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Il brutto in letteratura. Notre-Dame de Paris di Victor Hugo.

Il giudizio sul bello

Se il bello perde le proprie caratteristiche di calcolabilità e di misurabilità (intrinseche alla proporzione e all’armonia), il giudizio su di esso finisce necessariamente per sottrarsi a criteri oggettivi e chiaramente visibili. Si affida a regole soggettive o non facilmente definibili, facendo cadere la barriera tra la forma e l’informe, il visibile e l’invisibile, tra il suono e il rumore [...].

Il bello tende così a trovare spazio nell’ambito del gusto o dell’immediatezza del sentire, in cui l’elemento di vaghezza – per sfuggire all’arbitrio – cerca un difficile “standard di gusto” che abbia carattere di universalità o, almeno, sia potenzialmente condivisibile da parte di una comunità sottoponibile a una “educazione estetica”.
L’onnipresenza dell’oggettività e della calcolabilità del bello tramonta, teoricamente, con la vittoria conclamata dei diritti del “giudizio estetico”. Trattando di quest’ultimo non possiamo fare a meno di parlare della definizione di giudizio del bello proposta da Kant. La bellezza non è per Kant un campo che possa essere sottomesso a un giudizio di gusto scientifico, bensì l’orizzonte sentimentale di un giudizio di gusto soggettivo e disinteressato, distante dalla morale quanto dalla conoscenza, con un’esclusiva finalità formale.
Tuttavia, accanto all’analitica del bello, che lo riconduce a un sentimento soggettivo, pur fondato su un giudizio, Kant inserisce elementi che ne allargano il significato. Per Kant “non esiste infatti solo una bellezza libera e disinteressata, accostata alla natura e ai suoi prodotti, ma anche una bellezza “aderente”, dove il piacere soggettivo è legato a un’idea di scopo”.

Vi è poi una bellezza artistica: bellezza che attraverso la nozione di genio, talento naturale che dà la regola d’arte, Kant riporta al mondo della natura. L’attività del genio produce ciò che Kant chiama idee estetiche, dove il legame tra la sensibilità e la ragione suscita di fronte all’opera non una sola rappresentazione, bensì molteplici rappresentazioni, non riducibili a qualunque verbalizzazione normativa.
Il bello allora, come sostiene Elio Franzini, risulta inserito in un contesto complesso, al tempo stesso soggettivo, formale, naturalistico, teleologico, morale, artistico e geniale. Si presenta dunque non come un territorio autonomo e autosufficiente, ma come uno “spazio soggettivo” in cui liberamente si esercita la capacità di giudicare dei soggetti, funzione che ne rivela su un piano critico il carattere simbolico e l’irriducibile specificità antropologica.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il brutto in letteratura. Notre-Dame de Paris di Victor Hugo.

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Informazioni tesi

  Autore: Ottavia Ganga
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
  Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
  Corso: Economia per le arti, la cultura e la comunicazione
  Relatore: Paolo Proietti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 146

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