IV 
 
 
Introduzione 
 Da qualche anno, nei laboratori di Frascati è stato sviluppato un 
innovativo schema di collisione per macchine elettrone-positrone, anche 
detto “crab-waist”, che consentirebbe di aumentare sensibilmente la 
luminosità di DAΦNE pur mantenendo inalterate le correnti di progetto.  
Nelle ultime campagne di prese dati, la luminosità raggiunta da DAΦNE 
è stata di un fattore 5 inferiore a quella di progetto. Con l’introduzione 
del crab-waist, è nato un nuovo elaborato di ricerca identificato con il 
nome KLOE-2. Questo esperimento si presuppone di completare il 
programma di fisica iniziato da KLOE e di esplorare nuovi settori della 
fisica dei “kaoni”. Dal punto di vista strumentale, l’apparato KLOE è in 
grado di lavorare e prendere dati con i nuovi valori di luminosità ma, 
nonostante questo, si è deciso di migliorare alcuni aspetti 
dell’esperimento sviluppando una serie di nuovi sotto-rivelatori per 
aumentare le performance di KLOE.  
In questo lavoro di tesi, ci siamo occupati dello studio del progetto 
KLOE-2 ed in particolare di una parte fondamentale del medesimo che è 
il calorimetro a tile denominato QcalT. Il QcalT, come si vedrà nella 
dissertazione, è interposto intorno ai quadrupoli in prossimità della zona 
di collisione, per la ricostruzione dei fotoni derivanti dal decadimento del 
K
L
→ 2π
0
. 
Nella tesi vengono presentati diversi aspetti della costruzione del QcalT. 
Uno studio di questo tipo, consente di esplorare diverse materie 
scientifiche interessate dalla progettazione di massima del rivelatore, fino 
alla sua messa in opera. Si sono poste dapprima delle solide basi atte a 
capire come il processo tecnologico ha interloquito con la rivelazione.
V 
 
