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"Il Lavoro" di Genova negli anni dell'ascesa di Craxi 1975-1985

“Il Lavoro” ed i suoi lettori

Nel 1975 “Il Lavoro” è ancora l’organo ufficiale della Federazione genovese del PSI, ma non attraversa un momento facile. I tempi d’oro dello storico direttore Giuseppe Canepa sono ormai solo un ricordo: il quotidiano ha perso migliaia di lettori, soprattutto a favore del rivale “Il Secolo XIX”, rilanciato da Piero Ottone; le copie mediamente vendute sono circa 30.000, acquistate da un composito quanto affezionato pubblico.
Resta certamente il glorioso nome della testata, indissolubilmente legato alla lotta antifascista e alla lunga direzione Pertini, personaggio popolarissimo. Dal 1968, anno della sua partenza, si sono succeduti alla guida de “Il Lavoro” prima Umberto Merani, direttore per poco più di un anno, poi Paolo Vittorelli, membro della Direzione nazionale del Partito socialista, sotto la cui guida si è tornati all’antica testata, lasciando cadere l’aggettivo “Nuovo”.
È proprio Vittorelli a commissionare una ricerca su l’immagine de “Il Lavoro” e sui suoi lettori. Tra il 1974 ed il 1975 Chito Guala, giovane ricercatore di sociologia, elabora un questionario con decine di domande, invitando i lettori del giornale a compilarlo. Rispondono all’appello in più di 2.000, permettendo di ricavare una preziosa istantanea, uno spaccato su un mondo fin lì poco conosciuto.
L’età di chi legge “Il Lavoro” è molto varia: il 30% ha tra i 40 ed i 60 anni, un altro terzo si situa tra i 26 ed i 40 anni, mentre la quota rimanente è divisa tra over 60 e giovani fino a 25 anni, con una leggera prevalenza di questi ultimi.
Si tratta in larga prevalenza di individui di sesso maschile (79% circa), in possesso di un titolo di studio medio, anche se non manca una significativa quota di laureati o studenti universitari.
Acquistano più facilmente il giornale impiegati (24,9%), operai (21,1%), pensionati (14,6%) e studenti (14,1%); scarsi sono, invece, casalinghe (7,7%), commercianti ed artigiani (4,8%), insegnanti (4,1%) e liberi professionisti o dirigenti (3,2%). Nessuna sorpresa, quindi, riguardo al pubblico del quotidiano, che si conferma popolare quanto a composizione sociale e, soprattutto, concentrato a Genova (il 36% dei lettori risiede nei quartieri centrali, il 44,2% nelle delegazioni limitrofe). Colpisce, piuttosto, soprattutto a livello di immaginario collettivo, il fatto che “Il Lavoro” non sia più, o comunque non solo, la voce dei “camalli”, ma che rappresenti un mondo ben più ampio.
Solo il 29,7% dei lettori è iscritto ad un partito (PSI e PCI la fanno qui da padroni), quota che sale fino 51,1% considerando la partecipazione sindacale. Questo spiega perché “Il Lavoro” sia considerato, soprattutto dai lettori più anziani, un giornale «dei lavoratori» (53,7%), «della sinistra genovese» e «degli operai» (34,1%) e, solo in misura minore, ma comunque considerevole, un giornale «di partito» (31,1%).
Coerenti con questi dati anche le intenzioni di voto: il 59,5% si professa elettore del PSI (cifra che sale all’81,2% tra gli over 60), mentre il PCI raccoglie il 15,9% delle preferenze; importante anche la percentuale di chi ha deciso di non votare.
Vi è poi un ultimo dato, molto significativo, che riguarda la formula politica preferita: quella di centrosinistra è approvata solo dal 22,2% dei lettori, in contrasto con un’alternativa di sinistra che gode di ben più ampi consensi.
Particolarmente apprezzate sono la prima pagina e gli articoli di cronaca genovese e ligure, mentre meno favore incontrano le pagine di interni e di argomenti esteri. Un ultimo dato: “Il Lavoro” è considerato un quotidiano «giovane» (29,2%), mentre solo il 7,6% degli interrogati lo definirebbe «vecchio».

Questo brano è tratto dalla tesi:

"Il Lavoro" di Genova negli anni dell'ascesa di Craxi 1975-1985

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Abondi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Marina Milan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 129

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