5 
 
Infatti all’interno della società italiana, fondata su un modello capitalistico, l’anziano è 
divenuto un peso a livello sociale ed economico, e ancor più colui il quale negli ultimi 
anni della sua vita necessita di cure mediche costanti. La persona è estromessa dal 
circolo produttivo e per l’economia entra a far parte di una sottoclasse che non produce 
più, e consuma poco rispetto agli standard di persone più giovani. Infatti è vero che la 
persona anziana tende a modificare le proprie abitudini consumistiche con l’avanzare 
dell’età; non è per niente attratta dallo stile consumistico fondato su modelli di bellezza 
e di eterna giovinezza proposti dalla nostra società, la quale non è interessata a 
sviluppare un mercato per persone anziane non-autosufficienti.  
“Da molto tempo e in molte sedi ci si interroga sulle possibili dimensioni della qualità 
di vita della persona anziana. Politica del welfare, ricerca applicata ai servizi sociali, 
operatori d’ambito, associazionismo non profit e rappresentanze organizzative e di 
famigliari indagano possibili risposte alla questione, alla ricerca di persosi concreti che 
restituiscano, se mai si fosse perduta, dignità di vita all’anziano all’interno delle 
strutture residenziali o semi – residenziali.”
4
 
Anche se ci sono questi sforzi, 
5
 “le persone estromesse dal gioco [del mercato 
economico
6
] sono anche private di qualsiasi funzione che possa essere immaginata 
come utile, per non dire indispensabile, al pacifico e redditizio funzionamento 
dell’economia”. L’anziano entra a far parte di una categoria che può essere definita 
sotto molti aspetti (economico, relazionale, sociale, affettivo, eccetera) povera, una 
sottoclasse, come detto in precedenza, un «peso per la società» 
7
 . 
Ora si potrebbe pensare che per salvaguardare i diritti degli anziani basti volgere lo 
sguardo al Welfare State, creato appositamente per i cittadini in difficoltà. Ma funziona 
ancora come supporto? 
Coburn sostiene che il Neo-liberalismo economico mina  il Welfare State, andando a 
diminuire il livello di benessere e a minare la salute dei cittadini, come illustra nello 
schema intitolato “The Class/Welfare Regime Model” (Allegato 1) 
8
. In un regime dove 
la globalizzazione economica e il Neo-liberalismo (nel quale le persone, la loro salute e 
il loro benessere dipendono quasi totalmente dal mercato economico, avendo quindi un 
basso grado di decommodification, ovvero l’indice che misura il grado in cui i cittadini 
                                                 
4
 FRANCHINI Roberto, La figura dell’animatore nelle strutture per anziani, Franco Angeli, Milano, 1999 
p. 99 
5
 BAUMAN Zygmunt, La società individualizzata, Il Mulino, Bologna, 2002 p. 99 
6
 Mia precisazione 
7
 BAUMAN Zygmunt, Ibidem 
8
 COBURN David, A brief response, in Social Science & Medicine, Numero 51, 2000 Figure 2 
                                                                                          
 
                                                                                                                       6 
 
possono avere uno standard di vita adeguato indipendentemente dalla loro posizione nel 
mercato), connessi con il potere del capitale, assumo importanza e forza, cosicché i 
mercati economici e finanziari ne traggono giovamento, mentre il regime di Welfare ne 
risente in negativo.  
Accade così che il cattivo funzionamento del Welfare va ad aumentare le ineguaglianze, 
la povertà e rende più difficile a una grande fascia di cittadini l’accesso a numerose 
risorse sociali; mentre i mercati provocano una diminuzione della fiducia e della 
coesione sociale. Mercati e Welfare si influenzano ed alimentano a vicenda. Infine 
Welfare e mercati vengono direttamente condizionati dalla globalizzazione, dal Neo-
liberalismo e dal potere del capitale.  Tutto questo porta a una diminuzione del livello di 
salute nei cittadini e del loro stato di benessere, influenzati anche dalla diminuzione 
della ricchezza economica. 
Come sostiene Coburn “[…] different welfare regimes and rising inequalities of various 
kinds have important implications for health inequalities within nations since social 
inequalities of many kinds are related to health status differences. In general the higher 
a group’s Social-Economic Status or income, and, it is assumed the lower forms of 
inequality, the higher its health status. […] Despite ‘expanding economies’, health 
inequalities have increased.”
9
  
