5 
I. Una visione d’insieme 
Il Regno Unito oggi comprende le regioni d‟Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del 
Nord e numerose isole minori. In seguito alla dissoluzione dell‟impero si è verificata una 
trasformazione dall‟interno del paese, favorita perlopiù da un lungo e costante afflusso di 
immigranti provenienti dalle ex colonie. Caraibici, africani, indiani, pakistani, nonché 
australiani e canadesi, hanno chiesto di ottenere l‟indipendenza delle loro patrie dal vincolo 
imperiale e, al contempo, di conservare un legame con la corona britannica, tenendo pur 
sempre presente il fatto di essere figli e parte di quell‟impero dal passato tanto importante. 
Una percezione identitaria, dunque, che rivendica fortemente il riconoscimento di diritti 
inalienabili, oltre che ospitalità
2
. 
L‟antica Englishness ha assunto un volto sempre più sfaccettato, fatto di ibridismi 
inattesi, di una ricchezza e di una diversità talmente grande, che ancora oggi si stenta a 
definire. Se, dunque, il processo di costruzione del sé è un work in progress, allo stesso tempo 
lo sguardo del sé sull‟altro svela ideologie spesso superficiali determinando rappresentazioni 
incerte e stereotipate, oppure di tolleranza e accettazione
3
. In un contesto contemporaneo in 
cui gli incontri multiculturali sono sempre più numerosi e frequenti, riconoscere gli altri 
significa focalizzare sia le diverse posizioni ideologiche e culturali, che le collocazioni 
spaziali degli individui al fine di comprendere i vari aspetti che governano i rapporti umani
4
.   
Attraverso il susseguirsi di lotte, guerre e l‟istaurarsi di equilibri precari, ancora oggi, 
nel XXI secolo, ci troviamo ad affrontare una costante condizione di crisi le cui ragioni sono 
evidentemente varie. Ogni aspetto della realtà cambia velocemente creando un clima di 
incertezza per il terrore di essere colti alla sprovvista e di rimanere indietro. Tuttavia, è 
                                                 
2
 Cfr. Claudia Gualtieri, Itala Vivan, Dalla Englishness alla Britishness, 1950-2000. Discorsi culturali in 
trasformazione dal canone imperiale alle storie dell‟oggi, Carocci, Roma, 2008, p. 13. 
3
 Cfr. Ibidem, p. 14. 
4
 Cfr. Homi K. Bhabha, The Location of Cultures, Routledge, London-New York, 1994. Gayatri Chakavorty 
Spivak , Asked to Talk About Myself, in “Third Text”, 19, 1992a, pp. 9-18, cit. in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, 
op. cit., p. 14.
6 
necessario essere coscienti del fatto che ciascun essere umano può giocare un ruolo 
insostituibile, nella speranza che nel mondo ferito dai conflitti esistano sempre donne e 
uomini di pace votati al dialogo e alla riconciliazione.  
Nel contesto di crisi e di trasformazione della contemporaneità, nell‟Inghilterra in cui 
l‟antica Englishness si è mostrata come un‟icona bianca, maschile e inglese, studiosi 
culturalisti come Stuart Hall e Paul Gilroy, insieme agli scrittori della “black Britain”, da 
Hanif Kureishi a Salman Rushdie, da Caryl Phillips a V. S. Naipaul e molti altri, hanno saputo 
dare voce alla nuova condizione dell‟ibridismo postcoloniale, ponendo in primo piano 
l‟avvento della nuova identità definita Britishness
5
. Tra loro spicca la giovane scrittrice Zadie 
Smith la quale, con il romanzo d‟esordio White Teeth, sembra aver dimostrato la capacità di 
coniugare i canoni tradizionali della letteratura inglese con quelli tipici della letteratura 
postcoloniale
6
. Tuttavia, Smith sembra non accettare senza riserve i parametri interpretativi 
tipici della “black Britain”, spiegando di voler essere giudicata per le proprie qualità di 
scrittrice e non basandosi su criteri legati alla propria etnicità, nonché a quella dei personaggi 
di cui scrive
7
. In particolare, Smith sembra problematizzare il multiculturalismo affrontandolo 
sia negli aspetti positivi, nella specifica rappresentazione di una possibile ed effettiva 
integrazione e convivenza tra diverse culture, che in quelli negativi nell‟eventualità di sviluppi 
contrastanti e violenti all‟interno dello stesso spazio multiculturale londinese.  
Del resto, Zadie Smith cresce in un complesso di case popolari chiamato Athelstan 
Gardens a Willesden Green, un‟area nella periferia a nord-ovest di Londra dove, a partire 
dagli anni Settanta, si stabilisce buona parte della nuova presenza immigrante. In quanto 
scrittrice associata così intimamente a tale città, come Virginia Woolf tra gli altri, Smith ha 
                                                 
