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Giovanni Testori e la fortuna di Picasso tra artisti e critici del dopoguerra

Renato Guttuso: la politica e Picasso

Nell’Italia degli anni intorno al secondo conflitto mondiale, per la gente comune ma anche per una buona parte di artisti e di critici d’arte, parlare di Picasso significava parlare di politica. Tutti conoscevano Picasso non come l’inventore del cubismo, bensì come «quel pittore comunista spagnolo che ha dipinto Guernica».

I pittori italiani del periodo erano attivi dal punto di vista politico, perciò Picasso avrà sicuramente rappresentato un modello da imitare oppure un pericoloso ostacolo da aggirare o da abbattere. È interessante a questo proposito vedere cosa pensassero di Picasso i pittori italiani comunisti (dello stesso “partito” di Picasso, quindi), primo tra tutti Renato Guttuso.

Guttuso non fu solo l’artista più attento alle più raffinate espressioni della cultura europea, della quale è stato uno dei protagonisti, ma fu anche sensibile ai richiami dell’impegno civile e fece scelte politiche che lo portarono, anche se in maniera contraddittoria, sulle barricate della lotta antifascista prima e del comunismo militante poi.

Mentre professava la scelta rivoluzionaria, era però attratto dalle raffinatezze del bel mondo di cui subiva il fascino. Amava frequentare gli aristocratici e l’alta borghesia senza per questo sentire il peso dell’incoerenza. Inevitabilmente, le accuse di opportunismo lo accompagnarono per tutto l’arco della sua esistenza: generoso, ma anche geloso di quanto aveva a fatica conquistato, Guttuso, con la sua esuberante vitalità mediterranea, amava cogliere il meglio della vita, e la cronaca, approfittando di questa sua vocazione, si sbizzarrì a seguire il personaggio alla ricerca dello scandalo.

Importanti scritti inediti di Guttuso sono stati raccolti nel volume Mestiere di pittore, che potrebbe essere considerato una summa del suo pensiero artistico, sociale e politico. Nel loro insieme, gli scritti sul realismo, le note, le pagine di diario e di polemica, le lettere spedite e non spedite ad amici e avversari, i ritratti critici o partecipi di pittori del passato e del presente (da Raffaello a Picasso, che ci interessa particolarmente, da De Chirico a Grosz, a Van Gogh) ricompongono e illuminano un’intera stagione della nostra cultura, non solo figurativa, e testimoniano un impegno artistico e civile incessantemente tenuto desto.

Vittorio Sgarbi, in un articolo sull’«Europeo» in cui tira le somme della carriera di Guttuso, pone l’accento sul carattere realistico della poetica del pittore di Bagheria. Nessuno più di Guttuso ha subordinato i valori formali a quelli della testimonianza civile, così estranea alla linea maestra della pittura e anche della poesia italiana, se si eccettuano i casi di Caravaggio e di Manzoni. Guttuso, pur non rinunciando a una «disponibilità lirica» e talvolta intimistica e privata, ha sempre privilegiato un’immagine pubblica, una pittura che fosse corrispondenza all’urgenza dei problemi sociali.

Ma non si tratta di un fatto politico, e neppure dell’applicazione dell’estetica dettata dal realismo socialista, contro e dopo i disorientamenti delle avanguardie, cui Guttuso è sempre stato insensibile anche ai suoi inizi; ma della convinzione di un «valore popolare didattico» dell’arte. L’arte deve parlare a tutti, far vedere e intendere ciò che avviene nella vita, essere essa stessa un «prolungamento» della vita. Del resto la poetica realista affonda negli esordi di Guttuso: nel 1937 con l’articolo Arte dei giovani, in cui questa poetica viene affermata con forza, e Pensieri sulla pittura del 1941 in cui viene riaffermata.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Giovanni Testori e la fortuna di Picasso tra artisti e critici del dopoguerra

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Informazioni tesi

  Autore: Federica Fullin
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2009-10
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia dell'arte
  Relatore: Alessandro Rovetta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 293

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