LA STORIA DEL" RE DELLE FORMICHE"
(R.Krynicki, nota dell'editore in: Z. Herbert Il re delle formiche, Krakòw2001).
Il Re delle formiche- mitologia personale esce per la prima volta in Polonia nel 2001 per la casa
editrice Wydawnictwo a 5 a cura di Ryszard Krynicki. Prima di quella c'era stata solo un'edizione
in inglese uscita in America nel 1999 a cura di John e Bogdana Carpenter. I racconti e le prose
poetiche che compongono questa raccolta hanno una storia lunga e travagliata. E' un libro sul
quale Zbigniew Herbert lavorò quasi vent'anni ma non riuscì a terminarlo. Naturalmente, non era
l'unica cosa alla quale si dedicò in quel periodo, basti ricordare le importanti raccolte delle poesie
come Rapporto dalla città assediata, Elegia per l'addio, o Epilogo della tempesta.
A differenza degli altri scritti, non vi è una redazione definitiva del Re delle formiche, pronta per
la stampa. Esiste solo la versione computerizzata che il poeta, ormai gravemente ammalato, non
riuscì a correggere. L'editore quindi fu messo davanti ad un compito abbastanza difficile che
riguardava la forma definitiva del libro. Non solo. Alcuni racconti apparivano sulla stampa
polacca, quella quotidiana e letteraria, non privi, a volte, di errori. Non ne fu esente nemmeno la
versione americana dei Carpenter dove Eaco diventò Aiace e il titolo di uno dei racconti, HEO, fu
tradotto come Eos. E' noto che non esiste un libro senza errori ma il fatto è che in qualche regione
del mondo virtuale vagano adesso Hermes, Euridice e Orfeo come Aurora, il che è una bella
metafora poetica ma non corrisponde alla volontà di Zbigniew Herbert.
Grazie all'esistenza della stampa computerizzata si sarebbe potuto però intuire quali opere
avrebbero dovuto trovare definitiva sistemazione nel Re delle formiche. Queste opere, compresa
Hekabe, si trovano nella seconda parte dell'edizione intitolata Gli dei dai quaderni scolastici.
Sotto lo stesso titolo, nel 1997 sulla" Rzeczpospolita" appare Atlante, Hekabe, Anteo e infine lo
stesso Re delle formiche. Se questo doveva essere il nuovo titolo del libro il cui il progetto
s'intitolava Mitologia privata prima e Atlante e Re delle formiche dopo, non è possibile saperlo.
Esiste una versione provvisoria di Zbigniew Herbert ritrovata da Ryszard Krynicki, dove il
poeta abbozza per la prima volta la divisione in due parti del futuro libro:
1. Il tempo dei giganti
Prometeo - il giudizio
Achille. Pentesilea
Narciso
Arachne
Fye
Ultimo eroe- il pugile [Cleomede J
Polifemo - l'egloga
2. Il sacrificio di Dioniso
Il tempo dei giganti e Polifemo- l'egloga, l'autore non riuscì a scriverli. Difficile è anche situare
con precisione la genesi di questo libro, forse puo'collocarsi verso la fine degli anni settanta,
nell'anno 1979 o nel 1980 quando Zbigniew Herbert viveva a Berlino. Nell'archivio dell'Autore
vi è un foglio con su scritto: Mitologia privata a sinistra e Atlante a destra. Questo ad oggi appare
come il possibile titolo del futuro libro. E' molto probabile che originariamente dovesse essere
intitolato Mitologia privata. In ogni modo, questa formula definisce perfettamente il carattere della
nascente opera. Zbigniew Herbert non si accingeva a scrivere l'ennesimo libro divulgativo,
dedicato a dei ed eroi da " prima pagina". I suoi protagonisti dovevano essere figure meno
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conosciute; dei, mostri ed uomini intrappolati nel mito e nell'umana-o disumana - storia.
