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L'Alta velocità - tra opportunità di sviluppo e malaffare

Impatto sociale dell’Alta Velocità (campagna contro la TAV in Val di Susa)

La realizzazione di un’opera imponente come l’Alta velocità inevitabilmente ha delle forti ripercussioni sul territorio interessato. La presenza di grandi imprese che impiegano un gran numero di addetti e per un lungo periodo di tempo non può non apportare dei cambiamenti nelle dinamiche socio-demografiche, economico-occupazionali, di mobilità e di modalità di utilizzo dei servizi pubblici. Per questo è importantissimo riuscire a garantire, durante e soprattutto dopo la fine dei lavori, un equilibrio duraturo che non sconvolga lo status del territorio.
Di fronte a questa situazione non c’è da stupirsi se i territori e i cittadini che in queste aree risiedono nutrano delle perplessità verso delle infrastrutture che rispondono più alle logiche della globalizzazione che alle vere esigenze della realtà locale. E forse è ancor più forte la preoccupazione rispetto alla qualità ambientale e al tessuto produttivo che, come nel caso di aree montuose o ai margini dei grandi agglomerati urbani, spesso rappresentano i punti di forza dell’intera economia locale.
Dunque i rischi derivanti dagli impatti dell’Alta velocità potrebbero essere molteplici, su tutti l’aggravarsi dei problemi di viabilità perché la presenza di questi insediamenti comporta un uso massiccio della rete stradale per la quale si rendono necessari continui lavori di adeguamento e manutenzione senza dimenticare che la presenza dei mezzi pesanti soprattutto sulla viabilità secondaria di pertinenza dei comuni contribuisce a rallentarne il traffico. Poi c’è il problema del mercato immobiliare condizionato in questi casi o dalle richieste di alloggi da parte dei lavoratori dell’AV che inevitabilmente comporta un aumento degli affitti e una possibile ripresa delle vendite, o dalla minore “appetibilità” residenziale del territorio con un conseguente deprezzamento degli alloggi. In ogni caso questa situazione può rappresentare un ostacolo per i nuovi nuclei familiari in cerca di un’abitazione o per gli extracomunitari che puntano al ricongiungimento familiare.
Anche il settore del turismo ha visto deluse le aspettative dal momento che in molti cantieri si è provveduto, dopo un po’ di tempo, alla costruzione di un campo base che potesse ospitare i lavoratori impegnati nei cantieri; questo ha rappresentato un impatto negativo sul settore commerciale poiché albergatori e ristoratori, dopo la costruzione del campo e l’ultimazione delle mense, sono tornati alla loro clientela abituale. Diversa invece appare la situazione a ridosso dei campi base dove rimane ancora un indotto positivo soprattutto per i bar. Ed infine si registra, in questi casi, una forte pressione sui servizi soprattutto quelli scolastici, in molti casi già fortemente provati dalla presenza di immigrati extracomunitari e da un quoziente di natalità piuttosto alto.
Queste sono pressappoco le problematiche che hanno tutte le comunità interessate dai lavori, e la Val di Susa è uno degli esempi più emblematici di questa invasione territoriale.
Le prime voci circa un possibile progetto francese che estendesse all’Italia la sua rete di TGV risale al 1988. Dopo lo scetticismo iniziale da parte del comparto ferroviario, nel settembre del 1989 venne organizzato un convegno di politici ed esperti presso la Fondazione Agnelli nel quale veniva illustrato un nuovo progetto francese che prevedeva la realizzazione di una linea TGV che unisse Torino e Lione, da realizzarsi attraverso una galleria di 50 km sotto il Moncenisio. Ma se da una parte il neonato comitato promotore per l’Alta Velocità, presieduto da Umberto Agnelli e dall’allora Presidente della Regione Piemonte Beltrami, spingeva nella direzione di catalizzare i consensi verso la bontà e l’utilità di quest’opera, le Ferrovie italiane continuavano a perseguire l’idea per cui occorreva puntare sulla linea storica, potenziandola, così da renderla più competitiva. Questo almeno fino al 1991, quando ai vertici delle ferrovie, a Schimberni, subentrò Lorenzo Necci. A partire da questo momento la posizione delle Ferrovie cambiò radicalmente e si diede inizio al programma di treni ad Alta Velocità. Nel frattempo Sergio Pininfarina prende il posto di Agnelli alla guida del Comitato Promotore ed inizia a fare una propaganda mediatica fuorviante che serva a convincere l’opinione pubblica dell’utilità della nuova linea Torino-Lione. A luglio del 1991 i Comitati Promotori dei due paesi coinvolti firmano un protocollo d’intesa per effettuare degli studi di fattibilità, e dopo pochi mesi il comitato italiano ne suggerisce la costruzione immediata previa congestione della linea esistente. Già a ottobre il Ministro dei Trasporti italiano Bernini e quello francese firmano a Viterbo la dichiarazione d’intento a realizzare la tratta ad Alta Velocità Torino-Lione. Nelle previsioni la nuova linea avrebbe dovuto trasportare in futuro 7,7 milioni di passeggeri e 18,6 milioni di tonnellate di merci all’anno; una cifra quasi surreale se si pensa che al 1991 sulla tratta storica viaggiassero annualmente circa 1,5 milioni di persone 8,5 milioni di tonnellate di merci. Almeno stando ai dati appare un’operazione mediatica del tutto priva di ogni riscontro oggettivo. Nel frattempo, di fronte alla mancanza sconcertante di informazioni ufficiali, iniziano a costituirsi in maniera del tutto spontanea comitati di cittadini che manifestano per far conoscere la loro contrarietà rispetto alle scelte dei potentati politici ed economico-finanziari. È l’inizio di una singolare esperienza di democrazia partecipata che coinvolgerà anche le autorità locali e gli esperti della materia. Si riuscì a coinvolgere nella contestazione anche i gruppi politici della Lega Nord e dell’estrema sinistra, ma solo questi. Mentre sul versante francese l’opposizione era molto più decisa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'Alta velocità - tra opportunità di sviluppo e malaffare

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Informazioni tesi

  Autore: Michelangelo Bruno
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Stefano Maggi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 86

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