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Livio Mehus a Prato: nove dipinti in rassegna

Agar e l'Angelo, una recente attribuzione

Nel Palazzo Comunale (oggi sede del Municipio), prospiciente a Palazzo Pretorio in Piazza del Comune, trova posto la Quadreria Comunale, nella quale oltre ai ritratti dei Podestà di Prato e dei Granduchi toscani provenienti dal Museo Civico, è conservata l'opera Agar e l'Angelo. Il dipinto, oggi collocato nella Sala detta dei Donzelli o Valletti, è stato riconosciuto come l'originale di Livio Mehus solo nel 1991 da Maria Pia Mannini, e fu restaurato ancora una volta da Daniele Piacenti per la mostra del 1993, tenutasi in occasione dell'esposizione delle nuove acquisizioni del Museo Civico. L'opera era citata erroneamente nell'Inventario di Palazzo come Sara e l'Angelo, confondendo la figura della moglie di Abramo con quella della serva Agar. Il dipinto, insieme ad altre opere confluite in parte nella stessa Quadreria Comunale, proveniva dalla collezione privata di Leonetto Tintori, artista e restauratore pratese, autore tra l'altro di alcuni interventi di restauro su importanti cicli di affreschi, come quelli nel Duomo di Prato o quelli nel Camposanto a Pisa.
Della tela posseduta dal Tintori esiste anche una variante di taglio orizzontale, proveniente, come molte opere del Mehus, dalla collezione del Gran Principe Ferdinando.
Il soggetto dipinto narra l'episodio della cacciata di Agar, raccontato nella Bibbia ai capitoli 16 e 21 della Genesi.
Il pittore ha fissato sulla tela il momento di grande pathos che coinvolge la madre Agar e il figlioletto Ismaele, persi nel deserto senza acqua e senza possibilità di salvarsi: Agar è inginocchiata con il capo reclinato e con un drappo della veste si asciuga le lacrime; il piccolo Ismaele, vestito di soli stracci, ha il volto segnato da una smorfia. L'angelo (con le ali ancora spiegate), discende da un'apertura che si scorge fra le nuvole, ed è in una posizione superiore rispetto ad Agar, presentandosi così in qualità di messaggero della parola sacra; infine con l'indice puntato indica un punto imprecisato alle sue spalle, dove Agar e il piccolo troveranno la fonte d'acqua che li salverà. Questo gesto induce, non solo i personaggi ma soprattutto lo spettatore, ad andare con lo sguardo oltre la tela.
Ciò che emerge dall'osservazione attenta del dipinto è la libera interpretazione del Mehus di un soggetto molto noto nell'iconografia biblica; questo aspetto non è nuovo nella produzione del pittore anzi, si può affermare che è tipico della produzione (soprattutto sacra) dell'artista riproporre temi consueti ma in modo sempre originale e diverso (si vedano i dipinti in San Bartolomeo e in San Vincenzo dei capitoli II e IV).
La novità iconografica in questo caso sta soprattutto nella resa delle figure di Agar e dell'Angelo.
I pittori fiorentini, di una generazione precedente a quella del Mehus infatti, tendevano a isolare quasi teatralmente i due personaggi, lasciandoli in due sfere emozionali completamente distanti, senza possibilità di comunicazione. A prova di quanto detto basta confrontare la tela del Mehus con l'esemplare di Lorenzo Lippi, realizzato intorno al 1638 e conservato nel Museo Diocesano di San Miniato al Tedesco. Nell'esemplare del Lippi infatti, eccezion fatta per il volto di Agar che tradisce una vena di patetismo, non appare la stessa partecipazione emotiva dei personaggi mehusiani, anzi essi sembrano mantenere le distanze dalla situazione, conservando il ruolo che il pittore ha loro imposto. L'artista in questo caso infatti, piuttosto che sull'aspetto emotivo della tela, ha preferito soffermarsi sulla resa naturalistica dei personaggi e degli oggetti.
Della tela esiste poi anche un'altra versione “in chiaro”, realizzata da Guillaume Courtois detto il Borgognone (fratello minore del più famoso Jacques Courtois soprannominato invece il Borgognone delle battaglie), proveniente dalla collezione Fagiolo.
A mio parere, se si confronta l'opera del Lippi, si può ipotizzare una qualche tangenza con la redazione pratese del Mehus: nella figura mossa e quasi scomposta dell'angelo, nel panneggio dei due abiti e nelle somiglianze degli elementi paesaggistici. Alla luce di questi particolari si potrebbe cautamente avanzare l'ipotesi che ci possa essere stata fra i due artisti la conoscenza dei reciproci lavori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Livio Mehus a Prato: nove dipinti in rassegna

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Corbo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia e tutela dei beni artistici
  Relatore: Maria Novella Barbolani Di Montauto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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Parole chiave

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