Altresì, nelle prime battute si è dato un  accenno ad unità di misura e alla 
logica di un rivelatore. 
Nell’elaborato, si offre un overview di tutti gli elementi che compongono 
il QcalT; viene dato ampio spazio a tutte le soluzioni ingegneristiche che 
lo hanno interessato da vicino; si è  anche analizzato come il progetto del 
medesimo abbia subito numerose modifiche nel corso della ricerca al 
fine di trovare le migliori soluzioni ingegneristiche. In particolare, in 
questo lavoro di tesi ci siamo occupati dell’utilizzo dei rivelatori al 
silicio per la lettura dei canali del QcalT. Come vedremo, questo ha 
comportato una lunga serie di sviluppi sia dal punto di vista fisico che 
ingegneristico. Trattandosi di un elaborato sperimentale ci siamo 
occupati anche di effettuare dei test sui SiPM connessi a fibre scintillanti. 
Le misure effettuate rientrano direttamente in quelle richieste per la 
messa in opera del rivelatore, e hanno consentito di procedere con gli 
sviluppi finali dei SiPM. Tali test sono stati effettuati presso i laboratori 
dell’INFN di Frascati. Per i medesimi, come si vedrà nella dissertazione 
si sono utilizzati apparati che riprendono fedelmente parti interne del 
QcalT. 
L’asserto, si articola in sei capitoli: 
Nel primo capitolo, si sono trattate le tecniche di rivelazione. In 
particolare si sono fornite nozioni sul funzionamento di un rivelatore e 
sulle caratteristiche generali dello stesso. Si è anche descritta 
l’interazione delle particelle con la materia; tali argomenti hanno dato poi 
il via alla trattazione delle varie tipologie di rivelazione. Dapprima si è 
partiti con una introduzione storica, la quale è stata utile per farci 
comprendere come il processo tecnologico abbia offerto soluzioni 
ingegneristiche sempre migliori alla fisica delle alte energie in 
particolare alla rivelazione.
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Nel secondo capitolo, si è studiata e descritta la macchina acceleratrice 
DAΦNE. Si è studiato il rivelatore KLOE e tutte le sue principali parti 
interne tra cui: la camera a deriva, calorimetro elettromagnetico e il 
QCAL, quest’ultimo sarà sostituito dal QcalT. Ampio spazio viene dato 
all’elaborato KLOE-2 introducendo l’apparato che costituisce il nuovo 
calorimetro QcalT. Infine si è fatta una recensione/comparazione tra il 
QCAL e il QcalT andando ad analizzare anche i vantaggi economici. 
Nel terzo capitolo, si sono spiegate tutte le soluzioni ingegneristiche 
adoperate per la realizzazione del QcalT. In particolare si è analizzata e 
studiata la struttura meccanica del calorimetro; abbiamo studiato dal 
punto di vista fisico /chimico il tungsteno il quale è stato utilizzato come 
materiale schermante. Altresì, si sono approfonditi e descritti i 
meccanismi di lavorazione delle tile partendo dalla fase di produzione 
della casa costruttrice sino alla verniciatura finale con vernice al titanio. 
Infine si è descritto come e con quali soluzioni ingegneristico-
meccaniche avviene l’assemblaggio del calorimetro. 
Nel quarto capitolo, si sono fornite le generalità sui SiPM. Dapprima si 
sono fornite le specifiche di un fotodiodo in particolare: il fotodiodo P-I-
N, a valanga in regime lineare e in Geiger Mode. Si è analizzata e 
studiata la PDE. Infine si sono studiate e descritte le generalità sui SiPM 
di due case produttrici Hamamatsu e IRST mettendo in luce le loro 
geometrie e come sono meccanicamente costruiti. 
Il quinto capitolo è stato dedicato interamente ai test effettuati in 
laboratorio. Anzitutto si sono descritti la strumentazione utilizzata e i 
SiPM che abbiamo sottoposto al nostro studio. All’interno del capitolo 
sono stati inseriti degli SCAN in HV per mettere in luce le differenze tra 
i due componenti sopramenzionati. Tali test sono serviti per  ricavare il 
guadagno del SiPM sfruttando la Dark Noise e misurando le variazioni di
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questo parametro in funzione della tensione applicata. Questa soluzione 
verrà  utilizzata in seguito per la calibrazione dei canali del QcalT 
quando sarà installato all’interno di KLOE 
Nel sesto ed ultimo capitolo si sono descritte tutte le soluzioni 
ingegneristiche adoperate per l’installazione dei SiPM all’interno del 
rivelatore; si sono approfondite e studiate le PCB e la soluzione SMD 
offerta dalla IRST che ha collaborato al progetto di SiPM appositamente 
ideati per il QcalT. Si sono fornite delle nozioni generali sulle resine 
epossidiche ad alta resistenza. Tali nozioni hanno fornito basi  dal punto 
di vista fisico/chimico per meglio comprendere la natura dei materiali 
utilizzati e il perché.
1 
 
Capitolo 1 
Tecniche di rivelazione 
1.1 Generalità sui rivelatori 
Nella fisica sperimentale [1], un rivelatore di particelle è uno strumento 
usato per rivelare, tracciare e identificare particelle, come quelle prodotte 
per esempio da un decadimento nucleare, dalla radiazione cosmica, o da 
interazioni in un acceleratore di particelle. In particolare, in questo lavoro 
di tesi, ci occuperemo direttamente di un rivelatore utilizzato proprio per 
lo studio di collisioni in un acceleratore.  
Tra le diverse tipologie di rivelatori, una classe molto utilizzata nella 
fisica è quella dei calorimetri, cioè sistemi  in grado di misurare l'energia 
della radiazione persa nel rivelatore. Nel passaggio delle particelle 
attraverso l’area sensibile dei calorimetri, queste ultime danno luogo ad 
uno sciame di particelle secondarie, la cui rivelazione consente la misura 
dell’energia depositata nel rivelatore. L'energia può essere misurata 
interamente, richiedendo il totale contenimento dello sciame di particelle, 
o solo in parte. Tipicamente i calorimetri sono divisi trasversalmente per 
ottenere informazioni sulla direzione delle particelle, e longitudinalmente 
per fornire informazioni riguardanti il tipo di particella, basandosi sulla 
forma dello sciame che provoca. Dopo questa breve introduzione, nel 
prossimo paragrafo andremo a definire la logica di base di un rivelatore 
di particelle insieme anche alle caratteristiche generali di funzionamento. 
Sempre in questo capitolo, presenteremo dal punto di vista fisico i 
processi di interazione delle particelle e della radiazione con la materia, 
che sono alla base del funzionamento di tutti i rivelatori di particelle.
1.1.1 
rivelatore
In tutti i rivelatori di particelle, quello che si cerca di fare è convertire 
una o più caratteristiche delle particelle (massa, energia, carica
in un’informazione che sia “osservabile” direttamente o per mezzo di 
strumenti elettronici. Seguendo questo principio, possiamo 
schematizzare il funzionamento di un riv
algoritmo [2]: 
Principio di funzionamento ge
 Trasferimento
 Conversione 
Dove per forma di energia accessibile, si intende un segnale che poss
essere letto ed elaborato 
comprendere quanto schematizzato nell’alg
riportiamo un ulteriore schema illustrativo 
logici di funzionamento di un rivelatore. 
 