Benché l’Italia non sia un pieno regime Neo-liberale, ma venga inserita in un gruppo 
intermedio definito dall’autore Conservatore o Famigliare, caratterizzato da schemi di 
classe sociale, un’assicurazione di base e un considerevole affidamento sulla famiglia 
per offrire un supporto, la teoria di Coburn si adatta alla situazione che stiamo vivendo e 
giustifica l’esclusione dell’anziano non-autosufficiente dal fulcro della società.   
Ma, come detto in principio, anche in Italia si sta assistendo a un cambiamento del 
nucleo famigliare; la famiglia non si fa più carico come una volta dei propri cari anziani 
o che necessitano di cure, ma tendono ad affidarli a servizi esterni, che vanno ad 
assumere sempre più importanza. Questi creano però molta confusione nel famigliare, 
nonché dei sensi di colpa per aver affidato il parente ad un’istituzione. Inoltre la politica 
del welfare non viene più in loro aiuto e sono colpiti anche dal punto di vista 
economico. 
La confusione però non è solo dei famigliari come vedremo. E’ molto difficile anche 
per l’operatore sociale sapersi muovere all’interno e all’esterno dell’organizzazione e 
                                                 
9
 COBURN David, Ibidem p. 1121 
                                                                                          
 
                                                                                                                       7 
 
valorizzare il suo lavoro. Inutile dire che anche l’anziano è spaesato di fronte alla nuova 
situazione che si è andata a creare. Cercare di dissolvere questo senso di smarrimento è 
difficile ma importante. Si deve però partire dalle risorse che già si hanno e non 
attendere che piovano del cielo degli aiuti.  
Per questo ho deciso di utilizzare per il titolo del mio elaborato un quadro di Caspar 
David Friedrich, artista romantico che ha operato in Germania a cavallo tra il ‘700 e 
l’800. “Viandante sul mare di nebbia” vuole simboleggiare il percorso ricco di difficoltà 
e lo smarrimento: 
• Delle Case di Riposo a livello organizzativo e culturale all’interno di una società 
che chiede loro di minimizzare i costi e massimizzare l’efficacia, portandole 
molte volte a dover sottostimare gli effetti positivi di una buona rete sociale; 
• Dell’anziano inserito in Casa di Riposo e privato del suo ambiente, dei suoi 
punti di riferimento, della sua piena autonomia, dei suoi diritti; 
• Dei famigliari dell’anziano; 
• Degli operatori, soprattutto sociali sociali. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                                          
 
                                                                                                                       8 
 
 
 
 
 
 
Allegato 1 
 
Figure 2.    The Class/Welfare Regime Model 
 
  
        A                                 B                              C                                        D 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Globalizzazione 
 
 
Neo-Liberalismo 
 
 
 Potere del 
Capitale 
 
 
 
Regimi del 
Welfare 
 
 
 
 
Mercati 
Income inequality, 
povertà, e accessi 
differenziati a 
numerose riscorse 
sociali che includono il 
tipo di lavoro, 
l’educazione, la cura 
della salute, casa, 
trasporto, nutrizione, 
eccetera. 
 
 Coesione Sociale   
(Fiducia) 
 
