non 
alle conseguenze sociali (WHO, 1994b).