afferma che mentre per l’ambiente aereo che in termini percentuali  presenta costanza 
di composizione chimica è relativamente facile rilevare una deviazione dal quadro 
normale e interpretarla come inquinamento, per l’ambiente acquatico è difficile 
definire una condizione di normalità alla quale associare il concetto di polluzione. In 
pratica  la molteplicità di situazioni che possono “naturalmente” presentarsi a livello 
delle variabili chimico fisiche e biologiche di un corso d’acqua non permettono 
l’elaborazione di una situazione di riferimento che funga da “bianco” e che permetta 
poi di evidenziare le eventuali alterazioni di origine antropica subite dal corso 
d’acqua stesso e che ne determinano uno scadimento di qualità. 
Questo problema di carattere pratico ha assecondato la tendenza antropocentrica degli 
ultimi decenni, tesa a considerare il corso d’acqua non come risorsa da preservare 
quanto come  un qualcosa da utilizzare per soddisfare  prioritariamente i bisogni 
umani, lasciando in secondo piano le reali esigenze degli ecosistemi fluviali che, al 
giorno d’oggi, risultano spesso gravemente compromessi. Ciò si è riflesso di 
conseguenza anche sulla politica ambientale, tesa ad elaborare criteri di qualità delle 
acque che garantiscono principalmente e in tempi brevi la qualità della risorsa perché 
risponda alle esigenze dell’uomo in un determinato luogo e per scopi specifici, senza 
verificare se il valore di qualità tollerato risponda realmente alle esigenze 
dell’ambiente ( TENDRON e RAVERA, 1976 in GHETTI e BONAZZI, 1981). 
Anche MARCHETTI (1998) sottolinea il fatto che nel caso dell’acqua la definizione 
di inquinamento non viene data come deviazione dal quadro della normalità ma si 
riferisce solo alle possibilità di impiego delle varie risorse idriche per determinati usi 
per i quali sono richieste specifiche caratteristiche qualitative o “criteri di qualità”. 
Tali criteri, che si conseguono imponendo limiti di accettabilità o di emissione agli 
effluenti, possono essere relativi o assoluti, ovvero possono tenere conto o meno della 
capacità recettiva del corpo idrico di recapito, intesa come la capacità che esso ha di 
rispondere all’immissione di un contaminante modificandone la qualità (struttura 
chimica) e la quantità (concentrazione, densità, ecc.) fino a renderla compatibile con 
gli usi e vocazioni ai quali il corpo idrico è destinato. Come è ben visibile anche il 
concetto di capacità recettiva è formulato in visione antropocentrica, perché tiene 
conto della funzione del corpo idrico a vari scopi (potabile, irriguo, industriale, 
ricreativo) senza considerare necessariamente le reali necessità dell’ecosistema 
fluviale, che in certi casi può risultare gravemente compromesso. HYNES (1963) e  
GHETTI (1997) sottolineano in merito il fatto che non è possibile misurare la 
deviazione dal quadro di normalità solo mediante indicazione di valori in mg/l di una 
qualche sostanza. Il metodo, pur essendo pratico e apparentemente sicuro, non tiene 
tuttavia in considerazione il metabolismo dei sistemi ambientali e i rapporti di causa 
effetto che determinano le patologie così da poter ricorrere alle cure più idonee per il 
risanamento degli ecosistemi. In pratica ci si preoccupa per esempio della presenza di 
un eccesso di nutrienti nelle acque ma non delle imponenti trasformazioni di habitat 
naturali ripari con la conseguente perdita della funzione di filtro rispetto ai corpi 
idrici.  
A questo punto appare necessario approfondire il significato del termine di 
inquinamento, che non si limiti a considerare il tipico scarico di sostanze tossiche ma 
che includa tutta una serie di alterazioni che non riguardano solo l’ambiente 
acquatico ma anche ciò che lo circonda e che è in stretta relazione con esso.     
PEROSINO (1990) sottolinea l’importanza di una considerazione non limitante del 
termine di inquinamento evidenziando gli effetti negativi di impatti antropici che   
vanno a costituire il problema delle derivazioni idriche per fini idroelettrici, irrigui, 
industriali e potabili. Secondo PEROSINO anche queste forme di alterazione 
ecosistemica dovrebbero essere incluse nella definizione di inquinamento perché 
influenzano variazioni nell’ecologia del corso d’acqua considerato. Altri autori 
analizzano situazioni di alterazione non riconducibili al tipico scarico di un effluente, 
evidenziando i danni derivanti per esempio da interventi di disboscamento, 
canalizzazione, regimazione dei corsi d’acqua, ecc. Tutti questi processi di 
alterazione ecosistemica verranno inseriti in un discorso più organico nel prossimo 
paragrafo.          
E’ opportuno a questo punto osservare come, a partire da questi ultimi anni, si stia 
verificando, almeno in teoria, un’inversione di tendenza nella considerazione dei 
corsi d’acqua. FORNERIS e PEROSINO (1995) descrivono l'inquinamento come 
un’alterazione non desiderabile delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche 
dell’aria, dell’acqua o della terra potenzialmente lesiva per gli organismi animali e 
vegetali o in grado di ridurre la qualità e/o la quantità delle risorse naturali 
disponibili. E’ possibile quindi che alla  visione antropocentrica di utilizzo dell’acqua 
si stia affiancando un punto di vista più ecocentrico, che tenda a porre come 
fondamentale nella gestione dei corsi d’acqua la tutela delle biocenosi. Sono 
importanti a proposito il decreto legislativo n° 130 del 1992 e la Proposta di Direttiva 
della Commissione delle Comunità Europee relativa alla qualità ecologica delle 
acque datata 8 luglio 1994 che pongono particolare attenzione al problema della 
protezione della vita acquatica. 
In questa fase di passaggio può risultare rilevante il ruolo dei ricercatori, che non 
devono chiudere le proprie conoscenze e ricerche all’interno della propria categoria 
ma trovare il modo di comunicarle ad un pubblico più vasto. Solo così può risultare 
possibile lo sviluppo di una coscienza ecologica che permetta poi il reale passaggio 
da una visione antropocentrica dell’ambiente ad una più ecocentrica. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
2) LE POSSIBILI CAUSE DI ALTERAZIONE  
DELL’ECOSISTEMA FLUVIALE 
 
