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Introduzione 
 
Questa tesi nasce dal tentativo di analizzare la grave crisi di consenso che investe i 
progetti con un forte impatto ambientale, in quanto oggi, più che in passato, la 
questione dell’accettabilità sociale di questi impianti ha assunto nel panorama 
mondiale una rilevanza notevole. 
Questi progetti destano preoccupazioni sempre più crescenti nella popolazione: il 
sociologo Beck, infatti, definisce l’epoca attuale come “società del rischio”, in cui 
prevale la sfiducia e lo scetticismo nei confronti delle scelte dei governi e si 
avverte un crescente timore per i rischi ambientali, connessi al progresso 
industriale  e tecnologico.  
Tutto questo, ha portato le comunità coinvolte a rivendicare una più ampia 
partecipazione alla pianificazione del territorio e ai processi decisionali. 
Nel corso della tesi analizzeremo quindi i principali elementi sociali e politici che 
attualmente interessano la pianificazione ambientale e territoriale e gli attori che 
più spesso vi intervengono, soffermandoci sul moltiplicarsi, negli ultimi anni, dei 
cosiddetti fenomeni “Nimby”, “Lulu” etc.: tanti e diversi acronimi per indicare 
quelle rivendicazioni locali, spesso etichettate come egoistiche. 
Nel corso dell’argomentazione, avvalendoci degli studi in materia fatti dal 
politologo Bobbio, vedremo, invece, cosa spinge le comunità locali a opporsi, 
spesso fortemente, a quelle scelte di “governance” calate dall’alto e a richiedere 
un maggior coinvolgimento nelle scelte che inevitabilmente le riguardano, come 
quelle relative alla progettazione di un nuovo piano rifiuti, e come queste 
esperienze, come riportato anche in alcune riflessioni personali offerte nelle
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conclusioni della tesi, paradossalmente, portino ad una nuova forma di 
consapevolezza del territorio e al riemergere della percezione di comunità, in 
quelle che la pianificatrice Healey definisce società sempre più frammentate.  
Osserveremo come, nell’ultimo ventennio, è cresciuta l’attenzione verso lo 
sviluppo di sistemi produttivi e modelli di consumo che tendono ad ottimizzare lo 
sfruttamento delle risorse e a ridurre al minimo la produzione di rifiuti, e, tra 
questi, ci soffermeremo sulla strategia rifiuti zero, che costituirà il punto di arrivo 
di una complessa riflessione che coinvolgerà i più disparati rami scientifici, 
economici, tecnologici ed umanisti. 
Metteremo in luce, infine, come può avvenire quello che lo scienziato Connett, 
ideatore della strategia “Zero Waste”, auspica, ossia un più virtuoso passaggio 
dalla gestione di smaltimento dei rifiuti alla gestione delle risorse, come parte di 
una transizione verso un futuro sostenibile.
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I La sfida di una pianificazione spaziale e ambientale 
collaborativa. 
 
1.1 Patsy Healey: piani collaborativi in società frammentate. 
Una svolta interpretativa nella teoria della pianificazione. 
Ogni campo di lavoro ha la propria storia e le proprie radici, la cultura della 
pianificazione territoriale si radica in un’ampia trasformazione filosofica e sociale 
e trae le proprie origini in quel clima intellettuale e di cambiamento che 
etichettiamo nella storia del pensiero occidentale come Illuminismo. Questa nuova 
ondata di pensiero si sviluppa alla fine del diciottesimo secolo ed enfatizza il 
valore della conoscenza scientifica, dell’indagine empirica e di un agire nel 
mondo per migliorarlo e modernizzarlo. Da questo clima di pensiero venne la 
grande spinta inventiva e progressista nota come la rivoluzione industriale, che 
portò ad un sempre più crescente interesse per la gestione delle relazioni socio-
spaziali racchiuse entro stati e città. Di fronte a queste dinamiche si cominciarono 
a costruire argomentazioni a favore di una pianificazione in tutti i settori, che 
traeva le propria fondamenta nella conoscenza scientifica e nella razionalità 
strumentale. La pianificazione sistematica delle economie in generale, e delle città 
nello specifico, divenne una preoccupazione crescente di governi nazionali e 
locali alle prese con i problemi di uno sviluppo che diventava sempre più instabile 
e volatile; essa offriva un meccanismo trasformativo con il quale creare un ordine 
nuovo che permettesse di pianificare la traiettoria del futuro per non restare 
assoggettati in eterno dinanzi ai collassi di mercato o al potere dei grandi 
capitalisti.
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 I dibattiti sulla gestione economica hanno poi fornito una base alla gestione della 
pianificazione spaziale ed ambientale. 
La cultura della pianificazione spaziale è stata infatti contraddistinta da tre filoni 
di pensiero: il primo è quello della pianificazione economica; il secondo è quello 
di una gestione dello sviluppo fisico delle città che mira a promuovere la salute e 
la bellezza; il terzo filone consiste nella gestione della pubblica amministrazione e 
nell’analisi politica.  
Secondo Patsy Healey, professoressa e direttrice del Centro di Ricerca sugli 
Ambienti Urbani Europei nella Università di Newcastle upon Tyne, Regno Unito, 
e autrice del libro “Città e istituzioni. Piani collaborativi in società frammentate” 
1
, una caratteristica comune a tutte le tradizioni di pianificazione è però 
rappresentata dai numerosi conflitti di idee sui modelli cui gli ambienti locali 
dovrebbero ispirarsi; nel passato questi conflitti vedevano protagonisti le classi 
sociali, il capitale ed il lavoro, i grandi affari ed i cittadini comuni mentre oggi la 
situazione è più complessa in quanto viviamo in società pluraliste,  gli ordini 
sociali non sono più netti ma frammentati e insorgono complicate problematiche 
riguardo alla coesistenza di questa pluralità negli ambienti locali. Il problema che 
l’autrice si pone è come fare a raggiungere un accordo di pianificazione se c’è 
tanta diversità. La soluzione neoliberale è stata quella di trasformare le 
preoccupazioni popolari per gli impatti dei progetti in criteri prestabiliti attraverso 
i quali valutarli. Questa soluzione è stata adottata dalla Comunità Europea nella 
recente legislazione ambientale che usa norme, obiettivi e principi per definire i 
termini entro cui deve collocarsi ogni proposta di sviluppo.  
                                                 