Il successivo progetto," Il piano del libro intitolato Atlante", che può collocarsi nell'anno 1986 a
Parigi, è già più concreto. Comprende tredici titoli:
1. Il vaso a figure nere [del vasaio Exechias]
2. H.E.O.
3. Anteo [ Antajos J
4. Il cane infernale
5. Trittolemo
6. Il re delle formiche
7. [Quest'insopportabile J Tersi te
8. Cleomede
9. Narciso
1 O. Endimione
11. Il generale dell'Olimpo
12. Atlante
13. Il giardino delle Esperidi
Non vi è, per qualche ragione, Securitas che pure a quell'epoca era gia' apparsa sulla stampa,
la si ritrova però nei sommari successivi. Il posto del Giardino delle Esperidi sarà occupato
dopo qualche tempo, prima da Le dieci regole della devozione [I dieci sentieri della virtù],
dopo da Hekabe. Il vaso a figure nere sarà alla fine cancellato per far parte, in forma
modificata, della raccolta poetica Rovigo. Le rimanenti tredici opere andranno a costituire
l'asse stabile del libro che stava nascendo, intitolato inizialmente Atlante e diventato poi il Re
delle formiche.
Il fatto che Sacrificio si trovasse alla fine del libro fu espresso desiderio dell'Autore. Di fatto, il
Sacrificio nella sua duplice versione chiude doppiamente il Re delle formiche in quest'edizione.
John e Bogdana Carpenter nella loro prefazione all'edizione americana del Re delle formiche
ricordano come l'origine di questo libro sia da ricercare nelle prose poetiche di Zbigniew Herbert
degli anni cinquanta, chiamate da lui, in maniera ingannevole, favole. Negli anni cinquanta, anni
di imperante socialismo reale, i libri di Zbigniew Herbert non ebbero vita facile.
E' noto che l'Autore non poteva- e non voleva- pubblicare ufficialmente la sua opera. Ma pochi
sanno di come tentasse di arrivare con le sue poesie almeno ai lettori più fidati trascrivendole
laboriosamente (su quaderni di scuola) e facendone - come i poeti durante l'occupazione- libretti
manoscritti da regalare agli amici. Uno di questi, intitolato in maniera innocente ed equivoca le
favole, lo regalò nel 1953 ( come Patryk, lo pseudonimo sotto il quale Herbert scriveva sul
settimanale polacco "Tygodnik Powszechny") a Tadeusz Chrzanowski, suo amico scrittore e
letterato.
In quel libricino si trovavano Hermes, il cane e la stella anticipazione di tematiche rinvenibili
nei racconti del Re delle formiche. Non può dunque essere un caso che l'Autore decise di
includervi alcune delle prose poetiche delle precedenti raccolte, cosa che evitò di fare negli altri
libri.
Benché, purtroppo, incompleta, questa raccolta rimane una sorta di summa creativa, forse la più
particolare e personale, di un Autore che evitava l'ostentazione.
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MITOLOGIA
[ ... ] Lavoro volentieri sul materiale mitologico. I miti sono degli
archetipi che il passato ci offrirebbe quale infinita scorta di
saggezza, ma che invece spesso, danno luogo purtroppo a pregiudizi ... (Z.Herbert, Lyrik heute [in:]
K.Dedecius, Uprawa .filozo.fii, in: Poznawanie Herberta, Krakòw 1998)
Lo stesso Autore ci suggerisce che nella sua opera la materia mitologica viene sottoposta ad un
tentativo di demistificazione e anche di degradazione: una delle sue prose poetiche s'intitola
Tentativo di sciogliere la mitologia. La registrazione delle tradizioni classiche, così netta e visibile
già nella Corda di luce, e la rivisitazione dei moderni miti etici, estetici e patriottici, appare anche in
altre opere: Hermes, il cane e la stella, Studio dell'oggetto, Iscrizione, dove questo tema è
dall'Autore differenziato e reso più preciso. Lo stesso tema ritorna nei saggi, negli spettacoli
radiofonici e, alla fine, nel Re delle formiche.
La mitologia va qui compresa nel senso più ampio del termine, non solo come studio del mito o
come rifugio in esso. In realtà, L'Autore pone il problema non tanto del mito quanto del logos
nella sua degenerazione, il pregiudizio. Il mito in Herbert non è dunque solo un libro di fiabe per
moltitudini ingenue, e il logos non è affatto campo d'azione esclusivo per gli scienziati ,tanto
meno solo idea o pensiero; il logos va inteso come intelletto trascendentale che informa di se'la
natura e le sue leggi mediando ed armonizzando il rapporto tra Dio e l'uomo. (K.Dedecius.
op.cit.pag.143).