Salute 
& 
Benessere 
 
 
Ricchezza 
   economica 
                                                                                          
 
                                                                                                                       9 
 
 
2. IPOTESI 
Non intendo proporre un modello risolutivo che serva ad affrontare le molte 
problematiche che sussistono all’interno di una Casa di Riposo, soprattutto quando si 
tratta di una grande istituzione. Il mio obiettivo è quello di illustrare come, partendo 
dalle risorse offerte dalla situazione reale che ci si presenta davanti, e utilizzando il 
modello di sviluppo skills for life, si possano progettare degli interventi di animazione 
più attenti alla persona, ai suoi bisogni e volti a sostenere un processo di empowerment. 
Si possa insomma migliorare la soglia di benessere percepito dal residente, ma anche 
rinvigorire e migliorare la comunicazione e le relazioni di tutti coloro che operano 
all’interno di una RSA. 
Il mio percorso ha inizio con un’analisi generale dell’istituzione come Residenza 
Sanitario -  assistenziale caratterizzata quindi da ambiti differenti che vanno dall’area 
amministrativa a una sanitaria, passando per aspetti assistenziali e sociali.  
L’istituzione ha una sua propria organizzazione, termine che sottolinea il legame 
inscindibile tra pensare e agire (Fornasa Walter). L’organizzazione è inaspettata e 
inattesa, è sempre dinamicamente attiva, e non è formata dalla mera somma delle sue 
parti. Le relazioni che vi hanno luogo aggiungono significato ad ogni porzione (Fornasa 
Walter), la quale è resa quel che è a causa della sua interdipendenza dalle altre parti.  
In questo senso l’organizzazione diviene un sistema complesso dove i differenti attori 
svolgono un determinato ruolo, ed influenzano l’ambiente venendone a loro volta 
influenzati. 
Purtroppo istituzioni ampie e a carattere fortemente medico molte volte curano di più il 
lato assistenziale della vita dell’anziano. Si perde di vista la persona nel suo insieme, 
privandola a volte di alcuni diritti fondamentali che venivano invece assicurati dalla 
società quando l’anziano non era ancora stato inserito in RSA. Inoltre il contesto 
contribuisce a creare delle particolari visioni delle categorie di tempo e spazio, che 
portano il residente alla graduale perdita della propria identità, alla perdita della 
memoria, all’isolamento.  
Le prestazioni che dovrebbe fornire una RSA sono molto più articolate e comprendono 
gli ambiti: medico, infermieristico, sociale, riabilitativo, alberghiero, psicologico, 
relazionale, per citarne alcuni (Dare vita agli anni, 2003). 
                                                                                          
 
                                                                                                                       10 
 
Ma se questo è l’approccio adottato nella maggioranza dei casi significa che le 
rappresentazioni sulla vecchiaia presenti nella nostra società sono tendenzialmente 
negative. Il nostro mondo valorizza la velocità, la bellezza, le capacità di rendere e di 
produrre, tutte qualità che l’anziano non presenta in quanto avendo lasciato il mondo 
lavorativo ha tempi molto più personalizzati, non produce capitale ma dipende dal 
sistema previdenziale, in alcuni casi necessita di medicinali e cure a causa di malattie, e 
il suo corpo non corrisponde agli standard pubblicitari che sostengono il mito della 
giovinezza. Si sottovaluta molto spesso la grande esperienza che queste persone portano 
con sé, le abilità acquisite col tempo, la voglia di imparare e di godersi il periodo della 
pensione, la voglia di esplorare e di intessere nuove relazioni, di prendersi cura degli 
altri. 
Il  mondo dell’anziano viene così estromesso dal cuore della società nel momento in cui 
si trova a vivere un’esperienza di malattia e di istituzionalizzazione. Vengono a mancare 
i punti di riferimento, la famiglia, le possibilità di gestire spazi e tempi, di mantenere 
l’autonomia residua, di potenziare alcune capacità.  
L’istituzione impone le sue regole, anche se involontariamente può darsi, cosicché il 
residente è costretto ad adattarvisi e molte volte questo processo avviene dolorosamente 
e comporta molte perdite a livello cognitivo e fisico e cambiamenti a livello 
comportamentale. I giorni diventano tutti simili, scanditi dalle attività mediche. 
La salute e il benessere divengono dei miraggi, dei ricordi lontani, la malattia invece 
prendere il sopravvento sulla persona che molte volte attende la fine del proprio 
cammino come atto liberatorio. A questo atteggiamento negativo contribuisce molte 
volte lo stesso approccio medico che non vede le capacità residue ma solo i “guasti 
corporei” a cui porre rimedio. 
La dimensione della cura è così ridotta agli aspetti farmacologico, biologico e 
assistenziale dimenticando che ogni essere umano si costruisce attraverso le relazioni 
che ha con altri uomini.  
Quello che propongo è un approccio alla persona che tenga si conto degli aspetti medici 
(biologico, fisico, cognitivo), ma anche del lato relazionale – sociale e del mondo 
personale e intimo di ciascuna persona, della storia che si porta appresso. Un prendersi 
cura più ampio, inteso come cura dell’ambiente, delle relazioni, dei sentimenti. Un 
approccio sistemico e complesso. Una cura delle identità. 
Ridare un senso e una forma alla quotidianità della persona anziana in Casa di Riposo è 
quindi la sfida che si pone all’animatore, sia esso professionale o volontario. 
                                                                                          