5
 Cfr. Claudia Gualtieri, Itala Vivan, Dalla Englishness alla Britishness, 1950-2000, cit., p. 29. 
6
 Cfr. Tracey L. Walters, „ “We‟re All English Now Mate Like It or Lump It”:The Black/Britishness of Zadie 
Smith‟s White Teeth‟. Write Black Write British: From Post Colonial to Black British Literature. Kadija Sesay 
(ed), Hansib, London, 2005, pp. 314-322, cit. in: Philip Tew, Zadie Smith, Palgrave Macmillan, Houndmills, 
Basingstoke, Hampshire, 2010, p. 168. 
7
 Cfr. Zadie Smith, “Their Eyes Were Watching God: What Does Soulful Mean?”. Changing My Mind: 
Occasional Essays. Penguin, London, 2009. p. 10.
7 
dunque origine nella metropoli
8
. Potrebbe trattarsi di una qualità essenziale, un punto di 
origine ininterrotto abbastanza diverso da quello di molti autori postcoloniali, nonché da 
quello di tanti personaggi migranti descritti dall‟autrice, ma di certo, così simile alla 
condizione dei loro figli. Inoltre, formando la propria coscienza all‟interno dei confini 
cittadini, nonché studiando letteratura inglese presso l‟Università di Cambridge, la nostra 
scrittrice sviluppa un forte senso di appartenenza che sembra insinuarsi tra le righe del suo 
primo romanzo. Da un lato, infatti, molti personaggi migranti appaiono inclini a un 
sentimento opposto, dall‟altro la nuova generazione londinese, pur deplorando vari aspetti 
della società britannica, sembra affermare un senso di appartenenza alla capitale.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                 
8
 Cfr. Philip Tew, Zadie Smith, Palgrave Macmillan, Houndmills, Basingstoke, Hampshire, 2010, p. 26.
8 
1.1 Richieste d’indipendenza, British Nationality Act, 
testimonianze. 
L‟avvio dell‟immigrazione di massa impone la nozione di una Gran Bretagna 
multirazziale, come si legge nel sottotitolo della ricostruzione storica di Mike e Trevor 
Phillips Windrush. The Irresistible Rise of Multi-racial Britain
9
. Tuttavia, le basi della 
decolonizzazione e le spinte che avrebbero provocato l‟enorme spostamento dalle periferie 
dell‟impero verso il suo centro sono gettate tempo prima, come testimoniano alcuni 
documenti.  
Il testo storico-politico West African Countries and Peoples. Or, A Vindication of the 
African Race
10
 risale al 1868. James Africanus Beale Horton, medico originario della Sierra 
Leone e laureatosi a Edimburgo, figlio di uno schiavo di etnia ibo liberato dopo l‟abolizione 
della tratta degli schiavi nell‟impero britannico nel 1807, chiede che sia data all‟Africa la 
possibilità di autogovernarsi e di raggiungere l‟indipendenza.  
Nei primi anni del Novecento un‟altra voce proviene dal Sudafrica coloniale. Con la 
petizione al sovrano Giorgio V, i rappresentanti del South African Native National Congress
11
 
affrontano la questione della proprietà della terra, venuta meno a seguito dell‟emanazione del 
Native Land Act del 1913 che, stabilendone l‟esproprio, aveva modificato l‟economia rurale e 
la vita delle popolazioni nere.  
In India, Mahatma K. Gandhi prepara la lotta non violenta che condurrà 
all‟indipendenza nel 1947. In una delle tante lettere rivolte a tutti gli inglesi, sia presenti in 
India, sia alle istituzioni imperiali, Gandhi denuncia gli inganni perpetrati 
dall‟amministrazione coloniale e fa sapere che darà inizio alla lotta non violenta. È annunciato 
                                                 
9
 Cfr. Mike Phillips, Trevor Phillips, Windrush. The Irresistible Rise of Multi-racial Britain, HarperCollins, 
London, 1998, cit. in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., p. 134. 
10
 Cfr. J. B. A. Horton, West African Countries and Peoples. Or,  A Vindication of the African Race, W. J. 
Johnson, London, 1868, cit. in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., pp. 135-137. 
11
 Cfr. South African Native National Congress, Petition to King George V, 1918, www.anc.org.za, cit. in: 
Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., pp. 137-140.
9 
il fallimento dello sfruttamento e la sconfitta della repressione coloniale grazie al coraggio 
dello spirito che sostiene la non cooperazione:  
“It was free and voluntary co-operation based on the belief that the sum total of the 
activity of the British Government was for the benefit of India. […] Why should we co-
operate with you when we know that by your administration of this great country we are being 
daily enslaved in an increasing degree? […] My religion forbids me to bear any ill will 
towards you. I would not raise my hand against you even if I had the power. I expect to 
conquer you only by my suffering”
12
.  
 