Il mito si manifesta sia nella trama narrativa, sia nelle singole immagini che evocano ed ispirano
la consapevolezza del mito stesso; costituisce la forza che alimenta l'immaginazione.
La demitizzazione avviene al livello del concetto stesso, attraverso la scoperta delle presunte e
delle reali contraddizioni tra il mito e il logos. Ciò che avviene nei racconti del Re delle formiche è
la ripetuta giustificazione dei simboli, ai quali non si nega il diritto all'evoluzione storica ed
organica, ma si imputa loro di diventare oggetto stesso della speculazione. Qui la questione riguarda
l'energia dell'arte che concede un nuovo significato all'immaginario passato e che conferisce
duratura forza poetica alle nuove idee. Dedecius ripete con Hans Mayer che " ogni periodo
mitologico è illuminismo virtuale e ogni illuminismo si trasforma di nuovo in un mito". (ibidem,
pag. 144). Questa formula si addice anche a Herbert che attacca sia l'obsoleto illuminismo che la
moderna mitologia; esamina l'uno e l'altra dal punto di vista della loro attendibilità:
Se nel mio lavoro mi rivolgo così spesso ai miti e ai temi antichi, lo faccio
non per civetteria - inoltre non mi rifaccio a stereotipi o ad ornamenti
intellettuali - vorrei piuttosto ascoltare il suono delle vecchie idee
dell'umanità per stabilire, se e dove, rispondono con un motivo vuoto.
Cerco anche risposta alla domanda su quale senso abbiano oggi per noi,
quelle rispettabili idee di una volta, quali libertà e dignità umana. Sono
convinto che il loro grande valore impegnativo sia sopravissuto.
(Z.Herbert, Lyrik heute, [in:] K.Dedecius, op.cit.pag. 147).
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L'atteggiamento di Herbert nei confronti del passato non è affatto univoco, anche se si basa su un
impegno verso di esso.
[ ... ] uno dei peccati mortali della cultura contemporanea consiste
nell'evitare con vigliaccheria un approccio diretto con i valori
supremi, e nell'arrogante convinzione di poter fare a meno di modelli ( sia
estetici che morali), perché, il nostro stare al mondo ci appare unico ed
imparagonabile. Per questo rifiutiamo l'aiuto della tradizione, ci
impantaniamo nella nostra solitudine, rovistiamo nei recessi dell'animuccia
abbandonata. ( ... ) Poveri utopisti, dilettanti in storia, piromani di musei,
liquidatori del passato, simili a quei pazzi che distruggono le opere d'arte,
perché non possono perdonarne la quiete, la dignità e il freddo splendore".
(Z.Herbert, Labirynt nad morzem, Warszawa 2000, pag.91).
Herbert si sente erede di ciò che è stato ma non il cantore, il fedele, o lo studioso dedito
totalmente al passato che con abnegazione cerca di fissarlo, di farlo ritornare. Al contrario, lui è
uomo del suo tempo. Vuole abbracciare i casi della sorte umana, indipendentemente dal tempo,
vuole arrivare ai meandri della storia più remota che non deve essere per l'uomo contemporaneo
completamente estranea. Può darsi che voglia anche inscrivervi il proprio caso personale, il suo
personale gioco con la sorte, con il prossimo, fatto di nemici, avversari, cari. Herbert non si atteggia
a saggio, moralista o vate, perché con grande ironia descrive la boria dell'uomo contemporaneo che
pur si sente erede di Prometeo. Non è moderno, ossia non vuole essere sradicato, come Anteo, da
ciò che è patrimonio comune anche se lontano nel tempo, non è moderno pur essendo però
contemporaneo, perché vive il suo tempo.
