3
E’, invece, discusso se comportamenti non integranti i tipici vizi del consenso
2
possano, in
quanto giudicati scorretti alla luce della clausola generale di buona fede ex art. 1337c.c.,
dar luogo a responsabilità precontrattuale
3
.E’ evidente la stretta connessione del problema
della configurabilità di una responsabilità precontrattuale in caso di negozio validamente
concluso con la tematica degli obblighi di informazione nella fase delle trattative e della
formazione del contratto: che la clausola di buona fede precontrattuale si specifichi, tra
l’altro, in obblighi di avviso è riconosciuto pressoché unanimemente in dottrina
4
; quale sia
l’ampiezza di questi obblighi e, in particolare, se l’ipotesi considerata dall’art. 1338 c.c. – e
cioè la mancata comunicazione dolosa o colposa di una causa d’invalidità del contratto –
sia esaustiva della materia o rappresenti piuttosto una specificazione di un dovere di
informare più ampio discendente dall’art. 1337, è controverso. Cercare di chiarire se sia
configurabile una responsabilità precontrattuale pur in caso di negozio validamente
concluso implica anche un problema complementare: e cioè quello della possibile influenza
delle regole di responsabilità sul sistema delle regole di validità.
2 Ci si riferisce essenzialmente alla mancata comunicazione di un errore non essenziale della controparte e a comportamenti che, pur
non sussumibili nelle fattispecie del dolo e della violenza, non appaiano improntati a lealtà e correttezza.
3 Sul punto, la giurisprudenza è decisamente contraria trovandosi spesso ripetuto nelle massime il principio per cui l’intervenuta
stipulazione del contratto preclude la configurabilità di una responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c.; v., da ultimo, Cass. civ. 16
aprile 1994, n. 3621, sez. II, in Resp. civ. prev., 1994 con nota di C. AMATO, La buona fede nella formazione del
contratto; nello stesso senso Cass. civ. 18 ottobre 1980, n. 5610 in Riv. dir.comm., 1982, II, p. 167; Cass. civ. 19 maggio 1971, n. 1499 in
Giur. it., 1973, I, 1, p. 1486. Fortemente critici nei confronti di questo orientamento sono alcuni recenti contributi dottrinali: in
particolare, G. PATTI – S. PATTI, Responsabilità precontrattuale e contratti standard in Commentario diretto da Schlesinger, Milano,
1993, p. 95 e SS.; M. MANTOVANI, “Vizi incompleti” e rimedio risarcitorio, Torino, 1995, passim; nella dottrina più risalente aveva
ritenuto ammissibile una responsabilità precontrattuale in caso di negozio valido BENATTI, La responsabilità precontrattuale, Milano,
1963, p. 13; v. anche dello stesso autore Culpa in contrahendo in Contr. e impr., 1987, p. 287 e ss..
4 V., tra gli altri, BENATTI, op. cit., p. 35 e SS.; SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale in Comm. cod. civ. dir. da Scialoja e
Branca, Bologna- Roma, 1970, p. 203 e SS.; BIANCA, Il contratto, Milano, 1987, p. 166 e ss.; RICCIUTO, La formazione progressiva
del contratto in I contratti in generale, I, a cura di E. Gabrielli , Torino, 1999, p. 216 e ss.
4
Qualora, infatti, si dovessero accogliere quelle ricostruzioni
5
che ampliano i confini dei vizi
del volere, e in particolare, quelli del dolo, proprio alla luce del principio di buona fede
precontrattuale (e dell’obbligo di informare che ne discenderebbe), lo spazio per
un’applicazione delle regole di responsabilità autonoma dall’operare delle regole di validità
si ridurrebbe non poco.
5 Cfr. , in particolare, VISINTINI, La reticenza nella formazione dei contratti, Padova, 1972, p. 91 e ss.; SACCO in SACCO – DE
NOVA, Il contratto, I, in Trattato di diritto civile dir. da Sacco, Torino, 1993.
5
1.2 La teoria di Jhering e l’elaborazione successiva
La stretta connessione della responsabilità precontrattuale con la problematica della validità
del contratto emerge fin dalla prima elaborazione dell’istituto della culpa in contrahendo,
dovuta al fondamentale saggio di Rudolph von Jhering, Culpa in contrahendo oder
Schadensersatz bei nichtigen oder nicht zur Perfection gelangten Vertragen, in Jherings
Jahrbucher, 4, 1861. In tale opera l’Autore sosteneva che il soggetto che è stato
colpevolmente causa dell’invalidità del contratto deve risarcire il danno che l’altra parte ha
sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto. La ricostruzione di
Jhering faceva scaturire tale dovere risarcitorio dallo stesso contratto invalidamente
concluso. La dottrina successiva comprese che era un’evidente forzatura far discendere
l’obbligo di risarcire il danno dalla fattispecie contrattuale invalida ed elaborò soluzioni
diverse: così si fece ricorso all’actio legis Aquiliae
6
o si fece discendere la responsabilità
precontrattuale da un negozio di garanzia implicitamente concluso dalle parti al momento
della stipulazione del contratto. Queste dispute perdono ovviamente di significato ove
l’obbligo di risarcire il danno da negozio invalido sia previsto dalla legge.