CAPITOLO 1. TECNICHE DI RIVELAZIONE
 Logica di funzionamento di un 
rivelatore 
In tutti i rivelatori di particelle, quello che si cerca di fare è convertire 
una o più caratteristiche delle particelle (massa, energia, carica
in un’informazione che sia “osservabile” direttamente o per mezzo di 
strumenti elettronici. Seguendo questo principio, possiamo 
schematizzare il funzionamento di un rivelatore attraverso il seguente 
 
Principio di funzionamento generale di un rivelatore 
 
Particella di energia E  
 
  
rasferimento di energia f E (f ≤ ≤ ≤ ≤ 1) al rivelatore
 
  
onversione in forma d’energia accessibile
 
Dove per forma di energia accessibile, si intende un segnale che poss
essere letto ed elaborato in output da un calcolatore. Per meglio 
comprendere quanto schematizzato nell’algoritmo precedente, 
riportiamo un ulteriore schema illustrativo che mostra i diversi passaggi 
logici di funzionamento di un rivelatore.  
 
Fig1.1 Logica di un rivelatore 
 
CAPITOLO 1. TECNICHE DI RIVELAZIONE 
2 
di funzionamento di un 
In tutti i rivelatori di particelle, quello che si cerca di fare è convertire 
una o più caratteristiche delle particelle (massa, energia, carica elettrica) 
in un’informazione che sia “osservabile” direttamente o per mezzo di 
strumenti elettronici. Seguendo questo principio, possiamo 
elatore attraverso il seguente 
nerale di un rivelatore  
al rivelatore   
energia accessibile 
Dove per forma di energia accessibile, si intende un segnale che possa 
utput da un calcolatore. Per meglio 
oritmo precedente, in Fig.1.1. 
che mostra i diversi passaggi
CAPITOLO 1. TECNICHE DI RIVELAZIONE 
3 
 
I rivelatori di ultima generazione sono essenzialmente elettrici f(E) è 
convertita in impulsi elettrici, dove si rende indispensabile l’elettronica 
per il trattamento dell’informazione finale. 
 
1.1.2 Caratteristiche generali di un rivelatore 
 
Indipendentemente dal tipo di rivelatore o dalle funzioni per cui 
quest’ultimo viene utilizzato, possiamo definire una serie di parametri in 
grado di descrivere le prestazioni del rivelatore stesso. Queste 
caratteristiche offrono un metodo di confronto indispensabile, ad 
esempio, per valutare la qualità di uno strumento o per confrontare due 
rivelatori utilizzati per rivelare le stesse particelle.  
 
• Sensibilità: è la capacità di produrre segnale S utilizzabile per un 
dato tipo di energia, bisogna però sottolineare il fatto che non 
esiste un rivelatore che sia sensibile a tutte le radiazioni di 
qualunque energia. Questo dipende da diversi fattori che sono di 
seguito elencati: 
 
1) Dalla probabilità, σ, di conversione dell’energia in forma di 
ionizzazione. 
2)  Dalla massa del rivelatore che si determina nel seguente 
modo: fissata σ, la densità e il volume determinano la 
frequenza delle interazioni, la massa richiesta dipende dal tipo 
e dall’energia della radiazione da rivelare.  
3) Dal rumore del rivelatore N
R
. La minima ionizzazione in grado 
di produrre segnale utilizzabile S, cioè il più piccolo segnale 
che si vuole rivelare, deve essere maggiore del rumore del 
sistema nel suo complesso.  
4) Dalla minima energia rivelabile.