Raccontando storie apparentemente remote usa la forma del racconto mitologico e la riempie di
contenuto contemporaneo, del proprio contenuto, raccontandone soprattutto l'intima verità. Usa
miti archetipici, fatti primordiali, ma nel contempo modelli e fondamenti dei destini individuali
Destini per i quali l'uomo è comunque posto di fronte al cosmo, alla natura ed a i suoi elementi, di
fronte agli dei ed ai semidei. In realtà l'Autore compie un'operazione subdola, inscrivendo i casi
umani individuali, quotidiani, laici e poco eroici nelle costruzioni dei miti di Tersite, Narciso,
Cleomede, Atlante e di altri , eroi e non. Ricorre anche a miti "minori", meno conosciuti e questa
scelta è significativa. Herbert non racconta le gesta eroiche di Ulisse ( pur accennandone nel libro),
di Edipo o di Antigone, il suo interesse si volge verso protagonisti meno famosi, dimenticati o
evitati, verso coloro che subiscono un torto, un'offesa, verso coloro che sono abbandonati nel loro
dolore e nella loro lotta contro il più potente. Eaco, Tersite, persino Selene diventano, nei racconti
di Herbert, più "umani", vicini all'uomo d'oggi. Naturalmente l'Autore fornisce la propria
interpretazione dei loro destini, interpretazione dal significato spesso ironico, o amaro, oppure crea
proprie versioni dei noti miti di Orfeo e Euridice ( H.E. O.), di Prometeo (Prometeo, Prometeo da
vecchio), di Minotauro ( La storia di Minotauro), di Dionisio (Il sacrificio, Il sacrificio -Dionisio).
Questa sua mitologia personale è a misura dell'uomo che ha smesso da tempo di credere,non solo
agli dei che sono sempre più lontani, non solo agli eroi che sono ormai morti, ma anche in se stesso
perché ha smesso di essere personaggio del mito,ma anche della storia e della cronaca, ; di più ha
smesso di credere nella propria vita che, diventando pura apparenza, si e' dissolta nel vuoto della
contemporaneità.
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In realtà Herbert racconta il crepuscolo e la caduta degli dei,degli eroi,degli uomini. Con la sua
mitologia personale, servendosi di motivi tradizionali, l'Autore, usando con ironia la poetica, vuole
trasmettere qualcosa di più profondo sulla condizione umana. In maniera indiretta narra anche della
caduta dell'uomo contemporaneo, che con la tracotante fede nel proprio potere crede di vivere
nell'epoca"di Prometeo.
L' Autor~ pur non esplicitamente indica che proprio nell'epoca moderna si è inconsapevolmente
recepito come fondante il mito di Prometeo, anche senza comprenderlo in pieno e distorcendone il
significato. Prometeo che ruba il segreto degli dei e che aiuta gli uomini a domare la natura, oggi
può considerarsi un eroe positivo, ma per i Greci era un ribelle che turbava l'ordine del mondo e
che quindi doveva essere punito.
I racconti, o più propriamente, le parafrasi mitologiche, spesso lapidarie, di Herbert narrano di un
mondo prossimo al suo termine, narrano della fine del mondo divino e sovrannaturale, del
crepuscolo di un mondo lontano, grande e nobile, che non finisce per un'apocalisse, ma per effetto
di una normale, quotidiana grigia normalità nel vivere, finisce con il nuovo mito di Sisifo, che
incarna il sopravvivere giorno per giorno.
In realtà però nessuna nuova mitologia si afferma. Vi e' uno sgretolamento nelle sue fondamenta,
le sorti dei protagonisti non riescono ad intrecciarsi in un insieme coerente, il tragico "nodo
gordiano" non si forma: è facile quindi immaginare un moderno Ares che sopravvive fino alla
pensione, evitando probabilmente di esser condannato per un crimine ignobile, senza macerarsi
interiormente sulle ragioni etiche e politiche del gesto. In fondo oggi tutto si può sistemare nella
dominante logica del compromesso.
Hermes, guida delle anime verso l'aldilà, si riciclerà, in un mondo senza più anime da traghettare
; sopravivrà,come un accorto commerciante, saprà conquistare nuovi mercati, saprà come eludere la
legge, diverrà un nuovo eroe popolare.
Prometeo che sopravvive coltivando una sconvolgente, ma forse anche salvifica, schizofrenia -
segno ultimo del dissenso, rivolta disperatamente interiorizzata. (F.Fornari, La scelta del pudore.
Omaggio a Zbigniew Herbert. [in:] Poeti della malinconia a cura di B.Frabotta, pag. 144.
