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Dagli “sbirri” ai Carabinieri: la tutela dell’ordine pubblico dall’ancien régime all’Italia unita

La nascita di una polizia moderna

La polizia moderna nasce quando (nell’ambito di una generale e profonda trasformazione delle modalità di amministrazione della cosa pubblica posta in essere dai governi) il controllo materiale del territorio viene sottratto agli apparati propri della giurisdizione ed affidato a organismi e corpi separati, appositamente costituiti. Come vedremo nei paragrafi successivi, in Italia per quanto concerne il Granducato di Toscana, la Repubblica di Venezia, il Regno di Napoli, il Regno sabaudo fino allo Stato pontificio, il periodo storico di tale trasformazione è da individuarsi nel lasso temporale compreso tra l’ultimo trentennio del XVIII secolo e la Restaurazione, quando si afferma un disegno politico che tende a ridurre l’influenza dell’apparato giudiziario in favore di quello esecutivo e quindi laddove l’attività di polizia si differenzia dalla giurisdizione, dai suoi organi e dai suoi metodi. Prima di tale momento storico, infatti, si registrava una generale prevalenza di polizie giurisdizionali, ossia dipendenti dalla giustizia che si esplicava in una molteplicità di tribunali sia laici che ecclesiastici. Sussisteva così un mosaico di corpi giudiziari e militari che si dividevano, in modo tutt’altro che definito, le competenze di ordine pubblico, con una rete di esecutori (o birri o sbirri o guardie) facenti capo ad una pluralità di organi politici o giurisdizionali. Dal momento che una parte importante di tali organismi era di natura ecclesiastica, non è casuale il fatto che alcune delle principali riforme in materia siano avvenute in stretta correlazione con la limitazione o l’abolizione dei tribunali ecclesiastici. A titolo esemplificativo, a Milano nel 1781 nell’arco di pochi mesi si registra una prima fase di costruzione di una polizia (aprile), l’abolizione della censura (giugno), la promulgazione dell’editto di tolleranza (ottobre) cui segue, nel 1782, la chiusura del Sant’Uffizio; si rammenta infatti che, a Milano come nel resto d’Italia, i Magistrati ecclesiastici avevano competenza anche di carattere penale sugli obblighi di culto e sui reati morali e sessuali, avendo a disposizione, per la bisogna, una polizia che aveva compiti tutt’altro che spirituali. In linea generale, comunque, ancor prima della “grande frattura” costituita dal periodo dell’occupazione napoleonica, con la conseguente introduzione generalizzata del modello della Gendarmeria, nella seconda metà del Settecento i vari Stati dell’Italia misero in atto una serie di misure che comportarono la progressiva eliminazione della molteplicità di corpi che svolgevano funzioni assimilabili a quelle di polizia. In tale ambito si riscontrò una diffusa tendenza al ‘prosciugamento’ di quelle che erano state per secoli le tradizionali fonti di approvvigionamento economico di tali corpi, risorse essenziali per la loro stessa esistenza, con l’eliminazione di tutta una serie di privilegi: dalla gestione autonoma di gran parte delle entrate provenienti dalla esecuzioni deliberate dai tribunali, alla conduzione di attività economiche in esenzione dei dazi doganali. Di pari passo con i progetti riformistici della fine del XVIII secolo, le scienze camerali soprattutto nelle aree di influenza dell’assolutismo prussiano ed austriaco (in Italia il Ducato di Milano ed il Granducato di Toscana) fornirono una legittimazione teorica all’ampliamento dei poteri d’intervento degli apparati di governo nella vita dei sudditi. Secondo tale visione, infatti, lo stato ha tra i suoi scopi primari il benessere dei sudditi e il buon governo che possono essere perseguiti solo con il necessario intervento in attività, come quella di polizia (secondo la nuova accezione di cui si è detto sopra), sino a quel momento escluse dall’ambito del potere esecutivo e comprese, piuttosto nell’ambito giurisdizionale. In tale contesto, con modalità e tempi diversi, si ebbe un tentativo generalizzato di dare risposte concrete ai problemi di ordine pubblico e di controllo di una popolazione in costante e rapida crescita, soprattutto nelle città. Da vera apripista funge Torino ove, nel 1679, la reggente Maria Giovanna Battista di Savoia istituisce il “sovrintendente generale della politica e politia”. Nella volontà della sovrana il nuovo funzionario, pagato e nominato dalla corona, nell’esigenza di assicurare il ‘buon governo’ avrebbe dovuto avere competenze di tipo amministrativo e preventivo sulla città, quali il controllo sulla sanità, sugli approvvigionamenti e sulla sicurezza.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Dagli “sbirri” ai Carabinieri: la tutela dell’ordine pubblico dall’ancien régime all’Italia unita

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Informazioni tesi

  Autore: Amedeo Bernini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università Telematica Pegaso
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Maria Natale
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 134

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