E’ opportuno, prima di affrontare l’argomento relativo ai vari strumenti che sono a 
disposizione dei ricercatori che si occupano di analisi dello stato di salute dei corsi 
d’acqua, trattare in maniera concisa quali sono le possibili cause di alterazione della 
qualità degli stessi. 
 
2.1) SCARICHI DI EFFLUENTI, che possono contenere: 
 
2.1.1) INQUINANTI BIOREAGENTI 
 
Sono per definizione sostanze che provocano reazioni biologiche o biochimiche in 
fase acquosa. Sono ulteriormente suddivisibili a loro volta in: 
   
a) SOSTANZE NUTRIENTI 
 
Fanno parte di questo gruppo le sostanze organiche biodegradabili e i sali di azoto e 
fosforo. Gli effluenti che riversano tali sostanze nei corsi d’acqua sono di solito 
rappresentati da scarichi civili, di allevamenti e di industrie alimentari. Quando gli 
inquinanti sono presenti in eccesso, si possono verificare fenomeni di alterazione 
qualitativa del corso d’acqua, soprattutto perché vengono stimolati i processi di 
deossigenazione dell’acqua (VISMARA, 1992; FORNERIS e PEROSINO, 1995). La 
deossigenazione, anche solo parziale, è causa di squilibrio nelle biocenosi acquatiche  
poiché a sua volta determina  la scomparsa di quegli organismi ad elevata sensibilità 
nei confronti dell’ossigeno disciolto, favorendo le specie più tolleranti che, in assenza 
di competitori, aumentano anche notevolmente in numero (HAWKES, 1963;GHETTI 
e BONAZZI, 1981; MARCHETTI, 1998). 
 
b) SOSTANZE TOSSICHE 
 
Si tratta di sostanze che, interagendo con altre molecole o con i sistemi di molecole 
degli organismi viventi, provocano un effetto nocivo (MARCHETTI, 1998). 
Appartengono a questa categoria molte sostanze inorganiche (in particolare i sali dei 
metalli pesanti) e organiche di sintesi (come i pesticidi). Da notare che, mentre nel 
caso dei nutrienti l’effetto negativo è prevalentemente di tipo indiretto 
(deossigenazione), quando ci si riferisce a sostanze tossiche si parla quasi sempre di 
effetti diretti a danno del metabolismo degli organismi. L’azione nociva è inoltre già 
evidente a basse concentrazioni di inquinante. In presenza di un inquinamento 
derivante da sostanze tossiche nessun gruppo sistematico è favorito dalla caduta di 
competizione in quanto tutti i Taxa, oltre una data soglia, risentono negativamente 
dell’azione del tossico (MARCHETTI, 1998). Ne consegue che, in presenza di questa 
forma di alterazione, il numero di organismi, sia in termini di numero di individui 
presenti che di specie, dovrebbe tendere a diminuire fino a raggiungere valori 
pressochè nulli ad alte concentrazioni della sostanza inquinante (HAWKES, 1963; 
GHETTI e BONAZZI, 1981).   
              
