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La visione estetica di Herbert Read fra umano e postumano

Le declinazioni antropocentriche del post-umano: transumanesimo e iperumanesimo

La visione antropocentrica è stata la prima chiave di lettura del mondo esperita dall’uomo poiché «costituita dagli strumenti percettivi (sensoriali e cognitivi) le finestre sensoriali, le relative scansioni temporali, la grammatica delle percezioni, la ricostruzione dei precetti ecc. e dai modelli interpretativi innati (elettività, aspettative, categorie mentali ecc.), insomma da quel bagaglio di strumenti che si è andato consolidando (selezionando) nel corso della filogenesi. Come affermato da Konrad Lorenz (1973), questi strumenti che ci consentono le esperienze e sono alla base delle loro espressioni. Sono tarati su precise esigenze adattative. Pertanto, se è sbagliato considerarli del tutto indipendenti dalle cose che vanno a investigare (…) d'altro canto è evidente che essi non costituiscono degli assoluti ma hanno un vero e proprio dominio di validità.
Gli strumenti percettivi e cognitivi innati ci permettono di attribuire delle cause, formulare delle predizioni, realizzare un orientamento, intervenire sul mondo, ma limitatamente alle caratteristiche della realtà in cui ci siamo evoluti (…) Ogni essere vivente, uomo compreso, è letteralmente immerso in una realtà percettiva e cognitiva totalmente differente. Questa ricchezza di diversità rappresenta di certo una sfida all'antropo-centrismo epistemologico, ovvero alla pretesa di unicità e di assolutezza delle nostre vocazioni percettive e interpretative della realtà. Da un punto di vista epistemologico possiamo tradurre la Umwelt con il concetto di dominio, ossia di spazio correlato alle esigenze conoscitive di una particolare specie» [Marchesini R., 2002, p. 148; 150.].

Oggi, l’autoreferenzialità della visione antropocentrica del mondo deve essere superata attraverso una lettura differente del processo conoscitivo ovvero, per dirla con Marchesini [p. 148-150], attraverso la «critica all'antropocentrismo»: «Quando uso la parola «critica» intendo un intervento diverso dal processo autoreferenziale che considera l'uomo una sorta di isola epistemica, capace di avere un rapporto esclusivamente rappresentativo con il mondo; come sottolineato da Richard Rorty (2000, pp. 151-68); Con «critica» intendo un atteggiamento di apertura coniugativa con il mondo che parta proprio da una riconsiderazione della pertinenza dell'antropocentrismo piuttosto che dal suo rifiuto incondizionato (…) con il concetto di dominio, ossia di spazio correlato alle esigenze conoscitive di una particolare specie» [Marchesini R., 2002, p. 148; 150.].
La critica all'antropocentrismo è pertanto la capacità di costruire ibridazioni epistemologiche con entità esterne (tecnologiche, animali, psicotrope) che conducono a uno slittamento dell'interpretazione canonica, ossia alla pratica della controintuizione. Parliamo perciò di antropocentrismo critico come: a) assunzione di un dominio di validità dell'apparato investigativo innato dell'uomo; b) riconoscimento del legame tra cornice epistemologica nelle diverse vie di trasmissione sottolineate da Bachelard e struttura innata e) Capacità di costruire ibridazioni epistemologiche con alterità al fine di rendere disponibili nuove esperienze di dialogo con la realtà. esterna. La critica al cosiddetto antropocentrismo epistemologico è, a mio avviso, il più importante motore dell'acquisizione scientifica; non a caso molti studiosi insistono sul carattere non solo conoscitivo, "ma anche educativo della scienza proprio nel suo essere capace di liberare là persona dai lacci del pregiudizio, dalla tirannia del senso comune.
Possiamo dunque affermare che l'epistemologia antropocentrica va a costituire quello che generalmente è definito come pensiero intuitivo, una modalità euristica o congetturale che viene utilizzata in prima battuta per dare una spiegazione ai fenomeni esterni. Ma la scienza ci ha largamente dimostrato che, proprio perché filogeneticamente circoscritto a un:particolare contesto, il pensiero intuitivo quasi mai è capace di offrire una soluzione interpretativa quando ci allontaniamo dal contesto del dominio umano. Il più delle volte infatti il pensiero intuitivo dà vita a quello che a posteriori definiamo pregiudizio, ma che a priori ci sembra il modo più logico di leggere un fenomeno. Per questo in linea di massima ogni teoria nuova ci appare un insulto al senso comune e lo scienziato che la propone viene dipinto come un visionario». [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La visione estetica di Herbert Read fra umano e postumano

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Informazioni tesi

  Autore: Serafino Caggiano
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Giovanni Matteucci
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 259

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