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Lupi Homines, Evoluzione della figura del lupo mannaro dall'antichità ad oggi

Come punto di partenza si è indagato sull’origine del mito, riscontrato non solo nell’antico mito di Licaone, ma molto più indietro, quando la scrittura non era ancora stata concepita e l’uomo girovagava per il mondo con nient’altro che la sua pelle a coprirlo.
Nelle società tradizionali, ovvero quelle basate sulla caccia e la raccolta, il travestimento rituale con pelli di animale, solitamente di predatori quali il lupo, l’orso o la civetta, serviva da aiuto al sacerdote officiante, lo sciamano, a richiamare gli spiriti per ottenere il loro favore. Da dette pratiche ho fatto risalire l’origine della licantropia, in quanto si forma, in questo tempo, attestato verso il Paleolitico, il pensiero teriomorfo, ovvero la credenza che alcune persone avessero il potere di trasformarsi in animali, seppur non fisicamente, ma a livello di anima, quando lo sciamano compiva i viaggi nell’aldilà per entrare in contatto con gli spiriti. Nelle religioni antropomorfe gli dei erano in grado di assumere le sembianze di animali; l’esempio più lampante è rappresentato dal dio greco Zeus, capace di assumere fattezze di vari animali e di trasformare i mortali in essi.
Propria della tradizione greca è l’episodio a cui tutti gli scrittori di licantropia fanno riferimento: il mito di Licaone. Per punire la condotta indegna del re di Arcadia, Zeus lo trasformò in lupo, rivelando in realtà la vera natura dell’uomo. Questo mito affonda le sue origini in antichi riti legati alla fertilità in cui, si suppone, avvenissero anche dei sacrifici umani.
Nella Roma antica il lupo aveva una grande considerazione simbolica, in quanto “madre” dei fondatori della città e animale sacro al dio della guerra, Marte. Infatti, come augurio di vittoria in battaglia i sottoufficiali incaricati di portare le insegne di ogni legione, chiamati vexillifer, indossavano una pelle di lupo che ne copriva l’elmo e, in parte, la corazza.
I lupi mannari romani venivano definiti versipellis in quanto si pensava che avessero il pelo sottopelle che usciva quando si trasformavano. Un racconto di un versipellis è stato scritto da Petronio, in cui compare il legame tra il licantropo e la luna piena.
Nelle culture germaniche antiche, indossare la pelliccia dell’animale feroce favoriva il contatto con lo spirito animale e la sua “possessione” a scopi guerrieri.
I guerrieri-belva del nord, consacrati ad Odino Wodan (Odino Feroce), erano i Berserkir (maglia d’orso) e gli Ulfhedanar (casacca di lupo).
La tradizione vuole che questi guerrieri, una volta indossata la pelle dell’animale ne assorbissero lo spirito e ne acquisissero la forza e la ferocia, diventando temibili sia per i nemici che per gli amici.
Vi sono alcune saghe vichinghe in cui compaiono i licantropi, cui modo per trasformarsi è proprio indossare la pelliccia di un lupo.
Il lupo mannaro dell’età antica, o comunque delle società pre cristiane era sì, distruttivo, ma cosciente di sé. Ovvero, il male che il mannaro compiva, era con cognizione di causa, era l’uomo malvagio a rendere la bestia tale e veniva percepito in maniera differente in base alle culture in cui era presente.
Dopo l’avvento del Cristianesimo si cerca di estirpare la credenza nelle trasformazioni animali, cosa che finirà nel fallimento, perché avrebbe significato estirpare ogni pratica propiziatoria di fertilità in una società prettamente dedita alla pastorizia ed all’agricoltura. Nonostante la conversione alla nuova religione, la gente rurale mantiene vive le tradizioni consolidatesi nei secoli e le riadatta sotto nuovi stendardi religiosi.

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2 INTRODUZIONE Fin dal principio dell’esistenza umana abbiamo guardato gli animali con sentimenti contra- stanti, che spaziavano dalla paura all’ammirazione. Il fascino che la bestialità esercita su di noi è un fatto incontestato ed è questo aspetto che ha dato inizio alla ricerca della compren- sione della figura che meglio incarna l’aspetto brutale umano: il lupo mannaro. L’obiettivo di questa tesi è arrivare a dire che il lupo mannaro altro non è che l’uomo stes- so, nella sua condizione più naturale del sé. L’Io razionale è depositario della cultura, delle tradizioni e del pensiero cosciente, ma al suo interno, in attesa, dimora una bestia fatta di istinti e passioni, desideri basilari e sapere primitivo. Come punto di partenza si è indagato sull’origine del mito, riscontrato non solo nell’antico mito di Licaone, ma molto più indietro, quando la scrittura non era ancora stata concepita e l’uomo girovagava per il mondo con nient’altro che la sua pelle a coprirlo. Nelle società tradizionali, ovvero quelle basate sulla caccia e la raccolta, vi era già una consapevolezza religiosa, attestata dai riti funerari ritrovati dagli archeologi e dalle pitture rupestri che erano parte di riti propiziatori alla caccia. In queste società il travestimento ri- tuale con pelli di animale, solitamente di predatori quali il lupo, l’orso o la civetta, serviva da aiuto al sacerdote officiante, lo sciamano, a richiamare gli spiriti per ottenere il loro fa- vore. Da dette pratiche ho fatto risalire l’origine della licantropia, in quanto si forma, in questo tempo, attestato verso il Paleolitico, il pensiero teriomorfo, ovvero la credenza che alcune persone avessero il potere di trasformarsi in animali, seppur non fisicamente, ma a livello di anima quando lo sciamano compiva i viaggi nell’aldilà per entrare in contatto con gli spiriti. Nelle religioni antropomorfe gli dei erano in grado di assumere le sembianze di animali; l’esempio più lampante è rappresentato dal dio greco Zeus, capace di assumere fattezze di vari animali e di trasformare i mortali in essi.

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Informazioni tesi

  Autore: Alessia Ceraolo
  Tipo: Diploma di Laurea
  Anno: 2014-15
  Università: Accademia di Belle Arti
  Facoltà: Arti Visive
  Corso: Grafica
  Relatore: Tiziana Valzelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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