2.1.2) INQUINANTI NON BIOREAGENTI 
 
Sono costituiti principalmente da materiali (come detriti inorganici in sospensione, 
ma anche tensioattivi e derivati petroliferi) che, anche se praticamente inerti dal punto 
di vista biochimico e biologico, causano tuttavia problemi di tipo fisico poiché 
tendono a occludere le branchie dei pesci, ad assorbire le radiazioni luminose 
impedendo i normali processi fotosintetici che coinvolgono i vegetali acquatici o ad 
impedire gli scambi di gas tra atmosfera e superficie del corpo d’acqua (VISMARA, 
1992; FORNERIS e PEROSINO, 1995). Tendono inoltre a ricoprire i fondali e 
quindi a ridurre il numero di microhabitat a disposizione degli organismi, con 
conseguente riduzione della biodiversità delle comunità acquatiche (RESH, 1977; 
FRISSELL e AL., 1986; GEORGIAN e THORP, 1992; KERSHNER e SNIDER, 
1992 in CANCIANI e AL., 1998). Da ricordare che questa forma di inquinamento 
può essere dovuta non solo allo scarico di acque con elevata presenza di solidi in 
sospensione (derivanti per esempio da miniere o da impianti per l’estrazione di inerti) 
ma può essere determinata anche da escavazioni all’interno dell’alveo del corso 
d’acqua.    
 
2.1.3) ACQUA DERIVANTE DA IMPIANTI DI 
RAFFREDDAMENTO 
 
E’ una forma di alterazione tipica degli effluenti provenienti da impianti di 
raffreddamento di centrali termoelettriche. L’aumento di temperatura che si registra 
nell’acqua dell’effluente può accelerare il metabolismo degli organismi acquatici, 
fino ad arrivare ad effetti di inattivazione enzimatica che sono spesso letali. Si 
verifica inoltre una riduzione della solubilità dell’ossigeno in acqua che contrasta con 
l’esigenza di una maggiore quantità di gas dovuta all’aumento dell’attività 
respiratoria della comunità (MARCHETTI, 1998). 
   
2.2) CAPTAZIONI E/O RITENZIONI IDRICHE 
 
Qualunque sia la finalità della captazione (scopi idroelettrici, irrigui, ecc.), i          
danni più immediati sono da ricondurre ad un impoverimento faunistico della 
biocenosi acquatica, proporzionale all’intensità dell’alterazione indotta sull’ambiente 
fluviale e coinvolgente tutta la comunità biologica, in particolare invertebrati e pesci 
(FORNERIS e PEROSINO, 1995). Le ritenzioni e le captazioni idriche determinano 
spesso una drastica riduzione della portate dei corsi d’acqua. Le conseguenze 
principali del fenomeno (PEROSINO, 1990) sono riassumibili in un aumento del 
rischio dovuto ad inquinamenti per l’ovvia diminuzione dell’effetto diluizione di 
eventuali sostanze inquinanti riversate nel corso d’acqua, in una diminuzione della 
produttività biologica determinata dalla riduzione della superficie bagnata che non 
può venire compensata da notevoli aumenti nella densità degli organismi acquatici a 
causa dell’instaurarsi di processi selettivi e nell’aumento  delle difficoltà di 
migrazione da parte dei pesci, sia per fini trofici che riproduttivi. PEROSINO 
sottolinea inoltre che anche la perdita di valore estetico del paesaggio dovuta a cali di 
portata può essere considerata un danno. FORNERIS e PEROSINO (1995) 
considerano poi altri problemi derivanti dalle riduzioni di portata, quali il 
rallentamento della corrente con alterazione delle proporzioni tra il substrato di 
erosione e quello di sedimentazione a favore di quest’ultimo. Non bisogna poi 
dimenticare il possibile aumento della temperatura delle acque e la diminuzione 
dell’ossigenazione per la minore turbolenza dell’acqua.  
 