Si può notare come l‟accusa degli artifici e delle frodi del sistema coloniale venga da 
parte di gruppi organizzati o da persone, militanti e istruite, rappresentanti  e portavoce di una 
definita identità politica e culturale. Lo scrittore Raja Rao, dieci anni prima dell‟indipendenza 
indiana, nella prefazione al romanzo Kanthapura
13
, mette in evidenza la contaminazione della 
lingua inglese, dovuta alla necessità di parlare e scrivere di storie e culture diverse, specifiche 
dei contesti spazio-temporali coloniali. Rao può a tutti gli effetti essere considerato l‟autore di 
quel manifesto che ha anticipato le riflessioni sulla lingua inglese portate avanti da molti altri 
scrittori in realtà locali diverse. Il nigeriano ogoni Ken Saro-Wiwa, ad esempio, fa il punto sul 
legame tra lingua, identità locale e identità nazionale in Sozaboy. A Novel in Rotten English, 
pubblicato nel 1985. 
      In considerazione dei flussi migratori, nel 1948 è varato il British Nationality Act, 
al fine di regolamentare nuovamente i diritti civili. La prima sezione della prima parte del 
provvedimento dice: 
 “Every person who under this Act is a citizen of the United Kingdom and Colonies or 
who under any enactment for the time being in force in any country mentioned in subsection 3 
                                                 
12
 Mahatma K. Gandhi, The Selected Letters of Mahatma Gandhi, Navjivan Trust, Ahmedabad, India, 1920, cit. 
in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., pp. 140-142. [Trad. “Si trattava di una cooperazione libera e volontaria 
basata sulla convinzione che la somma totale dell‟attività del Governo britannico fosse a beneficio dell‟India. 
[…] Perché dovremmo cooperare con voi sapendo che dalla vostra amministrazione di questo grande paese 
siamo quotidianamente e sempre più schiavizzati? […] La mia religione mi proibisce di avere alcun malanimo 
nei vostri confronti. Non alzerei la mano contro di voi anche se ne avessi il potere. Conto di conquistarvi soltanto 
con la mia sofferenza”].   
13
 Cfr. Raja Rao, Author‟s Foreward, in Id., Kanthapura, Allen & Unwin, London, 1938, cit. in: Claudia 
Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., pp. 142-144.
10 
of this section is a citizen of that country shall by virtue of that citizenship have the status of a 
British subject”
14
.  
 
Inoltre la terza sezione specifica su quali territori il provvedimento ha validità:  
 
“The following are the countries hereinbefore referred to, that is to say, Canada, 
Australia, New Zealand, the Union of South Africa, Newfoundland, India, Pakistan, Southern 
Rhodesia and Ceylon”
15
.  
 
Il concetto di cittadinanza, tradizionalmente inteso come diritto di nascita e di origine, 
viene riformulato adattandolo quindi ai cambiamenti. Il paese si trova, infatti, in ginocchio per 
le conseguenze del secondo conflitto mondiale, l‟economia e la società necessitano un 
intervento di risanamento immediato, perciò la manodopera proveniente da lontano cui è 
conferita regolare cittadinanza può certamente essere di grande aiuto.   
Le testimonianze passano anche da alcune interviste, raccolte per un programma 
televisivo della BBC, dove si dà voce ad alcuni immigranti caraibici giunti il 21 giugno del 
1948 sulla nave Empire Windrush, attraccata a Tilbury, Londra. Raccontano l‟esperienza 
personale del disincanto, quando la delusione e la consapevolezza di un assetto reale del 
mondo prendono il sopravvento sull‟ordine del potere che i colonizzati sono abituati a 
riconoscere. Le parole di Dudley Thompson, un uomo che ha sempre vissuto nella campagna 
giamaicana, mettono in evidenza lo shock subito a Londra nel vedere uomini bianchi svolgere 
i lavori più umili:  
“The view in the colonies is that the white man is on top in every respect. The civil 
servant seniors are all European, Governor lives in King‟s House, you never see him. And 
King‟s House is the Governor‟s residential, just next to Buckingham Palace in the hierarchy of 
things. You hear about that. And after Buckingham Palace comes Heaven, that‟s the order of 
things, you see what I mean. So, when you leave, you leave with that sort of setting in your 
                                                 
