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Microgenerazione di energia elettrica mediante oscillatori piezoelettrici bistabili

Elementi di energy harvesting

La tecnologia delle lavorazioni micro e nanoscopiche sta oramai raggiungendo una certa maturità e diffusione. E’ sufficiente infatti pensare ai microprocessori dei comuni personal computer realizzati con una tecnologia che permette di costruire unità logiche delle dimensioni di 22 nm, (ma che presto vedrà l’avvento dei 16 nm), o alle nanoparticelle di biossido di titanio, che integrate sui vetri, grazie ad una reazione che coinvolge la luce nella banda degli ultravioletti, permettono di renderli autopulenti, annullando quindi i costi di manutenzione. Il problema che non ha ancora trovato una soluzione del tutto soddisfacente, e che limita le applicazioni di tecnologie attive non solo alle nanoscale, ma anche alle microscale, è come fornire energia a questi dispositivi nel caso in cui vengano impiegati in modo autonomo e non sta in un chip. La fonte più comune ed utilizzata di energia mobile è stata la pila, fin dalla sua invenzione nel 1779 da parte di Alessandro Volta. Da allora questo strumento ha sempre seguito un incremento in termini di densità di energia immagazzinata, che tuttavia non è in grado di competere con l’incremento subito da altri elementi comunemente utilizzati nell’ ICT, come ad esempio il numero di transistor in un circuito integrato, o la densità di memoria in un banco di RAM.
Notevoli progressi sono stati fatti al fine di colmare questo divario, non tanto introducendo delle batterie di capacità maggiore, quanto piuttosto disegnando dell’elettronica in grado di ridurre i consumi e lo spreco di energia, grazie a tensioni di funzionamento più basse. Queste accortezze permettono di allungare la vita media di una batteria, e di un dispositivo ad essa collegato, a 10-15 anni. Tuttavia ciò non risolve definitivamente il problema, in quanto le batterie esaurite vanno sostituite e smaltite in modo tale da evitare rischi di contaminazione, aumentando quindi il costo di gestione degli eventuali dispositivi.
La mancanza di una fonte di energia adatta frena dunque applicazioni quali l’ubiquitus computing, che prevede un internet delle cose, ossia una rete di sensori wireless microscopici, che integrati nell’ambiente e negli oggetti prevedono un’interazione costante e discreta fra di loro, e con gli esseri umani. Fra le applicazioni civili di questa ipotetica rete di sensori, che la statunitense DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency statunitense) ha chiamato polvere intelligente, è facile individuare il monitoraggio strutturale di costruzioni, così come il controllo di parametri vitali. In medicina la mancanza di una fonte di energia permanente costringe, ad esempio, ad effettuare interventi chirurgici al fine di sostituire le batterie dei pacemaker, e non permette ancora di impiantare delle protesi dotate di sensori di controllo, in quanto questi non possono essere alimentati.
Osservando attentamente gli ambienti in cui questi dispositivi sono immersi, è facile individuare delle fonti di energia da poter sfruttare:
• Luce solare;
• Flussi d’aria;
• Gradienti di temperatura;
• Vibrazioni.
Queste osservazioni hanno guidato la ricerca negli ultimi anni, in quanto l’idea che si è sempre più imposta, non prevede l’utilizzo di una fonte di energia di durata limitata, ma piuttosto presuppone di assorbire dalle varie sorgenti presenti nell’ambiente quanta più energia possibile, per immagazzinarla e sfruttarla quando è necessario.
Un dispositivo concepito in questo modo è in grado di operare per un tempo che ipoteticamente è definito solo dalla presenza delle varie fonti di energia, o comunque dettato non più dalla batteria ma dall’usura delle componenti elettroniche o meccaniche che lo compongono.
Nel prossimo paragrafo verranno passate in rassegna alcune delle fonti di energia disponibili e sfruttabili per scopi di energy harvesting, con particolare attenzione alla problematica dell’immagazzinamento di energia. Nel caso di energy harvesting vibrazionale sono inoltre riportate alcune tecniche utili al fini di incrementare la potenza prodotta utilizzando dei materiali piezolettrici come trasduttori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Microgenerazione di energia elettrica mediante oscillatori piezoelettrici bistabili

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Informazioni tesi

  Autore: Riccardo Mincigrucci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Perugia
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Fisica
  Relatore: Luca Gammaitoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 92

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Parole chiave

non-lineare
piezoelettrico
microgenerazione
nodi wireless
energy harvesting
bistabile
generatori microscopici

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