2.3) ALTRE CAUSE DI ALTERAZIONE 
 
Rientrano in questa categoria tutti quei fenomeni che provocano un danno 
all’ecosistema fluviale e che non sono riconducibili a nessuna delle alterazioni sopra 
esposte. HYNES (1963) sottolinea che anche attività di disboscamento possono 
provocare danni che vanno a ripercuotersi anche sull’ecosistema fluviale (per 
esempio a causa dell’aumento dei fenomeni di erosione delle sponde). MAIO e 
MARCONATO (1987) citano il problema del degrado degli ambienti acquatici a 
seguito di alterazioni di origine antropica della morfologia dei corsi d’acqua, con 
esempi quali la creazione di barriere o sbarramenti che impediscono o limitano lo 
spostamento dei pesci. Essi considerano inoltre come fonte di degrado l’introduzione 
di specie alloctone. HYNES (1963) e STOCH (1991) sottolineano il problema 
dell’alterazione degli alvei e in particolare dei fenomeni di canalizzazione dei corsi 
d’acqua, che determinano ingenti danni alle biocenosi acquatiche a causa della 
drastica riduzione di microhabitat che si verifica quando viene posta in essere 
un’opera di regimazione fluviale.  
 
3) GLI STRUMENTI DI ANALISI DELLA QUALITA’ DI UN 
CORSO D’ACQUA 
 
Il passaggio da una prospettiva limitata ad un riferimento ecosistemico più ampio   
permette di rielaborare il significato culturale del concetto di qualità ambientale che 
al giorno d’oggi è vista come la combinazione delle diverse qualità parziali 
associabili alle matrici ambientali. Da ciò deriva che il giudizio complessivo su un 
dato ambiente deve fare riferimento a più indicatori ognuno dei quali fornisce 
informazioni complementari all’altro (CHIERICI, 1997). In termini pratici il 
problema della mancanza di una situazione standard di normalità cui confrontare la 
molteplicità di situazioni che si presentano in natura al fine di valutarne lo stato di 
degrado viene ovviato mediante l’utilizzo integrato di strumenti diversi che vanno ad 
evidenziare vari aspetti del corso d’acqua in esame così da rilevare i possibili aspetti 
patologici che, analizzati poi globalmente, permettono di riscontrare i problemi e lo 
stato di degrado del corso d’acqua in questione. Al giorno d’oggi quindi, non 
disponendo di un “bianco” teorico generale cui confrontare le varie situazioni 
naturali, si ricorre a una serie di “bianchi parziali” (costituiti da parametri standard) 
che servono da riferimento caratteristico per ogni indice. L’analisi integrata degli 
indicatori e degli indici permette di risalire poi ad un quadro globale della situazione, 
punto di partenza per i doverosi interventi di conservazione o rispettivamente di 
risanamento del corso d’acqua considerato.   
I metodi di analisi della qualità di un corso d’acqua trattati nel presente lavoro sono 
costituiti dalle analisi chimico fisiche ed ecologiche delle biocenosi acquatiche.  
 
 
 
 
 
