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Il recesso nella s.r.l.

I trasferimenti "mortis causa"

In apertura va messo in evidenza che nel caso in esame l’exit viene concesso agli aventi causa del socio defunto, nell’ipotesi in cui l’atto costitutivo preveda limiti o condizioni che nel caso concreto impediscono il trasferimento per causa di morte.
Questo va distinto da quello dell’intrasferibilità assoluta della partecipazione, nel quale essendo impedita in ogni caso la trasmissione della quota, anche per causa di morte, sarà sicuramente attribuita la possibilità di uscire anche agli eredi.
Difformemente nell’ipotesi in esame il recesso potrà verificarsi solo alla morte del socio e riguarderà solo gli eredi dato che il socio non potrà verificare se, appunto, in concreto si verifichino gli effetti legittimanti.
Secondo l’art. 2469.2 gli elementi per individuare le clausole che comportano il diritto di recesso sono due.
a) Anzitutto queste devono stabilire condizioni e limiti idonei ad impedire il trasferimento a causa di morte: esse devono essere almeno potenzialmente idonee ad impedire la circolazione per causa di morte. Sono tali la clausola di mero gradimento al trasferimento mortis causa, quella di intrasferibilità della quota, e quella che prevede la consolidazione automatica della quota in capo ai soci superstiti in proporzione delle rispettive partecipazioni.
b) In secondo luogo l’impedimento va valutato in relazione al caso concreto: il contenuto della clausola e la sua idoneità a determinare il recesso vanno valutati alla luce della situazione che concretamente si presenta al momento dell’apertura della successione.
Quindi il recesso qui è legato non ad una dichiarata e generale intrasmissibilità ma ad una inoperabilità della successione mortis causa in concreto determinata da vincoli di tipo indiretto (la casistica possibile è numerosissima).
Va subito chiarito che il termine “recesso” non è appropriato nell’argomento successorio, perché in realtà in conseguenza del fatto impeditivo del trasferimento l’erede non entra a far parte della compagine sociale. Si deve parlare più correttamente di un diritto legale ad ottenere la liquidazione della quota in base ai criteri fissati dal 2473, la quale dovrà avvenire entro 180 giorni dalla comunicazione degli eredi alla società dell’intenzione di ottenere il rimborso (che in sostanza è ciò che accade in caso di recesso).
Idonee a permettere la liquidazione sono le clausole che non consentono agli eredi di ottenere quanto gli spetta ex art. 2473 nei relativi termini, o che non prevedono rimborsi, o ancora che si rifanno a meccanismi non coincidenti a quelli menzionati. Quindi lo sono le clausole che impediscono il trasferimento successorio ma anche che rendono l’acquisto mortis causa provvisorio e temporaneo privando gli acquirenti della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali (es. clausole che danno al socio il diritto di riscattare dagli eredi la quota del de cuius non rispettando in concreto i criteri di cui ho parlato).
Quanto alle modalità di rimborso va detto che il relativo procedimento non necessariamente sarà attivato dagli eredi, i quali hanno diritto ad esso, ma non vantano pretese sulle modalità della sua realizzazione. Il loro consenso sarà necessario solo in relazione al momento conclusivo del procedimento.
Per chiudere chiarisco che qualora l’erede acquisisca la titolarità della quota non avrà più la possibilità di esercitare il diritto di exit.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il recesso nella s.r.l.

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Informazioni tesi

  Autore: Michael Longo
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Silvia Guizzardi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 193

FAQ

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