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Integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo: il caso di Riace (RC)

Lo SPRAR oggi

Come si evince dal Rapporto Annuale dello SPRAR relativo al 2010/2011, soffermandosi ad esempio su un arco temporale più esteso del solo anno 2010, ciò che appare immediatamente evidente è l’improvvisa discontinuità dei flussi migratori dopo il 2007, con il picco di arrivi via mare nell’anno 2008 e il conseguente raddoppio delle domande di protezione, quindi il calo improvviso di numeri negli anni 2009/2010 e il nuovo eccezionale afflusso prevalentemente dall’Africa per tutto il 2011. Il fatto che tali fluttuazioni non trovino tuttavia corrispondenza con il numero di persone accolte nei progetti SPRAR trova spiegazione sia nella cronica insufficienza di posti finanziati nello SPRAR che mortifica l’obiettivo di una risposta complessiva e incisiva, sia nell’inevitabile coda di richieste di accoglienza che si viene a creare negli anni successivi a flussi numerosi e improvvisi: due variabili significative ai fini di una corretta analisi della realtà e della programmazione degli interventi.
Viceversa, nello scorrere i dati a livello regionale, può saltare all’occhio il dato relativo ai tempi di permanenza all’interno dei progetti, talvolta assai differenti da un territorio all’altro, apparentemente a fronte di una medesima tipologia di beneficiari e di medesimi standard di accoglienza: in questo caso, ciò che va messo in evidenza è l’aumento progressivo che si va registrando di persone con gravi vulnerabilità che, non potendo essere trasferite in strutture adeguate per varie ragioni, rimangono in carico al progetto e all’ente locale titolare per tutto il tempo necessario per una prima riabilitazione. Anche in questo caso, quella che emerge è un’informazione articolata che, adeguatamente valorizzata, può fornire elementi preziosi per un’analisi dello stato dell’arte in cui versano i servizi socio-sanitari a livello locale.
Le amministrazioni locali sono infatti i soggetti su cui principalmente ricade la responsabilità sulle dinamiche di accoglienza e integrazione di titolari di protezione internazionale, perché è sui singoli territori che l’inserimento socio-economico delle persone si attua e si stabilizza. L’integrazione deve considerarsi come un processo in movimento, dinamico e difficilmente ingabbiabile in rigidi schemi predefiniti, soprattutto se standardizzati e prescindenti dalle persone direttamente interessate. Approccio che trova conferma anche nel confronto con i sistemi di accoglienza più avanzati, su cui alcuni Stati europei da anni hanno consolidato la propria esperienza. Il modello attuato dal Sistema di protezione, così come le buone pratiche emerse da molteplici esperienze cittadine di assistenza e supporto a migranti - economici e forzati -, può essere la risposta appropriata per contrastare i rischi di esclusione sociale ed emarginazione, nonché favorire i percorsi di inserimento e sviluppare una cultura di accoglienza, attraverso un lavoro di informazione, condivisione e conoscenza presso le nostre comunità.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo: il caso di Riace (RC)

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Informazioni tesi

  Autore: Antonella Cosenza
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Analisi della Città, Ambiente, Turismo e delle Relazioni Interculturali
  Relatore: Vincenzo Nocifora
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 100

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