 4) L’ANALISI CHIMICO FISICA DEI CORSI D’ACQUA 
 
4.1) PREMESSA 
 
Lo studio della qualità dei corpi idrici prevede spesso un’indagine delle 
caratteristiche fisiche e chimiche dell’acqua degli stessi. Il campionamento consiste 
nel prelevare un campione d’acqua dal corso in questione e nell’analizzare in seguito 
in laboratorio le concentrazioni dei molti parametri richiesti. L’analisi riveste estrema 
importanza nella prospettiva di controllo della qualità ambientale perché, se 
tempestiva, permette di risalire alle cause scatenanti un fenomeno di alterazione 
dell’ecologia del corpo idrico (AUTORI VARI). Un altro pregio derivante da questo 
metodo di indagine consiste nel poter esprimere i risultati con cifre precise e di 
basarsi su metodi assolutamente riproducibili e standardizzabili in modo da 
minimizzare gli scarti soggettivi dovuti all’esecutore. Ciò conferisce alle analisi 
fisiche e chimiche estrema obiettività, tale da permettere il confronto tra i risultati 
ottenuti dai vari sperimentatori in tempi e luoghi differenti (BERBENNI e 
BIANUCCI, 1965). Accanto ai vantaggi peculiari di questo metodo, queste analisi 
presentano dei limiti. Molti AUTORI sottolineano il fatto che i monitoraggi fisici e 
chimici forniscono risultati  puntiformi, ossia dati che, sebbene assolutamente precisi 
e riproducibili, si riferiscono esclusivamente al luogo e all’istante in cui è stato 
effettuato il campionamento. A questo inconveniente si può porre rimedio effettuando 
prelievi frequenti e in molte stazioni del corso d’acqua in questione, ma è evidente 
che, in proporzione, anche i costi relativi alla metodica tendono ad aumentare 
(HYNES, 1961; BERBENNI e BIANUCCI, 1965; BIANUCCI e RIBALDONE 
BIANUCCI, 1971;VISMARA, 1992).  
E’ da notare che il metodo chimico fisico tende a perdere in efficacia solo nel caso di 
inquinamenti di tipo acuto, cioè in caso di immissioni massive di inquinanti in un 
breve intervallo di tempo, che si verifichino nel corpo idrico in un istante che non 
corrisponde a quello di campionamento. Viceversa, quando ci si riferisce ad 
inquinamenti di tipo cronico, ossia costituiti dal versamento, continuato nel tempo, di 
quantità relativamente modeste  e senza effetti eclatanti di inquinanti (FORNERIS e 
PEROSINO, 1995) il limite intrinseco all’analisi chimico fisica è meno accentuato 
per cui la metodica chimica  può a ragione essere considerata un buon metodo di 
studio delle eventuali cause d’alterazione dell’ecosistema acquatico (possibilmente 
integrandola con altri strumenti di analisi, come l’analisi ecologica delle biocenosi 
acquatiche). Da osservare che, a livello dell’ecosistema acquatico, mentre 
inquinamenti catastrofici possono causare gravi danni nel breve periodo, 
inquinamenti cronici possono, nel lungo periodo, avere conseguenze altrettanto 
dannose (ELLIOTT e AL., 1997). 
In riferimento a quanto detto, è auspicabile l’utilizzo delle tecniche chimico fisiche di 
analisi dell’acqua dei sistemi in questione, tenendo conto dei vantaggi che esse 
conferiscono nell’interpretazione dei problemi degli ecosistemi acquatici e dei limiti 
da esse derivanti.  
E’ opportuno ora accennare in breve alle principali caratteristiche dei parametri fisici 
e chimici che sono di solito presi in considerazione nell’ipotesi di utilizzo di 
un’analisi chimico fisica per la valutazione della qualità di un corpo idrico.    
  
4.2) SINTESI DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE 
 DEI PARAMETRI CHIMICI E FISICI  
 
TEMPERATURA DELL’ACQUA 
 
E’ il parametro che descrive le caratteristiche termiche di un corso d’acqua nel punto 
e nell’istante di campionamento. Il suo valore (espresso in °C) dipende da molti 
fattori, quali il tipo e l’altitudine della sorgente,  la presenza di collegamenti con la 
falda sotterranea, la portata del corso d’acqua, le condizioni climatiche delle zone in 
cui scorre il corpo idrico (HYNES, 1970; MISEROCCHI in MARCHETTI, 1998). 
La temperatura di un corso d’acqua può inoltre variare a seguito dell’immissione di 
effluenti derivanti da impianti di raffreddamento delle turbine di centrali per la 
produzione di energia elettrica, nonché da altri processi di lavorazione industriale. 
Gli effetti di un aumento del fattore termico sull’ecosistema fluviale, in parte già 
descritti in precedenza, consistono in un incremento dei processi metabolici da parte 
degli organismi presenti, con conseguente diminuzione del tenore in ossigeno 
(incentivata a sua volta dal fatto che la solubilità del gas nell’acqua diminuisce con 
l’aumento della temperatura). Conseguenza non trascurabile derivante dalla presenza 
di acque “calde”, soprattutto se il valore di temperatura non è determinato da cause 
naturali ma dall’incidenza (diretta o indiretta) antropica, è la scomparsa dei gruppi 
sistematici stenotermi freddi (HYNES, 1963; HART e FULLER, 1974). E’ inoltre 
noto (HYNES, 1963) che l’innalzamento della temperatura dell’acqua può 
influenzare l’aumento  della tossicità dei veleni eventualmente presenti.  
 
