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Ricorso in via principale delle regioni a statuto speciale

La "zona franca" dei regolamenti delle Camere

Quanto ai regolamenti delle camere, la definizione di “zona franca”, con cui si allude alla insindacabilità dei vizi procedurali derivanti dalla violazione di tali norme sull’iter legis, presuppone un giudizio di disvalore di gran parte della dottrina, che ne valorizza al contrario, l’espresso richiamato contenuto nell’art. 72 Cost.; alla luce di questo rinvio è argomentata l’idoneità di quelle ad essere “interposte” nel giudizio di legittimità. Per di più la funzione strumentale propria delle norme procedurali sembrerebbe attribuire “ad esse un vigore capace di risolversi in un limite per gli atti dei quali disciplinano la formazione”. Anche quando quest’ ultimi appartengono al medesimo rango formale.

Tuttavia la giurisprudenza costituzionale ha negato sin da subito la operatività della interposizione a mezzo delle norme regolamentari, dando vita ad una scomposizione nella sfera dei vizi procedurali dell’atto legislativo. La Corte, infatti, ha ritenuto sindacabile soltanto la violazione “diretta” dell’ art. 72 Cost., ossia di quelle regole fissate dalla Costituzione, escludendo che il contrasto con una norma regolamentare possa risolversi in una violazione “mediata” dello stesso disposto costituzionale.

Questo discrimine afferente alla natura del vizio è immediatamente connesso alla titolarità del potere interpretativo delle norme, riconosciuto in capo alla Corte costituzionale relativamente ad una “questione di interpretazione di una norme della Costituzione” ed in capo alle camere relativamente all’interpretazione delle norme poste dalle camere stesse.

In questa logica la negazione della interposizione si spiega con la volontà della Corte di sottrarre a se il parametro, preservando l’autonomia normativa, interpretativa e applicativa al Parlamento. Tale autonomia appare un corollario del principio sulla base del quale la giurisprudenza costituzionale ha negato la sindacabilità della conformità dei regolamenti parlamentari alla costituzione, sul presupposto che “un’interpretazione estensiva dell’art. 134 Cost. avrebbe urtato contro il sistema”, dal quale può desumersi, invece, “un’indipendenza guarantigiata nei confronti di qualsiasi altro potere”.

Questo quadro giurisprudenziale non è neppure indebolito da talune pronunce, di cui soltanto un’interpretazione a-sistematica potrebbe valorizzarne profili di dissonanza e di apertura alla tecnica delle norme interposte. Il mancato funzionamento della violazione “mediata” della Costituzione è il prodotto di un bilanciamento tra valori costituzionali in cui l’autonomia parlamentare prevale sul principio di legalità costituzionale.

Per altro, paradossalmente, il carattere recessivo di questo valore, com’è stato acutamente osservato, è intimamente connesso alla stessa ragione che ispira il sindacato di legittimità costituzionale a mezzo delle norme interposte, ossia la garanzia di un principio costituzionale sotteso a talune condizioni dell’attività normativa; il principio sotteso ai regolamenti parlamentari è quello della indipendenza della camere, che non potrebbe essere meglio garantito “che all’interno delle camere stesse”. In questa logica può essere reperita una oggettiva scriminante della compressione dell’accesso al giudizio di legittimità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Ricorso in via principale delle regioni a statuto speciale

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Torchiaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Luca Mezzetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 120

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