 
                                                                                                                       11 
 
Esplorerò a questo proposito il mondo dell’animazione: gli scopi, il metodo, 
l’antropologia che lo contrassegna, cosa significhi relazionarsi alla persona anziana non 
– autosufficiente. 
Benché l’intervento animativo sia caratterizzato da una forte spontaneità, è sempre utile 
tener presente le caratteristiche dell’istituzione in cui l’animatore, questa volta 
professionale, si trova ad operare. Il modello skills for life offre una solida base per 
comprendere al meglio quali siano i bisogni di tutti gli attori che operano 
nell’organizzazione, potendo così progettare degli interventi sensibili e coerenti. 
Naturalmente la situazione all’interno di un sistema complesso sarà sempre in 
cambiamento, ma il modello skills for life è appunto un modello circolare che non si 
ferma al primo risultato ottenuto, ma attua sempre una verifica del contesto e un 
eventuale modificazione dei risultati. 
Terminerò con un esempio su come si possano individuare i bisogni dell’anziano 
attraverso l’analisi delle storie di vita. A questo scopo analizzerò una  sola storia di vita 
con un metodo di codifica aperta, assiale e selettiva per giungere a individuare delle 
core categories, dei temi fondamentali nella vita dell’anziano. 
Voglio sottolineare che non intendo sostenere che si debbano prendere in 
considerazione soltanto i bisogni dell’ospite; quest’ultimo è ritenuto il fulcro della 
progettazione, ma il fine ultimo dell’applicazione del modello skills for life è quello di 
promuovere il benessere  di tutti i soggetti che operano in una RSA e 
dell’organizzazione stessa. 
Tutti gli attori sono chiamati a sostenere l’empowerment dell’anziano in Casa di Riposo, 
ma devono accettare di aprirsi all’anziano, di non chiudersi nel proprio ruolo, ma di 
accettare il cambiamento che inevitabilmente una relazione con l’altro implica.  
Per concludere ci tengo a sottolineare che, benché l’elaborato risulti essere molto 
teorico, non è un mero collage di teorie e affermazioni. Esso nasce e viene caratterizzato 
dalla mia esperienza come animatrice sociale, iniziata nove mesi fa, nella Casa di 
Riposo di Bergamo, da poco tempo Fondazione Santa Maria Ausiliatrice. Il fatto di 
poter entrare in contatto con un’organizzazione così grande in qualità di operatore 
sociale mi ha permesso infatti di comprendere molti meccanismi che non avevo mai 
notato nelle mie precedenti esperienze di volontaria e tirocinante.  
 
 
 
                                                                                          
 
                                                                                                                       12 
 
3. LA RESIDENZA SANITARIO – ASSISTENZIALE 
Introduzione 
L’RSA è più comunemente detta Casa di Riposo. E’ una struttura che comprende ambiti 
sanitari e assistenziali, ma anche sociali, relazionali e psicologici. Ed è da considerare 
un’azienda, un’istituzione, con una sua propria organizzazione. 
Edgar Morin definisce l’organizzazione un macro – concetto perché si inserisce in una 
triade concettuale relativa al cambiamento di forma in e tra sistemi (Morin, 1983). Il 
“sistema si configura come l’espressione di un processo organizzativo ed ha come 
caratteristiche la chiusura (o identità) e l’apertura (o relazione) ed è 
contemporaneamente struttura e funzione dall’organizzazione (che si esprime come 
rete) che l’ha prodotto” (Fornasa, 2001 - 2002). L’ambiente produce invece delle 
perturbazioni che vanno modificare gli schemi procedurali del sistema, ovvero il modo 
di relazionarsi all’ambiente, mantenendone l’organizzazione, ovvero la sua identità 
(Ibidem). 
Nell’istituzione vi sono differenti figure che operano e contribuiscono a mantenere il 
sistema aperto. Ma l’organizzazione con la sua propria identità porta ad accentuare 
alcuni lati che a volte vanno contro i bisogni dall’anziano, ovvero del soggetto al quale 
l’azienda offre i suoi servizi. Ad esempio gli spazi, privati e comuni, e i tempi non sono 
sempre pensati e agiti in funzione dei bisogni/desideri della persona anziana. Infatti i  
tempi e i modi scanditi dalle attività medico – assistenziali e sociali si impongono 
all’anziano. 
Inoltre l’ambiente gioca un ruolo fondamentale per quanto riguarda la visione che 
l’anziano ha di sé; molte volte si percepisce soltanto come un corpo malato, privo di una 
sua propria identità.  
Questa visone è tipica dell’approccio biomedico che inquadra il soggetto più come un 
paziente con un “guasto” fisiologico o mentale, piuttosto che concentrarsi 
maggiormente sulla globalità della persona, come consente di fare un approccio 
ermeneutico. Dal primo orientamento derivano una visione della salute, della malattia e 
della cura che molte volte trascura l’aspetto più psicologico e sociale nella relazione con 
l’anziano. La malattia è vista che come “guasto da sistemare”, invece che come un 
nuovo tempo da vivere, in cui riorganizzare la vita.  Da qui la necessità di integrare i 
due approcci per permettere a tutti gli attori dell’organizzazione di relazionarsi al 
meglio con l’anziano e provvedere ai suoi bisogni. 
                                                                                          