1
 Patsy Healey, Città e istituzioni. Piani collaborativi in società frammentate, Dedalo Editore, 
2003.
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Ma si stanno anche esplorando altri modi di muoversi al di là dei conflitti dei 
gruppi di interesse aventi differenti quadri di riferimento, oggi infatti ci si sta 
evolvendo verso una svolta interpretativa e comunicativa nella teoria della 
pianificazione che si basa sulla costruzione di un consenso di tipo collaborativo, 
che preveda condivisione di idee di organizzazione e azione per superare i sempre 
più forti conflitti ambientali tra gruppi di interesse. 
Secondo l’autrice infatti nell’ambito della pianificazione ambientale locale 
assistiamo a fenomeni di tipo Nimby ("Non nel mio cortile") e Lulu ("Usi del 
suolo localmente non voluti") proprio quando le agenzie di pianificazione si 
irrigidiscono, da qui la necessità di processi di pianificazione interattivi e 
collaborativi per mediare tra le preoccupazioni di diversi stakeholders e produrre 
una capacità istituzionale basata sul luogo, incastonata quindi in specifici contesti. 
La Pianificazione diventa così un processo di cooperazione volontaria tra i diversi 
soggetti pubblici e privati, che mettono a punto un percorso di sviluppo condiviso, 
un processo non solo tecnico ma anche e soprattutto sociale. In questo senso  
diviene di fondamentale importanza la costruzione o il rafforzamento del capitale 
sociale locale che dovrebbe avvenire attraverso la promozione della 
comunicazione, della partecipazione, della fiducia e della cooperazione, ovvero 
attraverso la mobilitazione di tutta la società civile promuovendo nuove forme di 
governance, intesa come gestione “dal basso”, attraverso le quali è la città intera e 
non più la sola amministrazione locale al centro dei processi di decisione e di 
trasformazione territoriale.  
La cooperazione tra soggetti pubblici e privati, e l’integrazione delle politiche 
settoriali in un quadro condiviso e coordinato, sono dunque aspetti decisivi per il
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successo di questo tipo di pianificazione. Ad ogni modo, si tratta di iniziative che 
mirano ad arricchire le possibilità di governo delle istituzioni pubbliche locali. La 
mobilitazione della società locale e la più ampia partecipazione della cittadinanza 
su obiettivi condivisi di sviluppo e di miglioramento delle condizioni di vita sono 
un requisito essenziale per il successo di queste esperienze. 
Inoltre per la Healey un altro elemento fondamentale per risolvere i conflitti di 
pianificazione  e per la costruzione collaborativa del consenso è anche e 
soprattutto la necessità una politica nazionale e internazionale di vincolo 
dell’attività economica entro parametri sostenibili dal punto di vista ambientale. 
L’autrice afferma che nelle nostre sempre più frammentate società oggi la vera 
sfida per la pianificazione spaziale e ambientale è proprio quella di combinare 
sviluppo economico e rispetto ambientale dove “il termine ambientale è assunto 
per significare le qualità  dei luoghi, come luoghi per viverci, luoghi per trattare 
affari, come parti di sistemi naturali ecologici, come espressione di significato 
culturale (…) mentre il termine pianificazione è assunto per significare sforzi 
nella gestione collettiva di preoccupazioni condivise per le qualità spaziali e 
ambientali, espressi in esplicite politiche” 
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. 
Ecco come le pratiche racchiuse nella locuzione di pianificazione spaziale e 
ambientale potrebbero essere relative ad aree che vanno dalla scala del vicinato, 
alla regione, a sistemi che si legano in relazioni comuni, come nei mercati del 
lavoro o nella relazioni ecologiche delle soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti. 
 
 
                                                 
2
 Healey, op. cit., p. 127.