6 Bisogna tenere presente che tanto la teorica di Jhering quanto altre teorie successive assumevano come quadro normativo di
riferimento il diritto romano. Sul tema cfr. BENATTI, La responsabilità precontrattuale, cit., p. 5; LOI – TESSITORE, Buona fede e
responsabilità precontrattuale, Milano, 1975, p. 1 e ss.
6
Il grande merito della teoria di Jhering fu l’aver affermato il principio che il
comportamento delle parti può essere rilevante per il diritto anche prima della nascita del
vincolo contrattuale. Era facile intuire, a quel punto, che il raggio di operatività della culpa
in contrahendo non potesse considerarsi limitato alla fattispecie descritta da Jhering e altre
ipotesi di responsabilità precontrattuale furono presto elaborate. Per limitare l’esame
all’ordinamento giuridico italiano, è opportuno ricordare che già nella vigenza del codice
del 1865 – che non disciplinava la culpa in contrahendo – peculiari ipotesi di responsabilità
precontrattuale furono ravvisate nella rottura ingiustificata delle trattative, nella revoca
della proposta giunta a notizia dell’altra parte dopo che questa ha iniziato l’esecuzione del
contratto
7
e nella vendita di cosa altrui.
In particolare, la responsabilità per rottura ingiustificata delle trattative è il frutto
dell’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza dei primi decenni del ‘900; essa,
oggi, rappresenta praticamente l’unica ipotesi di responsabilità precontrattuale che la
giurisprudenza faccia discendere dall’art. 1337 c.c..
Queste elaborazioni dimostrano come, al momento della redazione del codice civile del
1942 fosse ormai acquisita la consapevolezza della rilevanza giuridica della fase delle
trattative e della formazione del contratto.
7 Il fondamento positivo di questa ipotesi di culpa in contrahendo era rappresentato dall’art. 36 cod. comm. che riconosceva
all’accettante che avesse intrapreso l’esecuzione del contratto prima di avere notizia della revoca il diritto al risarcimento dei danni. L’art.
1328 del codice civile vigente attribuisce invece un diritto ad un indennizzo configurando così una tipica ipotesi di responsabilità da atto
lecito. E’ discusso, tuttavia, se possa farsi luogo a responsabilità precontrattuale qualora la revoca, sempre possibile fin quando
l’accettazione non perviene al proponente, si configuri come ingiustificata.
7
1.3 Il codice civile del 1865 e la tutela ex art. 1151
Il primo codice civile italiano risale all'anno 1865, ed è quindi di pochi decenni posteriore
al saggio di Jhering.
Forse fu proprio la brevità di anni che separavano tale opera dalla codificazione italiana a
causare, nel codice stesso, la mancata recezione di un principio generale di culpa in
contrahendo
8.
In particolare il legislatore del codice civile italiano appare influenzato, più
che dal modello tedesco proposto da Jhering, da quello francese espresso nel del Code
Napoleon. In esso, infatti, come nel codice italiano del 1865, non esiste alcun articolo
specificatamente riferito alla culpa in contrahendo. Il giurista francese considera le
possibilità di lesioni causate nella fase delle trattative (période extracontractuelle) come
singole fattispecie di illecito extracontrattuale, e quindi tutelabili con riferimento alla
responsabilità aquiliana (art. 1382 Code Napoleon).
Il codice civile del 1865, dunque, al pari del francese, non definisce con una norma
generale la culpa in contrahendo.
8 Per alcuni autori quali RUBINO, La fattispecie e gli effetti giuridici preliminari, Milano, 1939, p. 442 e ss., si può in realtà parlare di
singole ipotesi di culpa in contrahendo con riferimento, ad esempio, all'art. 1459 c.c. abr. (in tema di vendita di cose altrui).
Per Cass., 5 maggio 1955, n. 1259, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 366., un altro esempio di applicazione implicita della culpa in
contrahendo era dato dall'art. 1407 c.c. abr., in relazione al comportamento del marito che avesse taciuto il carattere dotale dei beni che
alienava.