La caduta degli dei comporta anche l'esaurirsi della mitologia; Herbert fissa gli ultimi frammenti
di questo crepuscolo. Scrive le ultime pagine della mitologia con disincanto,ritenendo lo studio del
mito una forma d'arte,che aiuta a creare modelli paradigmatici dei destini umani,in molteplici
varianti, ma è creazione pura quasi astratta ed ideale ,non utile per scopi concreti.
Nell'Introduzione all'Atlante alla quale l'Autore aggiunse il significativo sottotitolo di nota
autobiografica, egli stesso si confida in modo velato:
La mitologi,a che insegnavano a scuola gli faceva ribrezzo perché
era il trionfo della bestia antropomorfa
raccoglieva i fossili, le impronte degli artigli
odiava la stirpe dei vincitori ed il suo essere alleato dei vinti gli
sembrava frutto di un eredità
dopo la montagna, il ruscello, insetto inseguito e melanconico gi,gante
tutta la sua simpatia si rivolgeva verso
eroi stanchi ed ambigui
(. . .)
amava il mostro e l'offeso
amava l'offeso
- ma la scienza dei mostri non gli fu propedeutica per conoscere la
storia?
5
Proprio nei confronti della storia, come ci è tramandata, Herbert si mostra molto diffidente. Si
ribella contro l'atteggiamento ingenuo e supino dell'uomo di fronte alle gesta degli eroi ,raccontate
da pennivendoli che seducono il pubblico e truccano la realtà.
Per questo Achille, Ares, Zeus vengono presentati sotto una luce diversa, sono resi più umani quindi
anche più giudicabili, più condannabili.
Il mito è l'epico e drammatico strumento di racconto della storia collettiva dell'umanità inscritta
in quella universale ,ma Herbert si serve del mito non per narrare quel mondo lontano e sacro che è
l'opposto del mondo umano , lo fa per trasmettere una riflessione importante sulla condizione
umana . Per comunicare ciò sfrutta il contrasto tra le due dimensioni, con conseguenze ironiche,
amare, provocatorie.
Scrive Przemyslaw Czaplinski: " Per quasi tutto il XX secolo studiavamo le religioni dei Greci e
dei Romani sui libri di Jan Parandowski. Col finire del secolo, grazie alla sintesi di Zygmunt
Kubiak, abbiamo conosciuto un'altra versione della mitologia. E sembrava che nulla di più sarebbe
cambiato in questo, o meglio, in quel secolo. "Il re delle formiche" di Zbigniew Herbert, scritto e
composto nell'arco di vent'anni, è la terza impostazione. Pur incompleta, frammentaria e
incompiuta, è parimenti importante.
La mitologia di Jan Parandowski (1927), con la quale sono cresciute alcune generazioni di
Polacchi, è una versione ineccepibile: è un libro che salva lo straordinario, che introduce il lettore in
una dimensione mitologica in cui il fato unisce il cammino degli dei con quello degli uomini. E'
un'opera che riaccende la nostalgia dell'eroismo, ma che allo stesso tempo rende conscio il lettore
del duro prezzo da pagare per la conquista del vello d'oro. Inoltre, svela agli occhi del lettore più
attento un male indecifrabile, tutt'altro che fiabesco.
Z ygmunt Kubiak è il secondo scrittore che compie la grande opera di rinnovamento della
coscienza mitica. La sua Mitologia dei Greci e dei Romani (1997) è un esempio di coraggio
necessario che si concretizza nel momento in cui per l'uomo finisce illusione di essere destinato alla
felicità. Egli avverte che la conoscenza ultima non lo libera dall'ineluttabile, dove l'intervento degli
dei causa sempre la sofferenza e dove la condizione umana dipende dalle irrisolvibili antinomie.
A differenza dei suoi predecessori, Zbigniew Herbert non offre un libro completo: la sua
mitologia è parziale e le scelte tematiche sono affidate non solo alla sua personale curiosità e
simpatia, ma anche alla propria attitudine nella ricerca filosofica, ossia nel penetrare attraverso le
sconosciute fessure delle grandi storie mitologiche.