 
                                                                                                                       13 
 
L’istituzione 
Una RSA rientra nel quadro dei servizi socio – sanitari che presentano una duplice 
natura: 
• Sono una componente essenziale del sistema di sicurezza sociale  e del 
benessere; 
• Rappresentano un settore in crescita dell’economia
10
. 
Una casa di riposo è quindi, come accennato precedentemente, un sistema complesso 
che entra a far parte del welfare e alla quale affidiamo la nostra sicurezza e il nostro 
benessere; necessita di interventi equi ed efficaci per promuovere un’alta qualità dei 
servizi e far si che abbiano effetti positivi sull’economia. Ogni servizio ha quindi una 
sua propria organizzazione, formata a volte da tante piccole organizzazioni 
interdipendenti quando siamo in presenza di un grande istituto.  
Secondo il modello a diamante di Leavitt (Scott W.R., 1981) l’organizzazione è 
composta da una struttura sociale, dai partecipanti, dalla tecnologia e dai fini; questi 
elementi interagiscono in continuazione: 
                                                         Ambiente 
                            Organizzazione 
 
                                                           Struttura sociale 
 
                                   Tecnologia                                     Scopi 
  
                                                               Partecipanti 
 
Il “diamante” di Leavitt 
Fonte: SCOTT W. Richard, Le organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1981 p. 35 
 
I partecipanti sono “soggetti che […] danno un contributo all’organizzazione” (Scott 
W.R., 1981); non solo i dipendenti quindi, ma anche gli stessi residenti, i famigliari, i 
volontari e i politici. Per quanto riguarda i dipendenti, devono essere dotati di 
appropriate qualità umane, relazionali e tecniche, che permettano loro di affrontare un 
cammino di maturità in modo più corretto possibile (Alfieri R., 2000).  
                                                 