OSSIGENO DISCIOLTO 
 
La concentrazione di ossigeno disciolto, espressa come valore in mg/l, è influenzata 
prevalentemente da fenomeni diffusivi di questo gas all’interfaccia tra aria e acqua, 
che a loro volta dipendono dai moti più o meno turbolenti del corso d’acqua stesso. 
Un importante contributo alle variazioni della concentrazione di ossigeno è poi 
fornito (soprattutto in quei corsi molto produttivi, poco turbolenti e poco profondi) 
dall’attività fotosintetica operata dai vegetali acquatici. Anche il fattore termico 
influenza la solubilità dell’ossigeno in acqua  e quindi la quantità di ossigeno 
disciolta nell’elemento liquido (In particolare la concentrazione di saturazione del 
gas, cioè la concentrazione massima che teoricamente potrebbe risultare disciolta 
diminuisce con l’aumentare della temperatura). Il valore di ossigeno disciolto, 
quando la concentrazione di gas rilevata è molto bassa, può essere indice di 
inquinamento organico (AUTORI VARI). Viceversa elevati valori di ossigeno non 
necessariamente possono indicare che il corpo idrico in questione è esente da 
fenomeni di polluzione, perché i fenomeni di turbolenza dell’acqua possono 
mascherare l’elevato consumo di ossigeno in atto. 
% DI SATURAZIONE DELL’OSSIGENO 
 
Spesso può risultare utile definire un altro parametro relativo all’ossigeno e cioè la 
percentuale di saturazione di questo gas nell’acqua, espressa come il rapporto 
(moltiplicato per 100) tra la concentrazione di ossigeno misurata e la concentrazione 
di saturazione alle condizioni di temperatura e pressione dell’aria nel momento e nel 
luogo in cui è stata effettuata la misura. La quantità effettiva di gas nei corsi d’acqua 
è sempre prossima alla saturazione, salvo la presenza di fattori deossigenanti (di 
solito di origine antropica). In corsi ricchi di vegetali acquatici e con acqua 
relativamente lenta può accadere che l’ossigeno disciolto abbia notevoli fluttuazioni 
giornaliere, con il passaggio da condizioni  di ipersaturazione nelle ore di luce a 
valori notturni di ossigeno molto bassi (HYNES, 1963).  
 
pH 
 
      Il suo valore (espresso in unità) può dipendere sia da fattori naturali quali la 
composizione chimica del substrato (presenza o meno di carbonati, ecc.)  su cui 
scorre il corpo idrico (GHETTI, 1997), sia da fenomeni inquinanti che direttamente 
(effluenti con pH molto alto o viceversa molto basso) o indirettamente (scarichi ricchi 
di sostanze nutrienti che stimolano elevata attività fotosintetica da parte dei vegetali 
acquatici) possono alterare i valori fisiologici di questo parametro nel corso d’acqua. 
In generale valori di pH troppo bassi sono letali per molti organismi, sia per effetti 
diretti di tossicità sia per il fatto che un’elevata concentrazione di ioni H
+ 
può favorire 
la solubilità dei metalli pesanti (HART e FULLER, 1974), per cui la varietà specifica 
nonché le abbondanze relative dei vari Taxa all’interno dell’ecosistema di corsi 
d’acqua acidi dovrebbero risultare molto scarse (ALABASTER e LLOYD, 1980).   
 
 
 
CONDUCIBILITA’ ELETTRICA  
 
Si esprime in microSiemens/cm ed è proporzionale alla quantità di ioni disciolti 
(principalmente sali di calcio e di magnesio). Il parametro fornisce quindi una buona 
indicazione del grado di mineralizzazione dell’acqua (VERNEAUX, 1973). 
L’andamento dei valori di conducibilità (e quindi di arricchimento in sali) di un corso 
d’acqua aumenta gradualmente da monte a valle a seguito di fenomeni di drenaggio 
del bacino imbrifero. Brusche variazioni di tale parametro viceversa possono essere 
sintomo di immissioni di acque provenienti da altri bacini, dalla falda presente nel 
sottosuolo o da scarichi inquinanti (GHETTI, 1997). 
 