Questa frammentarietà non rende l'opera di Herbert alternativa, ma piuttosto complementare a
quella di Parandowski o di Kubiak. Essa è da leggersi più che altro in maniera parallela cercando di
çoglierne analogie e differenze". ( P. Czaplinski, Mitologia przegranych. "Krol mrowek"
Zbigniewa Herberta: pochwala bohaterow drugoplanowych, Polityka, 29.06.2001)
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LE PROSE POETICHE
Le prose poetiche costituiscono nell'opera di Zbigniew Herbert un gruppo abbastanza numeroso
tanto da attirare l'attenzione della critica, soprattutto con riferimento al volume Hermes, il cane e la
stella. Fanno parte delle raccolte ,poetiche come Lo studio dell'oggetto, L'iscrizione, col passare
del tempo vanno a diradarsi ,non tenendo conto dell'edizione postuma del Re delle formiche- la
mitologia personale. Prima, "a caldo", e dopo con una certa distanza si è cercato di capire il senso
dell'utilizzo di questa forma letteraria, indicando i motivi e le proprietà stilistiche in comune con le
poesie di Zbigniew Herbert, con le quali compongono un insieme armonico.
I contesti interpretativi nei quali viene situata la prosa poetica di Herbert indicherebbero che
questi piccoli componimenti non sono alcunché di eccezionale e non cambiano in maniera radicale
l'immagine della poesia che ci interessa.(W.Wantuch, Prozy poetyckie (in:] Czytanie
Herberta,Poznaii 1995,pag.167)
Ma non i tutti critici sono di questo parere e ad alcuni sembra giusto correggere quest'opinione.
Se è vero che le prose poetiche dell'Autore non costituiscono una svolta repentina nello stile e
nella tematica, è vero anche che la loro abbondanza ,proprio negli anni cinquanta e sessanta,
dovrebbe far riflettere. Queste piccole forme letterarie sembrano essere un laboratorio nel quale si
elaborano delle rappresentazioni che ampliano la visione del mondo(W.Wantuch, ibidem, pag.167).
Ciò che nelle poesie, anche più recenti, appare sporadicamente e al margine degli interessi
stilistici e tematici dell' Autore, nelle prose si sposta in primo piano. Tentando di definire la
differenza tra la prosa e la poesia di Herbert con l'utilizzo del criterio sintattico- versificatorio, si
giunge alla conclusione che il problema di questa differenza va analizzato separatamente in ogni
periodo storico. Questa conclusione è frutto della tesi elaborata da Maria Dluska che non considera
come primaria l'opposizione prosa - poesia, ma le sostituisce un'altra coppia: la lingua scientifica
(enunciato oggettivo) e la lingua artistica (enunciato soggettivo). Dopo di che solo nell'ambito di
quest'ultimo distingue la prosa e la poesia, e alla prosa poetica assegna un posto al limite tra le due.
I cambiamenti della versificazione contemporanea inducono al ristringersi della prospettiva.
Quando domina il verso libero, il campo delle differenziazioni è costituito non più dalla poesia
odierna, ma dalla poetica individuale. (M.Dluska, Miç_dzy prozq a wierszem. [in:] Studia i rozprawy.
Krak6w 1970 vol.2, pag 486-499). Vale la pena ricordare l'opinione di Zenon Klemensiewicz sulla
diversa "portata" di paratassi e di ipotassi:
La paratassi mantiene nell'enunciato ciò che è più importante, veramente espressivo, ciò
che corrisponde ad un concreto aspetto della realtà, che permette di rappresentare le
impressioni, le visioni e per questo è volentieri sfruttata dai poeti. [ ... ]l'ipotassi rivela
un aumento dell'intellettualizzazione di un enunciato( ... ] rende l'enunciato stesso più
difficile,a volte persino complicato; ma gli assicura anche maggior ricchezza
comunicativa, una maggior esattezza, precisione, limpidezza e chiarezza.
(Z.Klemensiewicz, Problematyka skladniowej interpretacj stylu. [in:] M.Dluska, Proba teorii
wiersza polskiego. Krak6w 1980, pag. 51.
Maria Dluska dimostra che la paratassi nelle poesie è sicuramente prevalente. Questa regolarità
non trova però conferma in Herbert. Nelle sue prose poetiche, contrariamente alle poesie, domina
l'enunciato coordinato. E ciò fino al punto da sembrare la sintassi delle poesie più naturale e più
vicina al linguaggio quotidiano. Questa sensazione è rafforzata dai segni d'interpunzione che nelle
prose sono utilizzati nel loro pieno assortimento, il che non significa necessariamente rispettare le
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regole d'interpunzione polacca. Sembra che il peso della forza espressiva della poesia di Herbert si
poggi, in maniera indicativa, sulla versificazione che non si limita però solo al verso libero o
all'interpunzione e alla sintassi.