10
 ALFIERI Roberto, Dirigere i servizi socio –sanitari, Franco Angeli, Milano, 2000 p. 29 
                                                                                          
 
                                                                                                                       14 
 
Gli scopi devono essere chiari, coerenti con i valori e la cultura e aggiornati 
periodicamente, possibilmente attraverso interventi di ricerca - azione. Per fare ciò si 
devono tenere presenti i problemi che un’istituzione ha e le risorse di cui dispone per 
scegliere poi degli interventi efficaci, appropriati e fattibili (Alfieri R., 2000). Le finalità 
di un’organizzazione vengono reinterpretate ed espresse nella mission, alla quale è 
collegata la vision, intesa come “la visione più generale di ciò che si propone di 
raggiungere che porterà a sviluppare una pianificazione complessiva, individuando i 
macrobiettivi e le aree ad essi interessate”
11
. Mission e vision sono comunque inserite 
nella cultura organizzativa che caratterizza in specifico ogni istituzione. 
La tecnologia assume vitale importanza, e un occhio di riguardo va posto alla tecnologia 
dell’informazione che rende espliciti gli scopi  e le linee guida dell’organizzazione sia al 
suo interno, tra i partecipanti a tutti i livelli, sia al suo esterno, ovvero alla comunità 
(Alfieri R., 2000).  
Mentre per quanto riguarda la struttura sociale, formata da una struttura normativa 
(valori, norme, ruoli) e da una struttura comportamentale (ordine fattuale e 
comportamenti effettivi) (Scott W.R., 1981), occorre sviluppare un adatto disegno 
organizzativo e promuovere una cultura e metodologia adatte (Alfieri R., 2000). 
Si deve sempre pensare alla struttura organizzativa come a una “forma dinamica, che 
evolve per mantenersi in grado di supportare i processi e le relazioni necessarie alla […] 
funzionalità”
12
; il disegno organizzativo favorirebbe poi i processi e le relazioni. 
Un’asserzione di questo tipo concorda con la definizione di cultura fornita da Piccardo e 
Benozzo quale “metafora fondamentale che organizza la lettura e l’interpretazione 
dell’organizzazione. […] E’ un processo dinamico di costruzione, ricostruzione e 
distruzione di significati, processo realizzato attraverso azioni e decisioni individuali e 
collettive definite sulla base di uno scambio continuo intersoggettivo tra gli attori”
13
. 
“[…] L’organizzazione, nascendo e mantenendosi nell’interazione, è soggetta ad uno 
scambio continuo con le parti per cui fa emergere qualità nuove non totalmente 
prevedibili”
14
, che creano continuamente differenze, necessarie a mantenere l’apertura 
del sistema. “La differenza è quindi una condizione essenziale per dare un significato 
                                                 
11
 OLIVETTI MANUOKIAN Franca, Produrre servizi Lavorare con oggetti immateriali, Il Mulino, 
Bologna, 1998 p. 29 
12
 ALFIERI Roberto, Dirigere i servizi socio –sanitari, Franco Angeli, Milano, 2000 p. 44 
13
 Ibidem p. 3 
14
 FORNASA W., MEDEGHINI R., Abilità differenti. Processi educativi, co-educazione e percorsi delle 
differenze, Franco Angeli Editore, Milano, 2003 p. 12 
                                                                                          
 
                                                                                                                       15 
 
alle relazioni”
15
, le quali vengono così inserite nel contesto della quotidianità offrendo a 
tutti i partecipanti la possibilità di fare esperienza con idee e concetti differenti dai 
propri, di modificarli o di eliminarli. La staticità renderebbe insignificanti le 
informazioni che sarebbero falsate da un contesto inalterato che non si modifica a 
seconda dei cambiamenti, dei problemi e delle differenze che subentrano, più o meno 
inaspettatamente, al suo interno. 
I tasselli sopra descritti si muovono tutti all’interno di un ambiente che li influenza e 
nello stesso tempo viene influenzato, ovvero le relazioni tra organizzazione e ambiente 
formano un ciclo di interdipendenza. 
Quindi una casa di riposo, in  quanto istituzione, presenta: 
• Una sua propria organizzazione più o meno complessa; 
• Una cultura organizzativa più o meno complessa; 
• Un alto grado di dinamicità, di flessibilità tipiche di un sistema complesso; 
• Un ambiente formato da differenti contesti che viene influenzato 
dall’organizzazione e viceversa (Scott W.R., 1982). 
Una casa di riposo è quindi una struttura, un’istituzione di lungodegenza, con anche 
servizi semiresidenziali, che deve approntare un sistema di cura che mantenga e 
promuova l’autonomia dei residenti, ove possibile, e tuteli la loro identità sociale. Ma 
“negli ultimi anni le RSA sono andate assumendo una sempre più marcata 
caratterizzazione sanitaria. Questa evoluzione è stata determinata dal cambiamento 
profondo della tipologia degli ospiti e dei bisogni sanitari da loro espressi” (Censi A., 
2004). Al giorno d’oggi non si può più pensare di formare un polo geriatrico che guardi 
soprattutto ai bisogni biologici della persona anziana perché significherebbe non 
sostenere l’identità individuale e sociale della persona, e regredire dal punto di vista 
culturale. Si andrebbe incontro allo spettro dell’istituzione totale che “può essere 
definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che – tagliate fuori 
dalla società per un considerevole periodo di tempo – si trovano a dividere una 
situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente 
amministrato.”
16
 
Vi è la necessità che i servizi per gli anziani comprendano un approccio globale e 
unitario alla persona, un “prendersi cura” (Scortegagna R., 2002). 
                                                 
15
 Ibidem 
16
 GOFFMAN Erving, Asylums, Einaudi, Torino, 1961 p. 29