14
 British Nationality Act, 1948, www.uniset.ca/nay/BNA1948.html, cit. in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. 
cit., p. 147. [Trad. “Ogni persona che secondo questa Legge è un cittadino del Regno Unito e delle Colonie o che 
secondo qualsiasi decreto al momento in atto in qualsiasi paese menzionato nella sottosezione 3 di questa 
sezione è cittadino di quel paese avrà, in virtù di quella cittadinanza, lo status di cittadino britannico”]. 
15
 Ibidem, cit. in: ibidem.  [Trad. “Qui di seguito sono indicati i paesi cui ci si riferiva precedentemente, ossia, 
Canada, Australia, Nuova Zelanda, L‟Unione del Sudafrica, Terranova, India, Pakistan, Rodesia del Sud, 
Ceylon”].
11 
mind. And you‟re used to seeing the white man boss. When you go to England you find that it 
is not like that. You get a sudden immediate shake-up when you find an Englishman that can‟t 
read and write, you know, it shakes you. And you go and you find a coal heaver, you know, at 
that place, working, and you don‟t expect to find that. So you get a psychological change, a 
change over, that this is the real world”
16
. 
 
 Lo stupore e la rabbia dell‟intervistato ricordano le parole scritte da Hanif Kureishi in 
The Buddha of Suburbia: 
 “Dad was amazed and heartened at the sight of the British in England, though. He‟d 
never seen the English in poverty, as roadsweepers, dustmen, shopkeepers and barmen. He‟d 
never seen an Englishman stuffing bread into his mouth with his fingers, and no one had told 
him the English didn‟t wash regularly because the water was so cold – if they had water at all. 
And when Dad tried to discuss Byron in local pubs no one warned him that not every 
Englishman could read or that they didn‟t necessarily want tutoring by an Indian on the poetry 
of a pervert and a madman”
17
.   
 
Infine, la prospettiva coloniale segna, nel romanzo di Zadie Smith White Teeth, il 
personaggio di origine bengalese Samad il quale, partecipando alla Seconda Guerra Mondiale, 
esprime rabbia nei confronti dell‟amico inglese Archie Jones che si rifiuta di uccidere il 
prigioniero nazista Dr Sick, dimostrando di non provare, secondo la convinzione di Samad, un 
senso di appartenenza alla nazione inglese tanto forte quanto il suo: “You don‟t stand for 
                                                 
16
 Mike Phillips, Trevor Phillips, Windrush. The Irresistible Rise of Multi-racial Britain, op. cit, cit. in: Claudia 
Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., p. 150. [Trad. “Nelle colonie l‟uomo bianco occupa le massime cariche in tutti gli 
ambiti. Gli impiegati statali anziani sono tutti europei. Il governatore vive nel palazzo del re, non lo vedi mai. E 
il palazzo del re è la residenza del governatore, solo dopo Buckingham Palace nella gerarchia delle cose. Capisci. 
E dopo Buckingham Palace c‟è il paradiso, questo è l‟ordine delle cose, capisci cosa voglio dirti. Così, quando 
parti, parti con questa sorta di scenario in mente. E sei abituato a vedere il capo di pelle bianca. Quando vai in 
Inghilterra scopri che non è così. Ti senti improvvisamente sconvolto quando scopri che un inglese non sa ne 
leggere ne scrivere, sai, ti sconvolge. E vai a trovare un sollevatore di carbone, sai, in quel posto, a lavorare, e 
non ti aspetti di trovarlo. Così fai un cambiamento psicologico, un cambiamento totale, [e pensi che] questo è il 
mondo reale”]. 
17
 Hanif Kureishi, The Buddha of Suburbia, Faber, London, 1986, cit. in: Claudia Gualtieri, Itala Vivan, op. cit., 
p. 58. [Trad. “Papà era sbalordito e rincuorato nel vedere i britannici in Inghilterra. Non aveva mai visto gli 
inglesi in povertà, spazzini, netturbini, negozianti e baristi. Non aveva mai visto un uomo inglese riempirsi la 
bocca di pane utilizzando le mani, e nessuno gli aveva detto che gli inglesi non si lavavano regolarmente perché 
l‟acqua era troppo fredda, se mai ne avessero di acqua. E quando papà provò a parlare di Byron nei pub del 
luogo, nessuno lo aveva avvertito del fatto che non tutti gli inglesi sapessero leggere o che non volessero 
necessariamente essere istruiti da un indiano sulla poesia di un pervertito e di un pazzo”].