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Sotto il vestito niente - Il ruolo dei codici vestimentali e delle tendenze culturali nell’evoluzione del linguaggio cinematografico

Il costume crea mondi immaginari

Il costume cinematografico è un particolare tipo di abbigliamento, è diverso dal vestiario reale, tuttavia vi è legato da un rapporto semiotico di tipo iconico.
I costumi di scena somigliano agli abiti veri per alcuni tratti, ma se ne distinguono per altri, essi assumono proprie caratteristiche rispetto all’abbagliamento reale, poiché devono relazionarsi con una serie di sistemi segnici diversi sia di ordine mediale sia di ordine testuale, processi simbolici propri sia dell’interno, ma anche dell’esterno di un film, è per questo che i costumi cinematografici sono abiti di finzione e sono considerati come una pratica vestimentaria a sé stante.
Il costume cinematografico non è mai una semplice riproduzione dell’abbigliamento reale, ma quando parliamo della relazione che s’instaura tra questi due elementi, non si vuole descrivere una sorta di superiorità dell’abbigliamento quotidiano rispetto al costume cinematografico. Si vuole piuttosto sottolineare come questa relazione si giochi sulla compresenza di entrambi nel macro contesto dei segni vestimentari.
Il costume, infatti, preso da solo non ha senso se non s’inscrive nel discorso di tutti gli artefatti che rivestono il corpo dotandolo di un senso mai assoluto, ma sempre legato agli spazi e ai tempi che esso percorre e informa di sé. Questa premessa è necessaria se si vuole individuare il particolare funzionamento del costume all’interno dei film, entro i quali esso, insieme al corpo, sperimenta altre forme di spazializzazione e altri modi di legarsi al tempo.
Un’altra premessa ci aiuta a comprendere il riconoscimento del ruolo del costume nei meccanismi di produzione del senso filmico: l’abito non deve essere dato per scontato, perché lo statuto segnico del costume non sempre si accompagna a una ricezione conscia e consapevole di esso.
Nei filoni cinematografici dominanti, il cosiddetto cinema reale, la rete di associazioni e di significati messa in moto dal costume è spesso recepita in maniera automatica. Quest’automatizzazione di cui spesso il cinema è caratterizzato, conduce in un certo qual modo alla scomparsa dei segni, alla loro naturalizzazione, al loro essere inglobati in quell’impressione di realtà di cui parlava Metz, che le pellicole trasmettono rispetto alla finzione teatrale, la quale, invece, è palese agli occhi dello spettatore.
La naturalizzazione del significato dei costumi li porta a diventare impercettibili agli occhi del pubblico, i quali hanno l’impressione che i personaggi del testo filmico “indossano semplicemente degli abiti” (Gaines 1990) che, se pur grandi, sembrano essere semplicemente accessori e, a volte, addirittura estranei al progetto di fondo.
Ci si rende più semplicemente conto dell’importanza del vestito di scena, quando si visiona un film ambientato in un determinato periodo storico, dove il costume è fondamentale per costruire nella mente dello spettatore rappresentazioni cinematografiche credibili, in quanto ha la capacità di creare il mondo rappresentato, di dargli corpo e identità legandosi ai suoi spazi.
Il cinema e il costume cinematografico sono importanti perché aiutano a immaginare mondi possibili, a creare nella mente dello spettatore delle icone, si pensi alla vamp o al supereroe; quando in altre situazioni mediatiche si fanno delle allusioni al cinema cercando di ricrearne atmosfere e stili, i costumi servono per interpretare l’allusione o la citazione.
Il cinema è considerabile come il “modello dei mezzi di comunicazione di massa” (Barthes 1995), costruisce il visibile come verità dei corpi, delle narrazioni, delle passioni umane; è una macchina generatrice di senso in grado di costruire mondi e, molto spesso, sono i vestiti a rendersi mediatori o a fungere da supporti nella costruzione di tali mondi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sotto il vestito niente - Il ruolo dei codici vestimentali e delle tendenze culturali nell’evoluzione del linguaggio cinematografico

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Rossetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
  Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
  Corso: Relazioni pubbliche e pubblicità
  Relatore: Nello Barile
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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