DUREZZA TOTALE 
 
La durezza totale di un’acqua dovrebbe corrispondere alla somma delle 
concentrazioni in cationi, ad eccezione degli ioni H
+
 e dei cationi dei metalli alcalini. 
(RODIER, 1966 in SACCHI e TESTARD, 1971). E’ però pratica corrente 
considerare tale parametro come durezza da carbonati, misurata in mg/l o in gradi 
francesi (1 °F corrisponde a 10 mg/l di CaCO3). La durezza totale può essere posta in 
relazione con fenomeni inquinanti poiché la solubilità dei carbonati aumenta in 
presenza degli acidi deboli derivanti da processi ossidativi del materiale organico 
(GHETTI, 1997). La durezza dell’acqua tende, ad alti valori, a non inibire 
direttamente nessuna unità sistematica, mentre a valori bassi ostacola la presenza di 
molti organismi (HYNES, 1963) perché in questo caso costituisce un fattore limitante 
all’attività di produzione primaria operata dai vegetali.  Da tenere presente poi che la 
tossicità da metalli pesanti è inversamente proporzionale alla durezza totale grazie 
alla formazione di complessi organometallici che inattivano gli ioni tossici 
(ALABASTER e LLOYD, 1980). 
 
 
TENORE IN CALCIO E IN MAGNESIO 
 
Il tenore in calcio e in magnesio di un corpo idrico è correlato principalmente alle 
caratteristiche litologiche del bacino imbrifero, anche se fenomeni di polluzione 
possono favorire un aumento progressivo delle concentrazioni di questi parametri nel 
corso d’acqua.  
 
ALCALINITA’ (O POTERE TAMPONE DELL’ACQUA) 
 
Esprime  la capacità di un’acqua di neutralizzare una soluzione di acido forte versata 
in essa. Pur essendo determinata anche dalla presenza di anioni quali gli ioni OH
-
, i 
fosfati, i silicati e l’ammoniaca libera, i composti che influenzano maggiormente i 
valori di alcalinità sono costituiti dai bicarbonati (HCO
3
-
) per cui è preferibile 
esprimere l’alcalinità in mg/l di HCO
3
-
 (VERNEAUX, 1973). E’ evidente quindi 
l’importanza del substrato e in particolare la sua composizione chimica nel 
determinare il potere tampone dell’acqua. In particolare il carbonato di calcio, 
presente in suoli calcarei, tenderà naturalmente a conferire all’acqua elevati valori di 
alcalinità. Viceversa in corsi d’acqua che scorrono in prossimità di suoli poveri di 
carbonati i valori di alcalinità potrebbero risultare relativamente bassi (HYNES, 
1963) e di conseguenza i corsi potrebbero subire ampie fluttuazioni nei valori di pH a 
seguito di contaminazioni di origine antropica. WINGET (1985) in BOSCO IMBERT 
(1996) sottolinea la forte correlazione tra incremento longitudinale in biomassa e 
alcalinità, che può risultare fattore stimolante della produzione primaria. 
 
CLORURI 
 
La concentrazione, in mg/l, di cloruri nelle acque interne fornisce una buona 
indicazione del grado di eutrofizzazione  dei corsi d’acqua. Valori elevati di questo 
parametro possono essere indice  di inquinamento urbano (VERNEAUX, 1973). 
SOLFATI 
 
La concentrazione di tale parametro può dipendere dalla natura petrografica del 
substrato   e/o dalla presenza di contaminazioni derivanti da effluenti di origine civile 
e industriale (VERNEAUX, 1973; GHETTI, 1997).      
 
SODIO 
 
La concentrazione di sodio tende ad aumentare prevalentemente a causa di scarichi di 
origine urbana. 
 
POTASSIO 
 
La concentrazione di tale parametro è in relazione con gli apporti di nutrienti di 
origine alloctona derivanti da scarichi civili e/o da terreni agricoli. 
 
COMPOSTI AZOTATI 
          
AZOTO AMMONIACALE (N-NH
4
+
) 
 
E’ presente principalmente in acque ricche di materia organica in decomposizione 
nelle quali il tenore di ossigeno è insufficiente per assicurare il passaggio 
dell’ammoniaca verso stati più ossidati (AUTORI VARI). L’azoto ammoniacale può 
presentarsi in forma non ionizzata (NH
3
) o ionizzata (NH
4
+
) e il passaggio all’una o 
all’altra forma può dipendere da vari fattori, quali il pH e la temperatura. Gli effetti di 
tossicità diretta sugli organismi acquatici imputabili a questo parametro sono dovuti 
prevalentemente alla forma non ionizzata (NEWMAN, 1995).