Si è soliti attribuire alla poesia moderna la predilezione per le forme brevi, persino
miniaturistiche. Rispetto a questo le poesie di Herbert non sono capolavori di concisione se
misurati per quantità o lunghezza dei versi. La concisione è propria piuttosto delle sue prose. In
Herbert non vi sono prove che convalidino la tesi secondo la quale la prosa, a quanto pare,
dovrebbe favorire la fabulazione e l'intellettualizzazione. Queste ultime sono caratteristiche di tutta
la sua lirica. (W.Wantuch, op.cit.pag.168)
Quale è dunque lo scopo dell' esperimento di Herbert, se nel campo semantico - versificatorio si
sofferma solo sul cambio delle proporzioni? Può darsi che vi siano altre innovazioni a livelli più alti
dell'organizzazione del testo. Il fatto che proprio il titolo della prosa poetica Hermes, il cane e la
stella sia servito anche come titolo per tutta la raccolta, nella quale per la prima volta e così
ampiamente, fu usata questa forma, deve essere interpretato come un'indicazione dell'Autore
riguardo l'importanza delle prose poetiche. Tanto più che solo in questo volume non vi è alternanza
di poesie e di prose, il che invece ha luogo nelle raccolte successive.
A differenza delle opere precedenti, nelle prose come Prometeo, Prometeo da vecchio, Arachne,
La storia del Minotauro, Fye, Il sacrificio, Pegaso e altre ancora, si osserva il netto spostamento
dell'accento dal passato alla modernità. Lo scenario di cultura e tradizione antica è sempre presente,
ma viene spesso sopraffatto da momenti di quotidianità. Qui l'erudizione rimane nell'ombra della
riflessione sull'esperienza di vita. Elementi che negli altri volumi potevano sembrare casuali si
trovano, in queste prose, al centro dell'attenzione. Come in Hermes, il cane e la stella, anche nel Re
delle formiche colpiscono i testi dedicati al mestiere del letterato ed ali' arte della parola ( Pegaso,
Antiepos, Il corteo di Poseidone, Arachne, Cleomede, Quel ripugnante Tersite e altri racconti
contenenti i passaggi su quest'argomento). Fatto che, quando uscì Hermes, il cane e la stella,
provocò il disorientamento della critica che però non fece una coscienziosa revisione delle tesi in
proposito. " Herbert si prende ciò che vuole da chi vuole e da a quanto acquisito un nuovo
significato" scriveva Z. Lapinski nel 1961. ( Z.Lapinski, Proba wspolczesnosci. "Tygodnik
Powszechny" 1961 nr.45)
In questa frase l'irritazione si mescola con l'ammirazione. Questo "nuovo significato" si fondava,
all'epoca, e si fonda tuttora su due motivi dominanti riguardanti il tema e la struttura delle prose: il
riferimento al mito e all'eroe mitologico, e la loro "modernizzazione"e "umanizzazione".
Descrivendo storie apparentemente tramontate, Herbert si serve semplicemente delle forme
letterarie provenienti da un passato, spesso molto lontano ( il mito), ma le riempie di un contenuto
attuale e personale, narrando in verità molto di più sull'umanità moderna che sul passato. In realtà
l'Autore compie un'operazione ambigua inscrivendo i casi della vita umana, individuali, laici,
quotidiani e poco eroici nei miti di Achille, Prometeo, Aracne, Minotauro ed altri.
Non bisogna però trarre la conclusione che per ognuno di questi piccoli componimenti questa sia
la miglior chiave interpretativa. L'opera di Herbert è polifonica e l'indispensabilità di ciascun
elemento della sua costruzione va, a volte, analizzata nei suoi molteplici aspetti. I motivi dominanti
di cui sopra sono facili da individuare se le prose poetiche sono considerate come un insieme.
Possono, invece, sfuggire all'attenzione leggendo ognuna di queste separatamente, tolte dal loro
contesto complessivo.
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